“IL NATALE, UN DONO DA NON RIFIUTARE”: IL MESSAGGIO DI AUGURI DEL VESCOVO

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PISTOIA – “Ascoltavo in questi giorni con notevole apprensione, le vicende di Gerusalemme e dell’improvvida decisione di D. Trump di spostare lì l’ambasciata americana, riconoscendo la città capitale d’Israele. Mentre vedevo accendersi la rabbia e gli scontri, pensavo tra me e me: son passati duemila anni da quando il Figlio di Dio è venuto ad abitare in quella terra e tutto è ancora sottosopra e non si vede la fine. Nazareth, Betlemme, Gerusalemme: quei luoghi santi che hanno visto il Verbo di Dio incarnarsi, vivere la sua vita d’uomo, morire, risorgere e salire al cielo, continuano ad essere al centro di contese e violenze. Ancora oggi, perché tali lo sono stati da sempre. Una terra che ha udito la predicazione di un Regno di giustizia e di pace, che ha sentito parlare di amore dei nemici, di perdono dei peccati, di riconciliazione, di un Dio misericordioso che si compiace di prendere su di sè la pecora smarrita o il viandante lasciato mezzo morto ai bordi della strada: niente sembra aver toccato veramente quella terra. Calpestata dalle legioni romane, essa ha conosciuto la dispersione del popolo d’Israele nel mondo e il suo ritorno armato, trascorsi molti secoli e dopo l’olocausto dei campi di sterminio. I pagani romani, convertiti, cedettero il passo ai cristiani e questi poi all’Islam e così, fino ai nostri giorni, a contendersi con gli ebrei una terra cara a tutti ma così difficile da condividere.

Un mistero sembra dunque segnare quelle contrade, dove l’onnipotente Dio decise di farsi uno di noi. Un mistero che affonda le sue radici in ciò che il prologo del vangelo di Giovanni dice: “Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto”.

“I suoi non l’hanno accolto”. E’ qui il punto.

Questa “non accoglienza” è alla radice della rovina insolubile di quelle terre; dove i “suoi”, sia chiaro, non sono soltanto gli ebrei di allora; siamo tutti noi, umanità del mondo, pagani e romani del tempo, nel mondo.

“I suoi non l’hanno accolto”: è la drammatica verità. Il Dio della misericordia è venuto nel mondo per cercare chi era perduto e riversare sull’uomo il perdono e la pace, ma non fu accolto. Nacque fuori dalla città, perché non c’era posto per Lui nell’albergo del cuore degli uomini. Mal sopportato, fu ingiustamente accusato e finì per essere schiacciato sulla croce come un verme, Lui che era soltanto amore. Il rifiuto che segna la venuta di Dio nel mondo, richiama la triste vicenda del rifiuto di Dio da parte dell’uomo alle origini della storia dell’umanità. Esso bagna di lacrime e sangue violento le vicende del mondo; segna anche irrimediabilmente le contrade della Palestina, che non trovano pace perché lì si è consumato il rifiuto di Dio; non si è accolto l’altro; non si è dato spazio all’amore o si è pensato addirittura di poter onorare Dio, senza accogliere il fratello. Come però nella vicenda delle origini, Dio volle dare speranza all’uomo smarrito, promettendo la vittoria definitiva sul serpente antico, così, la nascita del Salvatore adempie la promessa e apre concretamente il tempo della salvezza e della possibilità di una vita nuova. Questa si consumerà necessariamente tra i travagli del tempo, attraverso le contraddizioni di una storia sempre violenta; ma sarà possibile viverla perché, come dice ancora il prologo del vangelo di Giovanni: “A quanti lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati”. Allora come oggi, dunque, la questione veramente seria per ciascuno di noi è accogliere Dio, per se stesso e nel volto del fratello, inscindibilmente; aprirsi alla sua venuta nel cuore; lasciarsi conquistare dal suo amore e farsi rinnovare dal suo perdono; andare incontro al fratello con le mani piene d’amore, a partire da chi ci sta accanto ogni giorno. Chi lo fa o cerca di farlo, scrive la storia vera, quella dell’avanzare inesorabile del Regno di Dio nonostante tutte le avversità. La sua fatica, persino il suo sangue, non andranno perduti ma feconderanno la terra e edificheranno la Gerusalemme nuova nella quale tutti i popoli si sentiranno a casa”.

+ Fausto Tardelli