Omelia in morte di Mons. Mario Leporatti

In morte di Mons. Mario Leporatti
(Cattedrale di San Zeno, 30 giugno 2015)

La lettura dall’Apocalisse ci ha aperto lo sguardo sulla Gerusalemme del cielo, la Santa Città di Dio, abitata dai giusti di ogni tempo, dai testimoni del vangelo, dai santi e beati che hanno combattuto la buona battaglia, quella dell’amore più vero. Ci è stato dato di contemplare la Gerusalemme del cielo che già però si va edificando sulla terra, attraverso al testimonianza dei servitori del vangelo.

In questa Gerusalemme del cielo ci sono i santi Pietro e Paolo che abbiamo ieri venerato. Ci sono i santi martiri della chiesa romana che oggi la liturgia ricorda. Ci sono i nostri celesti patroni, San Jacopo, san Zeno, Sant’Atto, il beato Franchi. Ci sono i tanti martiri dei nostri tempi. Di questa Gerusalemme celeste noi confidiamo, anzi ne siamo certi, che sia già pienamente partecipe anche il nostro fratello, don Mario, sacerdote, per godere in eterno del premio promesso dal Signore ai suoi servitori ed amici.

E’ già la seconda volta che nel giro di pochi giorni mi trovo a celebrare le esequie di sacerdoti, anziani, che sono stati segno vero della misericordia del Padre; che hanno interpretato al meglio il Vangelo – pur con tutti i loro limiti e peccati, per i quali siamo qui a invocare il perdono di Dio – con semplicità e umiltà, senza fare molto rumore, servendo il popolo di Dio a nome e per conto del Buon Pastore, imitandone la vita, identificandosi con lui, prestando a Lui la voce, le mani, la testa e il cuore.

La figura e l’opera di Mons. Leporatti, da quello che ho potuto conoscere, sono state di grande rilievo. Anche i tanti riconoscimenti di queste ore lo attestano. E’ stato un significativo punto di riferimento per tante persone, un uomo profondo e mite, umile e forse nascosto, culturalmente preparato, ma nello stesso tempo, sacerdote vero, educatore di generazioni di laici cristiani. E’ stato un sacerdote a tutto tondo che si è consumato giorno per giorno per il Regno di Dio. Anche questi ultimi mesi, da quando, in carrozzina, volle comunque essere presente al mio ingresso in Cattedrale, l’8 dicembre scorso, sono stati quasi il segno visibile del consumarsi lento e costante, generoso, fino in fondo, di un’intera vita al servizio del Signore e della sua Chiesa. Con l’ultimo respiro ha veramente dato tutto se stesso, essendo ridotto ormai a niente.

Ringraziamo il Signore per la testimonianza di sacerdoti come Mons. Leporatti. La nostra Chiesa, la chiesa di Pistoia, con la morte di questi presbiteri si sente più orfana, ma sa che il bene seminato nei solchi della sua terra da questi preti non andrà perduto, rimarrà come patrimonio indelebile, portando frutto a tempo debito.

Allora guardiamo avanti, carissimi fratelli e amici. A noi raccogliere il testimone e adempiere il compito che il Signore ci ha affidato, per il tempo che Lui vorrà. L’importante è che ognuno faccia la sua parte, così che si trasmetta la testimonianza dell’amore di Dio di generazione in generazione.

La via da percorrere l’abbiamo ben tracciata davanti nel vangelo che abbiamo ascoltato: è la via delle beatitudini, che non sono quelle che il mondo proclama, ma quelle vere che portano alla pace, alla Gerusalemme del cielo. Impariamo quindi ogni giorno di più a essere poveri e ricchi solo di Dio; impariamo ad essere misericordiosi, operatori di giustizia e di pace; impariamo a soffrire e a piangere per la sorte dei nostri fratelli; impariamo ad essere retti nelle intenzioni e puri di cuore e non ci scoraggiamo di fronte alle difficoltà e alle persecuzioni. Questa è la via di Cristo, da Lui tracciata e che con Lui è possibile percorrere. Questa è la strada per la quale siamo chiamati ad andare.

Noi sacerdoti i primi fra tutti, per essere esempio al gregge che ci è affidato. E’ sulla strada delle beatitudini vissute e testimoniate personalmente che noi dobbiamo svolgere il nostro ministero. Non coi discorsi e le chiacchiere, ma vivendo le beatitudini. Su questa strada dobbiamo essere i primi, così da sostenere anche gli altri nel cammino.

Ma poi noi tutti, popolo di Dio, laici e sacerdoti insieme, tutti siamo chiamati a camminare su questa strada. Ed è questo anche l’unico modo per onorare e ricordare degnamente chi ci ha preceduto nel segno della fede.

+Fausto Tardelli