image_pdfimage_print

La Chiesa di Pistoia in Sinodo
Prima Sessione (2023)

 

LIBRO SINODALE
Prima parte

Le Attese di Vangelo

 

INDICE

    • LIBRO SINODALE. Prima Parte

 

PROMULGAZIONE

FAUSTO TARDELLI
PER GRAZIA DI DIO E DESIGNAZIONE DELLA SEDE APOSTOLICA
VESCOVO DI PISTOIA

LIBRO SINODALE
Prima parte

A norma del ca. 466 del CIC, con il presente mio atto approvo e promulgo, rendendole pubbliche, le Dichiarazioni sinodali, frutto del discernimento operato dalle assemblee generali e particolari della prima Sessione del Sinodo Diocesano, celebrata dal 25 marzo al 24 giugno 2023.

Da questo momento la prima parte del Libro Sinodale diviene patrimonio comune della Diocesi di Pistoia, “legge diocesana”, cioè punto di riferimento comune e autorevole per la vita e la testimonianza della comunità cristiana in questo nostro tempo e in queste nostre terre. Le dichiarazioni sinodali che ora offro a tutta la Diocesi, raccolte nella prima parte del Libro Sinodale, dovranno pertanto essere ben conosciute e assimilate da tutte le componenti del popolo di Dio che vive in questi territori, in modo particolare dai presbiteri e diaconi operanti in diocesi. Esse costituiscono la base della nuova consultazione diocesana che condurrà alla individuazione delle risposte concrete alle sfide evidenziate, delle scelte pastorali cioè che lo Spirito Santo ci chiede di compiere, dopo averci messo davanti le attese di Vangelo, attraverso la prima sessione sinodale.

È doveroso e bello innanzitutto rendere grazie a Dio per quello che è avvenuto e sta avvenendo: l’aver cioè cominciato, sotto l’impulso dello Spirito Santo, ad assumere uno stile sinodale nella nostra chiesa che vuol dire camminare insieme come popolo di Dio, corresponsabili della missione del Vangelo; l’aver inoltre ascoltato e individuato attraverso un discernimento comunitario, guidato sempre dallo Spirito Santo, quelle che sono le principali attese di Vangelo presenti in noi e nelle persone dei nostri territori; quelle sfide che lo Spirito Santo ci mette davanti e alle quali occorre rispondere.

In sintonia con la Chiesa universale guidata da Papa Francesco e in comunione profonda con tutte le chiese sorelle che sono in Italia e con il loro cammino sinodale, abbiamo sperimentato di essere Chiesa, popolo santo di Dio, pur con tutti i nostri limiti; popolo radunato nell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Abbiamo sicuramente provato anche la fatica e la lentezza necessaria per ascoltarci e ascoltare. Tutto questo però è stato ed è salutare perché appunto si tratta di una conversione in atto che lo Spirito Santo sta ispirando a tutta la nostra Chiesa.
Insieme abbiamo cercato di ascoltare le attese di Vangelo presenti nella nostra vita e in quella delle persone che vivono nei nostri territori. Sono state individuate quindi alcune sfide che lo Spirito del Signore ci mette davanti e alle quali occorrerà rispondere con generosità e fantasia.

LE TAPPE DI UN CAMMINO

Si è operato un vero discernimento comunitario le cui tappe ricordo qui brevemente. L’idea della celebrazione di un sinodo diocesano – visto anche che da moltissimi anni non se ne erano più celebrati – aveva cominciato a farsi strada sin dalla prima assemblea a carattere sinodale celebrata in San Francesco nel 2015 da cui scaturì il percorso pastorale della nostra Diocesi andato sotto il nome di “Sulle ali dello Spirito”. Successivamente, dietro anche all’impulso dato da Papa Francesco che ha indetto il prossimo sinodo dei vescovi proprio sul tema della sinodalità, sono stati coinvolti dapprima il Consiglio pastorale diocesano, il consiglio presbiterale e la Consulta delle aggregazioni laicali. Si è poi aperta una fase di ampia consultazione del popolo di Dio e anche di realtà non ecclesiali, attraverso numerosi “Gruppi sinodali” nelle parrocchie e nelle associazioni o gruppi ecclesiali e attraverso anche alcuni “gruppi di ascolto” extra ecclesiali. A quel punto, sentito il Consiglio Presbiterale, a noma del can. 461 §1 del CIC, con mio Decreto del 2 febbraio 2023 indicevo il XX° Sinodo diocesano, il primo dopo il Consilio Vaticano II e dopo l’ultimo celebrato in Diocesi nel 1936.

Nella Bolla di indizione, alla quale rimando per ricordare le motivazioni che mi hanno spinto ad indire il Sinodo, esprimevo con queste parole il suo intento che si inserisce in quel cammino sinodale che il Santo Padre Francesco ha chiesto alle chiese che sono in Italia e nel mondo intero:

“SOSPINTI DALLO SPIRITO PER TESTIMONIARE A TUTTI LA GIOIA DEL VANGELO”. Si trattava, in una prima sessione sinodale, di ascoltare e condividere nello Spirito Santo le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini e delle donne con cui condividiamo la vita nei nostri territori e che ci interpellano, riconoscendo in esse la voce del Signore; individuando conseguentemente, in una seconda sessione sinodale, quanto lo Spirito Santo ci chiede di operare per essere autentici testimoni ed annunciatori della gioia del Vangelo che è il Signore Gesù.

Ecco perché abbiamo celebrato il Sinodo. Non per fare discorsi o perdere tempo ma per ritrovare l’“Evangelii gaudium”, cioè la gioia del Vangelo, che ci coinvolga pienamente e ci renda umili testimoni e messaggeri di speranza. Abbiamo voluto metterci in ascolto di quello che lo Spirito Santo dice alla nostra Chiesa in questo contesto sociale locale e del mondo. Abbiamo voluto cogliere – come ci ha insegnato il concilio nella Gaudium et spes – “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce” che sono prima di tutto dentro di noi come uomini e donne del mondo e insieme nel cuore dei fratelli e delle sorelle – dei poveri soprattutto – che ci stanno accanto. Sospinti dallo Spirito, si è trattato di assumere lo sguardo di Gesù sull’umanità, come ci viene riferito nel vangelo, quando guardando la folla che lo seguiva, ne ebbe compassione perché erano come pecore che non hanno pastore (Mc 6,30-34).

LE DICHIARAZIONI SINODALI DELLA PRIMA SESSIONE

Il discernimento comunitario ha portato ad alcune dichiarazioni sinodali: nove per la precisione, precedute da una introduzione comunque gradita all’assemblea. Si è operata una lettura attenta dei segni dei tempi e quindi delle sfide che lo Spirito Santo pone davanti alla nostra Chiesa. Sono state individuate alcune fondamentali attese di Vangelo ed ora, con il mio discernimento di Vescovo di questa Chiesa, condivido e ripropongo alla Chiesa di Pistoia con tutta l’autorevolezza che il ministero episcopale a me conferito mi da.

La prima e fondamentale sfida individuata dalle assemblee sinodali è così sintetizzata: “L’attesa di Vangelo e di nuovi cammini educativi”. In effetti c’è oggi una grande attesa di Vangelo, di una Notizia bella che sia veramente buona; c’è bisogno di speranza che dia consolazione ma anche coraggio e forza alla vita. La situazione che stiamo vivendo non è facile. In qualunque direzione volgiamo il nostro sguardo, vediamo difficoltà. Con evidenza sembra emergere al fondo della nostra realtà un malessere diffuso, una scontentezza generalizzata, una rabbia latente ma neanche troppo, una infelicità nascosta dietro risa sbandierate ma sforzate e apparenti. Si percepisce una pesantezza del vivere, una stanchezza che il desiderio di libertà sfrenata non riesce a colmare. Si respira un vuoto di prospettive, di futuro, in definitiva di quella speranza bella, profonda, densa che riscalda la vita e muove all’impegno. Si vive nel sospetto, sul “chi va là”, sfiduciati, come se ci fossero da ogni parte nemici pronti a ghermirci, a rubarci qualcosa e davvero diverse volte questi nemici ci sono. Tutto questo ci convince sempre di più che quello di cui oggi c’è più bisogno è proprio la buona notizia del Vangelo, la buona notizia dell’amore gratuito e disinteressato di Dio per noi, la buona notizia di Gesù Cristo che è via, verità e vita, testimoniato dalla nostra vita, che diventa poi proposta di vita nuova nell’amore.

