Pasqua di resurrezione – Cattedrale di San Zeno (16 aprile 2017)

Pasqua 2017
Cattedrale

 

Sono ormai trascorsi i giorni della passione. Il giorno dell’ultima cena e del tradimento; quello della cattura e della tortura; quello della crocifissione e della morte; è passato anche il giorno silenzioso del sepolcro; siamo finalmente a Pasqua, nel mattino del giorno nuovo, il giorno del Risorto.

Ma è tutto veramente passato? Davvero non c’è più traccia nella storia dei drammatici giorni della passione e della morte? No davvero, carissimi fratelli e amici. Se celebrassimo la Pasqua e la sua gioiosa luminosità pensando che i drammi del mondo siano finiti, sbaglieremmo di grosso. E la nostra non sarebbe fede, ma solo chiacchiere da imbonitore, segno che avremmo capito ben poco del mistero della redenzione.

In realtà ancora oggi e domani sarà versato sangue innocente. Ancora barconi porteranno sconsideratamente da noi un sacco di gente, e persone moriranno nel mare. Gli attentati non finiranno e la rischiosissima tensione in Asia rimarrà alta. Ancora gli arsenali si riempiranno di armi sempre più sofisticate per uccidere sempre meglio. Ancora ci sarà chi, non trovando sollievo alla sua sofferenza, vorrà togliersi dal mondo; ancora bambini concepiti saranno rifiutati e scartati; ancora ci saranno donne violentate o uccise da falsi amanti e l’odio continuerà ad abitare persino dentro le nostre case.

Forse mi direte: ma come, anche a Pasqua dobbiamo sentire questa memoria dolorosa di sangue? Non celebriamo forse la risurrezione di Cristo? La sua vittoria sulla morte e sull’odio del mondo? Egli non ha pagato per tutti noi col suo sangue il prezzo del nostro riscatto? Perché tormentarci con pensieri di morte pure oggi; perché guastarci anche questo giorno di festa? Almeno oggi, facciamo si che la più grossa preoccupazione sia se domani che è pasquetta pioverà o meno. Che guastafeste, questo vescovo!

E’ vero, carissimi amici e fratelli. Oggi noi siamo realmente nella gioia. Come lo furono le donne e i discepoli che rividero vivo Gesù. Lui che avevano ormai considerato perduto. Lo riabbracciarono, parlarono di nuovo con Lui. Egli li rincuorò e dette loro il suo Spirito. Noi, proprio come le donne e gli apostoli e i discepoli, siamo felici perché il Signore è risorto per mai più morire. Effettivamente, la vita e la morte si sono scontrate in un prodigioso duello. Gesù parve sconfitto mentre in realtà fu lui il vincitore. E’ tutto vero, fratelli. E’ veramente così. Cristo è risorto. E’ veramente risorto.

Ma ciò non toglie che nel mondo resti la violenza e si continui a versare sangue innocente. La risurrezione di Cristo non cambia le cose del mondo, non trasforma la terra in un giardino, non risolve i nostri problemi, non realizza un mondo di pace. No. La risurrezione di Cristo agisce nel cuore di chi crede, di chi si lascia incontrare da Lui, crocifisso e risorto. La risurrezione di Cristo mostra la sua potenza soltanto dentro l’anima che è disposta ad affidarsi. Allora, anche chi piange diviene beato; anche chi ha fame e sete può esser felice; anche i mansueti, i deboli, gli operatori di pace, gli assetati di giustizia, sono beati. Il loro cuore cambia e si trasformano in uomini e donne nuovi. Agli occhi del mondo restano degli illusi e dei perdenti e verranno sempre schiacciati ma in essi la fede nel Cristo risorto da forza e coraggio e li fa attraversare la morte come vincitori, senza perdere mai la speranza.
In questa prospettiva, che è quella del crocifisso – risorto, di Colui cioè che resta crocifisso anche da risorto e che è risorto anche se crocifisso, proviamo allora a vedere chi davvero oggi può festeggiare e fa effettivamente festa: ed ecco allora primi fra tutti la schiera dei martiri di ogni razza e colore, accumunati dal sangue versato per Cristo come pochi giorni fa, quei cristiani uccisi mentre celebravano l’ingresso del Signore in Gerusalemme. Oggi loro festeggiano per davvero nel cielo la Pasqua del Signore. Ecco poi coloro che hanno lasciato ogni cosa per servire il Signore, che hanno abbandonato onori e potere, ricchezze e gloria per essere solo di Dio, per consumarsi nel suo amore e contribuire alla salvezza dei fratelli. Uomini e donne, sconosciuti, morti al mondo che consumano la loro esistenza nella solitudine di un eremo o nel chiuso di un monastero. Oggi per loro è festa, festa perché morti al mondo sono diventati più vivi che mai in Cristo. Ma oggi festeggia la Pasqua anche tutta la moltitudine di coloro che si sono dati al servizio del prossimo, che si fanno in quattro per gli altri, che non misurano fatica e stanchezza per soccorrere chi è nel bisogno; che condividono ciò che hanno e sono: beni, conoscenze, talenti. Quelli che si fanno incontro a chi è affamato o assetato, nudo o malato o carcerato, levandosi magari il pane di bocca perché non ne manchi agli altri. Ed ecco infine la schiera di coloro che pur di restare fedeli al Signore accettano umiliazione, persecuzione, calunnia, offese; coloro che pur di non fare peccato, preferiscono passare da sciocchi e sopportano ogni cosa con pazienza, perdonando le offese ricevute e continuando ad amare anche i propri nemici. Oggi per loro è davvero Pasqua di risurrezione.

