Convocati dallo Spirito

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Sabato 4 giugno la celebrazione della Veglia di Pentecoste ha aperto il cammino sinodale diocesano

 

Un’indimenticabile celebrazione corale per la Veglia di Pentecoste ha inaugurato l’apertura del primo Sinodo della Chiesa pistoiese dopo il Concilio Vaticano II; un evento storico che il vescovo Tardelli ha presentato alla diocesi nell’omelia della Messa. «Papa Francesco — ha spiegato il vescovo — ce lo ha ricordato più volte, parlando di Sinodo e di sinodalità: in questo nostro mondo lacerato da contese e discordie, frantumato nelle ingiustizie, in preda a un grande individualismo e ora anche in una guerra che ci coinvolge tutti, la testimonianza fondamentale dei discepoli del Signore, quella cioè della sua Chiesa, è l’unità nella comunione. Un’unità fraterna, variegata e molteplice, segno nel mondo di quel progetto di comunione e di amore che Dio ha sull’umanità».

«Gli uomini e le donne del nostro tempo — ha aggiunto — hanno infatti bisogno di fiducia, di speranza, di amore vero e solo un’umile ma gioiosa fraternità di uomini e donne che hanno sperimentato la misericordia di Dio, può essere un’oasi di pace e di resurrezione della vita». L’avvio del Sinodo diocesano è il momento culminante di un percorso di ascolto e di un cammino condiviso che inizia da lontano, fin dai primi passi dell’episcopato di monsignor Tardelli, quando nel 2015 fu convocata in San Francesco l’Assemblea sinodale diocesana. «Da essa nacque — spiega Tardelli — il programma pastorale con il quale abbiamo cercato di camminare insieme in questi anni. Lo ricordo: Sulle ali dello Spirito: il Padre, i poveri, una comunità fraterna e missionaria.

A questo programma, fece poi seguito, sempre nel tentativo di camminare insieme, l’altro: Alla scuola dell’apostolo Giacomo: pregare, ripensare e continuare ad amare.

Credo che qualche frutto ci sia stato. A me pare che la nostra Chiesa in questi anni, raccogliendo una seminagione che veniva da ancor prima che io giungessi a Pistoia, abbia cercato sinceramente di camminare sulle vie del Signore e lo abbia fatto, seppur a volte con fatica, insieme».

Un tentativo che oggi diventa assolutamente necessario, per superare «divisioni e frammentarietà », «per essere Chiesa viva, capace di dare testimonianza dell’amore di Dio». «In forza del Battesimo e della Cresima — ha aggiunto —, siamo tutti discepoli del Signore e condividiamo la stessa chiamata e la stessa missione. Mi è sembrato giunto perciò il momento di convocare in vero e proprio Sinodo tutte le varie componenti della Chiesa diocesana, perché ci si sentisse quello che in realtà siamo, per la potenza dello Spirito: cioè un corpo organico e vitale, proteso all’annuncio del Vangelo. Un organismo vivente, fatto cioè di membra diverse, di doni e carismi molteplici dati per il bene comune; un popolo dove ministri sacri, laici, religiosi, camminano insieme per rispondere all’amore del Signore e al compito missionario da Lui affidatoci, nel rispetto della diversità dei compiti ma unificati dallo stesso amore».

La convocazione del Sinodo chiede il coinvolgimento di tutti, nessuno escluso.

«Non è facile, me ne rendo conto – commenta Tardelli -. La stessa variegata configurazione geografica e culturale della diocesi, lo rende problematico. Non è sempre agevole la comunicazione interna. Dobbiamo poi vincere resistenze ed abitudini isolazionistiche che si sono consolidate in decenni. La tendenza a rinchiudersi nel proprio orticello pensando così di essere più bravi o di poter fare le cose al meglio, ci frena. Oltre che ad essere antistorica e sciocca, perché oggi come oggi, da soli non si va davvero da nessuna parte, questa tendenza contraddice la stessa natura della chiesa che è appunto sinodale, unitaria e comunionale. La missione della Chiesa nel mondo richiede l’apporto di ciascuno, perché ognuno è depositario di un dono dello Spirito per la testimonianza del Vangelo».

L’apertura del percorso sinodale nella Veglia di Pentecoste offre l’orizzonte su cui portare avanti i lavori: «Tutta intera la Chiesa diocesana, a partire dalle parrocchie, fino ad arrivare a ogni altra articolazione, è chiamata, come gli apostoli nel cenacolo, ad invocare lo Spirito Santo, perché «Sine tuo numine nihil est in homine, nihil est innoxium» (Senza la tua forza, nulla è nell’uomo, nulla senza colpa). Il processo sinodale non si identifica infatti con un qualsiasi procedimento di tipo assembleare dove si conteggiano le varie opinioni. È invece ascolto dello Spirito, per capire, insieme, dove Egli vuole condurci. È evento dello Spirito e quindi ha bisogno di preghiera, di invocazione, di disponibilità alla sua azione. Guai a pensare di essere noi a guidare la Chiesa!».

«Seppure lo si sia detto tante volte in passato — conclude Tardelli —, è ora davvero il momento in cui i laici, donne e uomini, assumano con gioia il dono e la responsabilità di essere parte viva della Chiesa».

Un momento che ha il sapore di una grande sfida e che esprime l’esigenza di riscoprire con più chiarezza e radicalità l’impegno per un rinnovato annuncio del Vangelo.