SEQUERI E ORCHESTRA ESAGRAMMA: “LA MULTIFORME ARMONIA CHE ATTRAE”

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In occasione del concerto dell’Orchestra Esagramma nella chiesa di San Francesco a Pistoia domenica 8 ottobre, Mons. Pierangelo Sequeri, promotore e fondatore del progetto Esagramma, ha gentilmente indirizzato a tutti i presenti un personale contributo di pensiero. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. 

 

Caro Vescovo Fausto,

Cari Amici di Pistoia e cari Ospiti

 

di questo straordinario appuntamento con “I linguaggi del divino”. Grazie di cuore, innanzitutto, per la generosa accoglienza dell’Orchestra Esagramma, alla quale avete chiesto di contribuire all’importante evento di riflessione e di comunicazione che la lungimirante intuizione di Mons. Giordano Frosini ha fatto nascere in questa prestigiosa Città di storia e di cultura cristiana e civile, ora giustamente riconosciuta come Capitale della Cultura per l’anno 2017. Il Vescovo Fausto Tardelli, insieme con la sua Chiesa, raccoglie e rilancia questa eredità, arricchendola di ospitalità e di doni. Siamo sinceramente onorati e commossi, in tutta semplicità, di esserne parte e di condividerne la bellezza e la gioia. Nel rammarico dell’impossibilità materiale di essere presente, per festeggiare questo incontro, sono ancora più grato dell’ospitalità che riservate a Esagramma, ai suoi musicisti molto speciali, ai loro genitori e amici, ai collaboratori e ai sostenitori di questa emozionante avventura. Del resto, essi sono la pupilla del mio occhio e la mia presenza migliore.

 

Desidero in ogni modo corrispondere al Vostro generoso invito a offrirvi qualche breve pensiero di consonanza con l’indirizzo di riflessione che avete assegnato a questa puntata dell’evento. Proprio da Evangelii Gaudium traggo un pensiero guida, che spero possa essere di aiuto a collegare più strettamente la testimonianza musicale che state per ascoltare e vivere con la meditazione sui molti riflessi dell’abitare evangelicamente la città moderna, nel nome di Dio, che ispira il manifesto programmatico di questo importante appuntamento.

 

«Se ben intesa, la diversità culturale non minaccia l’unità della Chiesa. È lo Spirito Santo, inviato dal Padre e dal Figlio, che trasforma i nostri cuori e ci rende capaci di entrare nella comunione perfetta della Santissima Trinità, dove ogni cosa trova la sua unità. Egli costruisce la comunione e l’armonia del Popolo di Dio. Lo stesso Spirito Santo è l’armonia, così come è il vincolo d’amore tra il Padre e il Figlio […] Egli è Colui che suscita una molteplice e varia ricchezza di doni e al tempo stesso costruisce un’unità che non è mai uniformità ma multiforme armonia che attrae. L’evangelizzazione riconosce gioiosamente queste molteplici ricchezze che lo Spirito genera nella Chiesa. Non farebbe giustizia alla logica dell’incarnazione pensare ad un cristianesimo monoculturale e monocorde» (EG, 117).

 

Il passo del testo, che celebra la bellezza dello Spirito di Dio, generatore di molti doni diversi, e al tempo stesso artefice della loro emozionante composizione, impiega per ben tre volte la parola “armonia”. Il termine, squisitamente musicale, allude alla straordinaria capacità della musica di creare bellezza dell’insieme conservando la diversità delle parti. La musica, in effetti, è l’unico modo che abbiamo per rendere simultaneamente protagoniste voci diverse e ineguali, creando il valore aggiunto di una bellezza dell’insieme superiore a quella delle singole parti. Il piacere della comunione che si rende udibile – e anche visibile – nel fare musica insieme, è interamente partecipato da ognuno: per quanto piccola sia la sua parte, essa concorre pienamente alla perfezione dell’insieme, di cui tutti sono attori necessari e apprezzati.