E per noi allora, carissimi fratelli e amici? Come possiamo anche noi festeggiare e fare Pasqua in verità, cantando con gioia sincera l’alleluia pasquale? Non abbiamo altra strada che imitare questi nostri fratelli; cambiando cioè il nostro cuore; accogliendo il Signore vivo in noi; credendo in lui. Solo se accettiamo di essere trasformati dalla grazia del Risorto, per noi sarà veramente festa di Pasqua. Solo se siamo disposti a camminare per le strade del mondo, confidando unicamente nella sua potenza; soltanto se siamo disposti ad andare contro corrente e a essere disprezzati per Cristo, abbracciando e servendo chi è all’ultimo posto nel mondo; solamente percorrendo questa strada, incontreremo il Risorto e avremo la sua consolazione; sentiremo le sue parole piene di amore che ci dicono: non temere, io ho vinto il mondo; non avere paura. Sono andato a preparati un posto perché là dove sono io possa essere anche tu.

Ma il mondo? Tutto resterà per sempre così, in balia del maligno, del nemico di Dio e dell’uomo? Ancora e per sempre dovremo vedere soprusi e violenza? No. Verrà il tempo, quello che solo Dio conosce, in cui sorgeranno cieli nuovi e terra nuova. Non dubitiamo. Verrà il tempo in cui il tentatore, il rosso drago di cui parla l’apocalisse, sarà gettato per sempre nello stagno di fuoco. Verrà un giorno in cui i morti risorgeranno e si stabilirà per sempre il Regno della giustizia e dell’amore. Quel giorno verrà. Ne siamo certi.

Ora però è il tempo dell’attesa nella fede, nella speranza e nell’amore. Ora sono i giorni in cui la risurrezione convive con la morte. I giorni in cui il Risorto appare soltanto a coloro che si aprono a lui e si sforzano di amare i fratelli. Oggi è il tempo di edificare ancora nelle lacrime pezzi di Regno di Dio, lavorando e faticando perché le nostre società siano più aperte a Dio e più rispettose della dignità di ogni uomo. Oggi sono i giorni in cui, per dirla con Sant’Agostino, cantiamo l’alleluia pasquale e lo cantiamo a squarciagola, ricolmi di gioia, sapendo però che non è l’alleluia del pieno possesso, ma invece l’alleluia della strada, l’alleluia del viandante. Oggi ci è dato di cantare si, ma di cantare ancora camminando nel tempo tra le consolazioni di Dio e le prove della vita, mentre crescono insieme nel campo del mondo la zizzania e il buon grano. Per questo stamani ripeto a me stesso e a ciascuno: canta e cammina; canta ma non fermare il tuo passo; canta nella gioia ma cammina nella carità. Questa è la Pasqua che ci è dato di vivere quaggiù.

+ Fausto Tardelli, vescovo