L’assemblea sinodale però non si è fermata lì: l’altra sfida importante è stata colta proprio nel tempo che stiamo vivendo. Confuso e incerto, attraversato da ombre nere di morte, però sempre tempo di Grazie e di opportunità per la testimonianza evangelica. Esso va saputo cogliere come un’occasione importante per ritrovare l’essenziale che da vera speranza alla vita. Il discernimento comunitario ha chiaramente indicato che la fede non ci estranea dalla storia ma ci inserisce dentro di essa, però con lo sguardo consapevole di chi vede il piccolo seme del Regno crescere nonostante tutto.

Un’attesa davvero grande che è stata rilevata è quella di relazioni umane significative, di una fraternità reale, fatta di incontro autentico tra persone, relazioni da persona a persona perché la solitudine sembra un rischio concretissimo in un mondo in cui paradossalmente sono cresciute a dismisura le comunicazioni.
Abbiamo anche capito che la famiglia resta un caposaldo dell’umana convivenza e del progetto di Dio sull’umanità. Essa però ha più che mai bisogno di attenzione e cura. Essa stessa richiede di risentire la buona notizia del Vangelo, come il Papa nella Amoris laetitia ci ha ricordato.

E poi l’attenzione alla donna, nella Chiesa e nella società: quest’altra metà del cielo spesso non accolta in tutto il suo valore e in tutte le sue potenzialità di umanizzazione del mondo. Dono e responsabilità appunto. E poi il discernimento comunitario ha indicato altre sfide ineludibili quali i giovani e gli anziani, indicando nel loro incontro una via necessaria da percorre per il bene della nostra società.

Come pure quella dei migranti, perché le migrazioni non sono un fatto emergenziale e destinato a sparire nel giro di poco tempo: sono invece una realtà ordinaria del nostro mondo globalizzato che ci interpella profondamente.
Infine, è emerso il bisogno di una Chiesa “nuova”, rinnovata profondamente dallo Spirito, più evangelica e testimoniale. Più casa accogliente radicata nel Vangelo, gioiosa di vita nuova in Cristo.

LA SECONDA SESSIONE

Su queste strade, lo Spirito del Signore ci sta spingendo e con la seconda sessione del Sinodo che si aprirà il prossimo 25 di luglio, festa solenne di San Jacopo nostro Patrono, cercheremo di rispondere alle sfide che lo Spirito Santo ci ha messo di fronte, con una conversione missionaria e la missione di tutta la nostra Chiesa. Attraverso alcune fondamentali scelte pastorali di conversione che riguarderanno tutta la diocesi e le singole parrocchie, i gruppi, le associazioni e i movimenti. Riscoprendo di essere mandati Lui come gli apostoli. Anche noi saremo chiamati per nome dal Signore che ci rinnoverà il mandato e ci inviterà a lasciarci guidare ancora dallo Spirito santo per rispondere alle attese di Vangelo che abbiamo individuato nella prima sessione sinodale.

Dato a Pistoia, il 3 luglio 2023
festa di San Tommaso Apostolo

Il Cancelliere

Don Roberto Breschi

 

Il Vescovo d Pistoia

S. E. R. Fausto Tardelli

 

OMELIA DEL VESCOVO FAUSTO TARDELLI
in occasione della conclusione
della prima sessione del Sinodo diocesano

(Sabato 24 giugno 2023 – Cattedrale di S. Zeno)

Si conclude questa sera la prima sessione del Sinodo diocesano. Vogliamo innanzitutto rendere grazie a Dio per quello che è avvenuto e sta avvenendo: l’aver cioè cominciato, sotto l’impulso dello Spirito Santo, ad assumere uno stile sinodale nella nostra Chiesa che vuol dire camminare insieme come popolo di Dio, corresponsabili della missione del Vangelo; l’aver inoltre ascoltato e individuato attraverso un discernimento comunitario, guidato sempre dallo Spirito Santo, quelle che sono le principali attese di Vangelo presenti in noi e nelle persone dei nostri territori; quelle sfide che lo Spirito Santo ci mette davanti e alle quali occorre rispondere.

Abbiamo sperimentato di essere Chiesa, popolo santo di Dio, pur con tutti i nostri limiti; popolo radunato nell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Abbiamo sicuramente provato anche la fatica e la lentezza necessaria per ascoltarci e ascoltare. Tutto questo però è stato ed è salutare perché appunto si tratta di una conversione in atto che lo Spirito Santo sta ispirando a tutta la nostra Chiesa.

Insieme abbiamo cercato di ascoltare le attesi di Vangelo presenti nella nostra vita e in quella delle persone che vivono nei nostri territori. Abbiamo individuato quindi alcune sfide che lo Spirito del Signore ci mette davanti e alle quali occorrerà rispondere con generosità e fantasia. Le elenco semplicemente: l’attesa di Vangelo e di nuovi cammini educativi; il nostro tempo come occasione di speranza; l’attesa di relazioni umane significative; l’attesa di fraternità; la famiglia e i suoi bisogni; la donna come dono e responsabilità; l’ascolto, la cura e la intergenerazionalità tra giovani e anziani; i migranti e le loro attese; il bisogno di una Chiesa “nuova”, rinnovata profondamente dallo Spirito. Su queste strade, lo Spirito del Signore ci sta spingendo e sarà il discernimento comunitario ancora da svolgere nell’anno prossimo a portarci, con la celebrazione della seconda sessione finale del Sinodo diocesano, ad alcune fondamentali scelte pastorali di conversione che riguarderanno tutta la diocesi e le singole parrocchie, i gruppi, le associazioni e i movimenti.

Il tempo della responsabilità che non viene mai meno e il confronto con le nostre miserie, non ci impediscono però di dire grazie con tutto il cuore a Dio per ciò che ci è stato dato di comprendere e per l’esperienza viva di Chiesa che abbiamo fatto e che stiamo facendo.

Siamo forse privi di difetti? Assolutamente no? Siamo davvero una risposta credibile all’amore del Signore? Credo di no, tante volte. Però abbiamo tentato di essere docili allo Spirito ed Egli ci ha preso sul serio e ci ha portato avanti. L’esperienza che abbiamo fatto insieme e che ripeteremo ancora non passerà facilmente nel dimenticatoio della nostra Chiesa. Rimarrà anzi come una pietra miliare che l’ha segnata in un passaggio storico decisivo ed epocale.

La prima lettura (Dt 8,2-3, 14b-16a) ci ha detto che siamo un popolo in cammino; tante volte in mezzo all’aridità del deserto provocato dal nostro peccato e dal peccato del mondo. Ma è un cammino di liberazione, di rinascita, di vita nuova, lungo il quale si sperimentano le grandi opere di Dio. Siamo allora invitati a non dimenticare. «Non dimenticare»: importantissimo, per noi smemorati e per questo tempo così spesso privo di memoria. «Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio, ti ha fatto percorre nella tua storia», ci ripete il Signore. È stato anche un cammino di prova, segnato da debolezze e peccati. Ma il Signore ci chiede di guardare avanti e di non fermarci a piangerci addosso. Ci chiede di considerare il suo amore e di capire che noi possiamo vivere e vivere in pienezza se ci nutriamo di quanto esce dalla sua bocca.

La seconda lettura (1Cor 12,12-27) parla ancora di noi e ci dice che siamo tutti diversi e che questa diversità e varietà è un bene, una ricchezza. Ma ci dice anche che siamo un “corpo”, un organismo vivente e unito. Anzi, noi non siamo un corpo qualsiasi, bensì il Corpo di Cristo. Questa è la nostra identità. Lo siamo come Chiesa diocesana unita alle altre chiese sparse nel mondo a formare la Cattolica; lo sono tutte le comunità parrocchiali, interconnesse l’una alle altre dentro la Chiesa diocesana. Così le comunità religiose, i gruppi, i movimenti.

È l’ora veramente di finirla di andare avanti ognuno per conto suo, come se fossimo un organismo sezionato in mille pezzi. Pensiamo forse di poter vivere, staccandosi e non relazionandosi con gli altri? La morte dell’organismo è il destino di un organismo sezionato e disperso! L’esperienza sinodale che stiamo facendo è illuminante in proposito: conta il camminare insieme. Conta il mettersi insieme in ascolto dello Spirito che parla a noi in tanti modi, anche nella storia, nella vita dei nostri fratelli e di noi stessi, come nella Chiesa universale guidata dal santo Padre. Che questo stile sinodale caratterizzi d’ora in avanti tutta la nostra Chiesa, nel rispetto naturalmente della specificità dei ruoli e dei compiti, ma forti del dono del Battesimo che ci ha fatto tutti in Cristo, sacerdoti, re e profeti. «Ora noi siamo il corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte».

