PER FINIRE E INIZIARE L’ANNO

Domani 31 dicembre, alle ore 18, presso la Cattedrale di San Zeno, Mons. Fausto Tardelli, vescovo di Pistoia, presiederà la celebrazione eucaristica di ringraziamento per la fine dell’anno civile, tradizionalmente accompagnata dal canto del Te Deum.

Alla Celebrazione sono invitate tutte le parrocchie in alleanza del centro storico cittadino. Sarà infatti l’occasione per ringraziare il Signore dei sacramenti amministrati e ricevuti nel corso del 2015.

Ricordiamo anche che venerdì 1° Gennaio 2016, alle ore 18, sempre in Cattedrale, il vescovo presiederà la Santa Messa in occasione della Giornata Mondiale della Pace.

La fine del 2015 lascia spazio alla memoria dei benefici ricevuti dal Signore nel corso dell’anno, ma suggerisce anche un piccolo resoconto personale e comunitario di quanto è stato fatto secondo la volontà di Dio, di quanto resta da fare, delle difficoltà e dei limiti sperimentati.

La chiusura del 2015 ci ha regalato numerosi eventi di grande rilievo: dal Convegno Ecclesiale di Firenze, all’Assemblea Sinodale diocesana, all’apertura dell’Anno Santo della Misericordia. Sotto il segno della misericordia si inseriscono anche i tradizionali auguri di Papa Francesco alla Curia Romana. Se negli anni precedenti eravamo abituati a rintracciare in questi testi un resoconto dell’anno appena trascorso, Papa Francesco ha preferito affidare a questo appuntamento ammonimenti e indicazioni più specifiche per la Curia in tempi certamente non facili per il Vaticano. Dal discorso di quest’anno vogliamo riprendere la preghiera conclusiva che possiamo fare anche nostra:

Sia la misericordia a guidare i nostri passi, a ispirare le nostre riforme, a illuminare le nostre decisioni. Sia essa la colonna portante del nostro operare. Sia essa a insegnarci quando dobbiamo andare avanti e quando dobbiamo compiere un passo indietro. Sia essa a farci leggere la piccolezza delle nostre azioni nel grande progetto di salvezza di Dio e nella maestosità e misteriosità della sua opera.

Per aiutarci a capire questo, lasciamoci incantare dalla preghiera stupenda che viene comunemente attribuita al Beato Oscar Arnulfo Romero, ma che fu pronunciata per la prima volta dal Cardinale John Dearden:

Ogni tanto ci aiuta il fare un passo indietro e vedere da lontano.
Il Regno non è solo oltre i nostri sforzi, è anche oltre le nostre visioni.
Nella nostra vita riusciamo a compiere solo una piccola parte
di quella meravigliosa impresa che è l’opera di Dio.
Niente di ciò che noi facciamo è completo.
Che è come dire che il Regno sta più in là di noi stessi.
Nessuna affermazione dice tutto quello che si può dire.
Nessuna preghiera esprime completamente la fede.
Nessun credo porta la perfezione.
Nessuna visita pastorale porta con sé tutte le soluzioni.
Nessun programma compie in pieno la missione della Chiesa.
Nessuna meta né obbiettivo raggiunge la completezza.
Di questo si tratta:
noi piantiamo semi che un giorno nasceranno.
Noi innaffiamo semi già piantati, sapendo che altri li custodiranno.
Mettiamo le basi di qualcosa che si svilupperà.
Mettiamo il lievito che moltiplicherà le nostre capacità.
Non possiamo fare tutto,
però dà un senso di liberazione l’iniziarlo.
Ci dà la forza di fare qualcosa e di farlo bene.
Può rimanere incompleto, però è un inizio, il passo di un cammino.
Una opportunità perché la grazia di Dio entri
e faccia il resto.
Può darsi che mai vedremo il suo compimento,
ma questa è la differenza tra il capomastro e il manovale.
Siamo manovali, non capomastri,
servitori, non messia.
Noi siamo profeti di un futuro che non ci appartiene.


