Il vescovo Scatizzi: un pastore accanto alla gente

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Nel decimo anniversario della morte le testimonianze di chi lo ha accompagnato nell’amicizia e nel suo lungo servizio alla Chiesa di Pistoia

Guidò la diocesi dal 1981 al 2006. Uomo di gran cuore, si occupò sempre delle sfide culturali, dei drammi dei poveri e delle famiglie.

 

a cura di Daniela Raspollini

Giovedì 27 agosto il vescovo Tardelli ha presieduto in Cattedrale un messa in suffragio del vescovo Scatizzi a 10 anni dalla sua scomparsa.

«Sarebbe un grave torto al Signore, trascurare la preghiera per chi ha servito e amato la Diocesi di Pistoia», ha ricordato mons. Tardelli nell’omelia per il decennale della morte del vescovo Scatizzi.

L’esigenza di ricordare nella preghiera i vescovi della chiesa di Pistoia e il valore della successione apostolica – il segno del legame diretto con Gesù e la chiesa di oggi – sono i due punti su cui si è soffermato mons. Vescovo nell’omelia, lasciando a don Patrizio Fabbri, vicario generale, un ricordo del vescovo Scatizzi al termine della celebrazione.

La commemorazione di Mons. Patrizio Fabbri, vicario generale

La forte vicinanza nelle vicende delle famiglie frantumate, e la sofferenza sperimentata nella condizione della malattia e della disabilità (OAMI) furono ricordate da monsignor Betori nel giorno delle sue esequie e costituiscono i tratti più conosciuti di Simone Scatizzi vescovo.

L’attenzione alle nuove povertà lo rese sollecito nel cercare soluzioni coraggiose ed innovative nell’ambito dei servizi sociali lasciando una serie di opere e centri operativi che ancora oggi riconosciamo come valida testimonianza di una Chiesa pistoiese profondamente radicata nel tessuto della società.

Non possiamo neppure dimenticare il suo incessante lavoro nel promuovere forme di nuova evangelizzazione valorizzando i ministeri laicali e come appassionato formatore e promotore del diaconato permanente.

Il rischio che corriamo in questo anniversario è quello di elencare le numerose cose da lui iniziate col pericolo di dimenticarne qualcuna.

Credo invece sia per tutti noi motivo di attenta riflessione l’eredità che ci ha lasciato Mons. Scatizzi. Dobbiamo ammetterlo: a volte fatichiamo a portarla avanti o a farla fruttificare in modo che diventi patrimonio di tutti.

Le tante opere nell’ambito caritativo più che un peso sono un continuo stimolo per rimanere attenti alle nuove e vecchie povertà; una sfida per non accontentarsi del compimento del semplice dovere ma sempre svegli e attenti ai segni dei tempi che ci inquietano e che ci spingono a trovare risposte di condivisione e di prossimità.

Il riconoscimento di cittadino onorario deliberato dal Consiglio Comunale di Pistoia nel maggio 2001 attesta questo impegno di collaborazione che Mons. Scatizzi seppe costruire nel rispetto e nel dialogo tra le istituzioni.

Due esempi tratti dalla sua vita accanto alle persone.

Il vescovo Scatizzi diceva spesso: «un proverbio africano ricorda che per crescere un figlio occorre un villaggio, ma io aggiungo che per crescere un figlio occorre una famiglia. La Chiesa ha difficoltà a capire questo e impegna tante forze per educare i giovani in età catechetica, ma non spende molte energie per la famiglia che è alle radici di questa educazione». Prima di morire il suo messaggio è stato «non abbandonate le famiglie. La Chiesa non se ne accorge, ma ha tanto bisogno dei coniugi e della “piccola chiesa” che solo per mezzo di loro può vivere».

Vorrei anche lasciare un piccolo ricordo personale. Averlo conosciuto come il Vescovo che mi ha odinato e mi ha affidato i primi incarichi nel ministero conserva sempre un certo fascino e anche un rapporto di figlio e padre nella fede.

Quando era ricoverato in ospedale poche settimane prima di morire, Milena, la moglie di Adolfo (il suo segretario) organizzò dei turni di assistenza e chiamando anche noi preti, una notte toccò a me. Lui era sempre lucido e nel pieno possesso delle sue capacità mentali.