Il brano evangelico di questa sera (Mt 9,36-10,8), ripreso da domenica scorsa è particolarmente bello e significativo per noi. È il brano che sta alla base del nostro cammino sinodale. Ci siamo mossi infatti per ascoltare le attese di Vangelo presenti in noi e nei nostri territori, per essere poi strumenti efficaci dell’amore di Cristo.
In sostanza, ho chiesto a tutta la diocesi convocandola in Sinodo di imparare ad assumere lo sguardo di Cristo sull’umanità e sul mondo. Quello sguardo pieno di misericordia e di tenerezza che commuove il cuore di Cristo e lo spinge alla missione di salvezza. «Gesù, vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore». E a questo sguardo pieno di amore e di tenerezza segue la risposta: la ricerca di operai per la messe che gli occhi del Signore vede abbondante. Ed ecco la chiamata dei dodici.

Noi ci vogliamo proprio muovere sulle orme del nostro Redentore. Vogliamo fare esattamente come Lui. Anzi, lo abbiamo già anche fatto, almeno nel tentativo e nell’impegno: guardare in noi e attorno a noi la messe abbondante che attende di essere mietuta; ascoltare la stanchezza e la sfinitezza dell’umanità; il disorientamento e la confusione di chi non ha un pastore giusto e buono che lo guidi.

Con la seconda sessione del Sinodo che si apre tra poco, il 25 di luglio, nella festa solenne di San Jacopo nostro Patrono, cercheremo anche noi di fare esattamente quello che fece Gesù: rispondere cioè alle sfide, con la missione di tutta la nostra Chiesa; con una conversione missionaria. Riscoprendo di essere mandati Lui come gli apostoli che abbiamo ascoltato nel Vangelo essere stati chiamati da Lui. Anche noi saremo chiamati per nome dal Signore che ci rinnoverà il mandato e ci inviterà a lasciarci guidare ancora dallo Spirito santo per rispondere alle sfide che abbiamo individuato in questa prima sessione sinodale.

Nella gratitudine, col cuore pieno di riconoscenza, continuiamo a chiedere il dono dello Spirito, l’assistenza materna della Vergine Maria e del nostro amico e fratello San Jacopo.

 

 

INTRODUZIONE

0
Una memoria riconoscente

 

0.1
Il dono di una memoria riconoscente

«Fermatevi! Sappiate che io sono Dio» (Sal 46,11). Vogliamo mettere queste parole del Salmo al centro della nostra vita. Fermarsi, lontano dalla frenesia e dalla distrazione del quotidiano, per ascoltare e ascoltarsi, lasciarsi illuminare dalla Parola di Dio, cercare insieme la volontà di Dio nel confronto fraterno è una grande esperienza di grazia vissuta durante gli incontri dei gruppi sinodali. La memoria e la lettura della storia con l’intelligenza della fede ci hanno permesso di riconoscere le meraviglie di Dio che opera nella vita, alimentando la speranza, rafforzando la carità, sostenendo la fede.

Riconoscere l’opera di Dio nella storia non vuol dire solo non ostacolarla, ma trasformarla in cammino e in scelte personali e comunitarie. La memoria grata deve farsi annuncio, l’esperienza personale dell’incontro con Dio deve diventare testimonianza.

A Dio Padre che dà cibo ad ogni vivente (Sal 136,25) e ci nutre ogni giorno con il pane quotidiano, allo Spirito che ci guida con la sua sapienza, al Figlio che ci salva con la sua vita, morte e resurrezione, sale la nostra lode e la nostra preghiera, affinché Egli, purificando i nostri cuori, ci renda capaci di vederlo e di seguirlo per la salvezza nostra e del mondo.

0.2
Il dono di esserci come Chiesa

L’esperienza dell’ascolto ci aiuta a riscoprire il dono di esserci come Chiesa, come comunità, piccolo gregge la cui forza è il suo Signore, a leggere se stessi alla luce del Vangelo nella cura della vita interiore e la vocazione ad essere nel mondo testimoni di fraternità e giustizia, di speranza e di carità.
Condividere la fede nel Signore crocifisso e risorto, la preghiera personale e comunitaria, l’aiuto vicendevole e verso tutti nella carità, sono un dono grande che sperimentiamo ogni volta che ci incontriamo nel suo Nome nella ricerca sincera del bene, della verità, della carità. Qui impariamo ad ascoltare il silenzio dei disperati e le ragioni dei non credenti.

Il grande tesoro della Parola di Dio, il dono della partecipazione attiva e consapevole all’Eucarestia, la vita di preghiera, la chiamata ad essere una comunità fraterna e solidale, impegnata nella cura del creato, sono doni preziosi che Dio ci fa e che dobbiamo riconoscere, accogliere e donare al mondo. Dobbiamo avere questa consapevolezza positiva dei doni ricevuti, per rinforzare le nostre comunità e ogni credente, nella propria identità e appartenenza a una vita di comunione e ad una missione condivisa.

0.3
Il dono del servizio nella Chiesa e nel mondo

In questi anni di profondo cambiamento della società e di trasformazione del mondo, riconosciamo il dono dello Spirito che ha suscitato in mezzo a noi tante persone che con generosità mettono il loro tempo, la loro intelligenza, le loro forze a servizio nella Chiesa e nel mondo.
Pensiamo, innanzitutto al dono delle nostre famiglie, piccole Chiese domestiche, luoghi naturali di amore gratuito, di fraternità, di solidarietà, di dialogo intergenerazionale, di vera sinodalità. Pensiamo ai giovani che rispondono alla chiamata del Signore e diventano, nelle nostre parrocchie, punto di riferimento e di animazione per tutti, soprattutto per i più piccoli, nei gruppi di catechesi, negli oratori, nella carità e nell’animazione liturgica.

Pensiamo ai tanti laici, soprattutto donne, che nelle parrocchie e nelle realtà associative, si mettono a servizio degli altri e del bene comune. Pensiamo al dono della vita religiosa che ci testimonia, con la ricchezza variegata dei suoi carismi e una vita improntata alla fraternità evangelica, la generosità di Dio e la possibilità di un modo di vita alternativo ispirato dalla carità e dalla fede.
Pensiamo ai presbiteri e ai diaconi che con sapienza, amore, dedizione, si dedicano, nonostante le difficoltà, all’annuncio della Parola di Dio e alla presidenza dell’Eucarestia, alla guida delle comunità, all’ascolto, all’accoglienza e all’accompagnamento di tanti fratelli e sorelle nel cammino della vita e della fede.

La loro opera è un segno dei tempi; un dono che meraviglia e che non dobbiamo dare per scontato, un modo concreto con cui Dio ci visita e ci guida nel cammino. Pensiamo ai nostri santi, testimoni di fede, speranza e carità, che lo Spirito ha suscitato nella storia della nostra Chiesa diocesana. Infine non dimentichiamo la ricchezza delle opere d’arte custodite nelle nostre chiese e che generazioni di cristiani ci hanno consegnato come testimonianza di fede e che ancora oggi sono una via privilegiata, quella della bellezza, di evangelizzazione e carità.

 

 

Le proposizioni

1
L’attesa di Vangelo
e di nuovi cammini educativi

 

1.1
L’attesa di Vangelo

La “buona notizia” del Vangelo, il bisogno di una vita animata dall’amore e dalla fiducia, illuminata da una sapienza che produce bontà e giustizia, aperta alla speranza di una vita che non si conclude con la morte, intessuta di relazioni autentiche e fraterne, sono bisogni che attraversano la nostra umanità e ci rendono vicini gli uni agli altri, parte integrante del nostro tempo, capaci di avvicinare e di essere avvicinati da ogni persona.

In questi bisogni è scritta l’attesa del Vangelo, di un annuncio e di una vicinanza che mettano le persone in contatto con la forza vivificante del Vangelo e dell’annuncio della Vita in Gesù Cristo, morto e risorto per noi.
Ridire con insistenza la centralità del Vangelo e del suo annuncio come buona notizia per tutti, oggi, significa esprimere con forza la gioia e la speranza che ne scaturiscono, essere una comunità che ha le caratteristiche di ciò che annuncia senza pretesa di perfezione, ma piuttosto nella piena consapevolezza della necessità di tornare sempre, da capo, alla fonte dell’ascolto, a quella Parola che salva. Questa consapevolezza che rende tutti discepoli, dal primo all’ultimo arrivato nella comunità, dal vescovo ai sacerdoti, dai laici ai consacrati, ai giovani, agli anziani fino ai bambini, ci rende disponibili a ripensare cammini di nuova evangelizzazione che scaturiscono dal cuore della Chiesa, si diffondono in essa e raggiungono quanti non hanno mai sentito parlare di Gesù.

