Marcello Suppressa nuovo delegato per la Caritas Toscana

Il 1 ottobre scorso l’assemblea generale della Conferenza Episcopale Toscana ha nominato Marcello Suppressa, direttore della Caritas di Pistoia, Delegato Regionale per la Caritas.

Gioia e soddisfazione per il vescovo Tardelli che ha dichiarato: «Il contesto in cui la Caritas, e quindi la chiesa , è chiamata ad operare oggi è vario e complicato. La lotta alle povertà, alle solitudini e alla cultura dello scarto, è molto articolata e necessita di un grande cuore, ma anche di una grande professionalità. Siamo certi che Marcello, già direttore della nostra Caritas di Pistoia, incarni al meglio queste caratteristiche e siamo convinti che saprà continuare il lavoro fin qui svolto». Tutta la comunità diocesana invia a Suppressa i migliori auguri di buon lavoro.




Restare umani di fronte alla globalizzazione dell’indifferenza

Ancora naufragi e morte a largo della Libia. Soltanto nell’ultimo week end sono oltre cento i morti nelle acque libiche, oltre 2.500 i rimpatri forzati nei sedicenti “campi di detenzione” del Paese che si sommano agli altri 10.000 che già popolano le strutture gestite dalle autorità locali in condizione definite dagli operatori internazionali come “disumane”.

L’indifferenza di Bruxelles e le soluzioni che vengono proposte dal governo italiano in seno all’UE appaiono – per usare le parole del Cardinal Bassetti – volte perlopiù a “distrarre” la popolazione dal dramma epocale che stiamo vivendo e dai tanti problemi reali che pendono sul nostro paese.

Le morti che si susseguono, la chiusura dei porti, l’innalzamento di muri ai confini settentrionali e una permanente strategia della paura stanno minando in profondità il nostro stesso senso di convivenza comune e pacifica.

Di fronte a queste vicende avvertiamo  la necessità di  contribuire a una riflessione profonda per costruire una società più aperta e attenta all’altro, più disponibile al dialogo con il diverso che si fonda su una consapevolezza antropologica fondamentale: l’altro è una sorgente insopprimibile del progresso umano e pertanto una società non può sottrarsi alla responsabilità di spalancargli le porte, preoccupandosi di salvaguardare le reciproche identità. Tutto questo si rinnova nell’incontro  tra le diversità e dà luogo a significative convergenze con tutti gli uomini e le donne che credono nel valore della vita, nella dignità di ogni persona, nella solidarietà tra esseri umani senza ignorare che possano sorgere problemi o incomprensioni, ma certi che non esista altra strada che quella dell’incontro, del dialogo, della consapevolezza dei diritti e doveri di ciascuno.

Come ha affermato il Vescovo Fausto nel discorso per la Giornata mondiale per la pace (1 gennaio 2018): «sembra evidente che a chi bussa alla nostra porta in condizioni di grave disagio, di qualsiasi natura esso sia, non gli si può sbattere l’uscio in faccia. Sarebbe un atto disumano, sbagliato e sciocco. Proprio per questo, come chiesa di Pistoia siamo assolutamente a favore dell’accoglienza di persone che fuggono da situazioni di difficoltà di ogni genere e che ci chiedono aiuto». L’accoglienza, prosegue il Vescovo, va certamente organizzata «non alla meglio ma nel migliore dei modi possibile, da tutti i punti di vista. Di fronte al dramma delle morti nel mediterraneo o dei maltrattamenti delle persone, come pure di fronte a ogni forma di tratta o di schiavitù di esseri umani, non ci può essere alcuna indifferenza o passività».

La Caritas di Pistoia quindi non può non affermare il principio di apertura e accoglienza  verso tutti coloro che sfidano la morte, in fuga da guerre , carestie, genocidi. D’altra parte non si può ignorare il profondo disagio che attraversa il paese ormai da tempo. Oltre alla paura del diverso, infatti, si fa largo l’incertezza legata al domani, sulle precarietà economiche e di lavoro, sulle possibilità di creare un futuro solido e positivo, in altre parole migliore, per i propri figli. Per favorire un ragionamento di uscita da questa rappresentazione del presente è necessario evidenziare che il complesso tema dell’accoglienza, della gestione dei flusso di migranti non può essere scisso da una visione inclusiva e solidale della società, che non scarti o lasci indietro nessuno.