Ebbi la forza di ringraziarlo per un fatto lontano del mio cammino. In un tempo in cui la mia ricerca vocazionale faceva fatica a procedere e mostrava delle lacune lui ebbe tanta pazienza con me. Incoraggiandomi e sostenendomi seppe aspettare tempi migliori che poi arrivarono come approdo nella scelta di entrare in Seminario.

Volli ringraziarlo per la pazienza che aveva avuto in un tempo in cui forse non la meritavo. Mons Scatizzi sapeva fermarsi accanto alle persone nei loro momenti bui, comunicando fiducia nel Signore che non abbandona.

Attraverso di lui, come è stato per tanti altri, posso dire di aver sperimentato la verità del salmo: «Tu mi hai dato il tuo scudo di salvezza, la tua destra mi ha sostenuto, la tua bontà mi ha fatto crescere» (Salmo 18,36-37).

L’eredità e la memoria del vescovo Simone

Tanti ricordi per rileggere un lungo e fecondo episcopato

 

È incredibile come il tempo abbia una doppia valenza: è lungo sulle brevi distanze, è breve sulle lunghe distanze. Un’ora, una giornata sembra non passare mai. Poi uno si volge indietro e ha l’impressione che 10 anni siano passati in un soffio. È sempre viva nella memoria quella notte in cui don Simone si è abbandonato nel tenero abbraccio del Padre, del suo Amato. «… Stai certo: non mi stancherò di morire, stanco come sono di vivere lontano da Te, MIO AMATO». Questo recita una strofa di una poesia del suo libro: Abitare la vita. Abitare l’amore.

Si potrebbe scrivere un libro sulla sua vita, forse non basterebbe, e chissà che un giorno non lo faremo, per descrivere la forza e la grandezza di questa persona, dare un senso alla grande eredità morale e spirituale che ci ha lasciato. Un libro che ci possa aiutare a capire il significato profondo delle sue opere e qual è stato il motore che lo ha spinto a questa assoluta attenzione per gli ultimi, gli emarginati, coloro che soffrono di qualsiasi pena sia fisica che morale. Un uomo che in qualche modo aveva incontrato Dio e lo aveva accolto dentro di sé. Ma facciamo un passo alla volta. Intanto, prossimamente, proprio in occasione di questo 10 anniversario daremo alle stampe un testo che raccoglierà otto lezioni, tenute a Giaccherino nel lontano 1989, sulla preghiera. Cassette registrate e custodite gelosamente dalle suore Clarisse che a quel tempo abitavano il convento. Le abbiamo sbobinate e trascritte, con non poca difficoltà, e ora sono pronte per essere concretizzate in un libro di grande utilità per chi vuole approfondire il significato della preghiera.

Raccogliamo volentieri alcune considerazioni spontanee e sgorgate dal cuore che vogliono ricordarci questo grande vescovo che per 25 anni ( dal 1981 al 2006 ) ha guidato la nostra diocesi e che senza alcun dubbio sotto la sua guida è stata un cantiere sempre attivo di iniziative. Basta ricordare: gli anziani, i portatori di handicap, i bambini, i poveri, il lavoro, gli immigrati, le donne giovani madri in difficoltà, le coppie separate e divorziate e sopra ogni cosa, la famiglia.

Guido e Franca Sardi

 

Monsignor Simone Scatizzi è stato nostro fratello, cognato, zio ….attento, affettuoso, si meravigliava davanti alle piccole cose e ci faceva meravigliare, sempre disponibile senza risparmio, accogliente, pronto ad ascoltare, si spendeva totalmente in quello in cui credeva dando sempre il meglio di se stesso agli altri, coerente tra quello che diceva e quello che faceva. Davvero il suo stile di vita e la sua preziosa eredità! Tutto ciò pervaso comunque dal rigore con cui sosteneva le sue verità di fede, il valore della persona, degli ultimi, della vita, della responsabilità sociale in alternativa ad una deriva egoistica; questo davvero spesso lo preoccupava! È stato un testimone anche per tutti noi familiari, con la sua scelta di povertà fino agli ultimi giorni come un discepolo e con la sua serenità di fronte alla morte.

Famiglia Scatizzi

 

Parlare di Mons. Scatizzi vuol dire per me ritornare agli anni in cui, impegnata nell’Azione Cattolica prima e nel Centro Famiglia dopo, ero da lui guidata, illuminata,stimolata. Quando arrivò a Pistoia ed ero in procinto di lasciare ogni incarico per consegnare ad altri, più giovani e più preparati, le varie mansioni fui invece da lui spinta a confermare il mio servizio alla Diocesi con consapevolezza e senso di responsabilità. Così proseguii il mio cammino.

Mons. Scatizzi era un vero Pastore, dedito alla cura quotidiana delle sue “pecore”, tralasciando (e questo era per me un atteggiamento nuovo, dati i tempi) ogni tipo di autoritarismo e di distanza perché concepiva il suo ministero come una dedizione continua agli altri e come una ricerca continua di iniziative adatte alle nuove esigenze. Per questo si aprì con intenso zelo ai problemi della famiglia, spesso non privi di criticità, per questo volle aprire un Centro dedicato, nelle diverse sfaccettature, alla situazione della vita familiare. Era sempre pronto ad aiutare la soluzione di ogni problema; nei vari interventi e negli incontri di spiritualità sapeva “tradurre” il messaggio evangelico, che pur richiederebbe “parole alte” in espressioni comprensibili a tutti. “ Il Signore è padrone anche dell’impossibile” diceva di fronte a certi scoraggiamenti e “Dio sa scrivere diritto anche sulle righe storte” se avvertiva sgomento e preoccupazione.

Indubbiamente la sua presenza a Pistoia ha segnato un nuovo stile di adesione alla vita cristiana e aperto significative prospettive di lavoro.

Tommasina Caselli Mandorli

 

Non sappiamo se Mons. Simone Scatizzi avesse letto A Study of History, la grandiosa teodicea del pensiero religioso cristiano, di Arnold J. Toynbee. Ma ne conosceva certamente la tesi fondamentale: ossia che la religione è il campo più importante di qualsiasi altro nell’intera serie della vita umana. Essa ha profondamente forgiato la civiltà occidentale, al punto che anche un filosofo laico come Benedetto Croce rivendicava a se stesso il nome di cristiano (Perché non possiamo non dirci “cristiani”). E, sulla sua scia, pensatori laici di oggi possono rivendicare come proprio valore il primato dell’essere sull’avere, dei beni spirituali in confronto ai beni materiali. Ci suggerisce questa considerazione il fatto che in un giorno di fine maggio del 1982, Mons. Simone Scatizzi prese l’iniziativa di organizzare a Villa Rospigliosi il primo di una serie d’incontri con gli uomini di cultura della città. Si rivolgeva a quel mondo, che egli supponeva pervaso dalla ricerca della verità, con lo scopo di riportare la Chiesa pistoiese al centro del dibattito culturale cittadino. Intendeva con ciò dibattere con gli intellettuali il collegamento tra fede e cultura, la connessione evidente tra le manifestazioni del pensiero di una civiltà e la sua fede, attraverso la consapevolezza della trascendenza. La volontà di Mons. Scatizzi era quella di riaffermare con forza la consonanza tra fede e ragione. Ciò testimonia la Sua lungimiranza e la Sua apertura culturale. Ma c’è un altro aspetto della complessa personalità di Monsignore che ci preme sottolineare ed è la profonda e delicata sensibilità, quella sensibilità che lo ha portato ad esprimere la fede con forza appassionata, nelle forme ispirate e commosse della poesia. Molte le citazioni dei suoi versi che potremmo fare. Ci limitiamo ad una che rappresenta tutta la passione e la forza anelante della creatura verso il suo Creatore: «Signore, mio Eterno,/mio Unico, mio Santo,/mia ricercata Salvezza/soltanto la tua parola,/ dipana la mia aggrovigliata esistenza;/ la tua sola Sapienza/può liberarmi dall’angoscia/delle mie tenebre».

A questi versi rispondiamo, in segno di omaggio, con quelli di un poeta che presenta nella sua poetica aspetti simili a quelli di Monsignore, Francis Jammes, appartenente alla luminosa pleiade degli scrittori cattolici francesi: «Eccomi. Sono soltanto un uomo. Io guardo/Sei Tu che rischiari la notte nei miei occhi/ e senza di Te ogni cosa è insana e disperata./ L’anima grida. Ha la nostalgia dei Cieli».