Occorre riconoscere che talora, non solo chi è lontano dalla Chiesa, ma anche coloro che hanno compiuto il percorso dell’iniziazione cristiana, o che frequentano la comunità cristiana, non conoscono sufficientemente il Vangelo e spesso non riescono a coniugare fede e vita. Per questo la celebrazione del Sinodo diocesano è divenuta l’occasione per richiedere la cura permanente della nostra vita spirituale per leggere nel profondo del nostro cuore il desiderio della Parola di vita che viene dal Signore e non disperdersi al contrario nella ricerca di false risposte.
Una comunità che tiene alto e vivo questo desiderio di ascolto e di attesa del Vangelo scopre negli appelli dell’umanità il Signore che le parla ed è capace di suscitare in quanti accoglie e in coloro che sono cercati e incontrati con amore lo stesso desiderio di educarsi a vivere la vita cristiana.

1.2
Nuovi cammini educativi

In ascolto del nostro tempo riconosciamo la necessità di individuare nuovi cammini educativi che si inscrivano sia nella rivitalizzazione e nel ripensamento della più bella tradizione ecclesiale, che nell’esercizio di un saggio discernimento spirituale che ci permetta di passare dall’ascolto del Vangelo alle scelte necessarie per dialogare con l’umanità che portiamo dentro e a cui siamo mandati ad annunciare la buona notizia.

Ogni membro della comunità è invitato a condividere con gli altri il cammino della fede e quei percorsi che il sinodo individuerà per rinnovare e riprendere con forza la vita della Chiesa diocesana con la cura spirituale dovuta ad ogni persona e con la spinta missionaria a cui tutti siamo chiamati. Cammini educativi da differenziarsi a seconda dei destinatari, ma che hanno in comune la stessa visione evangelica; essi riguardano tutti, sacerdoti e laici, religiosi e famiglie, catechisti ed ogni altro operatore pastorale o del mondo del volontariato, chiunque partecipi alla vita ecclesiale. Cammini che sentiamo il bisogno di progettare e realizzare insieme, di far diventare proposta significativa che raggiunga le singole persone e realtà.

Una proposta formativa che si diversifica e riguarda tutti ha bisogno di parrocchie accoglienti, così che ogni persona possa far emergere la propria vita, le proprie domande più profonde, il proprio quotidiano in modo che Vangelo e vita interagiscano nella più ampia autenticità della relazione.

Non può esservi altro oggetto dei cammini educativi che il Vangelo, messo in stretto rapporto con la vita reale. Sentiamo il bisogno di delineare contenuti comuni ed essenziali che meritano ulteriore approfondimento dopo averli semplicemente elencati in questo contesto.
Essi riguardano la ripresa e il rinnovamento dei percorsi di catechesi e anche la creatività di nuove esperienze educative di cui il Sinodo è espressione.

Sono quindi emerse le seguenti indicazioni per rimettere al centro della comunità ecclesiale il Vangelo:
• ripensare l’iniziazione cristiana
• necessità di un progetto catechistico diocesano unitario;
• educare all’interiorità e alla preghiera
• educare alla gioia del Vangelo per essere capaci di parlare all’umanità;
• curare maggiormente i contenuti dell’omelia;
• educarsi a saper vivere il passaggio della morte
• educare all’ascolto degli altri in modo particolare all’ascolto dei giovani, protagonisti del futuro;
• ripensare i cammini di preparazione al matrimonio anche realizzando un progetto diocesano unitario che tenga conto della maturità personale e di coppia, della preghiera, del perdono e del sacramento della Riconciliazione, dei sentimenti, della fedeltà;
• prendere a cuore la famiglia come luogo dove rielaborare l’annuncio del Vangelo
• educare alla prossimità, ai valori evangelici che rendono inequivocabile la scelta dei poveri, dei più fragili e il dialogo con ogni altra diversità.

Nuovi cammini richiamano anche nuovi linguaggi necessari per dialogare con gli uomini di oggi, nuovi spazi da abitare nei quali comunicare la gioia del Vangelo.

 

2
Il tempo che stiamo vivendo

 

2.1
Un tempo favorevole per annunciare la speranza

Consapevoli che Dio guida la storia, i cristiani sono chiamati a cercare di capire in ogni tempo a quale conversione e a quale sequela il Signore li sta invitando.
I tempi che stiamo vivendo sono una grande occasione per la Chiesa per far risplendere nel mondo la speranza che nasce dal Vangelo e dalla fede in Cristo Gesù, crocifisso e risorto. Il contesto del post pandemia da Covid-19, della guerra in Ucraina e delle altre guerre, del cambiamento climatico, hanno profondamente inciso – e continuano ad incidere – nella vita delle famiglie, nel modo con cui si guarda la vita, si affronta il presente e si progetta il futuro.
La luce e la consolazione della fede possono essere oggi un grande dono che la Chiesa può condividere con il mondo per ridare anima e fiducia ad un tempo che rischia di portare le persone e la società a chiudersi in se stessi.

2.2
Un’occasione per riscoprire l’essenziale della vita

La pandemia, le guerre, la crisi energetica e le criticità ambientali hanno messo in evidenza il legame indissolubile tra il creato e l’umanità, la solidarietà nel bene e nel male, la verità che “nessuno si salva da solo”: tutto ci deve spingere verso la ricerca della pace e della giustizia come beni comuni ed indispensabili.
I tempi di crisi, sociali e personali, rivelano la fragilità della vita, la precarietà dell’esistenza e i limiti della nostra conoscenza; ci insegnano l’importanza di camminare insieme, con il passo degli ultimi e dei più deboli, riconoscendo il valore e la dignità di ogni vita, dal concepimento alla morte, nella salute e nella malattia.
È nostro compito dare testimonianza che la felicità non è legata alle cose, ma che la fede ci apre alla speranza e alla certezza che ogni tempo va vissuto con apertura al mistero di Dio, alla qualità delle relazioni umane, ai legami d’affetto, al significato che diamo alla vita.
Dovremmo aver imparato che la felicità non è legata alle cose, ma alla qualità delle relazioni umane, ai legami d’affetto, al significato che diamo alla vita; alla fede che ci apre alla speranza e alla certezza che ogni tempo ha senso se vissuto con apertura al mistero di Dio.

2.3
Il dono vivificante della fede e dell’intelligenza

Le recenti emergenze che hanno coinvolto direttamente e indirettamente l’umanità intera, come la pandemia, la guerra in Ucraina, le emergenze ambientali, ci hanno fatto conoscere la forza della paura e l’uso distorto del potere che la paura stessa può generare. Abbiamo sperimentato le preoccupazioni anche economiche, la forza invadente dell’ansia e della solitudine che hanno evidenziato le fragilità personali, di coppia, e sociali.

Ogni volta che sperimentiamo qualche evento avverso emergono in modo prepotente criticità già presenti sia nel tessuto sociale che in quello ecclesiale, dall’altro ha reso evidenti manifestazioni di solidarietà ed impegno che hanno portato alla riscoperta dei valori evangelici.
È tempo però di andare oltre facendo tesoro del nostro recente passato perché ci siamo resi conto che se ci si lascia dominare dalla paura ci si irrigidisce, ci si radicalizza nelle posizioni, si diventa egoisti ed aggressivi.
Nel post pandemia sono cresciuti sentimenti di sfiducia, incertezza, ansie. Le persone appaiono più chiuse in sé stesse e diffidenti, meno inclini all’impegno sociale. Particolarmente coinvolti appaiono i giovani che vivono nuove forme di sfiducia e depressione, di panico e di isolamento; e gli anziani costretti a far fronte a nuove solitudini.
Tutti questi fattori negativi fanno riemergere e rafforzano nel contempo il bisogno di uno sviluppo integrale della persona, dell’educazione alla vita interiore e spirituale; la necessità di educare ad un uso corretto dell’informazione, dei mezzi di comunicazione sociale; di una rinnovata responsabilità da parte di chi esercita il potere pubblico, a tutti i suoi livelli, che deve sempre avere come fine la salvaguardia della democrazia, la tutela della vita e della libertà, il rispetto della coscienza e del bene comune.
Inoltre stiamo facendo esperienza del fatto che, nel nostro mondo sempre più connesso, c’è un forte bisogno di vivere un nuovo modello relazionale che recuperi la bellezza dello stare insieme e del “sentirsi insieme” in un profondo legame umano e spirituale fatto di vicinanza fisica e ascolto. Particolarmente coinvolti e bisognosi di nuove forme di attenzione sono i giovani, gli anziani e le persone fragili.

