Omelia per l’Ordinazione presbiterale di Daniele Masciotra (17 maggio 2025)

Omelia per l’Ordinazione presbiterale di Daniele Masciotra
(Pistoia, Cattedrale di San Zeno, 17 maggio 2025)

 

“Mestiere” difficile quello del prete. “Mestiere” – tra virgolette – difficile e rischioso. E permettetemi di aggiungere, non solo quello del prete ma anche quello del vescovo. Rischioso e difficile perché il dono che un uomo riceve con l’ordine sacro può non fruttificare, può inaridirsi, fino ad arrivare ad essere radicalmente tradito. Rischioso e difficile perché incide sulla vita di tante persone e può fare del male, se già S. Agostino come ci ha ricordato Papa Leone, diceva: “Per voi sono vescovo, con voi sono cristiano. Quel nome è segno dell’incarico ricevuto, questo della grazia; quello è occasione di pericolo, questo di salvezza. (S. Agostino, discorso 340). Rischioso e difficile, infine, perché il prete è inviso a molti, offeso, accusato, persino odiato e il suo cammino sarà sempre controcorrente e segnato spesso dall’incomprensione.

Umanamente – diciamocelo chiaramente – un tale “mestiere” sarebbe da fuggire. Ma esso si basa su una chiamata divina che viene dall’alto, su un dono speciale dello Spirito Santo per cui ciò che sgorga dal cuore di un prete è solo lode e gratitudine, perché egli sperimenta ogni giorno i miracoli della Grazia di Dio e sente, che senza suo merito, sta compiendo il “mestiere” – scusate se ancora uso questo brutto termine – più bello del mondo.

Chiesa pistoiese, oggi siamo particolarmente grati al Signore perché un figlio di questa Chiesa – Daniele – viene ordinato sacerdote. Segno della tenerezza di Dio nei nostri confronti, consolazione per i genitori che hanno donato il loro figlio al Signore e alla chiesa.

Questa sera, come abbiamo sentito nel racconto degli Atti degli apostoli, agli inizi della Chiesa Paolo e Barnaba designarono alcuni presbiteri per il servizio delle comunità e li affidarono al Signore, così io, in quanto successore degli apostoli, secondo una secolare e immutata tradizione, ordino presbitero Daniele, affidandolo al Signore perché serva Cristo e la Chiesa e annunci il Vangelo a coloro ai quali sarà inviato. Avvenimento di Grazia. Potenza dello Spirito Santo. Miracolo della misericordia di Dio!

Dalle letture di questa V domenica di Pasqua voglio raccogliere alcune indicazioni per la vita della chiesa e dei presbiteri. A partire proprio dagli atti degli apostoli, dove Paolo e Barnaba, con il loro viaggio di evangelizzazione che ha toccato terre e città diverse, ci richiamano alla missione: dimensione fondamentale della Chiesa e del presbitero in particolare. La mobilità apostolica di San Paolo ci dice che il Prete non può stare ad aspettare in canonica o in chiesa chi viene. Si deve invece muovere, incontrare, ascoltare, servire, annunciare. Particolarmente chi è lontano o non conosce il Cristo. Particolarmente chi soffre nel corpo o nello spirito. Un presbitero dunque missionario per una chiesa tutta missionaria. E la missione non può essere che quella stessa di Cristo, portata avanti con lo stesso suo metodo: “Gesù – dice il vangelo secondo Matteo – percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità. (Mt 9,35)”

La lettura dall’apocalisse di San Giovanni, parlandoci di “un cielo nuovo e un terra nuova” dove ogni lacrima sarà asciugata e dove non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, ci spinge a guardare oltre l’orizzonte terreno. Spinge tutta la chiesa e in particolare il sacerdote ad avere dentro di sè questa speranza ultraterrena che non lo aliena dalla storia e dagli impegni e responsabilità del tempo. Il cuore del presbitero non può che essere ripieno dell’attesa del Regno di Dio e capace di comunicare la gioia di questo compimento definitivo e luminoso. Un prete che non vivesse più la speranza dei cieli nuovi e terre nuove e si muovesse solo in un orizzonte terreno, semplicemente come un operatore sociale, pur facendo del bene, non adempirebbe alla sua missione: sarebbe come il sale che perde il suo sapore – secondo l’avvertimento dello stesso Signore Gesù. Il suo compito è quello di chinarsi sulle ferite della umanità, soccorrendo chi è nel bisogno, ma sempre nella prospettiva della meta ultima di ogni cammino terreno, alimentando dentro il suo cuore e nella sua preghiera il desiderio che venga il Regno di Dio e che ogni uomo e donna incontrato possa entrare nella pienezza della gioia del cielo nuovo e della terra nuova.

La pagina evangelica esplicita in meravigliosa sintesi la sostanza del compito della chiesa e del presbitero in essa e con essa. Sono le chiare parole di Gesù a dircelo – e sono parole che non hanno bisogno di lunghi commenti, tanto sono semplici e dirette: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.”

“Come io ho amato voi” – qui sta il perché il comandamento venga chiamato “nuovo”. E qui per ciascuno di noi e anche per te Daniele sta la fonte di tutto, la certezza fondamentale che deve brillare sempre dentro di noi: pur consapevoli dei nostri peccati, delle nostre fragilità; coscienti che dobbiamo compiere un cammino profondo di conversione, superando le nostre debolezze, non può mai venir meno la certezza di essere amati dal Signore; sempre dovremo sentire questo sguardo misericordioso, intenso, caldo e profondo di Gesù su di noi, sulla nostra vita, sugli ambiti più reconditi del nostro io. Sempre la forza del suo Santo Spirito ci ricolma di amore e ci spinge a trasformare tutto il nostro essere in amore purificato, liberante e gioioso.

Così, il comandamento nuovo arriva a chiedere alla Chiesa e al presbitero in essa, di amare gli altri, tutti gli altri, a partire dagli stessi confratelli del presbiterio diocesano, con l’amore stesso di Cristo, nella misura e nelle modalità del suo amore. Un amore che si fa specifico per ogni persona e che, nella fantasia della carità, percepisce il bisogno dell’altro e sa declinare il verbo della condivisione.

Sarà proprio da questo amore, sicuramente esigente ed impegnativo ma bellissimo, che sorgerà l’autentica testimonianza evangelica nel mondo di oggi: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri»