Lettera pastorale del vescovo Fausto per il 2019 – 2020. Al centro una profonda riflessione sulla stato attuale della diocesi. Annuncio del Sinodo e dell’Anno Santo Jacobeo.
«Abbiamo camminato. Si, lo abbiamo fatto. Un po’ alla meglio, qualche passo avanti e qualche altro indietro. Non lo abbiamo fatto sempre tutti insieme, questo è vero; però almeno abbiamo cominciato a capire che insieme bisogna andare, perché siamo il Popolo di Dio, radunato nell’unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, che vive nei territori di gran parte della provincia di Pistoia, di una parte della provincia di Prato e anche della provincia di Firenze. Siamo un solo popolo, seppur suddiviso in tante piccole o grandi comunità». Cosi mons. Tardelli introduce la sua lettera pastorale “…E di me sarete testimoni” rivolta alla chiesa di Pistoia in occasione del prossimo anno pastorale. Una missiva che parte da un’analisi molto dura e critica della situazione della chiesa diocesana di oggi, che scaturisce dagli esiti della visita pastorale, da poco giunta al termine:
Un viaggio che ha evidenziato sia le ricchezze che le criticità della diocesi, che fronteggia i tanti problemi della società odierna: la secolarizzazione, l’invecchiamento della popolazione, lo spopolamento delle aree di montagna: «Pur registrando alcune gravi lacune o deficienze, ho riscontrato generalmente una certa vivacità, una voglia di fare, di non arrendersi. Nonostante la partecipazione sia in calo e manchino spesso i ricambi man mano che i più anziani se ne vanno; pur con lo spopolamento che colpisce una parte della diocesi, mi sembra che il sentimento più diffuso sia quello, mi si passi l’espressione, di chi ha intenzione di “vender cara la pelle”, prima di chiudere». Il vescovo riconosce in due principali punti l’impegno futuro per la diocesi: un rinnovato e maggiore impegno nell’evangelizzazione e la crescita nella pratica della vita comunitaria:
Accanto alla dimensione comunitaria c’è la difficoltà nell’evangelizzazione: «La dimensione missionaria delle nostre parrocchie è piuttosto carente e l’attenzione alle “attese di vangelo” delle persone ancora troppo debole. Intendo qui per “attese di vangelo” tutte quelle situazioni personali o sociali che, più o meno consapevolmente, manifestano un’attesa, un bisogno, la speranza di una notizia “davvero buona” che rinnovi la vita, dia pace e gioia, permetta di trovare un senso pieno alla propria esistenza. Mons. Tardelli prova ad individuare le principali attese di Vangelo che vanno ad incrociare le aspettative delle persone, in particolare dei giovani. Oltre alla evidente difficoltà nel coinvolgere e strutturare gruppi giovanili, il vescovo annota:
Oltre a parrocchie, luogo accogliente e di comunione, mons. Tadelli individua altre attese di Vangelo, altrettanto urgenti: «c’è bisogno che il Vangelo della pace liberi e ritempri la mente: eccome se ce n’è bisogno, perché le ferite della ragione sanguinano mortalmente e il peggio è che spesso neanche ci se ne accorge. Ferite che si approfondiscono con l’avanzare nella cultura di un’idea di uomo ridotto a materia manipolabile, a “macchina”, a “consumatore”; col prevalere dell’ideologia tecnologica che dice tutto sul “come” ma rimane muta sui “perché”. Un’ altra attesa riguarda le persone “ferite” nella dignità:
Le teorie del “gender” che confondono e negano addirittura le identità sessuali basilari, lacerano, feriscono; vorrebbero sanare, ma il rimedio appare peggiore del malanno. La solitudine, ancor più drammatica nel mondo della comunicazione globale e dei “social”, ci ammala ed intristisce la vita fino all’angoscia e di questa solitudine senza futuro, la denatalità che colpisce gravemente il nostro paese è un segno inequivocabile. Infine, l’attesa di una “buon notizia” si avverte in ciò che riguarda più propriamente la nostra anima. La corruzione e l’assopimento della coscienza morale; la trasgressione sistematica dei comandamenti di Dio; il peccato in pensieri, parole, opere e omissioni; l’allontanamento di Dio dal cuore, dalla mente e dagli spazi sociali, tutto questo ferisce in modo a volte mortale la nostra anima. Concluse le analisi il vescovo traccia la strada dei prossimi anni, indicando la messa in stato sinodale della diocesi: «la strada per i prossimi anni sembra in qualche modo tracciata dai “segni dei tempi”, ciò però non potrà avvenire senza uno sforzo di partecipazione e condivisione le più larghe possibili, con il più ampio coinvolgimento di persone e comunità.
Infine – conclude il vescovo – Con l’inizio del 2021 prenderà l’avvio – e lo annuncio qui solennemente con grande gioia – anche l’anno santo iacobeo. È tradizione infatti che quando la festa di San Giacomo, cioè il 25 di luglio, cada di domenica, quello sia un anno santo speciale, celebrato con grande solennità a Santiago de Compostela. Questa volta però lo celebreremo anche noi, dal momento che custodiamo da secoli la reliquia più importante di San Giacomo apostolo, dopo quella di Santiago, dalla quale la nostra fu tratta. Già sono stati presi contatti con l’Arcivescovo di Santiago che, con la sua diocesi, si è mostrato molto contento di celebrare l’anno santo insieme con noi». (Red.) |