Gmg 2019: Qui Panama #3

Dalla nostra inviata a Panama Caterina Pelagalli.

È stata una giornata particolarmente intensa. Il servizio è iniziato stamani mattina alle 11 ed è terminato ora (20.20). Siamo stanchi, ma pieni. Abbiamo incontrato tanta gente: la nostra divisa attira l’attenzione di tutto il mondo. Si fermano a chiedere foto, ballare e per regalarci ricordini, ringraziandoci in tutte le lingue per essere qui, avendo attraversato l’oceano per prestare servizio. È incredibile di quanta gente diversa, provenienti da paesi diversi, con culture e necessità diverse, siano accomunate da qualcosa di così grande: l’amore.

Giovedì l’arrivo del papa a Panama e il saluto ai giovani pellegrini, ieri il papa ha partecipato alla via Crucis con oltre 400mila giovani. 

 

 




GMG 2019: QUI PANAMA #2

Dalla nostra “inviata” Caterina Pelagalli a Panama

Tra poco ci sarà la santa Messa celebrata da Papa Francesco, che da stamani sta girando per Panama, tra istituzioni e fedeli. La gente è emozionatissima, i panamensi non riescono a trattenere le lacrime dalla gioia. Vedere tanti colori, tante bandiere, cori pieni di forza ed energia, riempie di gioia. Sarebbe bello che tutti i giovani del mondo, potessero vivere un esperienza simile: la chiesa entrerebbe nella vita di ognuno di essi.

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Riprendiamo da Agensir alcuni passaggi del discorso del Papa ai giovani

“Il cristianesimo non è un insieme di verità da credere, di leggi da osservare, o di proibizioni. Visto così non è per nulla attraente. Il cristianesimo è una Persona che mi ha amato tanto, che desidera e chiede il mio amore. Il cristianesimo è Cristo”. Ai 200mila giovani che affollano oggi il Campo Santa Maria La Antigua, per la cerimonia di accoglienza e apertura della Gmg, il Papa ha citato “un santo di queste terre”, Oscar Arnulfo Romero, vero e proprio faro della Gmg di Panama fin dai primi discorsi pubblici. Il cristianesimo, ha sintetizzato Francesco, “è portare avanti il sogno per cui Lui ha dato la vita: amare con lo stesso amore con cui ci ha amato”. “Non ci ha amato un pochino, ci ha amato totalmente, con tenerezza, con amore”, ha aggiunto a braccio.

“Che cosa ci tiene uniti? Perché siamo uniti? Che cosa ci spinge ad incontrarci?”, le domande incalzanti del Papa: “La certezza – la risposta – di sapere che siamo stati amati con un amore profondo che non vogliamo e non possiamo tacere e ci provoca a rispondere nello stesso modo: con amore. È l’amore di Cristo quello che ci spinge. Un amore che non si impone e non schiaccia, un amore che non emargina e non mette a tacere, un amore che non umilia e non soggioga. È l’amore del Signore, amore quotidiano, discreto e rispettoso, amore di libertà e per la libertà, amore che guarisce ed eleva. È l’amore del Signore, che sa più di risalite che di cadute, di riconciliazione che di proibizione, di dare nuova opportunità che di condannare, di futuro che di passato. È l’amore silenzioso della mano tesa nel servizio e nel donarsi senza vantarsi”. “Credi in questo amore?”, la domanda che dà il “tu” al popolo giovane: “Non abbiate paura di questo amore concreto, che è dare la vita. E questa è stata la stessa domanda e chiamata che ha ricevuto Maria. L’angelo le domandò se voleva portare questo sogno nel suo grembo e renderlo vita, renderlo carne. E Maria aveva l’età di tante ragazze come voi, e ha detto: ‘Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola’”. “Non era stupida, sapeva quello che sentiva il suo cuore, sapeva che cos’era l’amore”, ha aggiunto a braccio: “Ha saputo dare vita al sogno di Dio. Ed è la stessa cosa che l’angelo vuole chiedere a te, a te, a me: hai coraggio? Vuoi dare carne a questo sogno con le tue mani, i tuoi piedi, il tuo sguardo, il tuo cuore? Vuoi che sia l’amore del Padre ad aprirti nuovi orizzonti e a portarti per sentieri mai immaginati e pensati, sognati o attesi, che rallegrino e facciano cantare e danzare il cuore? Sapremo dire all’angelo, come Maria: ‘Eccoci, siamo i servi del Signore, avvenga per noi…’?”. “Ci sono domande a cui si può rispondere solo in silenzio”.




GMG 2019: Qui Panama #1

Dalla nostra “inviata” Caterina Pelagalli a Panama

Ciao.

Oggi (23/01) è stata una giornata sostanzialmente libera fino alle 15. Alle 16 abbiamo celebrato la Messa insieme all’ordine di Malta, nella parte povera di Panama, nel quartiere del Chorrillo nella chiesa di della Madonna di Fatima. È stato un momento di condivisione molto intenso, che si è concluso pranzando con gli anziani della casa di riposo.

Dopodiché siamo rientrati in accademia, trovando la città completamente bloccata dopo l’arrivo di Papa Francesco.

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LA PREGHIERA UFFICIALE DELLA GMG 2019 DI PANAMA

Padre misericordioso,
tu ci chiami a vivere
la nostra vita come un cammino di salvezza:
aiutaci a guardare al passato con gratitudine,
a far nostro il presente con coraggio,
a costruire il futuro con speranza.