Giorgio e Piera Petracchi

 

Nel 1987 Mons. Scatizzi manifestò il desiderio di dare vita ad un Centro di Coordinamento dei servizi per la famiglia già esistenti in Diocesi (Consulenza familiare e Centro di aiuto alla vita) che ne organizzasse anche di nuovi in un orizzonte più ampio. Grazie alle favorevoli circostanze della disponibilità di locali delle suore Figlie della Carità, l’impegno di un gruppo di laici, l’aiuto della Cassa di Risparmio prima e della Fondazione poi, nacque il Centro Famiglia S.Anna. Luogo dove la pastorale familiare si concretizzava in una serie di uffici e iniziative per stare accanto alle famiglie in difficoltà dai vari punti di vista del vivere quotidiano: problemi di coppia, educazione dei figli, scuola e famiglia, anziani, bambini e ragazzi problematici, aiuto e sostegno alla vita, sostegno alle mamme perché potessero portare a termine maternità difficili o contestate.

Il Centro famiglia iniziò la sua attività nel maggio del 1988 grazie a persone disposte al volontariato e provviste di titoli professionali qualificati come ginecologi, psicologi, pedagogisti, consulenti familiari, avvocati , giuristi, insegnanti … persone giovani e meno giovani disposte a fornire alle famiglie un supporto concreto e scientificamente valido. In quegli anni poche Diocesi in Italia erano in grado di offrire qualcosa di simile! Era un’idea all’avanguardia e come ebbe a dire Mons. Scatizzi nel ventennale del Centro «seguendo in particolare le indicazioni che ci giungevano da Giovanni Paolo II, le intenzioni erano proprio queste, partendo dai Misteri dell’Incarnazione e della Resurrezione: rendere un servizio cristianamente ispirato a chiunque lo richiedesse o ne avesse bisogno, essere come Chiesa, inserita nella vita e nella storia, soprattutto delle persone più fragili; esprimere in armonia con i tempi e la cultura, l’Amore del Padre per ogni essere umano. L’intenzione era non tanto di fare un servizio sociale anonimo , ma un atto di carità che giungesse al cuore delle persone nella concretezza del loro vissuto».

All’inizio il Centro comprendeva la Consulenza Familiare, il servizio Psico-Pedagogico e il Centro di aiuto alla vita, nacque poi il Telefono Amico per far fronte a solitudini e disagi, e il Servizio giovani. Ogni domanda ha avuto la sua risposta, indipendentemente dal quadro culturale di appartenenza, anche indirizzando, quando necessario, alle risorse presenti sul territorio. Nel corso degli anni si è sentita l’esigenza, da parte della pastorale diocesana, di convogliare al Centro anche la sede della Pastorale familiare, della Pastorale degli Anziani, le associazioni legate alla famiglia AGe , AGESC, Associazione per l’Accoglienza, Associazione per i Diritti della Famiglia. Tutte queste associazioni hanno collaborato nel corso degli anni anche alla realizzazione dei convegni annuali promossi dal Centro su tematiche inerenti la vita e i compiti familiari. Oltre a ciò, in particolare l’Associazione per i diritti delle famiglie, ampliando i propri compiti istituzionali, ha offerto e offre, tramite i suoi soci avvocati, consulenza legale gratuita con cadenza quindicinale.

Le coppie separate e in corso di separazione, che Mons. Scatizzi aveva particolarmente a cuore, e per le quali in altra sede forniva momenti di riflessione e di spiritualità, trovano al Centro già da diversi anni un aiuto attraverso percorsi di Mediazione familiare per i genitori e Gruppi di Parola per i loro figli. Al lavoro di counseling e di orientamento il Centro affianca anche azioni con funzione formativa, preventiva e di accompagnamento: incontri con adolescenti, corsi per genitori, corsi di preparazione al matrimonio , incontri per anziani, incontri di spiritualità, tenuti al centro stesso o presso Parrocchie, Scuole e varie istituzioni che ne fanno richiesta. Queste azioni, come nelle intenzioni del fondatore, hanno la funzione fondamentale di sostenere la famiglia in tutte le sue età e manifestazioni. I Convegni, le Tavole rotonde e le Ricerche sulla famiglia, anche grazie all’attività del Centro studi sulla famiglia, (anch’esso voluto da Scatizzi), sono state promosse negli anni dal Centro S.Anna per analizzare i bisogni delle famiglie e del contesto in cui si opera, per tener vivo il dibattito e stimolare una progettualità aderente alle reali necessità.