Il  Santo Padre, nell’Evangeli Gaudium, ha rilevato in modo chiaro che è proprio l’egoismo e un certo stile di vita che concorre ad alzare i muri dell’indifferenza: «In questo contesto, alcuni ancora difendono le teorie della “ricaduta favorevole”, che presuppongono che ogni crescita economica, favorita dal libero mercato, riesce a produrre di per sé una maggiore equità e inclusione sociale nel mondo. Questa opinione, che non è mai stata confermata dai fatti, esprime una fiducia grossolana e ingenua nella bontà di coloro che detengono il potere economico e nei meccanismi sacralizzati del sistema economico imperante. Nel frattempo, gli esclusi continuano ad aspettare. Per poter sostenere uno stile di vita che esclude gli altri, o per potersi entusiasmare con questo ideale egoistico, si è sviluppata una globalizzazione dell’indifferenza. Quasi senza accorgercene, diventiamo incapaci di provare compassione dinanzi al grido di dolore degli altri, non piangiamo più davanti al dramma degli altri né ci interessa curarci di loro, come se tutto fosse una responsabilità a noi estranea che non ci compete. La cultura del benessere ci anestetizza e perdiamo la calma se il mercato offre qualcosa che non abbiamo ancora comprato, mentre tutte queste vite stroncate per mancanza di possibilità ci sembrano un mero spettacolo che non ci turba in alcun modo».

Anche il Card. Bassetti, parlando in particolare della situazione italiana, ha affermato: «Auspichiamo un governo che pensi veramente al bene comune partendo dalle famiglie, dai giovani e dai poveri. In particolare, spero con tutto il cuore che il governo sappia unire e pacificare, cercando di dare una risposta concreta a quel clima di rancore sociale che serpeggia nel Paese».

Partendo da questi autorevoli spunti vogliamo fare quindi appello a tutte gli uomini e donne di buona volontà affinché si possa mettere sempre e comunque al primo posto ogni vita umana, perché come scrisse Simone Weil  «In ciascun uomo vi è qualcosa di sacro. Ma non è la sua persona. Non è neanche la persona umana. È lui, quest’uomo, molto semplicemente».

Caritas Diocesana di Pistoia

foto di Francesco Malavolta




NOMADI: LE VOCI DAL CAMPO

La Caritas diocesana di Pistoia con i suoi volontari da anni frequenta con regolarità il campo nomadi di Brusigliano in via Ciliegiole a Pistoia. Ci preme condividere alcune testimonianze in merito.

«Se devo pensare alla prima cosa che mi viene in mente, pensando al campo di Brusigliano, vedo volti, sorrisi, occhi, sguardi: allegri o tristi, timorosi o stanchi, accoglienti o diffidenti, ingenui o furbi. Penso a B. che mi sorprende perchè si accorge, che è da un po’ di tempo, che sono molto pensierosa…ed è vero perché sono preoccupata per alcune situazioni personali. Vedo U., che appena arrivo manda subito le sue nipoti a prepararmi il caffè. Vedo S. che mi aiuta a decorare con creatività e fantasia gli scatoloni in cui custodiamo i giochi della casetta della Caritas. Vedo N. che mi dice che, se io lo aiuto ad imparare a leggere e scrivere, lui mi insegna a giocare ai video giochi. Vedo V. che mette a disposizione lo spazio davanti casa per guardare un film tutti insieme. Vedo persone… Eh sì, non sono cieca, vedo anche i rifiuti, ed il fango ..ma è una parte, non è il tutto, perché non è la prima cosa che mi viene in mente». (suor Mara, volontaria Caritas).

«Al campo rom incontro le mie amiche con le quali ci scambiamo ricette, confidenze e preoccupazioni, con le quali ridiamo dei nostri mariti e della vita. Le amiche che saluto con gioia quando ci troviamo in centro e che nonostante le tante preoccupazioni riescono ad affrontare con coraggio le avversità della vita». (Cristina Giorgetti, volontaria Caritas).

«Quando vado al campo del Brusigliano incontro degli amici che appena mi vedono arrivare mi circondano per parlarmi dei loro problemi. Io un po’ scocciato reagisco: “ma è possibile che voi avete solo problemi?”. Ormai la conoscenza ci permette anche di scherzare o di mandare qualche rimprovero, perché sono sempre a lamentarsi senza però interrompere un legame che è consolidato dal reciproco rispetto e amicizia. Sì, c’è un legame, se vogliamo anomalo, ma sicuramente intenso, segnato da sofferenza, disagio e da tante contraddizioni, ma anche dal desiderio di annunciare loro che Gesù Cristo ha dato la vita anche per loro e che non li abbandonerà mai». (don Patrizio Fabbri, Vicario Generale della diocesi di Pistoia)

«Personalmente sono anni, che come volontario prima e Direttore della Caritas poi, seguo le vicende dei campi – perché ricordo che non esiste solo quello del Brusigliano. La vicinanza con queste persone mi ha sempre interrogato profondamente, perché come è già stato detto, oltre agli aspetti di aiuto materiale, ci siamo sforzati moltissimo per comprendere il lato umano e le dinamiche di queste persone. Ricordo, ad esempio, l’esperienza dell’incontro con Papa Francesco in occasione del Giubileo del Popolo Rom Sinti e camminanti: andare a Roma insieme, condividere un viaggio, un’esperienza tanto forte, ha proprio posto in evidenza il bisogno di ascolto, di relazione e di tenerezza che tutti noi abbiamo intimamente». (Marcello Suppressa, Direttore Caritas)




UNA RIFLESSIONE SUL CAMPO NOMADI DI BRUSIGLIANO

PISTOIA – «La Caritas diocesana di Pistoia con i suoi volontari da anni frequenta con regolarità il campo nomadi di Brusigliano in via Ciliegiole a Pistoia, venuto alla ribalta in questi giorni, forse non nel modo migliore.

Da anni siamo impegnati nell’aiuto alle famiglie che vivono a Brusigliano attraverso modalità diversificate che comprendono il sostegno economico, la distribuzione di derrate alimentari, la consulenza legale, la collaborazione con le varie istituzioni come i Servizi Sociali del Comune, la Scuola, alcuni tentativi di inserimento nel mondo del lavoro.

Dispiace constatare che si parli di quel luogo solamente come di una discarica a cielo aperto: lì vivono persone che hanno un volto, un nome, una famiglia, dei legami, una storia, pensieri, sentimenti, legittime aspettative e sogni. Persone che vivono in questo spazio che noi chiamiamo “campo nomadi”, dentro container adibiti ad abitazione o piccole case prefabbricate. In mezzo al campo c’è pure una casetta in legno, uno spazio comune, fortemente voluto anche dagli stessi abitanti del campo e finanziato dalla Diocesi di Pistoia. E’ un luogo di incontro, di condivisione festosa, di gioco e di educazione, perché due pomeriggi a settimana è animato dalle voci dei bambini e dei ragazzi, e dalle volontarie che con loro studiano e svolgono attività educative e di gioco. Per chi, come noi da tempo, frequenta questo luogo, il campo di Brusigliano non è solo una discarica a cielo aperto, ma un luogo di amicizia e di speranze di un futuro migliore.

Tutti desideriamo e cerchiamo che si trovi una via per migliorare la situazione, prima di tutto proprio delle famiglie che lì vivono. In questo senso accogliamo con favore ogni proposta che venga dall’amministrazione comunale, come anche quella di aprire una discussione seria sulle prospettive di soluzione del problema. Le persone che abitano al campo del Brusigliano hanno certamente delle responsabilità importanti rispetto a quello che i media hanno fatto emergere in questi giorni, ma – e questa è la parte sulla quale intendiamo porre l’accento – hanno anche dei diritti importanti che spesso sono stati dimenticati. Si deve legittimamente chiedere impegno e legalità, perché questo è giusto, parimenti, dobbiamo impegnarci tutti – pubblica amministrazione, forze dell’ordine, diocesi – per restituire dignità e diritti a queste persone. Gli aiuti finora proposti evidentemente sono stati sufficienti solo a colmare delle lacune e delle emergenze, ma rimane da fare molto. Concentriamoci soprattutto su questo, non lasciamoli soli e se questi fratelli hanno sbagliato, correggiamoli, ma aiutiamoli anche con azioni educative coerenti ed efficaci per un loro cammino di crescita, nella legalità, come veri cittadini di Pistoia».

(comunicato)




CARITÀ CRISTIANA: ISTRUZIONI PER L’USO

L’intervento di Mons. Tardelli al primo incontro del corso di formazione Caritas

In occasione dell’Anno pastorale dedicato ai poveri, la Caritas Diocesana ha proposto un corso di formazione rivolto alle Caritas parrocchiali e tutti gli operatori pastorali impegnati nella comunità. Il corso ha per tema: “il cammino nella carità per le parrocchie”. La formazione, infatti, è destinata a comunicare la trasversalità della carità sulle attività parrocchiali e ad ampliare il numero delle parrocchie in cui è presente la caritas parrocchiale (cfr. Orientamenti Pastorali 2016-2019, nn. 14-15).

