Alzheimer: a Montecatini Terme il decimo congresso nazionale sui centri diurni

Un importante evento promosso dalla Fondazione CARIPT. Il Congresso nasce dall’impegno all’avanguardia del Centro Diurno di Monteoliveto gestito dalla Fondazione Sant’Atto

Nel segno della prevenzione, il Teatro Verdi di Montecatini Terme ospiterà l’1 e 2 marzo il decimo congresso nazionale sui Centri Diurni Alzheimer, promosso come sempre dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia con la collaborazione scientifica dell’Unità di ricerca in Medicina dell’Invecchiamento dell’Università di Firenze.

È un appuntamento ormai tradizionale per gli specialisti italiani chiamati a presentare le ultime novità in tema di ricerca, terapie e assistenza, mentre continua ad aggravarsi il peso della malattia che in Italia colpisce ormai 2,5 milioni di persone, circa 70 mila in Toscana e poco meno di 7 mila nella provincia di Pistoia. Considerate le famiglie e i caregiver questi numeri vanno moltiplicati almeno per 5.

«L’Alzheimer -ricorda il presidente del congresso, l’eminente geriatra professor Giulio Masotti- è un flagello assai peggiore di Tbc e Aids. Condanna a lunghi anni di sofferenza sia il malato che i familiari, comportando spesso troppi sacrifici economici che non possono neppure permettersi. Per di più in Italia è già la terza causa di morte. Non essendoci ancora cure efficaci, ecco perché insistiamo sulla prevenzione».
Prevenzione, ossia stile di vita sano fatto di appropriata alimentazione, attività fisica e intellettuale, nonché quel tanto di rapporti sociali che mantengano vivo il mondo relazionale. In trent’anni l’incidenza della demenza è ridotta di circa il 50%. La medicina riesce comunque a frenare il decorso della malattia, ma la degenerazione delle cellule cerebrali finisce per cancellare memoria e identità.
«Rimane comunque importante la qualità dell’assistenza e in questo la rete dei Centri Diurni, per quanto insufficiente, è un sollievo essenziale per i malati e le loro famiglie. Questi Centri offrono il supporto di validi operatori, ma per sottrarre i pazienti alle loro vuote giornate ci vorrebbe anche il concorso volontario di persone che li facciano parlare, cantare, disegnare, ballare. Persone che portino una ventata di vitalità dentro le strutture assistenziali: la visita di una scolaresca, di un artista, di un musicista o anche un prete a dir messa. Tutto può essere utile per aiutare questi malati a gustare ancora la vita».

«Congresso e Centro Diurno di Monteoliveto sono due dei fiori all’occhiello della Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia» dice il presidente dottor Luca Iozzelli. «Sono entrambi tra i progetti di cui siamo più orgogliosi -aggiunge-. Il congresso è una delle principali iniziative scientifiche del settore e la partecipazione dei massimi specialisti italiani e internazionali dà a Pistoia lustro particolare. Come noto la nostra Fondazione investe molto nel sociale che, in media, assorbe oltre un terzo delle nostre erogazioni. Rispondiamo così a esigenze molto sentite. Con la consulenza scientifica dell’Università di Firenze abbiamo inoltre finanziato varie attività sperimentali. Un rapporto proficuo che intendiamo continuare».
L’iscrizione al Convegno è gratuita e aperta a tutti.

(comunicato fondazione CARIPT)




Lourdes e i suoi “amici”

Le attività dell’Associazione “Amici di Lourdes”: una originale proposta pistoiese per conoscere la storia del santuario e crescere nella fede.

In estate anche un evento eccezionale per la nostra diocesi.

In questo mese di febbraio l’associazione Amici di Lourdes è solita promuovere pellegrinaggi in occasione della Prima apparizione a Bernadette. Abbiamo incontrato Marco Baldi e Federico Coppini (diaconi pistoiesi) per parlare con loro di Lourdes e dell’associazione di cui sono responsabili.

Siete tornati di recente dal vostro viaggio: come è andata?

Bene… – dice Federico, che ha accompagnato l’ultimo gruppo di pellegrini -…un programma abbastanza serrato il nostro, che in quattro giorni ci ha portati a Lourdes per le celebrazioni in occasione dell’anniversario (il centossessantunesimo per la precisione) della prima apparizione di Maria Santissima a Santa Bernadette e ricondotti poi alle nostre attività di tutti i giorni nelle nostre città e nelle nostre famiglie… Il viaggio, la grotta, le piscine, la confessione, le celebrazioni, la Messa internazionale, la via crucis, la benedizione dei malati, la preghiera del rosario, la processione notturna aux flambeaux… Eppure, il pensiero di raggiungere una meta agognata fa dimenticare anche la fatica. Quando sei a Lourdes e ti guardi intorno la vedi: sì, vedi la felicità (che non è spensieratezza perché gli “urti della vita” anche quelli li vedi e bene).

Ma la felicità è uno dei miracoli della gioia che ogni giorno si ripetono a Lourdes e che smentiscono una volta per tutte le atmosfere tetre e funeree proposteci anche da alcuni films o documentari.

La grotta di Massabielle è ancora una meta che attrae ogni anno migliaia di fedeli.

Avete avvertito un calo nelle presenze? Cosa è cambiato in questi anni a Lourdes?

Un po’ da ogni parte si sente dire che l’interesse ai pellegrinaggi ha avuto tangibili flessioni. I motivi sono vari e diversi, ma i più facilmente identificabili sono la crisi della fede, la crescita dell’individualismo che porta a privilegiare formule “self made”, la difficile congiuntura economica.

Nel 2016 Lourdes ha conosciuto un leggero aumento, sono stati accolti infatti circa 573.000 pellegrini. Di questi, è in aumento il carattere internazionale delle persone che si recano a Lourdes, con l’Asia in forte progressione (+62%) che conquista il quarto posto (4% del totale), dopo la Francia (49%), Italia (19%) e Spagna (7%). Aumentano i pellegrini, in particolare quelli europei, che rappresentano il 93% mentre il 7% sono extra europei. A Lourdes comunque tengono a precisare che l’obiettivo del Santuario non è quello di contare, ma quello di accogliere nel miglior modo possibile. Mi ha fatto riflettere leggere, proprio durante l’ultimo viaggio a Lourdes nei giorni dell’11 febbraio, che “Ansa” ha pubblicato un’inchiesta che constata come sia cambiato l’identikit dei pellegrini presenti a Lourdes.

Negli ultimi anni sembra siano approdati nella cittadina francese ai piedi dei Pirenei anche gruppi fino ad ora inediti di visitatori. C’è stato il pellegrinaggio dei disoccupati, poi è toccato a quello delle vittime del bullismo e quelle del gioco d’azzardo.

Piaghe, queste, che affliggono, evidentemente, sempre più persone che scelgono di affidare le loro sofferenze alla Vergine. Le petizioni presentate agli occhi della Madonna, quindi, sembrerebbero oggi quelle riguardanti la guarigione prima di tutto dalla attuale sofferenza; quella legata al precariato, alle difficoltà economiche, ma anche alla solitudine. Disoccupazione, depressione e solitudine sono le malattie del nuovo millennio. Ecco spiegato perché, davanti alla grotta di Lourdes, ad inginocchiarsi per chiedere la protezione ed il sostegno della Vergine apparsa nel 1858 a Bernadette Soubirous sono meno persone con malanni e disabilità fisiche e sempre più giovani sofferenti per la mancanza di lavoro, l’emarginazione o le difficoltà economiche e anche le famiglie in crisi.

Un altro particolare sul quale vorrei soffermarmi è l’importanza di far riscoprire la figura di santa Bernadette. Chi va a Lourdes – continua Federico – conosce la figura di due piccole/grandi donne: Maria e Bernadette. due dei “nostri”, terra della nostra terra. E l’immagine di Santa Bernadette, nella sua fermezza che rasenta quasi la cocciutaggine, ti resta tenacemente come attaccata addosso. Fin dall’inizio delle apparizioni ella si trova implicata in una situazione del tutto paradossale: lei, che non sa né leggere, né scrivere e comprende soltanto il dialetto, si fa portavoce di un avvenimento soprannaturale, che fa eco in tutto il mondo. Di fronte agli scettici irriducibili si limita a dire: «Non sono stata incaricata di farvi credere. Sono stata incaricata di riferire». Fin dai tempi delle apparizioni esprime la volontà di farsi religiosa; un desiderio che realizza diventando suora della Carità e dell’Istruzione cristiana di Nevers a Saint-Gildard, casa madre della congregazione. La Madonna a Lourdes non le parlò dei malati fisici, bensì dei malati nell’anima e per essi Bernadette diede la sua giovane vita. Il peccato è il principale nemico dell’uomo, quello che corrompe e allontana da Dio sia spiritualmente che fisicamente. La salma di santa Bernadette è ancora lì caparbiamente incorrotta, nella cappella del convento di Saint-Gildard, a testimoniare che la guarigione dell’anima è più importante della guarigione del corpo.

A questo proposito avete in progetto un evento esclusivo dedicato proprio alla diocesi di Pistoia: ce ne potete parlare?

Beh, anche se la cosa è grande e ci riempie di gioia… solo un accenno – ci dice Marco -… molte persone ci stanno ancora lavorando e sarebbe inopportuno, ora qui, dare informazioni che potrebbero essere smentite in futuro da esigenze pratico/organizzative. I fatti: su proposta del Santuario di Lourdes, il rev. padre Nicola Ventriglia, omi, coordinatore di lingua italiana, ha proposto di

far transitare questa estate nella nostra diocesi le reliquie di Santa Bernadette, su autorizzazione del vescovo di Pistoia monsignor Fausto Tardelli.

Un evento del tutto eccezionale che avremo modo di presentare più avanti. Il programma dettagliato e definitivo, infatti, sarà naturalmente portato a conoscenza di tutta la diocesi.

Vogliamo ricordare il fondatore dell’Associazione Luciano Bani, che ha percorso le tracce di Bernadette tenendo fede alla promessa fatta alla Santa Vergine davanti alla grotta…

L’attività di Luciano è nota in Pistoia per l’impegno profuso, in quasi 60 anni, nel condurre tanti fedeli a Lourdes, per dar loro la possibilità di riaccendere la speranza, dare slancio al proprio impegno di fede, nella testimonianza quotidiana – al ritorno dal viaggio in Francia – della carità. Di anni ne sono passati dall’estate del 1956, quando Luciano – ospite di alcuni parenti in Francia – è attratto dalle notizie sul Santuario di Lourdes e trascorsa la notte in viaggio sul treno raggiunge la cittadina pirenaica. Era il 15 agosto, solennità dell’Assunzione quando, trascorse diverse ore in meditazione alla Grotta, matura la consapevolezza dell’immenso amore che Maria ha per i suoi figli e del “servizio” che la Vergine gli affida: quello di portare il numero maggiore possibile di “amici” a Lourdes. Possiamo far risalire a questa data la nascita dell’Associazione degli “Amici di Lourdes” di Pistoia; infatti, già nel settembre 1956, Luciano parte con un piccolo gruppo di persone dirette in pellegrinaggio da Pistoia a Lourdes. Da allora ha avuto inizio quella interminabile serie di viaggi in pullman che ha visto Luciano ed i suoi “Amici” presenti alla grotta di Massabielle più volte ogni anno (fino anche a sette!). Sì, in pullman… Crescono i cosiddetti pacchetti low cost, di chi sceglie una tipologia di viaggio che gli permetta un percorso di fede, breve e veloce e spesso in aereo. Luciano (e noi raccogliendo la sua “eredità”) proponeva un pellegrinaggio di 4-5 giorni in cui poter intraprendere un cammino spirituale. Andare a Lourdes e portarci quante più persone possibile, nel modo che ci ha lasciato ed insegnato Luciano – nonostante le difficoltà, nonostante il proliferare di nuove mete e di viaggiatori che decidono di organizzarsi in completa autonomia (correndo forse il rischio di perdere il senso e lo spirito del pellegrinaggio come cammino di condivisione con gli altri) – non è affatto “un prodotto scaduto”.

Quest’anno quali altri appuntamenti avete in programma come associazione “Amici di Lourdes”?

Il nostro “programma” per il 2019 prevede un altro pellegrinaggio a Lourdes dal 22 al 25 giugno. Dal 20 al 24 settembre, poi, abbiamo in progetto un Corso di esercizi spirituali a Lourdes predicati da padre Saverio Zampa omi, per molti anni cappellano del Santuario. Quest’ultima è l’esperienza che un po’ caratterizza l’attività della nostra Associazione: si possono infatti contare sulle dita di una mano le organizzazioni che programmano gli esercizi spirituali a Lourdes. La nostra peculiarità – ormai è chiaro – è quella di riuscire a portare a Lourdes più persone possibile… Questo il nostro impegno fondamentale di associazione. Nel 2019 vorremmo proporci, quindi, in maniera più marcata – vista l’esperienza ed il dono di oltre 60 anni di viaggi – come possibile aiuto e punto di appoggio anche logistico per tutti coloro che (parrocchie, gruppi, movimenti, famiglie…) volessero andare a Lourdes in pellegrinaggio. Ogni ostacolo può essere valutato insieme… Nessun aspetto (anche economico, visto che il nostro impegno è del tutto e semplicemente volontario) deve costituire preclusione per intraprendere il cammino…Basta partire e andare!

D.R.




Evangelizzare con le icone: nasce l’associazione “Laboratorio San Damiano”

Dopo due anni di gestazione, domenica 10 Febbraio u.s. ha preso concretamente avvio la vita dell’Associazione “Laboratorio San Damiano” con la prima assemblea e l’elezione del Consiglio Direttivo.

In realtà la storia parte da molto lontano. Già nel 2000 suor Donatella Grechi, appartenente all’ordine delle Clarisse di Pistoia, ebbe una intuizione geniale e lungimirante: creare un centro di studio e approfondimento delle icone cristiane come mezzo di evangelizzazione, curando contemporaneamente il lato artistico, storico, teologico, culturale ed ecumenico, senza mai dimenticare il cammino di fede di ciascuno. Partendo da una passione personale per l’iconografia cristiana suor Donatella chiamò a sé maestri iconografi tra i quali Giancarlo Pellegrini di Bologna, iniziatore del laboratorio, Vittoria Zanoncelli di Pistoia, Aleksandr Stal’nov di San Pietroburgo e successivamente Francesca Pari di Pesaro, costituendo un gruppo che ha sviluppato l’insegnamento delle antiche tecniche pittoriche con cui si esprimeva l’arte cristiana antica, nei secoli in cui si leggeva la Sacra Scrittura attraverso le immagini dipinte sui muri o sulle tavole appese nelle chiese.

Dopo la scomparsa di suor Donatella nel luglio del 2016, anima e mente del laboratorio, si è posto il problema di portare avanti l’attività del laboratorio in un modo organizzato e coerente, da qui è nata la necessità di un’associazione che lavorasse in continuità con quanto era stato fatto fino ad allora. Così circa un anno fa undici persone, Giancarlo Pellegrini, Francesca Pari, Manola Noci, Carmelina Codella, Letizia Venturini, Armando Bottacci, Britta Haggner, Maria di Corato, Maria Luisa Giogoli, Daniela Pinzauti e la Madre clarissa suor Maria Pia, hanno elaborato uno statuto che è stato sottoposto al Vescovo di Pistoia, che in seguito ha riconosciuto l’Associazione Laboratorio San Damiano come Associazione Privata di Fedeli della Diocesi di Pistoia.

Adesso comincia la vera e propria vita dell’Associazione che si prefigge innanzitutto di continuare la sua attività di corsi, che non è mai cessata grazie alla disponibilità dei maestri, e poi di implementarla con conferenze, visite guidate, mostre e qualsiasi altro mezzo per coinvolgere chiunque si volesse avvicinare a questa arte antica e così rappresentativa della fede cristiana.

Per qualsiasi informazione: laboratoriosandamiano@gmail.com




Un incontro di approfondimento sul “decreto sicurezza”

La diocesi, con la Caritas diocesana, propone un tavolo di confronto dove istituzioni, chiesa e mondo della cooperazione e del volontariato si interrogheranno sui problemi e proporranno delle soluzioni operative sul futuro del sistema di accoglienza.

PISTOIA – Quali sono gli elementi innovativi del “decreto sicurezza”? Come cambia il sistema dell’accoglienza? Quali conseguenze e quali risposte potranno essere date dal mondo dell’associazionismo e del volontariato? Quali conseguenze avrà sul territorio e quale potrà essere il ruolo della Chiesa?

A queste e altre domande verrà data risposta all’incontro “Dopo il Decreto Sicurezza”, come cambia il sistema di accoglienza con la Legge 132/2018, che avrà luogo sabato 2 marzo alle ore 10 presso sala conferenza del convento San Domenico, Piazza San Domenico 1, a Pistoia.

L’incontro, promosso dalla diocesi di Pistoia, da Caritas e dall’ufficio Migrantes, è un’occasione di riflessione importante per le realtà impegnate nel complesso sistema di accoglienza, per fare luce sulle dinamiche e sugli effetti scaturiti dall’approvazione della legge 132/2018 – il cd “Decreto Sicurezza” – che modifica in maniera sostanziale le attuali procedure legate all’accoglienza dei migranti.

Aprirà la mattinata di lavori Francesca Biondi Dal Monte, ricercatrice della Scuola Superiore Sant’Anna, che spiegherà le principali novità e conseguenze introdotte dalla decreto. A seguire avrà luogo un tavolo di confronto operativo a cui prenderanno parte il vescovo Tardelli; Vittorio Bugli, assessore regionale con delega all’immigrazione, rappresentanti della Caritas diocesana, del mondo associativo e del volontariato che si occupa di accoglienza e di supporto ai servizi di integrazione dei migranti.

L’incontro sarà moderato da Luigi Vicinanza, direttore del quotidiano “il Tirreno” che sarà anche media partner dell’evento.

(comunicato ucs)

Locandina (pdf)

Comunicato Stampa (.doc)




S.O.S Oratori estivi

Un incontro per gli animatori in Seminario

È tempo di pensare all’oratorio! Da diversi anni ormai la nostra diocesi, attraverso il percorso di ORAESTATE, propone un itinerario di formazione per gli educatori dell’oratorio estivo.

L’Oratorio è da sempre il luogo in cui la comunità cristiana si prende cura delle nuove generazioni per formarle nella fede e condurle ad una scelta di vita cristiana, incarnata nella chiesa locale. I nostri oratori diventano così occasione di crescita umana e cristiana non solo per i ragazzi che lo frequentano, ma anche per gli educatori che si cimentano in questo prezioso servizio, imparando a mettersi in gioco, a fare esperienze di gratuità e collaborazione con piccoli e grandi.

La dimensione ludica che accompagna l’attività dei piccoli veicola quei contenuti che vogliamo trasmettere attraverso il racconto di una storia, spesso biblica, inserita in un preciso progetto educativo.

Quest’anno per pensare e programmare insieme la formazione degli animatori, vorremmo incontrare tutti i responsabili degli oratori parrocchiali della diocesi, mercoledì 27 febbraio alle ore 21.00 in Seminario.
Vi aspettiamo, non mancate!

Sr. Francesca Nannelli – Equipe di PG




Lo sguardo che ti cambia la vita

Il cammino di conversione dell’attore Pietro Sarubbi, in scena a Montemurlo con un monologo dedicato a San Pietro.

Venerdì 22 febbraio a Montemurlo (Teatro sala Banti, ore 21) l’attore Pietro Sarubbi porta in scena lo spettacolo teatrale: «Seguimi. Da oggi ti chiamerai Pietro». Lo spettacolo racconta, con delicatezza e sensibilità, la storia di san Pietro apostolo. Pietro Sarubbi è attore, regista e docente di regia cinematografica, già interprete di Barabba nel film di Mel Gibson “The Passion”: un film che gli ha cambiato la vita. Durante le riprese infatti, attraverso il volto dell’interprete Jim Caviezel, lo sguardo di “Gesù” lo ha segnato profondamente, mettendo a nudo un’inquietudine e una ricerca di senso che portava da sempre nel cuore. Abbiamo raggiunto l’attore per raccogliere la sua testimonianza di vita e illustrarci il suo spettacolo.

Una prima occhiata alla sua biografia rivela un percorso davvero ricco e vario, ma anche segnato da una certa inquietudine. Qual è il filo rosso che lega tante esperienze diverse?

Certamente l’inquietudine è il filo rosso che ha tenuto insieme tante vicende. Un filo rosso legato ad un disagio, a una insoddisfazione, a un’inquietudine di cui non saprei indicare l’origine. Non ho un vero motivo che potrei individuare per dare nome a questa realtà, è una specie di malessere del cuore che ti porti dentro. Non ho mai capito. Forse, se penso a quando ero piccolo, posso ricollegarmi al fatto che i miei genitori erano emigrati del sud; io sono nato a Milano, ma avevo addosso qualcosa di diverso; non so cosa possa essere stato il motivo di questo disagio: forse il mio sentirmi diverso, un po’ più grande di statura dei miei compagni di classe …sta di fatto che l’inquietudine è andata aumentando con la vita e questo ha fatto sì che desiderando sfuggire a questa morsa, sfuggissi a me stesso e trovassi anche un modo di allontanarmi dalla realtà. Ho cioè fatto l’attore, fuggendo in qualche modo anche a delle responsabilità oggettive, quasi  per nascondermi. Fare l’attore, infatti, mi permetteva di stare dentro un’inquietudine continua, sempre sul filo del rasoio, in una condizione propria di questo mestiere. Noi attori ogni volta che abbiamo un provino siamo sotto giudizio e in ogni spettacolo c’è un pubblico che “per soli 10 franchi” come diceva Diderot giudica la tua vita. Ma il giudizio alla fine puoi sempre allontanarlo da te per farlo ricadere sul personaggio che interpreti, sulla maschera del momento. Insomma, una sfida continua, con una sorta di malessere che mi ha accompagnato per tanti anni. Fino al film con Mel Gibson. Lì è accaduto un incontro con Dio che mi ha cambiato la vita, ma ci è voluto un anno intero per comprendere fino in fondo cosa stava succedendo. Ci è voluta una compagnia perché non ero attrezzato, non avevo riferimenti. È impossibile essere cristiani da soli: c’è bisogno di una compagnia che ti richiama alla realtà, alla concretezza, sollevando sempre il dubbio, le attese, il non sentirsi male.

La sua conversione ha inevitabilmente toccato anche la sua vita familiare. Cosa è cambiato?

All’inizio in famiglia c’è stato un po’ di stupore, un po’ di stranezza, mi vedevano tutti molto cambiato. Ma non è stato difficile e poi i bambini sono attratti dalla bellezza, da nuovi sorrisi (Pietro Sarubbi ha cinque figli, ndr), e in una nuova compagnia non hanno fatto fatica a fidarsi. Loro si sono fidati subito, io invece, a volte ero sospettoso, ho vissuto più resistenze, più fatica. Certamente non è che la conversione ti metta al sicuro da fatiche o dolori. Non è che il mondo sia diviso in credenti felici e atei tristi: non c’è nessun dubbio che qualcuno possa lamentare questa stranezza. Ma se Dio è arrivato a sacrificare suo Figlio – il Figlio amato – senza scontare niente a Lui, come pretendere che sconti a noi? Il cristiano è fatto per un cammino faticoso, per un cammino continuo, ma lo attende il paradiso. Quanto viviamo di bello, di significativo è un anticipo di questa realtà, ma se ci fosse tutto ora, se fossimo già ora perfettamente felici …che paradiso sarebbe? Anche avere la possibilità di vedere e leggere le storie dei santi è già un anticipo di Paradiso.

Parlando di santi viene subito da domandarle com’è nato in lei il desiderio di mettere in scena questo monologo su san Pietro…

Pietro ho imparato a conoscerlo nel mio tanto studiare, nel mio voler capire. All’inizio non sapevo nulla, e mi sentivo come un vaso vuoto. Così ho avvertito l’esigenza di approfondire e conoscere. Prima di arrivare allo spettacolo però, c’è stato un altro passaggio. Tutti mi chiedevano testimonianze e io la mettevo anche in maniera piacevole, ma mi accorgevo che molti venivano più per ridere che per capire. Così alla fine un amico mi ha invitato a pensare uno spettacolo teatrale. Dopo alcune esitazioni mi sono deciso di prendere sul serio l’idea. Pensavamo di mettere in scena la figura di Barabba, ma poi ho avuto tanti stimoli e segnali del tutto inaspettati che mi indicavano di continuo la figura di Pietro. Così ho scelto Pietro e alla fine mi sono accorto che questo san Pietro è molto simile a me. Il mio spettacolo racconta, infatti, il cammino di un poveraccio pieno di limiti, di peccati, di fatiche che alla fine riesce ad incontrare il Signore. Ci cammina tre anni insieme con la certezza di essere amato, fino al famoso “sì” di Pietro dove si arriva al culmine di questo cammino di santità (Gv 21,15-19). Sono ormai sette anni che porto in giro questo spettacolo e mi sono reso conto che piace molto: alla fine posso dire che è stata una buona intuizione. D’altra parte lo spettacolo è “solo Vangelo”, di lì prende spunto e riesce a dirne tutta la potenza. Io mi limito a dare fisicità, più forza alla parola evangelica.

Spesso è in giro per l’Italia per offrire testimonianze in parrocchie e oratori. Come accolgono i giovani la sua storia? Cosa le hanno trasmesso?

Quando incontro i giovani dico sempre questa cosa: c’è sempre qualcuno che vi può far credere che essere cristiani non sia da fighi, ma guardate che in realtà è da sfigati non credere a Gesù Cristo! Ecco, mi piace sfidarli. I ragazzi vogliono le cose sfidanti, ma certe. Faccio pellegrinaggi con ragazzi di venti anni che pregano e stanno in silenzio meglio di me. Vedo come ci stanno e resto stupito. Io – mi dico – pensavo di essere loro testimone e invece sono loro testimoni per me. Come adulti a volte riusciamo a dare ai ragazzi soltanto il peggio. Oggi vedo certi catechisti, certi animatori di grest e mi domando: quale ragazzino potrebbe essere attratto da certe proposte? A volte avremmo bisogno di staccarci dalle regole della pigrizia.

