
Daniele Masciotra, originario di Oste (Montemurlo) sarà ordinato sabato 17 maggio alle 18 in Cattedrale
Daniele Masciotra (42 anni), originario di Oste di Montemurlo, è prossimo all’ordinazione. Con lui abbiamo ripercorso le sue sensazioni e i sogni di queste settimane.
Partiamo dall’inizio, come hai capito che questa era davvero la tua strada?
«La mia non è una storia molto originale. Provengo infatti da una famiglia cattolica e, fin dall’età nell’adolescenza, ho sentito dentro di me qualcosa che mi chiamava a fare qualcosa di importante all’interno della Chiesa. In quel momento, però, non ero pronto a prepararmi direttamente. Poi, la vita fa un po’ le sue strade… Diciamo che più avanti ho preso in considerazione seriamente questa chiamata, ed è stato molto importante. Intorno ai 35 anni ho maturato questa scelta, anche grazie all’esperienza vissuta nella Parrocchia di Oste, soprattutto in ambito giovanile. Nel momento in cui ho intrapreso il percorso del seminario, mi sono reso conto che era arrivato davvero il momento giusto per me. Più proseguivo nel cammino di preparazione all’ingresso in seminario, più mi rendevo conto che era davvero la cosa giusta, al momento giusto».
Hai mai avuto dubbi lungo il cammino? Come li hai affrontati?
«Sinceramente, non ho mai avuto dubbi particolari, probabilmente perché sono entrato in seminario dopo 25 anni di meditazione e discernimento».
Come ti stai preparando all’ordinazione? Cosa senti?
«Mi sento un figlio amato. Mi sento un figlio guardato con amore dal Signore. Spesso dico che mi sono sentito “corteggiato” dal Signore, perché ha atteso che io fossi pronto, rispettando i miei tempi. Mi sto preparando con un grande senso di gratitudine, ma allo stesso tempo anche con un senso di inadeguatezza per una missione, un servizio, che è davvero qualcosa di grande».
Com’è cambiato il tuo rapporto con Dio da quando hai intrapreso questo cammino?
«Sicuramente si è intensificato, sia nella preghiera che nel fidarmi di Dio: fidarmi della strada che Lui mi indica. Spesso siamo portati, quando abbiamo bisogno di qualcosa, a suggerire noi al Signore la soluzione, su come dovrebbe fare le cose nella nostra vita. Invece, molto spesso è meglio affidarci, perché magari ci conduce proprio dove vogliamo… ma la strada la decide Lui. Ecco, mi sto preparando con questo spirito: di grande affidamento».
Che tipo di sacerdote sogni di diventare per le persone che incontrerai?
«Sogno di diventare un sacerdote vicino alla gente, un sacerdote che imposta il suo ministero sulle relazioni con gli altri. Sogno di essere un sacerdote che sappia mettere in pratica quello che ha imparato nella vita. In particolar modo, come dicevo, ho prestato servizio con i giovani, e spero di poter essere presente in questa realtà. Il Signore non solo mi ha permesso di seminare, ma mi ha concesso anche di raccogliere i frutti. Di questo sono grato».
Quali sono, secondo te, le sfide più grandi nel comunicare oggi il Vangelo? Quali aspetti della società ti sembrano più bisognosi della presenza della Chiesa?
«Credo che una delle priorità sia comunicare il Vangelo ai più giovani. So che può sembrare scontato dire una cosa del genere, ma sono davvero convinto che il futuro — non solo della società, ma anche della Chiesa — siano i giovani. Credo veramente che tutto ciò che si può fare per i giovani sia fondamentale: stare con loro, accompagnarli, senza giudicare e senza mettersi su un piedistallo. Io stesso vengo da una famiglia salesiana, con l’esempio di San Giovanni Bosco, che ci dice chiaramente che bisogna stare con i giovani e amarli. Ecco, già solo questo sarebbe molto importante. E poi ci sono le persone che, per molto tempo, si sono sentite emarginate, anche negli ambienti della Chiesa. Certamente i poveri, gli anziani, i bambini — sono tutte realtà che hanno bisogno di attenzione — ma anche quelle persone che, per la particolarità della loro vita, si sentono guardate con pregiudizio dalla Chiesa. Credo sia necessario che la Chiesa smetta di guardare con occhi di giudizio certe situazioni “irregolari”, e che invece volga il suo sguardo con particolare attenzione e misericordia verso queste persone.
C’è un santo o un sacerdote che ammiri particolarmente? Perché?
«Devo dire che sono un appassionato dei santi! Ci sono due figure per me preponderanti: San Giovanni Bosco e San Francesco. Quest’ultimo, in particolare, per la sua capacità di rendere credibile ancora oggi il messaggio di Gesù. Ma anche tutte quelle storie di santità giovanile, di santi dei nostri giorni — uno su tutti: Carlo Acutis — che, anche se meno conosciuto mediaticamente, secondo me hanno un ruolo fondamentale nel far comprendere che il Vangelo è ancora oggi credibile».
Qual è il tuo desiderio più grande per il tuo ministero sacerdotale?
«Seguire la Chiesa e mettere a frutto ciò che ho imparato nella mia esperienza di comunità. Lavorare con i giovani e con le famiglie. Essere un sacerdote che annuncia il Vangelo in modo credibile, in particolare proprio ai giovani».
(fonte: La Vita di Pistoia / Toscana Oggi)