 

3
L’attesa di relazioni umane significative

 

3.1
Il bisogno dell’incontro

Nel nostro mondo la generale e massiva connessione virtuale ha portato a relazioni umane sempre più rarefatte. Le logiche dell’istinto e dell’immediatezza sembrano prevalere, ostacolando lo sviluppo e la costruzione di una dimensione spirituale che ci permetta di relazionarci con Dio attraverso i rapporti di amore e amicizia, nonché di essere parte attiva nella comunità in cui viviamo.
I cristiani sono chiamati a testimoniare la loro capacità di essere comunità all’interno di una comunità più ampia, fatta di realtà diverse, diventando modello per il tessuto sociale circostante. L’uomo è un essere sociale ed ha necessità di vicinanza da dare e ricevere, di rapporti autentici su cui basare la sua vita.
La profondità di questi rapporti autentici dipende soprattutto dalla qualità della relazione personale con il Signore attraverso la preghiera e la contemplazione.

3.2
Il bisogno di ascolto e di cura

La mancanza di ascolto, sia nel senso di sentirsi ascoltati che della capacità di ascoltare, favorisce la superficialità, scalfisce il senso di appartenenza alla propria storia individuale e alla comunità in cui si vive, alimenta il disimpegno a scapito del bene comune. Quando tutti parlano e nessuno ascolta, si perde la capacità di discernere, la percezione del valore e della bellezza di ciò che ci circonda.
La solitudine subita e l’isolamento voluto, il senso di smarrimento di fronte alla riscoperta della fragilità umana hanno sviluppato nelle persone una grande attesa di giustizia sociale, di uno sviluppo più equilibrato in cui gli svantaggi economici siano attenuati da misure di promozione umana volte alle persone più fragili, alla cura dell’ambiente, casa comune la cui protezione è responsabilità di tutti.

3.3
Il bisogno di speranza

L’illusione dell’apparenza, la smania di possesso, lo stordimento del consumo, la disillusione e il disinteresse conseguiti al decadimento dei grandi ideali, fanno emergere il bisogno di testimoniare che può esistere un modo diverso di vivere, che apra alla speranza e susciti una rinnovata disponibilità a camminare insieme, a rallentare il ritmo frenetico che ci siamo imposti e a riscoprire la bellezza di riconoscersi nell’altro. A ciò si aggiungono il sentimento diffuso di incertezza, tratto caratteristico di questi nostri tempi, e la conseguente paura del futuro che suscitano il bisogno di sentire viva la presenza dello Spirito Consolatore e di essere rassicurati, non solo a parole, ma con legami di concreta fraternità e solidarietà.

 

4
L’attesa di fraternità

 

4.1
Il bisogno di comunità

I nostri tempi vedono un progressivo indebolirsi del senso di comunità, nella società civile come nella Chiesa. Anche le esperienze nel volontariato, nella assistenza pubblica, all’interno dei sindacati o dei partiti politici e in altri contesti in cui le persone possano sperimentare senso di appartenenza e impegno per un obiettivo comune, sono sempre più rare. La loro mancanza provoca un aumento di disinteresse per il bene comune, insieme a tristezza e aggressività. Il bisogno di appartenenza e socialità che persiste nelle persone, si scontra con una diffusa resistenza a mettersi in gioco e una diffidenza verso tutte le istituzioni.
L’uomo è chiamato a realizzarsi aprendosi agli altri e a Dio. La Chiesa di questo è convinta e si offre al mondo come esperienza di comunità e lievito di fraternità.
Guardiamo con realismo le nostre comunità cristiane, i nostri luoghi di appartenenza ecclesiale che possono essere contesti di fraternità viva o da costruire; in essi risuona sempre l’appello a relazioni che si ispirino al Vangelo, che diventano casa ospitale per chi vuole venire a sostare o appartenere. Siamo consapevoli che senza fraternità nella Chiesa nessun Vangelo è possibile; intensifichiamo per questo cammini di incontro che formino alla fraternità.

4.2
Il dono della vita consacrata

Il dono della vita religiosa, con le sue diverse espressioni – sacerdoti, monaci, frati, suore, fraternità e comunità religiose, diaconi – testimonia la possibilità di una vita fraterna diversa, animata dal Vangelo.
Il nostro tempo, in cui queste esperienze si vanno riducendo, conosce l’attesa di una nuova primavera della vita religiosa che con i suoi carismi e la sua presenza possa arricchire il mondo con il lievito del Vangelo e della testimonianza.
Non dimentichiamo che la vita fraterna in comunità è segno di relazioni nuove, che non sono date dai legami di sangue e che il dono della vita di quanti si mettono al servizio della Chiesa e del mondo è fonte di ispirazione per la comunità ecclesiale che è chiamata a intessere nuove relazioni per questo mondo frammentato.

5
Le attese della famiglia

 

5.1
Famiglia fra tradizione e innovazione

In famiglia si cresce, si costruisce la propria personalità, si impara a dialogare, prendendo coscienza della propria dignità e della dignità di ogni singola persona specie delle più deboli.
Nella nostra società l’immagine della famiglia è contraddittoria: da un lato si dice che è preziosa, dall’altro non si è mai arrivati ad un suo reale riconoscimento sociale e pubblico. La famiglia nella società occidentale, e quindi anche in Italia, è da tempo in continua trasformazione: il cambiamento dei valori che tengono insieme la società ha cambiato ed influito anche sulle famiglie.
La stessa richiesta dei genitori dei sacramenti per i figli ha bisogno di essere evangelizzata: la famiglia infatti è la prima responsabile della trasmissione della fede ai propri figli. Saranno pertanto da elaborare modelli creativi di accoglienza e formazione intergenerazionale con percorsi di catechesi rivolti ai genitori.
Da non trascurare le famiglie in cui si vivono situazioni di disabilità, per le quali si dovrebbe realizzare “una Chiesa in uscita” che cerca e sostiene.

5.2
Famiglia e Chiesa

Oggi, dal momento che, come ci dicono le statistiche, nei paesi occidentali oltre il 40% delle unioni finisce con il divorzio, dobbiamo mettere in conto che la separazione è un orizzonte possibile per molti matrimoni, pertanto la Chiesa non può ignorare gli aspetti che ne conseguono e deve confrontarsi ed anche farsi carico delle fatiche e delle sofferenze generate nelle persone dalle nuove modalità di vivere gli affetti.
Come Chiesa dobbiamo imparare a percorrere nuove strade, forse anche più “creative”, per farci prossimo in queste nuove situazioni che sono presenti nelle nostre realtà (famiglie monogenitoriali, famiglie disgregate, famiglie ricostituite dopo un divorzio o una separazione, coppie omosessuali magari anche con figli “adottati”).

6
La donna.
Dono e corresponsabilità

 

6.1
Corresponsabilità

L’uomo e la donna sono stati creati a somiglianza di Dio, tuttavia non riusciamo sempre a cogliere la profonda verità di creature uguali e complementari, ma vediamo e consideriamo le loro differenze come disparità o subalternità. Il “genio femminile” non è rivalsa sull’uomo e nemmeno dono esclusivo di ascolto generoso ed empatico, ma è libertà dai condizionamenti, è consapevolezza della propria identità, è coraggio di valutare, agire e scegliere con il cuore.
Il cammino che le donne auspicano consiste nel passaggio da una condizione storica di domestica sussidiarietà alla piena responsabilità sia nella vita sociale che ecclesiale. È un percorso difficile e ancora incompiuto, nonostante il fatto che il dono più bello di Dio, il sacramento del Battesimo, ci ricordi continuamente che uomini e donne sono chiamati indistintamente e con pari dignità ad essere re, sacerdoti e profeti.

Al pari di Maria, donna dell’attesa, in tanti contesti le donne continuano ad aspettare esercitando il loro più antico “potere”, il servizio, silenzioso ed indispensabile sia nelle case che nelle chiese. Le loro attese non sono esclusive, ma perfettamente uguali a quelle degli uomini: poter esprimere se stesse, averne la possibilità senza pregiudizi e preclusioni di luoghi e ruoli.

Le donne sono un grande dono per le comunità cristiane dove spesso hanno importanti responsabilità e svolgono servizi essenziali, veri e propri ministeri di fatto, di cui occorre prendere coscienza.
È necessario continuare un cammino di riflessione che possa portare ad una diffusione più capillare dei ministeri istituiti.