L’ opera di Mons. Scatizzi prosegue ancora ed è ancor più necessaria perché sono aumentate le richieste di sostegno da parte di persone appartenenti a ogni categoria e status , dati i tempi in cui viviamo così complessi e contraddittori, tempi nei quali la fragilità umana è più tangibile e messa alla prova. Monsignore era stato lungimirante nella sua scelta di occuparsi della famiglia, che negli ultimi anni attraversa pericolose fasi di disgregazione, e il Centro Famiglia continuerà a rappresentare e difendere con coraggio e amore ciò che il vescovo aveva a cuore.

Centro Famiglia Sant’Anna

 

Ricordare Monsignor Scatizzi è innanzitutto l’onore ed il privilegio di averlo conosciuto,anche se come paziente. Ed è stato però proprio grazie a questo che ho potuto conoscere l’uomo, la profondità e la forza di quell’animo che si identificava totalmente con la sua missione. Ricordo quando mi diceva senza perifrasi che affrontava con naturalezza la fine della vita perché aveva vissuto come voleva. Talvolta toglieva l’imbarazzo dalle mie labbra precedendomi con la disamina del suo stato di salute, talvolta mi parlava della bellezza, la bellezza del mondo che egli cercava di fermare nelle sue pagine scritte, quella bellezza che ci avrebbe salvato (citava Dostoevskij). Talvolta mi chiedeva, sofferente ma sempre dignitosissimo, di non agire più perché era impaziente, era curioso di vedere al di là… lui sentiva che lo aspettavano.

Grazie, Monsignor Scatizzi, di questa superba lezione di vita.

Carla Breschi

 

Prima dell’ordinazione episcopale Monsignor Scatizzi era vicario generale della Diocesi di Prato ed assistente diocesano dell’Ac. In tale veste è stato più volte invitato nel nostro gruppo, formato da nove coppie di sposi, a trattare temi di spiritualità famigliare di cui era particolarmente competente ed appassionato. L’amicizia e la stima reciproca che si è creata in quegli anni è proseguita anche durante il suo episcopato a Pistoia. A riprova di quanto sopra ricordiamo che agli incontri con il vescovo organizzava mensilmente a Giaccherino per le famiglie, la presenza dei “pratesi” era assidua e consistente.

In occasione del 25° del gruppo, arricchitosi nel frattempo di un bel numero di figli e figlie, monsignor Simone ci accolse alla Villa Rospigliosi e trascorse con noi una proficua e gioiosa giornata, accettando più che volentieri di comparire nella foto ricordo. A distanza di 10 anni dalla morte, lo ricordiamo con affetto e tanta riconoscenza.

Famiglia Gori

 

Non potremo mai dimenticare quanto Monsignor Scatizzi ha fatto per noi donne del Movimento Italiano Casalinghe di Pistoia.

Non solo ci ha seguite con attenzione ed affetto sin dalla nascita dell’associazione a Pistoia ma ci ha anche costantemente incoraggiate e aiutate nella nostra attività, fino a metterci a disposizione due sale del palazzo Rospigliosi perché potessimo allestire il museo del ricamo, centro fondamentale per valorizzare le nostre conoscenze e le nostre capacità tradizionali, attraverso corsi di ricamo, esposizioni ed occasioni di riflessione a cui è sempre stato presente, sostenendoci anche nel nostro percorso di fede.i sembra quindi prezioso per tutti trascrivere qui un breve brano tratto da una delle numerose che ci ha inviato, perché testimonia, assai meglio di quanto potrei fare io, la sua sensibilità e attenzione verso una realtà femminile assai poco valorizzata: «In questo contesto culturale, in cui la famiglia, e di conseguenza il ruolo della donna all’interno della casa, è sottovalutata se non addirittura denigrata e rifiutata da più parti, la vostra azione controcorrente è opportuna e necessaria e quindi da sostenere con tutti i mezzi convenienti. Mi auguro che la società, anche mediante la vostra azione, sappia ricuperare non solo dignità alla casalinga ma anche riconoscerne i diritti».

Anna Maria Michelon Palchetti

Fare memoria di mons. Simone Scatizzi è un dovere morale.