Cosa manca allora alla chiesa di oggi?

Direi che a volte manca l‘impegno, il cuore acceso, manca il sacro fuoco, il mettersi in gioco, la voglia di perdonarsi sul serio e volersi bene.

Daniela Raspollini

 

Pietro Sarubbi

Pietro nasce a Milano nel 1961. Inizia il suo percorso artistico lavorando nel circo, poi in televisione dal 1979 nella trasmissione Portobello. Debutta nel cabaret allo Zelig nel 1995. Dal 1985 partecipa a film-tv, fiction e sit-com di successo come “Casa Vianello”, “il maresciallo Rocca” e “Nebbie e delitti”. Recita in teatro e nel cinema con tanti registi italiani, ma sono i registi stranieri a sceglierlo per i ruoli più importanti: Daniele Finzi Pasca lo scrittura per anni nella compagnia internazionale del Teatro Sunil, John Madden per “Il mandolino del capitan Corelli” e Mel Gibson per il ruolo di Barabba in “The Passion of the Christ”. Autore SIAE rappresentato dal 1993, iscritto all’Albo dei Giornalisti dal 2000, regista per il teatro, conduttore televisivo, scrittore, si occupa anche di formazione aziendale. È docente del corso di Regia presso Milano Cinema e Televisione, dipartimento di Fondazione Milano.




Quale sicurezza senza umanità?

Riceviamo e pubblichiamo il seguente comunicato

Una serata per riflettere sul decreto sicurezza

Sabato 16 febbraio a Pistoia, presso la Sala Soci Unicoop Firenze (accanto al COOP.fi di Viale Adua), si svolgerà un incontro pubblico sul tema “Quale sicurezza senza umanità?” organizzato da numerose realtà pistoiesi per condividere un momento di riflessione sulle concrete conseguenze del decreto sicurezza sulla vita di tanti migranti, sulle buone pratiche di accoglienza e di inclusione sociale costruite nel nostro territorio e sulla sicurezza dei cittadini.
All’iniziativa interverranno Annalisa Camilli, Domenico Gallo e mons. Roberto Filippini, vescovo di Pescia.

Annalisa Camilli è inviata della rivista Internazionale che negli ultimi anni ha seguito le rotte dei migranti e i loro viaggi verso l’Europa e gli episodi più gravi di razzismo in Italia. Domenico Gallo è magistrato, giudice presso la Corte di cassazione, impegnato nel mondo dell’associazionismo, del movimento per la pace ed attivo nei Comitati per la difesa della Costituzione. Mons. Roberto Filippini, vescovo della Diocesi di Pescia è anche il delegato della conferenza episcopale toscana per il servizio della Carità; agli studi biblici ha unito l’impegno nonviolento come membro del gruppo “Franz Jägerstätter per la nonviolenza”.

L’incontro è promosso da: AGESCI Pistoia, Associazione Il Granello di senape, Associazione Palomar, Associazione PortAperta, Associazione San Martino de Porres, A.P.S. Oscar Romero, Bottega del Mondo L’Acqua Cheta, CeIS Pistoia, CGIL Pistoia, CNGEI Pistoia, CO&SO, Comitato provinciale ANPI Pistoia, Cooperativa Gli Altri, Coordinamento provinciale di Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie, Diocesi di Pistoia, Rete 13 Febbraio Pistoia, Rete Radié Resch – Casa della Solidarietà, Parrocchia di Marliana e Parrocchia di Santomato.

Alessandra Pastore
Referente Coordinamento provinciale Libera Pistoia




La Fondazione Caript a sostegno della Caritas

Anche per quest’anno confermato il contributo per sostenere gli interventi di lotta alla marginalità

PISTOIA – Si rinnova l’impegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia per la lotta alla marginalità e per il sostegno alle opere di carità. Anche per l’annualità 2018/2019, come già nelle annualità 2016/17 e 2017/18, è stato confermato il contributo di 200.000 euro in favore della Caritas di Pistoia per il sostegno delle situazioni di difficoltà che emergono dai centri di ascolto del territorio.

Con il contributo 2018 sono stati possibili 1782 interventi, con un bacino d’utenza di oltre 3.000 persone, che hanno riguardato il sostegno al pagamento delle utenze e di interventi sanitari (pagamento ticket visite mediche e farmaci).

«Il generoso contributo della Fondazione Crpt alla Caritas è un segno molto importante nella lotta alla marginalità e alla povertà – dichiara mons. TardelliVoglio ringraziare di cuore la Fondazione Crpt per la costante vicinanza alle opere diocesane volte ad alleviare il disagio, oggi più che mai avvertito, di molte famiglie e di tante persone che ogni giorno si avvicinano alla rete dei centri di ascolto caritas».

Marcello Suppressa, direttore Caritas, afferma: «I dati sugli interventi effettuati ci dicono che siamo ancora all’interno di una grande crisi che attanaglia i nostri territori e che sembra non trovare vie di uscita, almeno a breve termine. Siamo consapevoli che i nostri interventi, anche grazie al prezioso contributo della Fondazione Caript, sono importanti, necessari ma spesso non risolutivi a superare le condizione di indigenza in cui versano interi nuclei familiari perchè è solo attraverso una sana ripresa del lavoro che possiamo rendere dignità e autonomia. Questo scenario sociale tende ad invalidare molte persone, condannate ad una forte precarietà che può diventare permanente ed a una vulnerabilità continua in assenza di un mercato del lavoro organizzato, funzionale e orientato anche alle politiche attive».

(comunicato ucs)




Non lasciamoci rubare i social!

A Montemurlo don Dino Pirri ha proposto un incontro sul tema “evangelizzare al tempo dei social”. Una sintesi del suo intervento

«È la curiosità quella che spinge un individuo a muovere i suoi primi passi sui social. Guai ai cristiani che non sono curiosi».

È con queste parole che Don Dino Pirri, ex assistente nazionale dell’Azione Cattolica dei Ragazzi e adesso Parroco della parrocchia Madonna della Speranza a San Benedetto del Tronto, ha dato il via all’incontro su “Evangelizzare al tempo dei social” tenutosi venerdì 8 febbraio presso la parrocchia del Sacro Cuore di Montemurlo. Di fronte ad una platea composta da giovani e non più giovani, il parroco ha raccontato come avvenne il suo incontro con queste piattaforme di comunicazione delle quali lui stesso si definisce non un esperto, ma solo un artigiano. Era l’aprile 2005, quando,  per l’elezione di Papa Benedetto XVI Don Dino si trovava in una Piazza San Pietro dove erano presenti tutte le tv del mondo; questa immagine lo aiutò a pensare quante persone siano raggiungibili tramite social e soprattutto a quanto il messaggio di cui siamo portatori noi cristiani sia il più bello da annunciare. Così nacque la voglia di “essere presente” in quegli spazi virtuali dove aveva intuito la possibilità di diffondere a più persone possibili l’annuncio del Vangelo.

Per stare in “posti nuovi” però, occorre esserne capaci: «devi saperci stare  – ha precisato don Dino – e quindi non puoi essere un turista, ma devi abitarci per un po’ di tempo per comprendere le leggi che li regolano». Anche i social – paradossalmente- hanno bisogno di dedizione e attenzione, tempo e cura, per non incorrere nell’errore di farne un uso superficiale, senza conoscere tutti i vantaggi che possono offrire. Il suo impegno nel mondo social è stato dettato da una riflessione evangelica: «Gesù è chiaro nell’indicarci dove ci chiede di andare; non chiama con sé agricoltori che seminano il proprio campo in attesa dei germogli, ma chiama pescatori, abituati a gettare le reti solo dove può esserci più pesce e quindi in un luogo potenzialmente diverso ogni giorno». Poiché il mondo stava popolando i social network Don Dino ha pensato a un’ esperienza di evangelizzazione che lo ha portato ad apprendere tantissimo, come ad esempio l’importanza di ascoltare e osservare, prima di esprimersi e commentare.

«Nella rete – ha aggiunto – trovavo l’esperienza costruttiva del contraddittorio, cosa che negli ambienti dell’associazionismo cattolico era difficile da reperire». Il periodo di servizio per l’Azione Cattolica nazionale, che lo ha tenuto lontano dalla parrocchia, ha segnato la sua necessità di immergersi in storie di vita che, non potendo toccare direttamente, riusciva comunque a reperire tra un tweet e un post dando avvio a conoscenze spesso portatrici di pareri diversi dal suo che, forse, non sarebbero mai giunte diversamente. La rete, inoltre -ha aggiunto don Dino- ha un altro vantaggio: qui tutti si confrontano alla pari; sui social ci sono regole assolutamente non discriminatorie, in quanto il comune cittadino così come il Presidente di uno stato hanno la stessa possibilità di parlare e intervenire. Don Dino ha poi affermato anche che questo non ci sottrae da una responsabilità di fondo, ovvero quella di essere consapevoli che, proprio per il carattere così aperto e accessibile dello strumento, è più semplice che la platea a cui ci rivolgiamo possa fraintendere quanto vogliamo comunicare.

«Sui social tutto è accelerato e esagerato; i rapporti nascono e si bruciano velocemente; io ci ho incontrato molte persone, ma non sono diventato amico di nessuno. Per un rapporto vero c’è bisogno di altre dimensioni di relazione». È così che oltre ai vantaggi, don Dino ha voluto delineare anche i limiti di questi mezzi di comunicazione. «Non si fissano le riunioni su whatsapp; né si programma la Quaresima; per educare dobbiamo spenderci, e quindi incontrarci». Don Pirri ha criticato un utilizzo generalizzato dei social per lo svolgimento delle attività pastorali, anche perché – come ha ribadito fortemente- la realtà è complessa, quindi difficilmente banalizzabile con un messaggio di whatsapp lanciato in un gruppo numeroso.

Don Dino ha concluso regalando ai presenti un riferimento evangelico con l’episodio dei discepoli di Emmaus. Nel racconto Gesù risorto, che ai loro occhi sembra un semplice viandante, nonostante rimprovi i discepoli apostrofandoli «stolti e lenti di cuore» (Lc 24,25) decide ugualmente di mettersi in cammino con loro e di accompagnarli verso la comprensione dell’annuncio:

«Gesù nel Vangelo è in grado di comunicare e di entrare in dialogo con le persone; anche questo, come la curiosità, è una prerogativa di noi cristiani che, in qualsiasi luogo, tempo e occasione, possiamo diventare trasmettitori della nostra fede in piena accoglienza delle opinioni degli altri».

Laura Simonetti




Vita, lavoro, vocazione: Policoro incontra il Seminario

Gli animatori del progetto Policoro incontrano la comunità del Seminario

Vita, lavoro, vocazione: sono questi alcuni dei temi che hanno animato la mattinata di incontro e riflessione che si è tenuta sabato 9 febbraio in seminario.

Protagonisti di questo incontro sono stati i giovani animatori di comunità del progetto Policoro, provenienti da dieci diocesi della regione Toscana e la comunità del Seminario Diocesano di Pistoia.

È stata una bellissima occasione di dialogo fraterno in cui esperienze di vita quotidiana ed esperienze di vita ecclesiale hanno trovato una sintesi e perché no, un nuovo vigore e un rinnovato entusiasmo per guardare avanti ed essere, come dice Papa Francesco: il presente di Dio (Papa Francesco, omelia a conclusione della GMG di Panama 2019).

L’incontro, inserito nel cammino formativo degli animatori di Policoro, è stato avviato dal saluto di Edoardo Baroncelli, responsabile diocesano ma anche coordinatore regionale del Progetto, che ha inteso sottolineare l’importanza dell’intreccio tra lavoro e vocazione e la dimensione ecclesiale della proposta di Policoro.

I giovani referenti del Progetto dopo aver condiviso coi seminaristi un momento di preghiera con la celebrazione delle lodi mattutine, hanno presentato il percorso formativo da loro vissuto all’interno del Progetto Policoro e hanno poi accolto le testimonianze dei seminaristi i quali, chi più chi meno, hanno avuto delle brevi o lunghe esperienze nel mondo del lavoro che sono state in alcuni casi determinanti per leggere nella loro vita i segni della presenza del Signore, fino a scoprire il dono della vocazione. È stato anche un momento per fare una fotografia alle varie problematiche che affliggono i giovani alla ricerca della stabilità, anche professionale che si lega a  doppio filo con molteplici aspetti della realtà (lavoro, famiglia, amicizie, affettività…), e ai diversi tipi di approccio con cui i giovani si affacciano a questa realtà.

Nel documento finale del Sinodo dei Vescovi si legge: «Nel reale tutto è connesso: la vita familiare e l’impegno professionale, l’utilizzo delle tecnologie e il modo di sperimentare la comunità, la difesa dell’embrione e quella del migrante. La concretezza ci parla di una visione antropologica della persona come totalità e di un modo di conoscere che non separa ma coglie i nessi, apprende dall’esperienza rileggendola alla luce della Parola, si lascia ispirare dalle testimonianze esemplari più che dai modelli astratti. Ciò richiede un nuovo approccio formativo, che punti all’integrazione delle prospettive, renda capaci di cogliere l’intreccio dei problemi e sappia unificare le diverse dimensioni della persona. Questo approccio è in profonda sintonia con la visione cristiana che contempla nell’incarnazione del Figlio l’incontro inseparabile del divino e dell’umano, della terra e del cielo» (Sinodo dei vescovi – Documento Finale. I giovani, la fede e il discernimento vocazionale, n.57).
La riflessione ed il dialogo su questa dimensione di integralità della persona ha stimolato giovani e seminaristi a considerare alla luce della Rivelazione diverse esperienze che spesso hanno tratti in comune (intraprendenza, sconforto, mille colloqui e concorsi affrontati, l’esperienza con i Centri per l’impiego, le incertezze ed i timori che spesso attanagliano chi si interroga sul senso della propria vita…).

La conclusione dell’incontro è stata affidata alle sapienti parole di papa Francesco citato dal rettore del Seminario don Ugo Feraci, che ha condiviso un passaggio dell’omelia della messa conclusiva della Giornata Mondiale della Gioventù di Panama: «Voi, cari giovani, non siete il futuro. Ci piace dire: “Voi siete il futuro…”. No, siete il presente! Non siete il futuro di Dio: voi giovani siete l’adesso di Dio! Lui vi convoca, vi chiama nelle vostre comunità, vi chiama nelle vostre città ad andare in cerca dei nonni, degli adulti; ad alzarvi in piedi e insieme a loro prendere la parola e realizzare il sogno con cui il Signore vi ha sognato. Non domani, adesso, perché lì, adesso, dov’è il tuo tesoro, lì c’è anche il tuo cuore (cfr Mt 6,21); e ciò che vi innamora conquisterà non solo la vostra immaginazione, ma coinvolgerà tutto. Sarà quello che vi fa alzare al mattino e vi sprona nei momenti di stanchezza, quello che vi spezzerà il cuore e che vi riempirà di meraviglia, di gioia e di gratitudine. Sentite di avere una missione e innamoratevene, e da questo dipenderà tutto (cfr Pedro Arrupe, S.J., Nada es más práctico). Potremo avere tutto, ma, cari giovani, se manca la passione dell’amore, mancherà tutto. La passione dell’amore oggi! Lasciamo che il Signore ci faccia innamorare e ci porti verso il domani!».

Alessio Bartolini

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