Avevo fame e mi deste da mangiare; avevo sete e mi deste da bere; ero nudo, infreddolito, indifeso, piccolino e straniero eppure mi avete accolto, curato, sostenuto, amato…. Questo è ciò che dovremmo sentirci dire dal bambino Gesù, in quest’anno santo della misericordia. Dio è venuto a visitarci come un bimbo bisognoso di tutto e ci chiede una sola cosa: di accoglierlo con amore.
In questi giorni, un po’ dovunque, in casa come in strada, nelle chiese come nei palazzi si fanno i presepi. Ci affascinano sempre ed è una tradizione bellissima che il genio di San Francesco ha consegnato alla storia e che va mantenuta ad ogni costo. Facciamo però attenzione. Non accontentiamoci di vederli e ammirarli, questi presepi: ascoltiamoli. Accostiamo l’orecchio e proviamo ad ascoltare. Nel silenzio udremo allora una flebile voce di bimbo che dice: ho fame, ho sete, sono nudo e infreddolito, piccolino e indifeso… che cosa aspetti ad accogliermi, curarmi, amarmi?
Sarà Natale per davvero, se riusciremo a sentire questo bimbo che piange e ci chiede risposta. Se, ascoltandolo, tenderemo le nostre mani con gioia per incontrarlo nel cuore come grazia che salva, parola che rigenera e volto misericordioso di un Dio che ti ama. Se, pentiti della nostra arroganza, correremo da Lui e lo riconosceremo come nostro Signore e Re dei re. Sarà Natale per davvero però, anche e solo se a quella richiesta d’aiuto e d’amore risponderemo andando in fretta incontro al fratello, condividendo con lui il tempo, ciò che abbiamo e che siamo, abbattendo i muri dell’indifferenza a volte più spessi dell’odio. Il divino bambino di Betlemme aspetta la nostra risposta. L’attende a Natale ma anche dopo, nei giorni lunghi o brevi della nostra umana esistenza. E alla richiesta d’aiuto unisce una promessa che è benedizione per oggi e speranza per domani: “Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia”.
+ Fausto Tardelli