Ciò che a Dio non piace

II° venerdì di quaresima 15 marzo 2019
Prima Stazione Quaresimale (Battistero di San Giovanni in Corte – San Giovanni Fuorcivitas)

“Ciò che a Dio non piace”

 

“Forse che io ho piacere della morte del malvagio o non piuttosto che desista dalla sua condotta e viva?” Queste parole del Signore riportate nel brano del profeta Ezechiele, ci fanno capire una cosa: che Dio ha un suo modo di guardare al comportamento dell’uomo. Lo fa sempre in una prospettiva di salvezza, mai di punizione o tantomeno di vendetta.

Nel suo modo di agire non c’è quel risentimento nei confronti di chi gli ha fatto un torto, così tipico tra noi uomini. Dio non è spinto dalla voglia di far pagare al reo il fio del suo comportamento. Dio non soffre di “lesa maestà”, per cui chi si è permesso di offenderlo deve essere punito, annientato.

Niente di tutto questo: Dio ha piacere, desidera invece soltanto e senza retro-pensieri, che il malvagio desista dalla sua condotta e viva, rivelandosi in questo modo un Dio che ama la vita, che è fonte della vita e che ama donarla. Vengono subito qui in mente le parabole evangeliche della misericordia, laddove si dice che c’è più gioia in cielo per un peccatore che si converte che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione; soprattutto viene in mente la parabola del buon pastore che va in cerca della pecora perduta e se la carica sulle spalle con infinito amore per riportarla ai pascoli e alle acque della vita.

Di fronte a un Dio così, carissimi amici, non ci deve allora far fatica fare verità su noi stessi; non ci può creare disagio guardare in faccia con sincerità le nostre malvagità. Non c’è da nascondere niente.

La prima cosa che forse dobbiamo imparare nel tempo della Quaresima è anzi proprio questo: riconoscere con sincerità la malvagità che è in noi. È l’unico modo per sperimentare la cura premurosa del Signore e il suo amore infinito. Egli infatti, dice ancora in altra parte del vangelo, è venuto per i malati, per i peccatori, per coloro che si sono perduti, non certo per chi si sente a posto, già bravo, “in regola” e quindi autosufficiente e bisognoso di nulla. In realtà questi è già morto, la vita lo ha abbandonato.

Per non correre il rischio di rimanere esclusi dalla vita, dobbiamo chiedere che il Signore con la sua luce illumini anche gli angoli più reconditi della nostra coscienza, per mettere a nudo tutte le nostre miserie, così da poter vedere bene quei compromessi che pian piano finiscono per impastare la nostra vita e renderla mediocre: né calda né fredda, quindi, a detta del libro dell’apocalisse, vomitevole. Che il Signore ci illumini per poter riconoscere la nostra malvagità in tutta la sua gravità e anche in tutte le sue conseguenze negative per la vita del mondo. Si, perché si fa presto a gridare contro i mali del mondo, magari contro il surriscaldamento del pianeta e i cambiamenti climatici come si è fatto in questa giornata, ma quanto si è avvertiti che la causa di ogni male è il peccato che ognuno di noi commette ogni giorno? Che la causa è la sistematica trasgressione di quelle dieci parole che si raccolgono nel duplice comandamento dell’amore?

Come i raggi del sole in una stanza fanno vedere in contro luce la polvere che c’è nell’aria, così la luce del Signore rende evidenti i nostri mali: e di questo non dobbiamo che ringraziare il Signore. E’ una vera grazia, che all’inizio di questa quaresima vogliamo chiedere.

Avendo però ben chiaro una cosa, come ci ricorda ancora il profeta Ezechiele; che non basta accorgersi e vedere la nostra malvagità: occorre anche “allontanarsi da tutti i peccati, osservare tutte le leggi di Dio e agire con giustizia e rettitudine”. Il Signore è molto chiaro in proposito. Il suo perdono non ci trova già sani. Il suo amore ci raggiunge mentre siamo ancora peccatori. Questo è vero. Ma può produrre frutto soltanto se trova in noi disponibilità a un sincero cambiamento di vita.

L’insegnamento di Cristo propostoci nel vangelo di stasera in questo senso è una grande grazia per noi; esso infatti ci permette di riconoscere la nostra malvagità, di aprirci al perdono di Dio, mostrandoci inoltre la strada da intraprendere per una via nuova. In modo particolare lo fa andando a scoprire le magagne che guastano il rapporto con gli altri, relazione essenziale nel progetto di Dio per l’uomo.

La malvagità che Cristo stasera rivela presente nel nostro cuore è quella che ci fa agire in modo diametralmente opposto a quello di Dio che, abbiamo visto, non tiene conto del male ricevuto, non ci punisce, non ce la fa pagare, non ci disprezza. Noi, al contrario abbiamo spesso un cuore pronto all’ira nei confronti degli altri, impaziente, prepotente. Incredibilmente omicida, come proprio oggi abbiamo visto in Nuova Zelanda. Magari siamo capaci di dire con ipocrisia che in fondo noi non siamo di quelli che uccidono, sapendo bene però che in realtà gli altri si possono uccidere in tanti modi, anche solo con le parole o con l’indifferenza.

L’esame si fa stringente, perché il Signore Gesù mette a nudo anche la malvagità che sta dentro la semplice offesa. Apparentemente innocua, l’offesa dell’altro può essere davvero carica di cattiveria, di disprezzo, persino di odio. E in questi tempi di social diffusi, non dovremmo forse fare davvero molta attenzione alle parole che pronunciamo? Alla cattiveria che c’è dentro le nostre parole, pronunciate o scritte? Al veleno che si cela dietro apparenze perbeniste e magari anche educate?

Nell’insegnamento evangelico, Gesù ci indica anche la strada da intraprendere perché il suo amore non sia vano in noi e tutto non si riduca ad un perdono a buon mercato. Sono indicazioni concrete che mostrano atteggiamenti e comportamenti nuovi. Indicazioni di cui far tesoro. Eccole: impegnarsi per la riconciliazione col fratello, impegno per Gesù prioritario. Anche rispetto all’offerta a Dio, alla relazione con Dio. Impegnarsi per la riconciliazione significa prende atto realisticamente che qualcosa si è rotto, che le relazioni a volte si frantumano, su spezzano, per cui occorre appunto riconciliarsi, ricucire. Una riconciliazione – si badi bene – da ricercare non solo perché noi siamo in disaccordo con qualcuno ma perché – come dice Gesù – qualcuno ha qualcosa contro di noi. Insieme alla riconciliazione, Gesù ci invita a ricercare il dialogo, almeno fin dove è possibile; a cercare una via di accordo con l’altro, parlando, incontrandosi, confrontandosi. Non sempre ciò è possibile. Ma anche dove ciò risultasse impraticabile, il cuore deve comunque sempre rimanere lontano dal disprezzo dell’altro, deve restare aperto all’incontro, sempre proteso al dialogo, ostinatamente desideroso che persino colui che ci ha fatto del male, si converta e viva.

E’ così allora che potremo essere davvero figli di Dio, di quel Dio che non ha piacere della morte del malvagio, ma che si converta e viva.