La grandezza di una vita non si misura dalla grandezza
del luogo in cui si è svolta, ma da tutt’altre cose.
don Lorenzo Milani
Nei prossimi giorni ricorre il ventennale della morte di Suor Maria Vittoria Cecchi – scomparsa il 28 dicembre 1995 – delle suore minime del Sacro Cuore, una religiosa, che ha lasciato in molti luoghi un segno profondo del suo insegnamento e della sua testimonianza. Visse infatti in diverse comunità: a Colle di Tora, a Milano-Lambrate e a Milano Neurologico, a Casole d’EIsa, a Livorno, a Bottegone e a Casa Madre in Poggio a Caiano, privilegiando il lavoro con i bambini della scuola materna, con quelli del doposcuola o con i giovani. Era stata catechista e aveva svolto altre mansioni nelle parrocchie dove era inserita, riscuotendo sempre simpatia e ammirazione.
Personalmente l’ho conosciuta circa 60 anni fa e mai dimenticherò quel primo incontro: il volto ampio avvolto strettamente nel velo, secondo la regola, gli occhi insieme dolci e penetranti, mentre dalla bocca fluiva una parlata, di chiara inflessione fiorentina, sempre precisa nei termini e pacata, che colpiva per la verità e la concretezza delle affermazioni mai retoriche, ma sempre aderenti alla verità. La fierezza dello sguardo rendeva la figura imponente, quasi a supplire alla bassa statura. Sapeva essere allo stesso tempo autorevole e dolce nella sua costante tensione educativa verso i bambini e gli adolescenti. Non risparmiava affatto severi rimproveri e critiche sia sul piano strettamente scolastico sia su quello globale del comportamento. Infatti non esitava a essere ferma e categorica, come allo stesso tempo valorizzava e metteva in luce le capacità migliori di ciascuno, sostenendolo quando era in difficoltà.
Colpiva nella sua figura di maestra, che insegnasse nella scuola o nel catechismo, la forte testimonianza etica in una coerenza quasi naturale al Vangelo e alla sua scelta vocazionale. Dimostrò veramente con la sua vita, piena adesione agli insegnamenti della fondatrice dell’ordine suor Margherita Caiani – che spesso ricordava con profonda venerazione – secondo la quale le suore non dovevano isolarsi dal popolo, ma ribadiva che il loro posto era in mezzo alla gente tra i più piccoli, tra gli umili, tra coloro che avevano bisogno, impegnandosi in particolare nell’assistenza e nell’insegnamento. Da vera maestra sentiva come dovere inderogabile, quello di dare sempre il massimo di se stessa ad ogni allievo a lei affidato.
Non è un caso che molti di questi, a distanza di anni, siano andati costantemente a visitarla, sentendo l’obbligo di ringraziarla di quanto aveva fatto per la costruzione della loro personalità. Ripensando a lei, mi sono tornate spesso in mente le parole del grande maestro di Barbiana: Fai scuola non per fare un dono, ma come un debito da pagare e un dono da ricevere. Un altro aspetto fondamentale della sua personalità di educatrice: esponendosi con coraggio nel lavoro educativo a cui la spingeva il messaggio del quale era portatrice, non esitava a dare risposte, ad agire, a proporre soluzioni. Soleva infatti ricordare che, molto più che una sorta di progresso lineare, la vita è caratterizzata da cadute e da fallimenti, ma si deve conservare sempre la speranza di rialzarsi, avendo fiducia nel Cristo cui lei si era votata per tutta la vita.
Anche nel periodo doloroso della sua malattia finale, a coloro che andavano a visitarla e che talvolta le raccontavano le proprie angosce, sapeva rivolgere consigli e calde parole di conforto, come se la sua missione, sempre rivolta all’amore e all’impegno per il prossimo, non terminasse neppure nei momenti estremi. Anzi esprimeva spesso gratitudine verso tutti quelli che l’assistevano, quando per una vita intera si era sempre prodigata generosamente verso gli altri, senza mai nulla chiedere. Aveva la capacità di lasciare sempre un’impronta profonda e positiva in chi le si rivolgeva.
Le persone apparentemente senza potere come lei ci rinviano continuamente al cuore vivente dei rapporti umani, alla capacità che ciascuno di noi ha di diventare segno di prossimità per l’altro, perché qualcuno ci ha detto che siamo importanti per lui. E’ giusto che la memoria strappi per sempre all’oblio persone come questa piccola grande donna e tenace religiosa, che sarà ricordata e resa viva da chi l’ha conosciuta per la sua intelligenza penetrante, per l’attività instancabile nell’educazione, per la costante attenzione all’umano, per l’estrema coerenza con la regola e con il Vangelo.
Lunedì 28 dicembre alle ore 21, la ricorderemo nei locali della chiesa di Sant’Angelo di Bottegone, nella parrocchia, dove per molti anni svolse la sua indimenticabile attività di apostolato e di insegnamento.
Mauro Matteucci – allievo di suor Vittoria