Signore Gesù, amico e fratello,
grazie perché ci guardi con amore.
Fa’ che ascoltiamo la tua voce,
che risuona nel cuore di ognuno
con la forza e la luce dello Spirito Santo.

Concedici la grazia di essere Chiesa in uscita,
annunciando con fede viva e con volto giovane
la gioia del Vangelo, per lavorare alla costruzione
della società più giusta e fraterna che tutti noi sogniamo.
Te lo chiediamo per il Papa e i vescovi;
per i sacerdoti e i diaconi; per la vita consacrata e per i volontari;
per i giovani, per tutti coloro che parteciperanno
alla prossima Giornata mondiale della gioventù a Panama
e per coloro che si preparano ad accoglierli.

Santa Maria La Antigua, Patrona di Panama,
fa’ che possiamo pregare e vivere con la tua stessa generosità:
“Ecco la serva del Signore; avvenga per me secondo la tua parola” (Lc 1,38). Amen.

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La GMG di Panama si può seguire online su
https://www.vaticannews.va/it/events/gmg-2019-panama.html

e in TV su tv2000:
https://www.tv2000.it/ufficiostampa/2019/01/18/gmg-panama-su-tv2000-in-diretta-tutti-gli-eventi-con-il-papa/

 




Da Pistoia verso la GMG

Alla Giornata Mondiale della Gioventù di Panama con Papa Francesco anche tre giovani pistoiesi volontari della Misericordia

Tra i giovani Pistoiesi che parteciperanno alla giornata Mondiale della Gioventù anche Caterina Pelagalli, giovane volontaria della Misericordia di Pistoia. Caterina ci aiuterà a seguire da vicino la GMG, le parole del Papa, le emozioni e la fede di tanti giovani di tutto il mondo.

Come stai vivendo questa attesa?

Credo che la fase che precede un viaggio, soprattutto un viaggio con caratteristiche importanti come queste, sia uno dei momenti più belli di tutta l’esperienza anche se spesso non ce ne accorgiamo nemmeno. Questa attesa porta con sè un carico di emozioni positive molto forti: trepidazione, entusiasmo, frenesia e un po’ di paura. Tutto ciò accompagnato dalla pianificazione dei dettagli, le letture sul posto, l’organizzazione dei servizi, corsi di preparazione e consigli di chi ci è già stato. Spero di poter ricavare da questo viaggio più “colori” possibili, capaci di arricchire il mio arcobaleno professionale e quello umano.

Hai già partecipato ad altre edizioni della GMG?

Sì, ho partecipato alla GMG a Madrid nel 2011, con un gruppo di giovani volontari delle Misericordie Toscane, insieme al nostro correttore don Simone Imperiosi. Sicuramente questa sarà un esperienza diversa, fosse solo per i miei otto anni in più e la consapevolezza di ciò che sto per vivere. Ma ricordo quel viaggio di fede con tanto amore ed entusiasmo.

Perché hai scelto di partecipare a questo grande evento?

Mi è stato proposto dal coordinamento delle Misericordie pistoiesi, in quanto il Vaticano ha richiesto il supporto delle Misericordie Toscane per affiancare i bomberos panamensi nei soccorsi sanitari durante la GMG. Dopo aver appurato la possibilità di avere le ferie da lavoro, ho accettato con gratitudine la richiesta che mi è stata fatta. Credo che questa esperienza possa essere per me, come cristiana, un modo per incontrare Cristo da vicino. Come giovane, credo possa essere un modo per confrontarmi, imparare, conoscere e condividere. Come soccorritore, credo che possa essere un esperienza importante per una crescita professionale, senza però perdere di vista il vero senso del servizio e della sofferenza.

Chi partirà con te da Pistoia?

Con me da Pistoia partirà Guido Bruschi, un volontario della Misericordia di Pistoia, che svolgerà servizio insieme a me. E poi partirà Daniele Campanella, anche lui un veterano della Misericordia di Pistoia, responsabile della Sala Operativa Nazionale delle maxiemergenze, che si occuperà della gestione dei turni di servizio durante questa esperienza.

Papa Francesco sta dedicando una particolare attenzione ai giovani …ma i giovani cosa pensano di Papa Francesco?

Io personalmente, penso che Papa Francesco possa essere un grande punto di forza e riferimento per i giovani di oggi. Ammetto che forse la nostra società, in questo periodo, non possa fare molto da trampolino e collegamento tra la vita quotidiana e la vita cristiana, ma credo che Papa Francesco riesca a testimoniare con la sua vita, nella quotidianità, la bellezza e la semplicità di amare Cristo.

Daniela Raspollini

nella foto: Caterina Pelagalli

 




La Toscana a (e con) Panama

Renato Barbieri, incaricato regionale per la Pastorale Giovanile ci racconta come si prepara la Toscana alla prossima Giornata mondiale della Gioventù

Mancano pochi giorni alla XXXIV giornata Mondiale della Gioventù che quest’anno si svolgerà a Panama dal 22 al 27 gennaio 2019. Come si è organizzato il servizio di pastorale giovanile toscano per questo evento?

