Battesimo del Signore – Diaconato di Alessio, Eusebiu, Fratel Benedetto (13 gennaio 2019)

BATTESIMO DEL SIGNORE
Diaconato di Alessio, Eusebio, fra Benedetto
(13 gennaio 2019)

Immergersi nelle acque; salire su un alto monte; alzare la voce: tre azioni, tre gesti che caratterizzano la festa odierna del Battesimo del Signore, secondo le letture bibliche che abbiamo appena ascoltato. Tre azioni che possono ben configurare anche il ministero sacro e in particolare quello del diaconato.

Gesù scese dentro le acque del fiume Giordano per esservi immerso. E’ il primo e fondamentale gesto da considerare oggi. In questo gesto da una parte si indica la necessità per l’uomo di rinascere a vita nuova, purificato dal peccato; dall’altra, Dio Padre mostra chiaramente che è nel Figlio unigenito che bisogna immergersi, cioè in Colui che si è caricato dei peccati del mondo, facendosi come un peccatore.
Per noi allora, immergersi nelle acque, esprime la necessità di essere ogni giorno immersi nel mistero dell’amore di Dio in Cristo, facendone ogni giorno esperienza, esperienza di salvezza, di tenerezza, di liberazione, di conforto e di stimolo a una vita migliore. Come ha detto San Paolo, questa è “un’acqua che rigenera e rinnova nello Spirito Santo”. L’immersione quotidiana nella grazia di Dio è indispensabile per ogni ministro del Signore. Senza questo continuo “battesimo” nell’amore di Dio, egli non ce la può fare a condividere efficacemente la vita delle persone a cui è inviato, ad aiutare il Cristo a portare il peso dei fratelli e delle sorelle con la dolcezza e la pazienza del servizio. Il ministro del Signore che si illudesse di poter servire gli altri, senza attingere alla fonte dell’amore di Dio, si ingannerebbe e finirebbe per ridurre il suo ministero a un’opera soltanto umana e quindi votata inesorabilmente all’inquinamento dell’egoismo.

Salire su un alto monte. Ecco l’altro gesto indicato dalla parola di Dio. Così dice il profeta Isaia: “Sali su un alto monte”. In questo salire sul monte, possiamo facilmente vedere la chiamata all’impegno, anche faticoso, per rispondere alla grazia di Dio e adempiere il ministero. Occorre salire; dunque occorre faticare, lottare, per superare noi stessi e le nostre cattive inclinazioni, per aprirci alla comunione; occorre salire, sforzandosi di superare ogni giorno le asperità della vita, le contraddizioni del tempo, il nostro stesso cuore di pietra incline sempre ad alimentare l’uomo vecchio. Invece su, in alto, avanti, con decisione. Certamente cadenzando il passo come quando si va in montagna, perché il fiato non venga meno e il cuore non scoppi; però avanti, senza fermarsi di fronte ad alcun ostacolo e senza cedere alla tentazione del cammino facile in pianura o in discesa, per la via larga e spaziosa, che, come dice il Vangelo, porta sicuramente alla perdizione. Così il ministro del Signore non può non essere sempre in arrampicata. Mai solitaria però; piuttosto come quella di un capo cordata che apre la pista e che deve far attenzione a non cadere, trascinando nella caduta coloro che il Signore ha legato a lui.

