TRE MINISTERI IN CATTEDRALE PER L’EPIFANIA

Nella solennità dell’Epifania, il prossimo 6 gennaio, alle ore 10.30 presso la Cattedrale di San Zeno, Eusebio Farcas e Alessio Bartolini riceveranno il ministero dell’accolitato, mentre fratel Antonio, priore della Fraternità Apostolica di Gerusalemme a Pistoia riceverà il ministero del lettorato. Tutti e tre raccontano la loro esperienza e questi importanti ministeri che li preparano al sacerdozio.

Eusebio Farcas

Eusebio, ormai stai concludendo gli studi presso la Facoltà Teologica di Firenze e da tanti anni vivi nella nostra diocesi. Cosa significa per te il ministero dell’accolitato a servizio della chiesa di Pistoia?

Sono ormai 5 anni che vivo nella Diocesi di Pistoia, dove ho deciso di trasferirmi dalla Romania per continuare la formazione verso il sacerdozio e nella quale, a Dio piacendo, spero di poter svolgere un giorno il ministero sacerdotale.

Il termine accolito significa “compagno di viaggio”. L’accolitato quindi è il ministero affidato a coloro che, nella Chiesa, sono chiamati a seguire i pastori, e dunque a collaborare con loro nella specifica missione ad essi affidata per offrire ai fratelli un servizio ispirato a una sincera carità. Per me è una grande gioia esercitare il ministero dell’accolitato a servizio della Chiesa pistoiese. Allo stesso tempo, significa per me un maggior impegno e una maggiore responsabilità nell’esercizio della carità verso i poveri, i malati e gli emarginati.

Quest’anno i seminaristi studiano e vivono in seminario a Firenze. Cosa ci puoi raccontare di significativo di questo tuo percorso di formazione?

Nel seminario di Firenze siamo 33 seminaristi provenienti da 7 diocesi della Toscana e da vari paesi e Diocesi del mondo. Il fatto che proveniamo da  Diocesi e paesi diversi, e anche la varieta di età, ci aiuta sicuramente a creare momenti di condivisione e scambio di idee ed esperienze, che risultano utili per la nostra crescita umana e spirituale.

Alessio Bartolini

Alessio svolge da qualche anno il ruolo di cerimoniere con il Vescovo. Come cambierà il tuo modo di stare all’altare?

Quella che sto vivendo è un’esperienza davvero bella ed importante. Il servizio di cerimoniere è una grande scuola di umiltà: mette a nudo i tuoi limiti, ti obbliga a essere il custode di regole e di forme che altri hanno stabilito, ti chiede di essere discepolo, di ascoltare e mettere in pratica, ti aiuta a superare la tentazione di “volerci mettere del tuo”… Nella logica del Vangelo questo è provvidenziale: se non fosse così, ci sarebbe la tentazione di cavalcare l’immagine, l’apparire, il farsi notare. Se un cerimoniere non è umile per natura, viene reso umile dalla liturgia stessa. C’è anche però il rovescio della medaglia e cioè la straordinaria opportunità di vivere da vicino, anzi, di costruire le liturgie del vescovo, che sono in un certo senso le liturgie sorgive, fontali, da cui tutte le altre liturgie che si celebrano in diocesi discendono. L’unità di misura della Chiesa locale, infatti, è la diocesi e non la parrocchia. E la diocesi ha la sua espressione somma nella liturgia celebrata dal vescovo.

Come cambierà il mio modo di stare all’altare? Dal punto di vista “tecnico” non cambierà molto. Semmai il lavoro più grosso che dovrò sforzarmi di fare è di ricordarmi ogni volta che ‘ministero’ è parente stretto di ‘servizio’, e dovrò cercare di vivere più strettamente il mio rapporto con l’altare, ricordando che la celebrazione liturgica non è il frutto dell’intuizione di qualche cristiano illuminato, ma il frutto di secoli di ascolto della Parola, di fede e di testimonianza fino al martirio, di magistero, preghiera, carità e vita della comunità.

Ormai tu ed Eusebio siete prossimi a concludere il vostro percorso di formazione; a partire dall’esperienza di questi anni e dall’impegno che vi aspetta, cosa potreste suggerire ai giovani della nostra diocesi?

Ai giovani potremo consigliare di lasciarsi nutrire dal Signore Gesù: dalla Sua parola e dalla comunione al Suo corpo e al Suo sangue. Inoltre, crediamo che sia importante avere un cuore diponibile  all’ascolto dello Spirito, dei fratelli e delle sorelle che incontriamo nel nostro cammino. Anche il tema scelto da Papa Francesco per il prossimo sinodo dei vescovi sui giovani e il discernimento ci stimola ad una riflessione su come cercare Dio in ogni cosa.

Fratel Antonio

Il ministero del lettorato chiama a un rapporto del tutto speciale con la parola di Dio perché si esercita nella preparazione e nella proclamazione delle letture durante la liturgia, ma anche nella catechesi e nell’annuncio evangelico. La Fraternità Apostolica di Gerusalemme  ha sempre curato con particolare attenzione l’annuncio del Vangelo e il contatto con la Parola di Dio. Qual è la tua esperienza in proposito?

Dopo la mia conversione la Parola di Dio è stata il mio pane quotidiano. Da consacrato la lectio divina è  una sana abitudine che ho coltivato quotidianamente e che ancora oggi difendo per approfondire maggiormente il mio rapporto con il Signore. Permette, infatti, di farsi scavare da Dio per conoscerci meglio. La lectio divina è il primo ed essenziale passo da compiere con determinazione di fronte ai tanti impegni quotidiani. La meditazione della parola di Dio, insieme alla preghiera, ha fortificato la mia fede in questi anni. D’altra parte prima di qualsiasi annuncio della Parola è importante la testimonianza nel vivere la Parola incarnandola: solo così l’annuncio potrà essere vivace e incisivo.

Daniela Raspollini