7
Le attese dei giovani e degli anziani: ascolto, cura e intergenerazionalità

 

7.1
Il mondo giovanile e i suoi orizzonti

I giovani vivono, abitano, crescono, si formano immersi in un tempo di profondi cambiamenti. Il modo con cui anche i giovani si mettono in relazione con gli altri è sempre più condizionato dai mezzi di comunicazione e dai social che, pur rappresentando una straordinaria opportunità spesso promuovono modelli di vita basati sull’emozionale, sul momentaneo, che generano atteggiamenti di discontinuità relazionale, di deresponsabilizzazione, di individualismo egoista e di competitività aggressiva, aumentando il senso di solitudine e le ansie.

Forme di “lontananza” dei giovani dalla Chiesa si riscontrano anche in quelli che frequentano le parrocchie e vi svolgono dei servizi, ma che non si sentono parte della parrocchia. Giovani, e non solo loro, che non sono aiutati a comprendere linguaggio della Chiesa e della liturgia, che appare talora distante e poco significativo.

Anche se la partecipazione dei giovani alla vita delle comunità cristiane è sempre più rarefatta e pochi sono i gruppi giovanili che abitano le nostre parrocchie, la Chiesa che è in Pistoia sente il compito di farsi prossima ad ogni giovane, offrendo generosamente opportunità, luoghi, occasioni, percorsi nei quali ciascun giovane possa riconoscere ed esprimere la propria ricchezza e i propri doni, costruire relazioni autentiche, scoprire parti di sé in ombra, avviare processi di fiducia di apertura agli altri, entusiasmarsi nel condividere orizzonti di azione, di riflessione e di senso, di crescita interiore. Di fronte a questo la Chiesa sente come decisivo il compito di annunciare, testimoniare e far sperimentare la buona notizia del Vangelo e l’incontro con il Signore.

La Chiesa di Pistoia si impegna a porsi in ascolto del mondo giovanile e riflettere su quanto è necessario fare vedendo in ogni giovane che le sta davanti non il terminale della propria azione, ma una occasione di conversione a cui il Signore la chiama. Si impegna ad accompagnarlo nel suo cammino all’interno della famiglia, nel tempo della formazione, nella faticosa ricerca di un lavoro dignitoso, nella necessità di senso che accompagna ogni fase della vita, nelle responsabilità genitoriali di educazione alla fede dei propri figli.

7.2
I giovani e il tempo libero

I giovani hanno sempre meno spazi a loro disposizione e meno tempo libero a causa dell’organizzazione della società, della scuola e delle varie attività extrascolastiche. Nella società del tempo libero c’è, paradossalmente, bisogno di tempo “veramente libero”, di spazi sociali e fisici dove aggregarsi fuori dalle logiche della prestazione, dove poter sperimentare la creatività, dove avere l’occasione per creare relazioni di amicizia basate sulla fiducia e la collaborazione.

Il grande patrimonio della cultura cristiana, della dottrina sociale della Chiesa, della scuola cristianamente ispirata possono in tal senso promuovere un ripensamento anche della scuola in generale, degli spazi urbani, dell’organizzazione della vita nei paesi e nelle parrocchie, che risponda sempre meglio ai bisogni di un nuovo modello educativo, culturale, sociale più a misura di uomo.
La Chiesa sente come proprio il compito di contribuire a stimolare la riflessione perché la sfida educativa e il futuro dei giovani siano una priorità, nel pensiero e nell’azione, di tutte le persone e le istituzioni di buona volontà.

7.3
Gli anziani, i giovani e l’intergenerazionalità

Il mondo degli anziani è sempre più segnato dalla solitudine e l’isolamento e non di rado la presenza della Chiesa e della vita parrocchiale rappresenta un ancoraggio indispensabile. L’esperienza dei piccoli paesi, in particolare di montagna, insegna che non è importante solo offrire momenti di aggregazione e socialità per anziani, ma anche mettere in contatto il mondo degli anziani con quello dei giovani e viceversa.
C’è bisogno di riscoprire l’intergenerazionalità: nella famiglia, nelle parrocchie, nella catechesi, nei paesi e nella società. Offrire occasioni di incontro, di scambio, di collaborazione, di socialità e di relazione tra anziani e giovani sembra essere una delle grandi attese del nostro tempo che invece tende a parcellizzare in maniera innaturale le varie età della vita, impoverendo le relazioni e l’esperienza umana.
La Chiesa di Pistoia è consapevole che le storie di vita non si compiono come le cose, chiudendosi o interrompendosi, ma con la consegna, con il sapore della semina di capacità e sensibilità, di saggezza del desiderio e testimonianze resistenti per nuovi inizi.
La comunità cristiana vede nei suoi anziani la consegna possibile di una presenza riposante e narrante, eppure esigente, capace di guidare i giovani nella scoperta di preziose radici di vita e di fede, della forza buona che li ha guidati attraverso le difficoltà dell’esistenza. Di una memoria capace ancora di avviare la vita, di generare ancora fiducia e speranza.

8
Le attese dei migranti

 

8.1
Tutti siamo “stranieri”

Il fenomeno delle migrazioni è un’esperienza che interroga profondamente il mondo e la Chiesa contemporanea. Le migrazioni, scaturite da guerre, persecuzioni e crisi ambientali, sono fenomeni complessi che non possono essere affrontati con slogan o semplificazioni; fenomeni che un cristiano deve conoscere, senza giudizio alcuno, senza farsi dominare dalla paura, imparando a leggerli con gli occhi del Vangelo che insegna l’ospitalità, l’impegno per la giustizia, la compassione, il riconoscimento dell’altro come fratello, la salvaguardia dei diritti umani e dei popoli, l’impegno per la costruzione di un mondo più giusto per tutti. Anche il dialogo interreligioso può essere occasione per una maggiore interazione.

Gli antichi patriarchi, Abramo, Isacco, Giacobbe, il popolo d’Israele, fecero tutti l’esperienza dell’essere stranieri in terra straniera e conobbero l’amore di Dio che si prende cura dell’orfano, della vedova e dello straniero (Sal 146,12; Ger 5,5-7), cioè di coloro che sono privi di tutele e di difese.

Ogni migrante è un fratello o una sorella a cui vanno assicurati i diritti fondamentali di ogni essere umano e un’accoglienza umana, inclusiva e dignitosa. L’esistenza di problemi e di tensioni che le migrazioni possono portare chiede risposte complesse e articolate, tuttavia questi problemi non devono e non possono mai giustificare nessuna violazione dei diritti fondamentali della persona umana.

È necessario un maggior impegno per conoscere e far conoscere le cause delle migrazioni e le storie dei migranti, per far crescere la sensibilità e l’attenzione, ma anche per sfatare tante idee sbagliate che creano paura, chiusura e ostilità, che possono talvolta sfociare in atteggiamenti razzisti e violenti inaccettabili e contrari all’umanità e al Vangelo. È necessario, inoltre, riconoscere il valore dell’altro, fratello o sorella migrante, come portatore di ricchezze, di conoscenza, talenti e tradizioni.

9
L’attesa di una Chiesa “nuova”

 

9.1
Una Chiesa in ascolto e accogliente

Riconosciamo nel nostro tempo un bisogno di ascolto e di accoglienza che riguarda anche la Chiesa, nel modo con cui si vivono le relazioni al suo interno, nello stile pastorale delle nostre comunità e dei suoi rappresentanti, nel modo con cui la Chiesa e i cristiani si relazionano con il mondo e con le persone.

