Conclusione prima sessione del Sinodo Diocesano

Conclusione prima sessione del Sinodo Diocesano
(sabato 24 giugno – Cattedrale di San Zeno)

 

Si conclude questa sera la prima sessione del sinodo diocesano. Vogliamo innanzitutto rendere grazie a Dio per quello che è avvenuto e sta avvenendo: l’aver cioè cominciato, sotto l’impulso dello Spirito Santo, ad assumere uno stile sinodale nella nostra chiesa che vuol dire camminare insieme come popolo di Dio, corresponsabili della missione del Vangelo; l’aver inoltre ascoltato e individuato attraverso un discernimento comunitario, guidato sempre dallo Spirito Santo, quelle che sono le principali attese di Vangelo presenti in noi e nelle persone dei nostri territori; quelle sfide che lo Spirito Santo ci mette davanti e alle quali occorre rispondere.

Abbiamo sperimentato di essere chiesa, popolo santo di Dio, pur con tutti i nostri limiti; popolo radunato nell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Abbiamo sicuramente provato anche la fatica e la lentezza necessaria per ascoltarci e ascoltare. Tutto questo però è stato ed è salutare perché appunto si tratta di una conversione in atto che lo Spirito Santo sta ispirando a tutta la nostra chiesa.

Insieme abbiamo cercato di ascoltare le attese di Vangelo presenti nella nostra vita e in quella delle persone che vivono nei nostri territori. Abbiamo individuato quindi alcune sfide che lo Spirito del Signore ci mette davanti e alle quali occorrerà rispondere con generosità e fantasia. Le elenco semplicemente: l’attesa di Vangelo e di nuovi cammini educativi; il nostro tempo come occasione di speranza; l’attesa di relazioni umane significative; l’attesa di fraternità; la famiglia e i suoi bisogni; la donna come dono e responsabilità; l’ascolto, la cura e l’intergenerazionalità tra giovani e anziani; i migranti e le loro attese; il bisogno di una Chiesa “nuova”, rinnovata profondamente dallo Spirito. Su queste strade, lo Spirito del Signore ci sta spingendo e sarà il discernimento comunitario ancora da svolgere nell’anno prossimo a portarci, con la celebrazione della seconda sessione finale del Sinodo diocesano, ad alcune fondamentali scelte pastorali di conversione che riguarderanno tutta la diocesi e le singole parrocchie, i gruppi, le associazioni e i movimenti.

Il tempo della responsabilità che non viene mai meno e il confronto con le nostre miserie, non ci impediscono però di dire grazie con tutto il cuore a Dio per ciò che ci è stato dato di comprendere e per l’esperienza viva di chiesa che abbiamo fatto e che stiamo facendo.

Siamo forse privi di difetti? Assolutamente no? Siamo davvero una risposta credibile all’amore del Signore? Credo di no, tante volte. Però abbiamo tentato di essere docili allo Spirito ed Egli ci ha preso sul serio e ci ha portato avanti. L’esperienza che abbiamo fatto insieme e che ripeteremo ancora non passerà facilmente nel dimenticatoio della nostra Chiesa. Rimarrà anzi come una pietra miliare che l’ha segnata in un passaggio storico decisivo ed epocale.

La prima lettura ci ha detto che siamo un popolo in cammino; tante volte in mezzo all’aridità del deserto provocato dal nostro peccato e dal peccato del mondo. Ma è un cammino di liberazione, di rinascita, di vita nuova, lungo il quale si sperimentano le grandi opere di Dio. Siamo allora invitati a non dimenticare. “Non dimenticare”: importantissimo, per noi smemorati e per questo tempo così spesso privo di memoria. “Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio, ti ha fatto percorre nella tua storia”, ci ripete il Signore. È stato anche un cammino di prova, segnato da debolezze e peccati. Ma il Signore ci chiede di guardare avanti e di non fermarci a piangerci addosso. Ci chiede di considerare il suo amore e di capire che noi possiamo vivere e vivere in pienezza se ci nutriamo di quanto esce dalla sua bocca.

La seconda lettura parla ancora di noi e ci dice che siamo tutti diversi e che questa diversità e varietà è un bene, una ricchezza. Ma ci dice anche che siamo un “corpo”, un organismo vivente e unito. Anzi, noi non siamo un corpo qualsiasi, bensì il Corpo di Cristo. Questa è la nostra identità. Lo siamo come chiesa diocesana unita alle altre chiese sparse nel mondo a formare la Cattolica; lo sono tutte le comunità parrocchiali, interconnesse l’una alle altre dentro la chiesa diocesana. Così le comunità religiose, i gruppi, i movimenti. È l’ora veramente di finirla di andare avanti ognuno per conto suo, come se fossimo un organismo sezionato in mille pezzi. Pensiamo forse di poter vivere, staccandosi e non relazionandosi con gli altri? La morte dell’organismo è il destino di un organismo sezionato e disperso! L’esperienza sinodale che stiamo facendo è illuminante in proposito: conta il camminare insieme. Conta il mettersi insieme in ascolto dello Spirito che parla a noi in tanti modi, anche nella storia, nella vita dei nostri fratelli e di noi stessi, come nella chiesa universale guidata dal santo Padre. Che questo stile sinodale caratterizzi d’ora in avanti tutta la nostra chiesa, nel rispetto naturalmente della specificità dei ruoli e dei compiti, ma forti del dono del battesimo che ci ha fatto tutti in Cristo, sacerdoti, re e profeti. “ora noi siamo il corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte”.

Il brano evangelico di questa sera, ripreso da domenica scorsa è particolarmente bello e significativo per noi. È il brano che sta alla base del nostro cammino sinodale. Ci siamo mossi infatti per ascoltare le attese di Vangelo presenti in noi e nei nostri territori, per essere poi strumenti efficaci dell’amore di Cristo.

In sostanza, ho chiesto a tutta la diocesi convocandola in Sinodo di imparare ad assumere lo sguardo di Cristo sull’umanità e sul mondo. Quello sguardo pieno di misericordia e di tenerezza che commuove il cuore di Cristo e lo spinge alla missione di salvezza. “Gesù, vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore”. E a questo sguardo pieno di amore e di tenerezza segue la risposta: la ricerca di operai per la messe che gli occhi del Signore vede abbondante. Ed ecco la chiamata dei dodici.

Noi ci vogliamo proprio muovere sulle orme del nostro Redentore. Vogliamo fare esattamente come Lui. Anzi, lo abbiamo già anche fatto, almeno nel tentativo e nell’impegno: guardare in noi e attorno a noi la messe abbondante che attende di essere mietuta; ascoltare la stanchezza e la sfinitezza dell’umanità; il disorientamento e la confusione di chi non ha un pastore giusto e buono che lo guidi.

Con la seconda sessione del Sinodo che si apre tra poco, il 25 di luglio, nella festa solenne di San Jacopo nostro Patrono, cercheremo anche noi di fare esattamente quello che fece Gesù: rispondere cioè alle sfide, con la missione di tutta la nostra chiesa; con una conversione missionaria. Riscoprendo di essere mandati Lui come gli apostoli che abbiamo ascoltato nel Vangelo essere stati chiamati da Lui. Anche noi saremo chiamati per nome dal Signore che ci rinnoverà il mandato e ci inviterà a lasciarci guidare ancora dallo Spirito santo per rispondere alle sfide che abbiamo individuato in questa prima sessione sinodale.

Nella gratitudine, col cuore pieno di riconoscenza, continuiamo a chiedere il dono dello Spirito, l’assistenza materna della Vergine Maria e del nostro amico e fratello San Jacopo.

+ Fausto Tardelli