Vincent Lambert. Associazione Maria Madre nostra: riaffermare la dignità di ogni vita

“Ho avuto fame e mi avete avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere…Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere?…Ogni volta che avete fatto questo a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me.” (Mt. 35)

L’Associazione Maria madre nostra desidera esprimere la sua vicinanza ai genitori e ai fratelli di Vincent Lambert, uomo francese tetraplegico lasciato morire di fame e di sete per la volontà eutanasica di alcuni membri del personale medico dell’ospedale di Reims.

Nella nostra realtà associativa di condivisione con le persone disabili e le loro famiglie facciamo esperienza che la vita di ogni uomo è irriducibile nella sua misteriosa complessità a qualsiasi definizione di tipo qualitativo e sempre degna di essere amata e curata. Vogliamo essere testimoni che laddove questo accade risiede la pace e la gioia del cuore: seppur nella difficoltà quotidiana possiamo dire con certezza che l’amore e le cure profuse per questi piccoli – e sempre più ultimi membri della nostra società- generano comunione e speranza. Al contrario laddove prevale l’ideologia utilitaristica della qualità della vita, della “vita degna” si arriva agli scenari di disumanità apparsi in questo ultimo anno.

Dal piccolo Alfie Evans a Vincent Lambert stiamo assistendo alla messa in atto delle pratiche invocate dai nazisti: colui che non ha la qualità di vita per appartenere alla razza uomo (il termine oggi in uso è “vegetale”) allora deve essere lasciato morire. Morire di fame e di sete.

Ringraziamo il Vescovo della nostra diocesi di Pistoia Mons. Tardelli, il quale ha fatto sentire la voce della Chiesa a difesa dei più deboli e dimenticati della società, uomini e donne che portano su se stessi le ferite gloriose di Gesù crocifisso.

Pistoia, 13 luglio 2019




MONS. TARDELLI: PER LA DIFESA DI OGNI VITA INNOCENTE

Nella recente esortazione di Papa Francesco “Gaudete et exultate” sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo, trovo al n.101: «La difesa dell’innocente che non è nato deve essere chiara, ferma e appassionata, perché lì è in gioco la dignità della vita umana, sempre sacra, e lo esige l’amore per ogni persona al di là del suo sviluppo. Ma ugualmente sacra è la vita dei poveri che sono già nati, che si dibattono nella miseria, nell’abbandono, nell’esclusione, nella tratta di persone, nell’eutanasia nascosta dei malati e degli anziani privati di cura, nelle nuove forme di schiavitù e in ogni forma di scarto».

Affermazioni chiare e precise che vanno a correggere quello strabismo di cui spesso soffriamo per il quale finiamo pure per contrapporci all’interno della stessa chiesa. La difesa e la promozione della vita umana, dal momento del concepimento e per tutte le fasi della vita, fino alla sua naturale conclusione è compito imprescindibile per chi voglia dare ancora un senso alla parola umanità e tanto più per un cristiano.

Dispiace profondamente allora sentir parlare dell’aborto come un diritto ed è triste vedere l’esultanza di chi gode per la vittoria dei sì all’abrogazione del divieto d’aborto in Irlanda o per la introduzione della legge 194 in Italia, di cui in questi giorni ricorre l’anniversario. Non prima di tutto però, perché si è modificato l’ordinamento giuridico che influisce sempre sul vivere civile, ma perché non è difficile scorgere dietro tutto questo l’idea di un diritto che non è tale, bensì prevaricazione del più forte contro il diritto del più debole, di chi viene considerato un “non-uomo” ma solo un grumo di sangue.

Fa però ugualmente dispiacere e dispiacere profondo vedere le persone senza lavoro o con un lavoro precario, non sano, pericoloso, mal retribuito e da schiavi; vedere licenziare persone solo per fare più profitto; registrare così spesso incidenti sul lavoro che non possono essere attribuiti frettolosamente alla disattenzione dei lavorati; come fa piangere il cuore vedere una società che scarta le persone, che rifiuta i migranti, che abbandona o maltratta i vecchi. Nell’ingiustizia sociale si manifesta una radicale offesa della persona umana e del suo creatore che l’ha voluta con una dignità inalienabile, a sua immagine e somiglianza.

Fausto Tardelli, vescovo