Quando il Papa ha indicato Panamá City come città ospite della GMG 2019 tutti noi pensavamo, come di consueto, ad un appuntamento estivo. Poi, per ragioni climatiche, il Comitato Organizzatore Locale, seguendo il precedente di Manila nel 1995, ha scelto come periodo i giorni 22-27 gennaio. Se questo da un lato ci ha spiazzato (come è facile immaginare staccare due settimane -il tempo minimo per una bella esperienza dall’altra parte dell’oceano- a gennaio non è facile, né per i giovani italiani che frequentano l’università, né per coloro che hanno un lavoro), dall’altro ci ha spronato a lavorare bene all’organizzazione dei pellegrinaggi dell’estate scorsa, che ci hanno portato, dopo un tempo in cui abbiamo camminato a piedi nelle nostre diocesi, prima alla giornata regionale che abbiamo vissuto a Pistoia il 10 agosto e poi all’incontro con Papa Francesco a Roma, in cui circa 70.000 giovani italiani (diverse centinaia i toscani) si sono ritrovati insieme con il successore di Pietro. Tutto questo per dire che, organizzando finalmente il pellegrinaggio verso Panama, non ci siamo lasciati scoraggiare dai numeri bassi; sono partiti comunque gli inviti e un discreto numero ha risposto, in particolare dalle diocesi di Arezzo, Fiesole, Firenze, Grosseto, Massa e Siena.

Quanti saranno i giovani toscani che partiranno alla volta di Panama?

Il numero dei giovani toscani che si sono iscritti tramite le loro diocesi sono 65, a cui va ad aggiungersi una ventina di volontari della Misericordia che presteranno servizio a Panama City. Ma va detto che, in generale, i numeri totali non sono alti: si parla di un numero decisamente inferiore al milione di giovani, di cui poco meno di un migliaio gli italiani.

Quali sono le aspettative per questa nuova giornata mondiale della gioventù?

Le aspettative sono alte, perché questa GMG cade a tre mesi dalla chiusura del “Sinodo dei Giovani”, un evento ecclesiale in cui, a detta dei partecipanti, si è respirato un clima diverso, in cui si è vissuta, sotto l’azione dello Spirito Santo, un’autentica esperienza di sinodalità di cui i giovani sono stati protagonisti a pieno titolo. Non sappiamo quello che il Papa dirà ai giovani, però non è impensabile che possa rinnovare l’invito i giovani a seguire i loro sogni ancorandoli al sogno di Dio Padre su di loro, il sogno di una vita buona, santa, realizzata nell’amore… insomma ad interrogarsi su come discernere nella loro vita la chiamata alla pienezza di vita che il Signore rivolge a ciascuno. Certamente verteranno su questi temi le riflessioni e le due catechesi proposte ai giovani italiani negli incontri con i 14 vescovi delle diocesi d’Italia che li accompagneranno a vivere i giorni della GMG.

Sarà una GMG all’insegna della devozione mariana, infatti il tema scelto da Papa Francesco è legato al passo del vangelo di Luca 1,38 “Ecco la serva del Signore; avvenga per me secondo la tua parola”…

Sì, in realtà il tema di questa XXXIV GMG di Panamá è il terzo di un trittico che ci ha accompagnato in questi anni: «Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente» (2017) e «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio» (2018). Maria, la giovane Vergine di Nazareth, diventa il modello di ogni giovane che è chiamato a fare memoria del passato, ad avere coraggio nel presente e ad avere/essere speranza per il futuro. Anche qui il tema della vocazione è abbastanza evidente…

Per chi resta a casa cosa è previsto? Sarà possibile seguire in diretta gli eventi? A quale ora italiana sarà possibile seguirli?

Sicuramente i mezzi di comunicazione della CEI, fra cui TV2000, seguiranno in diretta gli eventi centrali, così come anche il Centro Televisivo Vaticano. Il calendario prevede: la S. Messa di apertura, presieduta dall’arcivescovo metropolitano di Panama, Mons. José Domingo Ulloa Mendieta il 22 gennaio, la cerimonia di benvenuto a Papa Francesco il 24, la Via Crucis il 25, la Veglia con il Santo Padre e la Messa di invio, rispettivamente il 26 e 27. Gli eventi saranno tutti nel pomeriggio, per cui in Italia sarà tarda serata o prima notte. Per esempio,la Veglia di sabato 26 inizierà alle ore 18.30 di Panama, corrispondenti alle 00.30 (di domenica) italiane.
Per chi è rimasto a casa già diverse diocesi hanno organizzato eventi di incontro e di riflessione con i giovani, per poi seguire la diretta televisiva. Per le diocesi che lo volessero, sarà possibile partecipare all’incontro di Loppiano organizzato dalla Pastorale Giovanile della Toscana che prevede, fra le altre cose, uno spettacolo offerto dai giovani della comunità di Nomadelfia, un confronto sull’esperienza della cittadella del Movimento dei Focolari (recentemente visitata dal Papa) e una riflessione sui temi proposti e discussi durante il Sinodo di ottobre.

Per chi è interessato può esserci ancora posto?

Probabilmente le iscrizioni resteranno aperte fino all’ultimo, in particolare per i pacchetti che non comprendono l’alloggio o che riguardano soltanto la veglia con Papa Francesco e la Messa di invio, ma saranno possibili soltanto iscrizioni individuali, mentre quelle dei gruppi sono già chiuse.

Daniela Raspollini




Il mio “eccomi” al Signore. Le testimonianze dei giovani pistoiesi

Venerdì 14 dicembre, in occasione della veglia organizzata dall’ufficio per la Pastorale giovanile diocesana sono state lette le testimonianze di alcuni giovani impegnati nel mondo del lavoro e del volontariato. Un’occasione per riflettere insieme sul tema della prossima Giornata Mondiale della Gioventù di Panama, che ha per tema «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola».

«Ci sono molti giovani, credenti o non credenti, – ha scritto il papa commentando il tema della GMG – che al termine di un periodo di studi mostrano il desiderio di aiutare gli altri, di fare qualcosa per quelli che soffrono. Questa è la forza dei giovani, la forza di tutti voi, quella che può cambiare il mondo; questa è la rivoluzione che può sconfiggere i “poteri forti” di questa terra: la “rivoluzione” del servizio.

…Maria è stata una donna felice, perché è stata generosa davanti a Dio e si è aperta al piano che aveva per lei. Le proposte di Dio per noi, come quella che ha fatto a Maria, non sono per spegnere i sogni, ma per accendere desideri; per far sì che la nostra vita porti frutto, faccia sbocciare molti sorrisi e rallegri molti cuori. Dare una risposta affermativa a Dio è il primo passo per essere felici e rendere felici molte persone.

Cari giovani, abbiate il coraggio di entrare ciascuno nel proprio intimo e chiedere a Dio: che cosa vuoi da me? Lasciate che il Signore vi parli, e vedrete la vostra vita trasformarsi e riempirsi di gioia».

Accompagniamo le parole del papa con le testimonianze dei giovani che sono state lette in occasione della veglia diocesana di venerdì 14 dicembre.

Signore, col tempo sono riuscita a capire quali sono le capacità che tu mi hai donato. La matematica è sempre stata il mio punto forte, così ho deciso di mettermi in gioco e dedicare le mie energie allo studio dell’ingegneria civile. 

Mi hai aperto la strada, io ora affido a te il mio studio e tutte le mie conoscenze, aiutami, con il tuo insegnamento, a metterli a servizio per gli altri seguendo la via dell’amore, infatti, questo solo sarà ciò che darà il migliore guadagno e la più grande ricchezza!
Eleonora

Ho domandato allora: «Signore, Tu avevi detto che saresti stato con me tutti i giorni della mia vita ed io ho accettato di vivere con te. Ma perché mi hai lasciato solo proprio nei momenti peggiori della mia esistenza?» Ed il Signore: «Figlio mio, io ti amo e ti dissi che sarei stato con te tutta la vita e che non ti avrei lasciato solo neppure un attimo, e non ti ho lasciato… I giorni in cui hai visto solo un’orma sulla sabbia sono stati i giorni in cui ti ho portato in braccio». Questo dialogo è tratto da una poesia di un anonimo brasiliano intitolato: «Messaggio di tenerezza (le Orme)».
Mi ha sempre affascinato questa poesia, in quanto rispecchia un certo periodo della mia vita ma anche quello attuale. Capita molto spesso di sentirsi soli, impotenti di fronte alle situazioni della vita, qualunque esse siano, ma in un modo o nell’altro riusciamo a superarle, con tutto ciò che ne consegue: sofferenze, cicatrici. Questo brano mi fa sempre commuovere, perché descrive esattamente quello che il Signore, Gesù rappresenta per ognuno di noi: è un Padre, un amico, un fratello, che farebbe di tutto per aiutarci nelle più disparate situazioni, e che ci ama così infinitamente da prenderci in braccio o per la mano quando più siamo in difficoltà.
Perché vi dico questo? Perché è esattamente ciò che io ho provato quando ho capito che tutto quello facevo non era vivere, ma sopravvivere. Sentirsi amati così come siamo nonostante i nostri difetti, la nostra bassa autostima, i problemi, le cicatrici, non importa essere belli, alti, magri, ciò che conta è amare come Dio ci ama, e soprattutto amarsi così come siamo, perché Dio ci ha creato così e a Lui piacciamo proprio perché noi siamo quello che siamo.
L’augurio che faccio a tutti voi che leggete questo mio piccolo testo è che riusciate ad amarvi per come siete e vi sentiate amati da Dio come me e come i molti altri che hanno scelto questo cammino. Io mi sono sentito amato quando Gesù ha fissato il mio sguardo su di me, proprio come con il giovane ricco: “e allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò” (Mc 10,21). Che Maria vi prenda per mano e vi guidi verso suo Figlio proprio come ha fatto con me.
Andrea, seminarista 

Mi chiamo Elena, ho 13 anni ed una precisa, netta, chiarissima convinzione: il teatro. Recitare ..ma soprattutto studiare teatro, conoscerlo a fondo e dopodiché insegnarlo. Magari a Roma, città eterna. Comincio a divorare spettacoli teatrali alle medie e, più tardi, a recitare in una compagnia di musical.. il mio cuore decolla: non c’è nulla di frivolo o effimero nell’emozione che mi inonda quando varco la soglia di un teatro. È la mia strada!

Mi chiamo Elena, ho 19 anni e studio giurisprudenza a Pisa, città tipicamente universitaria. Mi laureerò bene ed in fretta, perché prima voglio assicurarmi di riuscire a sbarcare il lunario con degli studi seri e concreti e poi -matura e solida- coltiverò il teatro. Nel frattempo, tra una pagina e l’altra di diritto, continuo ad andare a lezione di canto, a recitare e vivere il teatro, per non perdermi.

Oggi ho 34 anni, una splendida ma tardiva laurea in giurisprudenza e mi occupo di volontariato e di quello che c’è bisogno presso un ente di riabilitazione per persone in età evolutiva o adulta con disabilità di diverso tipo e grado. Per iniziare a mettere da parte qualche soldino, ed a mantenermi da sola, accetto di entrare in questa realtà, prima di laurearmi, per sostituire una segretaria medica in maternità. Il mio “eccomi” nel lavoro dunque…qual è..?
Ho dovuto e devo modellare il mio “eccomi” secondo per secondo, spesso rivoluzionando completamente aspettative e progetti. In realtà non posso proclamare al mondo di fare il lavoro della vita. Chissà…
Ho sempre chiesto luce, ad ogni passo, per fare cose buone, cose belle, cose fruttuose e significative in qualsiasi campo mi stessi spendendo. Il mio “eccomi” è una modalità.
Ti piace Signore questa cosa? È buona ai tuoi occhi? La sto facendo con massimo impegno, con amore, con creatività e personalità? La sto facendo con gioia?
Se alla fine di una giornata lavorativa orrenda, riesco a dare un bacino a Francesca che è una piccola disabile molto grave e non parla, non si muove, non interagisce.. il cuore decolla.
Se in quella telefonata pesante sono riuscita ad usare dolcezza e mitezza.. il cuore decolla.
Se un volontario mi ringrazia per aver insistito o per averlo accolto con calore.. il cuore decolla.
Se torno a casa pensando di cambiare, staccare, mollare tutto e partire da capo, ma il giorno dopo ci riprovo per tentare di superare, rileggere, riscrivere la storia presente… il cuore beh, non decolla.. ma sarà sicuramente più forte! Non si può perennemente decollare; ci vuole tempra, struttura, solidità, esperienza sostanziosa di Vita anche “al piano terra”.
Ci vuole poi lo sguardo rivolto al Signore, in tutto. Anche mentre si fanno le fotocopie. Anche quando come adesso, mentre scrivo, mi guardo indietro e penso che d’altra parte, tutto sommato, se fosse utile -perché no?- saprei ancora cantare.

Elena

Eccoci: nella nostra impotenza abbiamo provato a esserci, a stare, a stare nei campi profughi in Macedonia, ad accompagnare la gente che rientrava in Kosovo, trovando “tabula rasa, ad accogliere i bambini soli e disorientati dalla guerra, a stare accanto a tante famiglie povere ed emarginate, agli ammalati. Uno stare semplice e allo stesso tempo faticoso, che passa dalla concretezza quotidiana. Un “eccoci” che va rinnovato ogni giorno e che ci mette alla prova, ci chiede fedeltà.
Ci proviamo, confidando nell’Eccomi di Maria, desiderando che questo Dio, che questo Dio, fatto uomo, sia in mezzo a noi, in comunione.

Buon Natale da tutta la casa di Leskoc in Kosovo




Cosa chiedono i giovani alla Chiesa?

Padre Simone Panzeri dell’equipe di pastorale giovanile di Pistoia propone la propria riflessione sul Sinodo dei giovani appena concluso

Si è appena concluso il sinodo dei giovani. Un evento che ha visto un grande impegno per l’ascolto dei giovani di tutto il mondo. Il sinodo, infatti, è stato preparato da un lungo lavoro di ascolto che ha fatto sintesi delle risposte al questionario del Documento preparatorio da parte delle Diocesi e dei Movimenti; di quanto pervenuto attraverso un questionario online, dagli atti di un Seminario internazionale tenutosi a Roma nel 2017 a cui hanno partecipato giovani ed esperti di tutto il mondo e, infine, dalle osservazioni libere pervenute da singoli laici o da gruppi di diversa estrazione.

Un impegno non indifferente che ha coinvolto anche la Chiesa di Pistoia. Abbiamo raccolto il commento di padre Simone Panzeri, membro dell’equipe di Pastorale Giovanile della Diocesi di Pistoia.

Padre Simone, la Chiesa Cattolica, seguendo il desiderio di papa Francesco, ha portato avanti un grande sforzo nell’ascolto dei giovani in vista del Sinodo. Qual è la tua opinione in merito?

Ciò che mi stupisce prima di tutto è questo ascolto reale da parte della Chiesa di tanti giovani del mondo credenti o no. A questo livello ricordo anche gli sforzi e le riflessioni fatte nella Diocesi di Pistoia per cercare i modi e i mezzi più adatti per andare a cercare i giovani e ascoltarli, soprattutto quelli che vivono più lontani dai nostri ambienti classici. Mi ha colpito questo sforzo di Chiesa di andare “in uscita” verso i giovani, non per proporre loro qualcosa, ma per lasciarsi interrogare da loro, dai loro bisogni e desideri.

Un secondo punto su cui sono rimasto colpito è che i giovani «non vogliono essere considerati come una categoria svantaggiata (…) ma come la risorsa più importante per un futuro migliore» (Guida alla lettura dell’Instrumentum Laboris n°1.3). Leggendo questo mi sono detto che davvero su questo punto Dio ci chiama ad un’autentica conversione pastorale! Ho pensato a quante volte ho partecipato a progetti che partivano dalla domanda «cosa fare per i problemi dei giovani? Come aiutarli a superare le difficoltà legate alla loro età, condizione sociale …?». Qui i giovani ci stanno dicendo di guardarli con un occhio diverso: sono un tesoro da cui attingere per costruire il futuro. Hanno in sé una carica profetica che, se ben compresa e indirizzata, può aprire davvero vie nuove per la Chiesa e l’umanità.

Su questo sono stato toccato personalmente anche durante un campo scuola fatto nella missione dei Padri Betharramiti di Katiola in Costa d’Avorio con 20 giovani francesi, italiani e africani. Anche in quella occasione, da più giovani durante i momenti di condivisione e di verifica, ho percepito e sentito lo stesso appello: «siamo il vostro tesoro, la vostra risorsa più bella, guardateci così!».

Ed infine, un terzo punto, che mi ha fatto molto riflettere del documento preparatorio, è che dai dati raccolti, emerge come i giovani «soffrono per la mancanza di accompagnatori autentici e autorevoli che li aiutino a trovare la loro strada» (Guida alla lettura dell’Instrumentum Laboris n°1.5). Su questo punto siamo chiamati in causa tutti noi adulti, educatori, sacerdoti, religiose…: come stiamo guidando i giovani che incontriamo? A volte ho l’impressione che siamo un po’ “in ritirata” su questa missione di accompagnatori: o ne diventiamo i “migliori amici” perdendo di vista il nostro servizio per farli crescere e ripiegandoli sul “come è bello stare insieme” e basta, o ne facciamo i “volontari” a cui chiedere una moltitudine di servizi e presenze per darci la soddisfazione che abbiamo un bel gruppo giovani intorno a noi. Ma, mi domando, quanto li ascoltiamo veramente? Quanto tempo “perdiamo” per sederci a parlare della loro vita, dei loro ideali, dei loro desideri? Oggi, credo, i giovani abbiano bisogno di un rapporto a tu per tu con qualcuno di reale che li faccia scoprire il tesoro che sono, che li tiri fuori dalla massa piatta delle reti digitali, li alzi dai divani della pigrizia e li accompagni nella vita vera.

Cosa possono fare gli adulti, gli educatori, le parrocchie … per i giovani?

Credo che emerga l’importanza di riscoprire l’importanza della vocazione di accompagnatori delle nuove generazioni da parte degli adulti che vivono a contatto coi giovani e sentono questo come la loro missione. Mi chiedo quanto si faccia ancora con lo spirito di “rispondere ai problemi” dei giovani e non nell’ottica di questo sinodo che ci chiede di guardare ai giovani come alla “risorsa” per trovare le risposte alle domande sul nostro futuro. È una provocazione forte che, credo, Dio ci faccia attraverso la voce dei giovani del nostro tempo. In effetti, credo si aprano due prospettive interessanti di crescita per noi adulti e realtà impegnate coi giovani.
La prima: ritrovare o incoraggiare il nostro servizio di accompagnatori. E questo richiede darci tempo per essere ben preparati a questo compito. Molto spesso la buona volontà non basta e il rischio è quello di cadere nell’improvvisazione e nel pressapochismo sterile e dannoso. I giovani chiedono da noi adulti un impegno serio, degli accompagnatori preparati, perché ci affidano la loro vita quando ci chiedono questo servizio di aiuto e sostegno. Dovremmo anche essere disponibili a dedicare a loro più tempo e spazio d’ascolto, perché non è facile appunto “perdere del tempo” per ascoltare e stare coi giovani.
La seconda: condividere coi giovani le nostre domande sul futuro. Nella mia piccola esperienza coi giovani in parrocchia o nei campi di missione, ho provato a condividere con loro alcune preoccupazioni per il futuro delle attività pastorali messe in atto per loro: cosa ne pensate delle nostre iniziative? Come vedete noi sacerdoti, educatori, etc? Secondo voi cosa ci manca per essere “più incisivi”? Cosa ci suggerite per l’animazione vocazionale, giovanile, pastorale…? Quello che ho accolto dalle risposte è stato che i giovani ci chiedono di parlargli di noi, del concreto delle nostre esistenze, di chi siamo, dello spirito che anima le nostre scelte di vita e di fede.
Questo esempio, se vogliamo piccolo, può dar vita a un ascolto più ampio di come i giovani ci vedono, di come guardano alla chiesa, alla fede e di cosa i giovani ci chiedono a livello personale, di gruppo di catechesi, di parrocchia e, perché no, di Diocesi. Potrebbe essere la scoperta di un tesoro che non vediamo e che ci può aprire prospettive nuove per il futuro.

Daniela Raspollini




In preghiera per il Sinodo

Si apre oggi il sinodo dei vescovi dedicato ai giovani.

Al Sinodo (3-28 ottobre), sul tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”, prenderanno parte 266 padri sinodali. Fra di loro anche 36 giovani tra 18 e 29 anni, scelti in rappresentanza dei diversi continenti e delle diverse categorie interessate (seminari, ordini religiosi, associazioni, pastorale giovanile).

Perché un sinodo sui giovani?

«La Chiesa – si può leggere nel documento preparatorio del Sinodo – ha deciso di interrogarsi su come accompagnare i giovani a riconoscere e accogliere la chiamata all’amore e alla vita in pienezza, e anche di chiedere ai giovani stessi di aiutarla a identificare le modalità oggi più efficaci per annunciare la Buona Notizia. Attraverso i giovani, la Chiesa potrà percepire la voce del Signore che risuona anche oggi».

Perché ascoltare i giovani?