 

A parte i competenti professionali della storia della musica, pochi ancora sanno che l’invenzione di questa matrice combinatoria, che organizza la simultaneità di linee melodiche autonome e di senso compiuto, per trarne la tessitura polifonica di una emozionante coralità d’insieme delle voci, è scaturita dall’elaborazione della matrice simbolica dell’ekklesia cristiana. Nel solco della ispirazione evangelica, che riconosce la dignità responsoriale di ogni singolo di fronte a Dio, e ispira la fraternità dei credenti, la comunità ecclesiale non è concepita come “massa” indistinta dei molti o come “uniformità” che replica un identico stampo. La comunità cristiana è, appunto, armonia dei diversi, varietà dei doni, singolarità delle persone. Di fatto, nella storia della musica, questa concezione “polifonica” dell’armonia appartiene alla germinazione di questa idealità originaria: e ne restituisce l’evidenza estetica e fonica nella felicità della composizione corale e orchestrale delle melodie, dei ritmi, dei timbri, delle voci diverse. Possiamo ben comprendere, considerando il riflesso musicale di questa straordinaria invenzione dello Spirito, che cerca la concordia dei diversi, e la diversità dei concordi, quale ispirazione preziosa ne scaturisca per l’immagine della testimonianza cristiana e per la forma della Chiesa stessa.

 

L’armonia che il vangelo vuole tessere fra gli umani non mortifica la polifonia dei diversi imponendo un monologo dei replicanti. La qualità personale dell’intonazione, del timbro, del melos personale non vuole essere mortificata e annullata nello spazio del divino dischiuso dalla testimonianza evangelica. Essa è piuttosto sollecitata a cercare il suo posto nel coro e nell’orchestra degli uomini e delle donne che abitano lo spazio e il tempo della città condivisa, con l’obiettivo entusiasmante di generare la felicità dell’insieme: inarrivabile, per il singolo che canta e suona semplicemente se stesso e per se stesso. Ma se il singolo porta la sua singolarità nel gioco dell’insieme, l’obbedienza alle regole dell’armonia condivisa non la mortificano. Piuttosto, la rendono importante, preziosa, insostituibile. Lo spirito musicale che ne scaturisce si rende udibile e anche visibile da ognuno. L’effetto della partecipazione e della comunione che generano armonia è interamente goduto da tutti. Tutti possono essere ugualmente orgogliosi di avervi contribuito: chi suona il violino, come chi suona il triangolo. E anche chi ascolta e vive l’evento musicale, con questo stesso spirito. Pensate a quello che può significare il simbolo musicale di questa incredibile “magia”, per alimentare la convinzione della sua possibilità di realizzarsi nella “polifonia” dell’umana convivenza. E pensate a quanta felicità della convivenza rinunciamo, quando rinunciamo, indotti da una cultura musicalmente pigra e ripetitiva, a farci coinvolgere dalle parti più fini, più intelligenti, più incantate, della creazione musicale.

 

La testimonianza di questi musicisti molto speciali, che ascolterete e vedrete all’opera – in armonia, essi stessi, con i loro insegnanti ed educatori, e con narrazioni musicali ricche di emozioni, di immagini, di gesti e di relazioni dello spirito – vi convinceranno dell’apporto sostanziale di questa invenzione, cristiana e civile, dell’armonia musicale. Il fatto che proprio loro siano arrivati ad apprezzarla fino a questa profondità, e siano felici di parteciparvi e di comunicarla nello spazio della vostra fraterna ospitalità, è una testimonianza nella testimonianza.

 

Ci sono molti ragazzi e ragazze, nel mondo, che possono essere umanamente considerati più facilmente avvantaggiati dei nostri speciali musicisti, ai quali la potenza affettiva e spirituale della convivenza veramente umana, che il racconto musicale alto e forte apre insostituibilmente, rimane chiusa. I musicisti molto speciali di Esagramma hanno avuto l’audacia e la tenacia di aprirsi questo varco. Si sono guadagnati, con l’impegno e il sacrificio necessario, il loro posto in orchestra. E ora sono felici di condividere la gioia e la ricchezza della loro polifonia e della loro armonia con voi e per voi. È il loro modo di raccogliere l’invito di san Paolo a non sprecare i doni nel puro consumo individuale: essi si moltiplicano, invece, se sono destinati per l’arricchimento della comunità. La loro testimonianza musicale è, a suo modo, un invito emozionante a non spegnere lo Spirito, perché non c’è peccato peggiore (come ha detto a suo tempo Gesù). E Dio sa, con qualunque nome sia pensato e invocato, se non abbiamo bisogno di credere nuovamente nella possibilità di comporre felicemente rispetto delle parti e armonia dell’insieme. Dall’aridità spirituale che rinuncia a cercare la bellezza di questa ricomposizione dobbiamo uscire. Insieme.

Grazie tante, per la Vostra sensibilità.

 

Milano, 8 ottobre 2017

Pierangelo Sequeri