Parola ritrovata e rilanciata da Papa Francesco in numerose occasioni, il termine discernimento è oggi sulle labbra di molti. Ma cosa significa discernere? Il discernimento, dice il Papa sulla scia di Sant’Ignazio, fondatore dei Gesuiti, “è uno strumento di lotta per conoscere meglio il Signore e seguirlo più da vicino”. Discernimento, ovvero Sulle ali dello Spirito. Il titolo degli orientamenti pastorali per il prossimo triennio -consegnati dal vescovo Tardelli alla diocesi domenica 10 gennaio- potrebbe riassumerne adeguatamente il significato. Soltanto sulle ali dello Spirito infatti, è possibile scrutare i segni dei tempi, intercettare in profondità le esigenze della gente. Il discernimento diocesano proposto dal Vescovo prende le mosse dal magistero di Papa Francesco, di cui coglie le ispirazioni profonde raccolte soprattutto nella Evangelii Gaudium, recupera le indicazioni del Concilio Vaticano II, ma fa anche tesoro dell’esperienza vissuta in Diocesi in occasione dell’Assemblea Sinodale di novembre scorso. Ormai, come descritto in una lettera consegnata al termine del primo anno in Diocesi, mons. Tardelli si è fatto un’idea chiara della realtà pistoiese, contrassegnata da differenze che rischiano la frammentarietà e potenzialità spesso inespresse. All’acuta diagnosi segue oggi l’invito a percorrere un cammino articolato in tre punti: “riconoscere Dio come Padre ricco di misericordia per noi e ogni sua creatura; riconoscere nei poveri il volto concreto di Cristo da servire ma anche da cui apprendere la via della vita; ‘uscire’, essere cioè comunità di fratelli e sorelle che si amano e che vanno incontro ad ogni persona, in una testimonianza che è missione d’amore e di speranza”. Non una lista di cose da fare, dunque, ma l’appello a “permanere in preghiera” come “punto sostanziale”, in vista di una conversione comunitaria, l’invito a crescere in responsabilità e superare la frammentazione, nello sforzo di elaborare a livello di singole comunità, da qui a Giugno, attraverso la lettura e una “ricezione creativa”, percorsi particolari originali ed efficaci.
Sul primo punto gli orientamenti toccano un tasto dolente del nostro tempo, cioè la crisi della Paternità. “Il nostro mondo – scrive il Vescovo – ha urgente bisogno di riscoprire la presenza di un Padre vero, misericordioso e tenero, datore di vita e di speranza. La nostra è una società sostanzialmente di orfani”. Un invito in linea con le intenzioni di Papa Francesco per l’anno santo straordinario della misericordia, ma che vuole collocare questa riscoperta nell’atteggiamento dell’adorazione e della preghiera per ritrovare l’intreccio tra preghiera e missione. “Le nostre comunità parrocchiali, se non riescono a introdurre i bambini, i ragazzi, i giovani, le famiglie e le persone in genere a questa contemplazione e adorazione del Dio vivente Padre misericordioso, falliscono il loro compito e si riducono ad essere un’accozzaglia di iniziative e di attività senza capo né coda, coacervo di piccoli e ridicoli poteri e spazi di incomprensione e incomunicabilità”. Per questo il vescovo suggerisce alcune piste di lavoro: 1) la ripresa della riforma liturgica; 2) la diffusione capillare dei gruppi di Vangelo; 3) il rinnovamento della Iniziazione cristiana; 4) la formazione permanente con la riscoperta del Sacramento della riconciliazione.
A partire da questa radice spirituale il vescovo invita la diocesi a mettersi in ascolto e a servizio dei poveri. “Nonostante che il mondo vada avanti, i poveri restano, presenza inquietante di Dio. I ‘segni dei tempi’ ci mostrano con chiarezza che c’è tanta povertà in giro che chiede speranza e vita … C’è tanto bisogno di Vangelo intorno a noi!”. Anche in questo contesto missione e carità camminano insieme. Le indicazioni dell’Assemblea sinodale, una già viva sensibilità della nostra diocesi e le risorse a disposizione, sono il punto di partenza per trasformare la Chiesa pistoiese in una chiesa “in uscita”. Il vescovo invita a farlo concentrandosi sui seguenti punti: 1) la presenza della Caritas in ogni parrocchia o gruppo di parrocchie in alleanza; 2) la diffusione di Centri di Ascolto; 3) il riferimento diffuso all’Osservatorio diocesano delle povertà; 4) la presenza in ogni parrocchia o gruppo di parrocchie in alleanza di un hospitium, cioè una casa di accoglienza e rifugio, una casa della carità; 5) la diffusione del Progetto Policoro per il lavoro giovanile e del Progetto casa per un alloggio dignitoso e accessibile alle famiglie bisognose; 6) la conoscenza e il sostegno delle ‘opere sociali diocesane’.
Al cammino della Diocesi nei prossimi anni, infine, è chiesto un ultimo e necessario colpo d’ala. Un’esigenza che forse tocca i tasti più delicati e incontra maggiori difficoltà: la necessità, cioè, di proporsi come “comunità fraterna e missionaria”. Scrive infatti il Vescovo: “Soltanto se si è capaci di accoglienza reciproca e di perdono, se ci si rispetta, ci si ama sinceramente e si riesce a camminare insieme, la chiesa può mostrare il suo volto di madre tenera e dolce verso gli uomini e le donne del nostro tempo. Per essere un’ “oasi di misericordia”, la misericordia deve abitare nell’oasi della Chiesa”. La chiesa, come fraternità aperta all’annuncio chiede, concretamente, di valorizzare e rivitalizzare gli strumenti di partecipazione come i Consigli Pastorali. Una pista di lavoro che investe anche altri punti chiave: 1) una attenta verifica della effettiva missionarietà delle parrocchie; 2) la ripresa del progetto delle ‘parrocchie in alleanza’; 3) la valorizzazione in chiave missionaria delle feste tradizionali tipiche della religiosità popolare; 4) una attenzione particolare alla formazione dei laici e dei vari ministri e animatori pastorali; 5) un rilancio della pastorale giovanile coordinata tra centro e parrocchie e agganciata alla Iniziazione cristiana; 6) l’accompagnamento premuroso dei giovani che si preparano al matrimonio e delle giovani famiglie. Particolarmente significativo, inquesto contesto, il passaggio dedicato ai giovani: “ci vogliono uomini e donne dedicati agli adolescenti e ai giovani, dei ‘padri’ e delle ‘madri’ che prima di tutto li sappiano ascoltare non ‘da stranieri’, ma percependone i silenzi, le solitudini e le amarezze che non sono mai piccole, anche quando la nostra esperienza ci ha fatto capire che ci sono cose più grandi”. Ancora una volta la strada maestra è quella del discernimento delle situazioni concrete e l’invito a pensarsi come chiesa in uscita, centrata sull’essenziale nello stile di vita e nell’annuncio del Vangelo. “Siamo una chiesa che ha le sue ferite, è vero, – conclude mons. Tardelli – ma che ha anche tanti, tanti doni da parte del Signore”. L’augurio è che forte di questa consapevolezza e sorretta dalla grazia, la Chiesa pistoiese possa prendere coraggiosamente il volo “sulle ali dello Spirito”.
Ugo Feraci
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