Mons. Tardelli, qualche mese fa, in un’intervista dedicata al sinodo affermava: «I giovani non sono un “problema”: sono una meravigliosa realtà di cui dovremmo esser grati al Signore e che dovremmo amare come una sua consolazione. In realtà il problema siamo noi, abbarbicati al nostro potere, alla presunta saggezza degli anni accumulati sulle spalle. In fondo, abbiamo paura che i giovani ci prendano il posto e per questo non gli diamo fiducia, dimostrando in sostanza che non li vogliamo. È così purtroppo anche per la chiesa: non sempre siamo disposti ad accoglierli e a lasciarli esprimere con il loro desiderio di vivere e di ridere, col loro modo di pensare e di sentire, accettando con buona pace che non rientrino nei nostri schemi ideologici.

Io credo che i giovani ci pongano una domanda imbarazzante: la società ci vuole? Ci amate, ci desiderate, ci rispettate?»

Con quale credibilità i vescovi possono parlare ai giovani oggi?

La chiesa degli scandali e degli abusi non chiede forse di interrogarsi in primo luogo, e con una certa urgenza, sull’identità del sacerdote in un tempo di profonda crisi? Non sarebbe stato meglio rimandare il sinodo sui giovani a tempi migliori? La proposta è arrivata dagli Stati Uniti, formulata in una lettera inviata a Papa Francesco dal vescovo di Philadelphia qualche settimana fa.
Il dubbio è legittimo, ma francamente lascia anche un po’ perplessi. Non soltanto perché il sinodo era ormai alle porte, ma anche perché al sinodo dei giovani la Chiesa arriva dopo una lunga preparazione e un coinvolgimento così diffuso che non ha molti precedenti. Il lavoro dei vescovi sarà sicuramente centrale, ma a partire da quanto gli stessi giovani hanno potuto esprimere. Nè saranno soli a comporre una sintesi e una riflessione.
Il sinodo, infatti, è la grande occasione in cui la voce dei giovani risuona con forza nella chiesa. Una voce che arriva dai giovani cattolici, ma non solo, perché – come papa Francesco ha spesso ripetuto – il sinodo è il sinodo di tutti i giovani. Che cosa hanno da dire i giovani alla Chiesa? Non sono forse, prima ancora di esserne il futuro, Chiesa anche loro?

Recentemente, al convegno regionale vocazionale toscano, don Michele Gianola, direttore dell’Ufficio per le vocazioni della Chiesa Cattolica ha ricordato ai presenti l’intervento che una giovane studentessa, Martina di 24 anni, ha rivolto a Papa Francesco in occasione della Giornata dei giovani italiani. Vale forse la pena ripercorrerlo.

«Abbiamo bisogno di punti di riferimento, appassionati e solidali. Non pensa che all’orizzonte siano rare le figure di adulti davvero stimolanti? Perché gli adulti stanno perdendo il senso della società, dell’aiuto reciproco, dell’impegno per il mondo e nelle relazioni? Perché questo tocca qualche volta anche i preti e gli educatori? Io credo che valga sempre la pena di essere madri, padri, amici, fratelli…per la vita! E non voglio smettere di crederci!».

Viene da pensare che il Sinodo sia propria l’opportunità per lasciarsi scomodare da queste domande. Una chiesa fragile e incidentata, impantanata nelle polemiche e in un pensiero -e forse anche in uno zelo- troppo mondano, ha forse una buona occasione per ritrovare se stessa e le ragioni della sua missione e bellezza.

Tutti possiamo accompagnare il Sinodo con la nostra preghiera. L’ufficio di Pastorale giovanile diocesano ricorda infatti la preghiera preparata per l’occasione.




Pastorale giovanile …in cantiere!

All’inizio del nuovo anno pastorale l’equipe di pastorale giovanile diocesana si dispone all’ascolto.
Per costruire il programma di pastorale giovanile di quest’anno, infatti, vogliamo incontrare e ascoltare le varie realtà giovanili della Diocesi. Per questo vi proponiamo un incontro il cui invito è rivolto ai responsabili dei gruppi giovanili (dai 17 ai 30 anni): lunedì 8 ottobre alle ore 21.00 in Seminario a Pistoia.

Vogliamo dedicare del tempo per ascoltarci in modo tale da progettare insieme questo nuovo anno.
Grazie per la vostra presenza e collaborazione.

L’equipe di pastorale giovanile diocesana




Cosa intendi con ‘vocazione’?

Don Michele Gianola (CEI) al convegno vocazionale regionale: riscoprire il senso profondo della parola ‘vocazione’ per mettere le basi di una nuova pastorale giovanile vocazionale.

Se dico pastorale vocazionale cosa ti salta in mente? Forse niente o forse una ‘trappola’ per incastrare futuri preti o religiose?

Don Michele Gianola, direttore dell’Ufficio nazionale Cei per le vocazioni, prova a definire le nuove piste dell’attenzione pastorale verso i giovani. Lo fa alla luce del prossimo sinodo dei vescovi, con in una mano l’Instrumentum laboris del sinodo e il documento uscito dal pre-sinodo del marzo scorso, e nell’altra il magistero di Papa Francesco. L’occasione è il secondo convegno regionale vocazionale toscano, svoltosi a Poggibonsi presso la parrocchia di San Giuseppe, sabato 15 settembre.
Il tema dell’incontro, già dal titolo – «Mettere le basi di una pastorale giovanile vocazionale di ampio respiro» – traccia l’esigenza di riformulare proposte e cammini, non soltanto nell’intreccio tra pastorale vocazionale e pastorale giovanile.