Per la sua fede, testimoniata con coerenza per tutta la vita, per la sua speranza, che l’ha animato anche nei momenti più difficili e complessi, per la sua carità, che gli è stata compagna nei suoi costanti incontri con i poveri e gli emarginati, con gli ultimi. Desideriamo ricordarlo, in particolare, per quanto da lui fatto per la pastorale familiare, in anni nei quali la famiglia è stata (ed è ancor più oggi) gravata di compiti e responsabilità e costituisce il patrimonio al quale la società, e spesso anche la Chiesa, attingono, dimenticando che essa non è una risorsa infinita, ma soggetta ad esaurirsi se non adeguatamente sostenuta, anche, e forse soprattutto, dal punto di vista morale e spirituale. Da questa consapevolezza è nato l’impegno di mons. Scatizzi per la pastorale dei divorziati e delle coppie lacerate da momenti di crisi, di difficoltà o da separazioni.

Partendo dalla Familiaris consortio e da tutto il magistero di San Giovanni Paolo II, mons. Scatizzi ha dato vita a più gruppi di spiritualità familiare che hanno coinvolto decine di coppie di sposi che si riunivano una volta al mese per pregare, ascoltare la sua riflessione, profonda ed avvincente, e scambiarsi, poi, le esperienze con sincerità di cuore, per concludere la serata con un momento di convivialità non meno importante degli altri, lui diceva, per creare il senso di appartenenza e rafforzare la condivisione. Chi ha partecipato ha vissuto momenti di chiesa domestica, che, per certi aspetti, come amava dire mons. Scatizzi, percorrevano la strada che aveva permesso alla Chiesa primitiva di svilupparsi, passando di casa in casa, crescendo di esperienza in esperienza.

A distanza di tempo, molte coppie oggi ricordano con commozione quei momenti, che fanno parte della loro crescita spirituale di coppia, che sono stati un intenso scambio di esperienze, che hanno permesso di conoscere meglio se stessi e il “noi” della coppia. Per la pastorale dei separati e divorziati, mons. Scatizzi desiderò costituire un gruppo di coppie, appositamente formate, che collaborasse attivamente con lui perché, diceva, le coppie in crisi o chi ha sperimentato il dolore di una separazione, ha sì bisogno di una guida spirituale per affrontare un percorso di riflessione, ma ha altresì bisogno di farlo con altre coppie per condividere e non sentirsi ai margini della Chiesa. L’esperienza raccolse subito un buon successo di persone provenienti anche da altre diocesi: gli incontri si articolavano attraverso le catechesi e le riflessioni di mons. Scatizzi, ispirate alla parola di Dio, al magistero e ai documenti della Chiesa, e poi si aprivano alla condivisione.

Mons. Scatizzi ascoltava con attenzione, con rispetto profondo, consigliava, esortava, era partecipe ed invitava tutti all’empatia nei confronti di fratelli o sorelle lacerati da errori commessi, da ingiustizie subite, da incomprensioni, da tradimenti. Aveva sempre una parola di conforto non scontata e capace di suscitare speranza. Desideriamo ricordarlo così, profondamente uomo, ma soprattutto profondamente uomo di fede.

Paolo e Luciana Bellezza

 

Ricordo che andai a trovarlo, in ospedale, subito prima di partire per una vacanza: restammo che ci saremmo visti, per una certa cosa, a fine agosto. Ricordo le parole scambiate, in quella cameretta. Rivedersi non fu possibile.
Ricordo la corsa folle, in auto, da lontano, per poter essere a Pistoia in tempo per l’ora del funerale del vescovo Simone.
Ricordo il suo impegno nel sociale, nel politico, nel prepolitico. Ricordo la fiducia che mi dette e mantenne per la direzione dell’ufficio comunicazioni sociali.
Ricordo quella ingiusta polemica che lo investì, anche sui grandi giornali, dopo la franchezza di alcune sue parole male interpretate e forse pure male espresse.
Ricordo l’allegria mista a tristezza durante quel pranzo, su in montagna, quando finì il suo mandato. Ricordo la sua capacità di usare il linguaggio della poesia. Ricordo, e conservo, i suoi ricordi scritti su tanti parroci passati a miglior vita.
Ricordo il suo stare nella Chiesa conciliare. Ricordo certe polemiche, certe divisioni, certe situazioni difficili, certi suoi dolori che – ero fra i delegati al convegno di Verona – accelerarono l’arrivo di un nuovo vescovo, scelto con un nome emblematico per affrontare una situazione complessa.
Spesso, durante la Messa, quando il celebrante cita il nome del vescovo oggi in attività, ricordo (portato … dell’età) quando il celebrante diceva “il nostro vescovo Mario” e poi “Simone” e dopo “Mansueto”.
Mauro Banchini