Il primo incontro, a cui hanno partecipato circa 70 persone, si è svolto giovedì 5 aprile e ha visto l’intervento del vescovo Fausto Tardelli.

La relazione del vescovo ha toccato i seguenti tre punti: 1. L’importanza della Carità nella comunità cristiana; 2. Le caratteristiche della carità cristiana; 3. Suggerimenti per gli operatori della carità.

Circa l’importanza della Carità nella comunità cristiana il vescovo ha affermato che «l’esercizio della carità è parte integrante della vita, dell’opera del cristiano e della comunità cristiana insieme all’ascolto/annuncio della Parola di Dio e al culto in spirito e verità attraverso i Sacramenti».

Quali sono le caratteristiche della Carità cristiana? Il vescovo ne ha elencate almeno tre: attenzione, ascolto, accoglienza dell’altro, della persona concreta nella sua situazione di vita.
Non sono mancate tante indicazioni concrete: «dare tempo, prima che dare cose, prendersi a cuore prima che prendersi cura». Il vescovo ricorda che prioritario è «mettersi al servizio del bene che Dio vuole per l’altro». Per questo «non ogni richiesta va esaudita; non ogni desiderio accontentato. La verità, anche se fa male, è carità ma è carità anche aiutare ad accogliere la verità». La carità – ha aggiunto il vescovo- non può essere confusa con il proselitismo perché «non si può amare il prossimo per portarlo in chiesa». Allo stesso tempo, però, occorre tenere sempre presente che «la carità cristiana si distingue dalla solidarietà umana, dalla filantropia, da un progetto politico di riforma sociale. Non sposa alcun partito. Pur se l’annuncio cristiano ha una imprescindibile dimensione sociale».
La Carità cristiana chiede anche di amare il prossimo con la testa e con il cuore. «Cuore e mente debbono andare di pari passo. Per cui la carità esige lo studio, la competenza e la professionalità». Infine ha chiuso mons. Tardelli, «l’esercizio della carità nella chiesa riguarda ciascuno come singolo ma anche le comunità».

Il terzo punto del suo intervento è stato dedicato agli operatori della carità. Mons. Tardelli ha invitato quanti si rendono disponibili alle necessità del prossimo a «riandare continuamente alla fonte: “Dio che è amore”, ascoltando la sua Parola; partecipando ai sacramenti; pregando nella lode e intercedendo per gli altri; vivere la comunione ecclesiale; esercitarsi ad avere gli stessi occhi di Dio, a guardare coi suoi occhi le persone e le situazioni».

Dopo la relazione del nostro Vescovo il vice direttore Caritas don Paolo Tofani e Francesca Meoni, responsabile della formazione, hanno evidenziato come il ruolo della caritas parrocchiale debba «sollecitare e educare l’intera comunità ad un approccio concreto, intelligente ed evangelico della realtà sociale, avendo occhi soprattutto per i poveri vicini e lontani». L’azione della Caritas Parrocchiale è finalizzata ad «aiutare a far diventare problema di tutti la sofferenza di ogni fratello e a mettere al centro della vita ecclesiale i diversi volti della povertà umana». Un compito che impegna la comunità a interrogarsi «sulla trasparenza della carità di Cristo nell’annuncio della Parola, nelle celebrazioni, negli itinerari formativi nell’attenzione agli ammalati, ai disabili e alle emarginazioni, nell’uso delle risorse economiche e degli ambienti, nella valorizzazione dei vari carismi, nei rapporti con la società e con gli enti pubblici come nell’attenzione ai problemi dei paesi più poveri, del mondo del lavoro e della politica».

La caritas parrocchiale, coordinando le diverse espressioni caritative della parrocchia, deve invitare tutti a compiere «un cambiamento di mentalità e di prassi, passando: dalla delega alla partecipazione; dalle risposte emotive e occasionali all’intervento organico e continuativo».
Le caritas parrocchiali, dunque, come «sentinelle», ha affermato il vescovo in chiusura dell’incontro: sentinelle «perché hanno il compito di promuovere la solidarietà sul loro territorio, intercettare le situazioni di bisogno» e renderle note alla comunità, in modo che questa sia sollecitata all’impegno.

Il corso prosegue giovedì 19 aprile (ore 21, presso l’Aula Magna del Seminario Vescovile di Pistoia) e sarà dedicato al tema “come animare la comunità”.

La brochure con la scheda d’iscrizione può essere scaricata qui, quindi dovrà essere restituita via mail o di persona.

Scheda di iscrizione (file .doc)