Infine, c’è da alzare la voce. E’ ancora questo che abbiamo ascoltato nella prima lettura: “Alza la tua voce con forza, tu che annunci liete notizie”. Con questo gesto, con questa azione, si significa il fatto che l’araldo del Signore che porta la buona notizia dell’amore di Dio per gli uomini, della remissione dei peccati e del mondo nuovo della pace, deve farsi sentire, deve proclamare la notizia perché tutti l’intendano. La sua voce deve innalzarsi sopra le mille voci del mondo, sopra il chiacchiericcio delle parole vuote e l’inganno delle parole false di cui è pieno il mondo e di cui si riempiono facilmente la testa e il cuore degli uomini. La buona notizia del Regno di Dio che è Gesù, deve sovrastare quel brusio delle comunicazioni umane, spesso ingannevoli, spesso corruttrici. Un alzare la voce che è si impegno perché la buona notizia sia da tutti ascoltata e tutti la possano conoscere, ma che significa soprattutto lavoro perché la nostra vita corrisponda al messaggio, perchè la gioia brilli nei nostri cuori e nei nostri volti, perchè l’amore generoso e concreto testimoni la verità, la bontà e la bellezza del vangelo. Il diacono è in senso forte “araldo” del Vangelo. Egli sale sull’ambone in mezzo o davanti all’assemblea per proclamare Cristo morto e risorto, buona notizia per il mondo, e mentre l’annuncia con gioia, egli non può mai dimenticare il monito che gli è stato rivolto nel giorno dell’Ordinazione: “Credi ciò che proclami, insegna ciò che hai appreso nella fede, vivi ciò che insegni.

Ed ora, carissimi fratelli e sorelle ascoltiamo le considerazioni che il rituale propone per il conferimento del diaconato.

I diaconi, fortificati dal dono dello Spirito Santo, sono di aiuto al vescovo e al presbiterio nel ministero della parola, dell’altare e della carità, mettendosi al servizio di tutti i fratelli. Divenuti ministri dell’altare, annunziano il Vangelo, preparano ciò che è necessario per il sacrificio eucaristico, distribuiscono ai fedeli il sacramento del corpo e del sangue del Signore. Inoltre, secondo la missione a loro conferita dal vescovo, hanno il compito di esortare e istruire nella dottrina di Cristo i fedeli e quanti sono alla ricerca della fede, guidare le preghiere, amministrare il Battesimo, assistere e benedire il Matrimonio, portare il Viatico ai moribondi, presiedere il rito delle esequie. Consacrati con l’imposizione delle mani secondo l’uso trasmesso dagli apostoli e uniti più strettamente all’altare, i diaconi esercitano il ministero della carità in nome del vescovo o del parroco. Questi compiti esigono una dedizione totale, perché il popolo di Dio li riconosca veri discepoli del Cristo, che non è venuto per esser servito, ma per servire.

E voi, Alessio, Antonio Benedetto, Eusebio, prossimi diaconi, guardate innanzitutto e sempre al Signore che vi ha dato l’esempio, perché come egli ha fatto così facciate anche voi. Come ministri di Gesù Cristo che in mezzo ai discepoli si mostrò come un servo, siate sempre pronti e disponibili per compiere la volontà di Dio e servite con gioia e generosità il Signore e i fratelli. Ricordatevi che nessuno può servire a due padroni e, mettendo la vostra vita al servizio del Signore, rifiutate gli idoli di ogni impurità e dell’avarizia, che rendono schiavi gli uomini.

Poiché vi accostate liberamente all’ordine del diaconato, seguendo l’esempio dei diaconi scelti dagli Apostoli al ministero della carità, siate degni della stima del popolo di Dio, pieni di Spirito Santo e di sapienza. Voi avete scelto di consacrare il vostro celibato per farne segno e richiamo alla carità pastorale, sorgente di fecondità spirituale nel mondo. Animati dal desiderio di un sincero amore per Cristo e vivendo con totale dedizione in questo stato di vita, vi consacrate al Signore a un titolo nuovo e sublime; e aderendo a lui con cuore indiviso, sarete più liberi di dedicarvi al servizio di Dio e dei fratelli, e più disponibili all’opera della salvezza.

Fondati e radicati nella fede, siate sempre irreprensibili e senza macchia davanti a Dio e agli uomini, come devono essere i ministri di Cristo, dispensatori dei misteri di Dio. Non venga mai meno in voi la speranza del Vangelo, di cui sarete non solo ascoltatori, ma araldi e testimoni. Custodite il mistero della fede in una coscienza pura, manifestate con le opere la parola di Dio che predicate, perché il popolo cristiano, animato dallo Spirito Santo, diventi una oblazione pura, gradita a Dio. E quando andrete incontro al Signore nell’ultimo giorno, possiate udire da lui: “Vieni, servo buono e fedele, prendi parte alla gioia del tuo Signore”.