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5 ANNI DALLA MORTE DEL VESCOVO DON SIMONE SCATIZZI

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E SONO CINQUE

“A egregie cose il forte animo accendono l’urne dei forti o Pindemonte” E’ questa una straordinaria esortazione che fa il poeta Foscolo nella sua opera “I SEPOLCRI” all’amico Pindemonte quando con l’editto di Saint Claud si voleva rendere la morte ed i morti anonimi senza volto e senza storia. L’urna, invece,sostiene il Foscolo, è necessaria per rendere sempre viva la memoria e in particolare quella dei grandi uomini, coloro i quali sono riusciti, attraverso le proprie opere, a lasciare un segno indelebile del loro passaggio.

Parafrasando queste straordinarie parole, mi viene bene accostarle a don Simone perché 5 anni fa se ne andava un “forte”. Pistoia ha perso un suo forte che però, se è vero come credo sia vero quello che Foscolo vuol significare nei suoi versi, la sua urna, la sua memoria, le sue opere dovrebbero servire per sempre a trasmetterci la giusta energia per fare cose grandi seguendo il suo esempio. E di tracce, non smetterò mai di dirlo, don Simone, ne ha lasciate un’infinità. La sua vita è stata un’ esempio intrisa per intero, fino all’ultimo respiro, di quel Cristo che ha costantemente guidato il suo cammino e che lui ha cercato di raccontarcelo in ogni modo. Lo vedeva e lo respirava in tutto quello che lo circondava e riusciva a coglierne i segni anche quelli meno visibili.

Per chi lo avesse dimenticato, don Simone è stato un vescovo che non si è certo risparmiato. Ha sempre voluto essere con la gente e per la gente non come quelli che si concedono solo in giorni stabiliti e per poco tempo. Lui era disponibile sempre nonostante sul portone del palazzo fossero indicati orari e giorni di ricevimento. Lui non si arroccava nelle sue stanze in attesa di fare il proprio compitino e la sua macchina aveva sempre il motore caldo con il suo autista pronto a partire.
La sua agenda era, di settimana in settimana, stracolma di impegni: conferenze, incontri, parrocchie, televisione, visita ai malati, agli amici, ai poveri, ai preti, gruppi di spiritualità, associazioni varie e se non bastasse, gli ultimi anni, assunse anche la vice presidenza dell’O.A.M.I. (Opera Assistenza Malati Impediti) che lo assorbiva pesantemente sovraccaricandolo di ulteriori tensioni. E nonostante tutto, non mollava mai.

Si è speso completamente, fisicamente ed economicamente, ( “sono venuto povero e me ne andrò povero”, diceva costantemente,) per la sua diocesi ed in particolare per gli ultimi: i suoi poveri. Come li chiamava lui. E non vi era mano tesa che restasse vuota o persona incontrata che non ricevesse parole di conforto e di speranza poiché anche la conversazione apparentemente più banale veniva colorata da robuste pennellate di spiritualità. Stargli accanto, per chi ne ha avuto il privilegio, era come stare vicino al camino acceso nel freddo dell’inverno, era come farsi asciugare dal sole dopo la pioggia o era come respirare a pieni polmoni quando sembra che ti manchi il fiato. In poche parole stargli vicino ti faceva sentire bene.
Certo è innegabile che anche lui avesse dei difetti ma la sua straordinaria grandezza consisteva proprio nel fatto che sapeva riconoscerli e, con grande umiltà, non temeva di chiedere scusa se qualcuno, a causa delle sue scelte, avesse subito torto. Faceva costantemente seria verifica su se stesso e sul suo operato ed era sempre cosciente e responsabile, dopo aver valutato attentamente, delle decisioni che prendeva anche se era consapevole che, purtroppo, qualcuno sarebbe rimasto scontento. Certo è che ha sempre operato con coscienza e solo ed esclusivamente in Cristo e per la sua chiesa.
La sua chiesa che non sempre lo ha fatto star bene e che, come ogni grande amore travolgente e pacificante, lo ha anche inquietato e fatto spesse volte soffrire facendogli talvolta smarrire l’orientamento nonostante il suo unico e indiscutibile punto di riferimento fosse Cristo e la sua parola. Lui, era il suo orientamento, la stella polare, l’anfratto di roccia in cui si rannicchiava nelle notti più fredde, il grande fuoco sempre acceso che illuminava i suoi occhi e riscaldava il suo cuore.
Per essere un buon cristiano, diceva sempre,è necessario osservare e mettere in pratica le linee guida che Gesù ci ha rivelato con la Sua vita e in particolar modo, sopra tutto, il grande comandamento che Lui ci ha lasciato: “ amatevi gli uni gli altri come Io ho amato voi, non c’è amore più grande che dare la vita per gli altri “ Alla fine, noi saremo giudicati sull’amore e la nostra vita sarà portata a compimento solo in base a quanto saremo riusciti ad amare.
In questo Gesù è molto chiaro e non lascia possibilità di fraintendimento nella risposta che da a Simone il fariseo che rimane scandalizzato per le attenzioni che la peccatrice ha nei Suoi confronti (lc 7,36-50):
“Tu non mi hai dato un bacio, lei invece da quando sono entrato non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non mi hai cosparso il capo di olio profumato, ma lei mi ha cosparso di profumo i piedi. Per questo ti dico: le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha molto amato. Invece quello a cui si perdona poco, ama poco». Poi disse a lei: «Ti sono perdonati i tuoi peccati”.
E per questo, ha avuto anche momenti di scoraggiamento pensando di essere poco efficace, incisivo e di non riuscire a far passare il meraviglioso messaggio che Gesù ci ha lasciato e di cui Don Simone, in quanto sacerdote e vescovo, era stato chiamato a farne testimonianza.
Ha sempre temuto, e questo lo faceva star male, che fossimo cristiani solo di appartenenza e non di fatto, che fossimo troppo tiepidi e non consapevoli che la nostra condizione di battezzati in Cristo ci apre orizzonti inimmaginabili e di una portata
fuori da ogni nostra logica. Ripeteva spesse volte: “ il cristianesimo o è di fatto o non lo è. E’ inutile dire “Padre Padre, se poi non fate la volontà del Padre mio!” diceva Gesù. Non possiamo limitarci a fare il compitino e farsi scivolare la vita addosso giorno dopo giorno, accumulando anni fino a voltarsi indietro e scoprire solo poche ombre sparse in qua e là. E’ solo Cristo che rende nuove tutte le cose e solo attraverso e per mezzo di Lui riusciremo a vedere il volto del Padre “ Io sono la via, la verità e la vita…” E vivere in Cristo, ha sempre sostenuto don Simone, è l’unico modo per portare questa vita a compimento.
Il cristiano ha assolutamente “l’obbligo” di farlo altrimenti non è vivere in Cristo. E’ solo tempo sprecato.

Il 27 agosto del 2010 se ne andava un “FORTE” e la nostra comunità si è notevolmente impoverita perdendo un così importante punto di riferimento ma il suo ricordo non morirà mai nel cuore di tutti coloro che lo hanno amato e le sue parole continueranno a vivere attraverso la sua immensa eredità spirituale.
Il tempo corre in fretta. Sembra ieri ma sono già trascorsi cinque anni da quando don Simone ha raggiunto la casa del Padre.

Guido e Franca Sardi

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