SE IL PAPA DESCRIVE IL PRETE. NOTE DEL VESCOVO IN MARGINE ALL’ASSEMBLEA CEI

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Ai presbiteri della Chiesa pistoiese

In questi giorni trascorsi a Roma per l’Assemblea della CEI, ho pensato spesso a voi. Abbiamo infatti parlato a lungo con sentimento e partecipazione della vita dei presbiteri, dei suoi affanni e stanchezze ma anche della luminosa testimonianza di tanti. Le parole che il Santo Padre ci ha rivolto hanno tratteggiato mirabilmente la figura del prete. Non sono state una descrizione astratta. Egli ha voluto piuttosto che noi vescovi ci mettessimo in ascolto di quella che è la vita buona della gran parte di voi. Il prete, in Italia, è in genere una preziosa presenza di fede, di dedizione, di vicinanza alla gente. Il Papa ce lo ha detto più volte e ci ha invitato a valorizzare questa ricchezza.

Il discorso con cui egli ha dato inizio ai lavori della CEI senz’altro già lo avete visto e letto. Mi permetto di invitarvi a riprenderlo con calma, facendone oggetto di meditazione personale e di confronto tra di voi. Qui vi offro soltanto qualche considerazione, evidenzio per meglio dire qualche pensiero che mi è parso molto, molto importante. Il Santo Padre ha individuato alcuni tratti caratteristici di quello che lui ha chiamato “uno dei tanti parroci che si spendono nelle nostre comunità”. Una triplice appartenenza lo caratterizza: l’appartenenza al Signore, alla Chiesa, al Regno.

1. Quanto alla prima, mi ha colpito questo pensiero: “Quel presbitero – ha detto il Papa – un presbitero sempre disponibile, semplice ed essenziale, che non cerca onori e ricompense ma cammina con il cuore e il passo dei doveri, uomo di pace e di riconciliazione, segno e strumento della tenerezza di Dio, distante dalla freddezza del rigorista, come pure dalla superficialità di chi vuole mostrarsi accondiscendente a buon mercato – ecco, quel presbitero ha un segreto: esso “sta in quel roveto ardente che ne marchia a fuoco l’esistenza, la conquista e la conforma a quella di Gesù Cristo, verità definitiva della sua vita. È il rapporto con Lui a custodirlo, rendendolo estraneo alla mondanità spirituale che corrompe, come pure a ogni compromesso e meschinità. È l’amicizia con il suo Signore a portarlo ad abbracciare la realtà quotidiana con la fiducia di chi crede che l’impossibilità dell’uomo non rimane tale per Dio.

2. Quanto alla seconda appartenenza, mi piace particolarmente quest’altro pensiero: “ il pastore è convertito e confermato dalla fede semplice del popolo santo di Dio, con il quale opera e nel cui cuore vive. Questa appartenenza è il sale della vita del presbitero; fa sì che il suo tratto distintivo sia la comunione, vissuta con i laici in rapporti che sanno valorizzare la partecipazione di ciascuno. In questo tempo povero di amicizia sociale, il nostro primo compito è quello di costruire comunità…. Allo stesso modo, per un sacerdote è vitale ritrovarsi nel cenacolo del presbiterio. Questa esperienza – quando non è vissuta in maniera occasionale, né in forza di una collaborazione strumentale – libera dai narcisismi e dalle gelosie clericali; fa crescere la stima, il sostegno e la benevolenza reciproca; favorisce una comunione non solo sacramentale o giuridica, ma fraterna e concreta. Nel camminare insieme di presbiteri, diversi per età e sensibilità, si spande un profumo di profezia che stupisce e affascina.

3. Infine la terza appartenenza, quella al Regno. Il presbitero che il Papa ha scelto come maestro, pur con suoi limiti “è uno che si gioca fino in fondo: nelle condizioni concrete in cui la vita e il ministero l’hanno posto, si offre con gratuità, con umiltà e gioia. Anche quando nessuno sembra accorgersene. Anche quando intuisce che, umanamente, forse nessuno lo ringrazierà a sufficienza del suo donarsi senza misura. …. Il Regno – la visione che dell’uomo ha Gesù – è la sua gioia, l’orizzonte che gli permette di relativizzare il resto, di stemperare preoccupazioni e ansietà, di restare libero dalle illusioni e dal pessimismo; di custodire nel cuore la pace e di diffonderla con i suoi gesti, le sue parole, i suoi atteggiamenti.

Ce n’è da riflettere… io e voi.

Con amicizia e grande affetto
+ Fausto Tardelli