Quali sono le basi da cui promuovere un progetto unitario di pastorale giovanile vocazionale?
Don Michele invita a riscoprire con attenzione la parola “vocazione” e i suoi ‘derivati’. Vocazionale, ad esempio, è una parola quasi abusata. «Non tutti i giovani hanno chiaro cosa significhi». E poi occorre «ripulirla dall’idea che Dio abbia già un progetto bell’e pronto per te, che pure solo a fatica è possibile scoprire». Si tratta di un’idea distorta perché «la vocazione -precisa don Michele- non è qualcosa a cui dobbiamo acconsentire e basta, ma un progetto che si realizza insieme al Signore». «L’altra idea che dobbiamo smontare – prosegue – è che l’uomo faccia tutto da solo: è il mito del self made man. La vita è invece una sinergia con Dio: è Lui che ti introduce nell’esistenza e ti aiuta a scoprire il disegno giusto per te. Quanto è bello far scoprire a un giovane che la vita è ancora tutta da costruire insieme a Dio!». Una pastorale giovanile vocazionale dovrebbe ricordarti che «se non sai che fare della tua vita occorre mettersi alla sequela del maestro».

L’individualismo diffuso di oggi è l’altro problema che ci troviamo davanti quando parliamo di vocazione. La vocazione, invece, non è mai un progetto esclusivo, la rotta per una traversata in solitaria, ma «riconoscere che occorre uscire dal sentirsi intrappolati in se stessi. La vocazione è essere ‘per’ qualcuno. Ricordarsi, come ci invita a fare papa Francesco che “Io sono una missione su questa terra” (EG 273)». Anche per questo vale la pena ricordarsi di parlare di ‘vocazioni’ e non soltanto di ‘vocazione’ al singolare. Il corpo di Cristo che è la Chiesa è fatto di vocazioni connesse tra loro: il ministero ordinato, le diverse attività dei laici, la vita consacrata. Quando parliamo di vocazione «non l’individualismo, ma la fantasia dello Spirito. Siamo dentro la vocazione per essere uniti e non divisi».

Un ultimo, importante, nodo da sciogliere è l’idea che la vocazione significhi sganciarsi dalla realtà, quando, invece, «la realtà, le cose che incontri nel bene e nel male plasmano la tua vita, provocano la tua esistenza. C’è una storia in cui il Signore parla». È vero, d’altra parte, che non sempre le proposte pastorali mordono la realtà. Vale la pena rileggere quanto i giovani hanno messo per scritto al termine della riunione pre-sinodale del marzo scorso, quando in più di trecento ragazzi da tutto il mondo e di diverse confessioni religiose hanno riflettuto insieme sul tema del sinodo. Don Michele ha ricordato in particolare un passaggio: «I momenti cruciali per lo sviluppo della nostra identità comprendono: decidere il nostro indirizzo di studi, scegliere la nostra professione, decidere ciò in cui credere, scoprire la nostra sessualità e fare le scelte definitive per la vita». La nostra pastorale tiene presenti questi momenti ‘cruciali’ per i giovani?
«I giovani – si legge ancora in quel documento – sono profondamente coinvolti e interessati in argomenti come la sessualità, le dipendenze, i matrimoni falliti, le famiglie disgregate, così come i grandi problemi sociali, come la criminalità organizzata e la tratta di esseri umani, la violenza, la corruzione, lo sfruttamento, il femminicidio, ogni forma di persecuzione e il degrado del nostro ambiente naturale. Questi sono elementi di profonda preoccupazione nelle comunità vulnerabili in tutto il mondo». I giovani sono interessati alla realtà del nostro tempo. Li sappiamo accompagnare in questo interesse?
Un altro punto estremamente attuale emerso dalla riflessione dei giovani è l’esigenza di «”trovare un luogo di appartenenza: un sogno condiviso che oltrepassa continenti e oceani”. Un desiderio che esprime come i giovani cercano qualcuno che si fidi di loro, una chiesa che li aiuti a trovare una vocazione e a guarire dalle proprie ferite».

Gli stimoli di don Michele sono stati poi tradotti, all’interno di un tempo di condivisione in gruppi, in alcune domande e proposte concrete sviluppate dai partecipanti al convegno. Anche se gli interrogativi hanno superato le proposte vale la pena prenderli in considerazione.
Quanto è disposta la Chiesa ad essere aperta ai giovani? Quanto sa essere in uscita tra loro, come tra gli anziani e le famiglie? I giovani si attendono un accompagnamento. Come fare una proposta per un cammino di discernimento, come aiutarli a scoprire la propria missione? Come farsi evangelizzare dai giovani?

Tra le risposte/proposte è emersa l’esigenza di incentivare percorsi di formazione per accompagnatori e guide spirituali, ma anche la necessità di accogliere i giovani, ascoltandoli con spirito di conversione; coinvolgere, nelle dinamiche di ascolto e accompagnamento, il popolo di Dio in particolare le famiglie. È emerso anche l’invito ad approfondire lo stimolo della comunione ecclesiale per dare una testimonianza credibile di Chiesa, perché unità e testimonianza evangelica si sostengono a vicenda. Un’espressione di papa Francesco può fare sintesi con efficacia: «porta aperta, preghiera e stare inchiodati alla sedia per ascoltare i giovani» (discorso ai partecipanti al Convegno vocazionale nazionale – giovedì 5 gennaio 2017).

U.F.