Le parole del Vangelo, «fate attenzione a come ascoltate» (Lc 8,18), ci ricordano quanto un ascolto autentico chieda esercizio, consapevolezza di sé, educazione, umiltà, apertura, intelligenza; atteggiamenti senza i quali si può produrre l’illusione di aver ascoltato, illusione che rende sordi ai bisogni degli altri e indifferenti al bene comune.
Il Cammino sinodale individua, in quelle che seguono, alcune delle principali “attese” del nostro tempo che interrogano la Chiesa e la invitano ad un cammino di conversione per assomigliare sempre di più al suo Signore Gesù Cristo:

  • una spiritualità più profonda e una comunicazione più empatica, capace di illuminare la vita con la forza rigenerante del Vangelo;
  • una Chiesa meno “giudicante”, più misericordiosa e compagna di strada;
  • una maggiore sobrietà negli stili di vita; la partecipazione alla vita delle famiglie e in particolare a quelle in situazioni difficili;
  • l’apertura e l’attenzione alla vita concreta delle persone, ai lontani, agli emarginati e ai poveri, ai separati, ai divorziati e ai conviventi;
  • un maggiore inserimento nella vita del proprio territorio;
  • l’attenzione alla custodia e alla salvaguardia del Creato;
  • un impegno più chiaro per la dottrina sociale della Chiesa;
  • la cura, l’accesso, la valorizzazione del notevole patrimonio storico, artistico, archivistico, culturale presente nelle nostre realtà come prezioso bene comune da consegnare alle nuove generazioni.
9.2
Una Chiesa laboratorio di fraternità e comunità

Nel nostro tempo c’è un crescente bisogno di ricostruire e rafforzare sentimenti di comunità e legami di fraternità. In questo contesto la Chiesa, con l’esperienza di movimenti e associazioni e in special modo con le parrocchie, e nonostante le difficoltà di quest’ultime, continua ad essere un laboratorio di fraternità e comunità, una frontiera per l’annuncio del Vangelo e un’occasione di incontro e umanità. Ciò appare particolarmente evidente nelle realtà periferiche, come le località di montagna o nei piccoli paesi.

L’attesa di fraternità e comunità non riguarda solo gli aspetti della vita interna delle comunità cristiane, ma anche quelli con l’esterno, quelli tra parrocchie, tra parrocchie movimenti e associazioni, e infine quelli tra i presbiteri. Senza negare l’importanza e la necessità di una legittima diversità, sarebbe importante che almeno su alcuni aspetti fondamentali ci fosse unità e collaborazione sia tra parrocchie che tra presbiteri. Il metodo sinodale potrebbe in tal senso fornire un modello di lavoro da insegnare nei seminari e da maturare nella vita diocesana a tutti i suoi livelli.

9.3
Una Chiesa “anima” del mondo. Il ruolo dei laici

I laici sono chiamati, in forza della vocazione battesimale e secondo i dettami del Concilio Vaticano II, a partecipare alla missione della Chiesa impegnandosi anzitutto nel mondo, perché, in collaborazione con tutti, esso si rinnovi a immagine del Regno di Dio.

L’attesa di giustizia sociale, l’impegno per il bene comune, il rinnovamento della vita civile e politica; il bisogno di un mondo del lavoro più equo e dal volto umano; la cura e la salvaguardia del Creato, sono solo alcuni dei bisogni che emergono dal mondo e a cui sono chiamati a rispondere i laici con la loro vita, il loro lavoro, la loro competenza.
La chiamata dei laici a rispondere efficacemente ai bisogni del mondo non può però prescindere da una adeguata conoscenza della dottrina sociale della Chiesa, come «parte integrante della concezione cristiana della vita (Mater et Magistra 206)».

9.4
Una Chiesa ministeriale

In forza del Battesimo i laici sono chiamati a dare il loro contributo alla missione della Chiesa anche all’interno di essa, in special modo attraverso i ministeri laicali.

L’attuale situazione di carenza del clero e le sempre più numerose parrocchie senza parroco residente costituiscono un’occasione favorevole per una diversa impostazione della vita parrocchiale che veda sempre più il coinvolgimento delle ministerialità laicali. Le sempre più numerose comunità cristiane senza parroco residente potrebbero trovare un valido sostegno e arricchimento dalla valorizzazione dei diaconi permanenti e dall’individuazione di laici, uomini e donne, da formare per il servizio di “guida” di comunità.

Un’adeguata formazione del popolo di Dio, laici e presbiteri, e l’educazione ad un metodo di lavoro sinodale sono indispensabili perché l’esercizio dei ministeri sia vissuto come servizio e non come una forma di potere, il cosiddetto “clericalismo”, “malattia” che può affliggere indifferentemente laici e consacrati, se non adeguatamente formati, solidamente nutriti di spiritualità evangelica e illuminati dagli insegnamenti del Concilio Vaticano II.
Per non incorrere in tale malattia è necessario formare sempre il laicato che il suo compito specifico è principalmente l’annuncio del Vangelo nel mondo a livello culturale, sociale e politico, dandone soprattutto testimonianza con la sua vita familiare e lavorativa.

9.5
Una Chiesa fraterna. Il servizio dei presbiteri

L’attesa e il bisogno di ministerialità nella Chiesa chiede di preparare il Popolo di Dio ad accoglierla e a riconoscerla, e ai presbiteri di maturare una diversa forma di esercizio del ministero, più attento a valorizzare e promuovere i carismi e i ministeri.
In una Chiesa più ministeriale i presbiteri potrebbero essere più facilmente liberati da quell’eccesso di impegni amministrativi ed economici che sempre più ne assorbono il tempo, con il rischio di indebolirne l’identità, la spiritualità e il servizio e di far loro sperimentare forme di solitudini.

I presbiteri potrebbero recuperare alcuni aspetti del loro ministero e sacramento che nell’attuale situazione diventa sempre più difficile vivere: l’annuncio del Vangelo e la predicazione della Parola, una presidenza dell’eucarestia meno frettolosa e più partecipata, la cura delle relazioni umane in parrocchia, la formazione degli operatori pastorali e dei ministeri presenti in parrocchia; il tempo per l’ascolto delle persone e per il sacramento del perdono.
Alcuni adeguamenti nella normativa canonica potrebbero giovare in tal senso, come ad esempio la possibilità di affidare la rappresentanza legale delle parrocchie ai diaconi permanenti o ai laici, uomini o donne, e il loro inserimento nel sistema del sostentamento del clero; o come l’obbligatorietà del consenso, e non solo del parere, degli organi di partecipazione, almeno per le questioni pastorali ed economiche più importanti, che riguardano la vita delle comunità.

9.6
Una Chiesa sinodale nutrita e illuminata dall’Eucarestia

Una Chiesa nuova in ascolto e accogliente, laboratorio di fraternità e comunità, aperta alla ministerialità laicale, una Chiesa intesa come popolo di Dio che riunisce i ministri ordinati, consacrati e laici di tutte le età e condizioni, non può che riconoscere nell’Eucarestia il suo fondamento e il suo cardine, la sua fonte e il suo culmine. La comunione con il Pane della vita ci rende una cosa sola in Cristo, ci rende suo Corpo, diversi eppure uniti, aperti e non chiusi nella rigidità dei nostri pensieri, capaci di donarsi ai fratelli e di uscire da noi stessi. La logica sinodale non può discostarsi dalla logica eucaristica. Solo se nutriti e illuminati dal Pane della vita potremo costruire una Chiesa nuova e missionaria che sia “luogo aperto dell’ascolto e della vicinanza”.

 

Modi approvati a maggioranza relativa alla seconda votazione

Le proposte di modifica qui riportate non rientrano nel Libro sinodale in quanto approvate solo con maggioranza relativa. Mons. Vescovo ha comunque disposto che vengano riportate in appendice.

Il testo riportato in grigio riproduce i paragrafi inseriti nel Libro sinodale. In carattere nero e corsivo sono riportate le modifiche approvare a maggioranza relativa alla seconda votazione.

3.2
Il bisogno di ascolto e di cura

La mancanza di ascolto, sia nel senso di sentirsi ascoltati che della capacità di ascoltare, favorisce la superficialità, scalfisce il senso di appartenenza alla propria storia individuale e alla comunità in cui si vive, alimenta il disimpegno a scapito del bene comune. Quando tutti parlano e nessuno ascolta, si perde la capacità di discernere, la percezione del valore e della bellezza di ciò che ci circonda.

La solitudine subita e l’isolamento voluto, il senso di smarrimento di fronte alla riscoperta della fragilità umana hanno sviluppato nelle persone una grande attesa di giustizia sociale, di uno sviluppo più equilibrato in cui gli svantaggi economici siano attenuati da misure di promozione umana volte alle persone più fragili, alla cura dell’ambiente, casa comune la cui protezione è responsabilità di tutti.

Contribuire quindi, come cristiani, alla correzione e alla denuncia dei sistemi economici globali che, da sempre, perseguono il profitto come valore assoluto.

5.1
Famiglia fra tradizione e innovazione

In famiglia si cresce, si costruisce la propria personalità, si impara a dialogare, prendendo coscienza della propria dignità e della dignità di ogni singola persona specie delle più deboli.

È cosa molto buona curare bene il percorso di fidanzamento cercando di rendere i giovani più consapevoli di quello che stanno vivendo e curare il corso prematrimoniale affinché ci possa essere una vera “formazione” delle coppie in vista del sacramento del matrimonio.

Nella nostra società l’immagine della famiglia è contraddittoria: da un lato si dice che è preziosa, dall’altro non si è mai arrivati ad un suo reale riconoscimento sociale e pubblico. La famiglia nella società occidentale, e quindi anche in Italia, è da tempo in continua trasformazione: il cambiamento dei valori che tengono insieme la società ha cambiato ed influito anche sulle famiglie.

La stessa richiesta dei genitori dei sacramenti per i figli ha bisogno di essere evangelizzata: la famiglia infatti è la prima responsabile della trasmissione della fede ai propri figli. Saranno pertanto da elaborare modelli creativi di accoglienza e formazione intergenerazionale con percorsi di catechesi rivolti ai genitori. Da non trascurare le famiglie in cui si vivono situazioni di disabilità, per le quali si dovrebbe realizzare “una Chiesa in uscita” che cerca e sostiene.

8.1
Tutti siamo “stranieri”

Il fenomeno delle migrazioni è un’esperienza che interroga profondamente il mondo e la Chiesa contemporanea. Le migrazioni, scaturite da guerre, persecuzioni e crisi ambientali, sono fenomeni complessi che non possono essere affrontati con slogan o semplificazioni; fenomeni che un cristiano deve conoscere, senza giudizio alcuno, senza farsi dominare dalla paura, imparando a leggerli con gli occhi del Vangelo che insegna l’ospitalità, l’impegno per la giustizia, la compassione, il riconoscimento dell’altro come fratello, la salvaguardia dei diritti umani e dei popoli, l’impegno per la costruzione di un mondo più giusto per tutti. Anche il dialogo interreligioso può essere occasione per una maggiore interazione.

Gli antichi patriarchi, Abramo, Isacco, Giacobbe, il popolo d’Israele, fecero tutti l’esperienza dell’essere stranieri in terra straniera e conobbero l’amore di Dio che si prende cura dell’orfano, della vedova e dello straniero (Sal 146,12; Ger 5,5-7), cioè di coloro che sono privi di tutele e di difese.

Ogni migrante è un fratello o una sorella a cui vanno assicurati i diritti fondamentali di ogni essere umano e un’accoglienza umana, inclusiva e dignitosa.

L’esistenza di problemi e di tensioni che le migrazioni possono portare chiede risposte complesse e articolate, tuttavia questi problemi non devono e non possono mai giustificare nessuna violazione dei diritti fondamentali della persona umana.

La pandemia, le tante guerre in corso, i regimi dittatoriali, la crisi energetica, le alterazioni ambientali, la distruzione della bio-diversità, l’impiego indiscriminato delle fonti energetiche non rinnovabili hanno messo in evidenza il legame indissolubile tra tutte le forme di vita, compresa la famiglia umana che ne dovrebbe essere custode. La solidarietà nel bene e nel male, la verità che “nessuno si salva da solo”: tutto ci obbliga alla ricerca della pace e della giustizia come beni comuni indispensabili.

È necessario un maggior impegno per conoscere e far conoscere le cause delle migrazioni e le storie dei migranti, per far crescere la sensibilità e l’attenzione, ma anche per sfatare tante idee sbagliate che creano paura, chiusura e ostilità, che possono talvolta sfociare in atteggiamenti razzisti e violenti inaccettabili e contrari all’umanità e al Vangelo. È necessario, inoltre, riconoscere il valore dell’altro, fratello o sorella migrante, come portatore di ricchezze, di conoscenza, talenti e tradizioni.

9.1
Una Chiesa in ascolto e accogliente

Riconosciamo nel nostro tempo un bisogno di ascolto e di accoglienza che riguarda anche la Chiesa, nel modo con cui si vivono le relazioni al suo interno, nello stile pastorale delle nostre comunità e dei suoi rappresentanti, nel modo con cui la Chiesa e i cristiani si relazionano con il mondo e con le persone.

Le parole del Vangelo, «fate attenzione a come ascoltate» (Lc 8,18), ci ricordano quanto un ascolto autentico chieda esercizio, consapevolezza di sé, educazione, umiltà, apertura, intelligenza; atteggiamenti senza i quali si può produrre l’illusione di aver ascoltato, illusione che rende sordi ai bisogni degli altri e indifferenti al bene comune.

Il Cammino sinodale individua, in quelle che seguono, alcune delle principali “attese” del nostro tempo che interrogano la Chiesa e la invitano ad un cammino di conversione per assomigliare sempre di più al suo Signore Gesù Cristo:

  • una spiritualità più profonda e una comunicazione più empatica, capace di illuminare la vita con la forza rigenerante del Vangelo;
  • una Chiesa meno “giudicante”, più misericordiosa e compagna di strada;
  • una maggiore sobrietà negli stili di vita; la partecipazione alla vita delle famiglie e in particolare a quelle in situazioni difficili;
  • una presenza più vera e significativa dei presbiteri, perché oggi, annunciando il Vangelo propongano una vita cristiana da percorrere insieme a tutto il popolo di Dio e siano di guida a chi voglia realizzarla insieme a loro.
  • l’apertura e l’attenzione alla vita concreta delle persone, ai lontani, agli emarginati e ai poveri, ai separati, ai divorziati e ai conviventi;
  • un maggiore inserimento nella vita del proprio territorio;
  • l’attenzione alla custodia e alla salvaguardia del Creato;
  • un impegno più chiaro per la dottrina sociale della Chiesa.
  • La cura, l’accesso, la valorizzazione del notevole patrimonio storico, artistico, archivistico, culturale presente nelle nostre realtà come prezioso bene comune da consegnare alle nuove generazioni.
9.3
Una Chiesa “anima” del mondo. Il ruolo dei laici

I laici sono chiamati, in forza della vocazione battesimale e secondo i dettami del Concilio Vaticano II, a partecipare alla missione della Chiesa impegnandosi anzitutto nel mondo, perché, in collaborazione con tutti, esso si rinnovi a immagine del Regno di Dio.

L’attesa di giustizia sociale,

il bisogno urgente della tutela della vita dal concepimento alla morte naturale e di testimonianza della bellezza del matrimonio indissolubile fra uomo e donna,

l’impegno per il bene comune, il rinnovamento della vita civile e politica; il bisogno di un mondo del lavoro più equo e dal volto umano; la cura e la salvaguardia del Creato, sono solo alcuni dei bisogni che emergono dal mondo e a cui sono chiamati a rispondere i laici con la loro vita, il loro lavoro, la loro competenza.

La chiamata dei laici a rispondere efficacemente ai bisogni del mondo non può però prescindere da una adeguata conoscenza della dottrina sociale della Chiesa, come «parte integrante della concezione cristiana della vita (Mater et Magistra 206)» .

9.5
Una Chiesa fraterna. Il servizio dei presbiteri

L’attesa e il bisogno di ministerialità nella Chiesa chiede di preparare il Popolo di Dio ad accoglierla e a riconoscerla, e ai presbiteri di maturare una diversa forma di esercizio del ministero, più attento a valorizzare e promuovere i carismi e i ministeri.

In una Chiesa più ministeriale i presbiteri potrebbero essere più facilmente liberati da quell’eccesso di impegni amministrativi ed economici che sempre più ne assorbono il tempo, con il rischio di indebolirne l’identità, la spiritualità e il servizio e di far loro sperimentare forme di solitudini.

I presbiteri potrebbero recuperare alcuni aspetti del loro ministero e sacramento che nell’attuale situazione diventa sempre più difficile vivere: l’annuncio del Vangelo e la predicazione della Parola, una presidenza dell’eucarestia meno frettolosa e più partecipata, la cura delle relazioni umane in parrocchia, la formazione degli operatori pastorali e dei ministeri presenti in parrocchia; il tempo per l’ascolto delle persone e per il sacramento del perdono.

Alcuni adeguamenti nella normativa canonica potrebbero giovare in tal senso, come ad esempio la possibilità di affidare la rappresentanza legale delle parrocchie ai diaconi permanenti o ai laici, uomini o donne, e il loro inserimento nel sistema del sostentamento del clero; o come l’obbligatorietà del consenso, e non solo del parere, degli organi di partecipazione, almeno per le questioni pastorali ed economiche più importanti, che riguardano la vita delle comunità.

Ogni parrocchia, o vicariato, potrebbe anche progettare ed organizzarsi per “assumere” a tempo pieno o parziale degli educatori formati dediti alla pastorale giovanile ed oratoriale. Questo permetterebbe di creare una maggior occasione di progettualità ed accoglienza dei ragazzi e giovani, permettendo anche un itinerario di continuità con il cammino dell’iniziazione cristiana.