Il Te Deum è un inno molto antico. Generalmente la Chiesa lo canta a conclusione dell’Ufficio delle Letture nelle domeniche (ad eccezione della Quaresima), nelle solennità e nelle feste (ma anche – come in questi giorni – nell’ottava del Natale come in quella di Pasqua) o come ringraziamento in particolari occasioni, ad esempio la chiusura dell’anno civile.

Il Te Deum è detto anche inno ambrosiano perché sarebbe stato cantato da Ambrogio e Agostino in occasione del battesimo di quest’ultimo. In realtà l’inno è attribuito da molti a Niceta di Remesiana, vissuto tra IV e V secolo in Dacia  e vescovo di Remesiana, una località dell’odierna Serbia. Altri studiosi ritengono di poter retrodatare l’inno fino al III secolo, sulla base di alcune affinità con uno scritto di San Cipriano di Cartagine. Aldilà delle questioni relative alla paternità, il testo ha avuto una grandissima fortuna nella tradizione della Chiesa, rilanciata in età moderna dalle versioni in musica di celebri autori: Palestrina, Handel, Mozart, Verdi..fino a compositori contemporanei.

Noi ti lodiamo, Dio,
ti proclamiamo Signore.
O eterno Padre,
tutta la terra ti adora.

A te cantano gli angeli
e tutte le potenze dei cieli:
Santo, Santo, Santo
il Signore Dio dell’universo.

I cieli e la terra sono pieni
della tua gloria.
Ti acclama
il coro degli apostoli
e la candida schiera dei martiri;

le voci dei profeti si uniscono
nella tua lode;
la santa Chiesa proclama
la tua gloria,
adora il tuo unico Figlio,
e lo Spirito Santo Paraclito.

O Cristo, re della gloria,
eterno Figlio del Padre,
tu nascesti
dalla Vergine Madre
per la salvezza dell’uomo.

Vincitore della morte,
hai aperto
ai credenti
il regno dei cieli.
Tu siedi alla destra di Dio,
nella gloria del Padre.

Verrai a giudicare il mondo
alla fine dei tempi.
Soccorri i tuoi figli, Signore,
che hai redento
col tuo sangue prezioso.

Accoglici nella tua gloria
nell’assemblea dei santi.
Salva il tuo popolo, Signore,
guida e proteggi i tuoi figli.

Ogni giorno
ti benediciamo,
lodiamo il tuo nome
per sempre.

Degnati oggi, Signore,
di custodirci senza peccato.
Sia sempre con noi
la tua misericordia: in te abbiamo sperato.

Pietà di noi,
Signore,
pietà di noi.
Tu sei la nostra speranza,
non saremo confusi in eterno.

Te Deum laudámus: * te Dóminum confitémur.
Te ætérnum Patrem, * omnis terra venerátur.

Tibi omnes ángeli, *

tibi cæli et univérsæ potestátes:
tibi chérubim et séraphim *

incessábili voce proclamant:


Sanctus, * Sanctus, * Sanctus *

Dóminus Deus Sábaoth.

Pleni sunt cæli et terra * maiestátis glóriæ tuae.

Te gloriósus * Apostolórum chorus,

te prophetárum * laudábilis númerus,

te mártyrum candidátus * laudat exércitus.

Te per orbem terrárum *
sancta confitétur Ecclésia,
Patrem * imménsæ maiestátis;

venerándum tuum verum * et únicum Fílium;

Sanctum quoque * Paráclitum Spíritum.


Tu rex glóriæ, * Christe.

Tu Patris * sempitérnus es Filius.

Tu, ad liberándum susceptúrus hóminem, *

non horruísti Virginis úterum.

Tu, devícto mortis acúleo, *

aperuísti credéntibus regna cælórum.

Tu ad déxteram Dei sedes, * in glória Patris.
Iudex créderis * esse ventúrus.
Te ergo, quæsumus, tuis fámulis súbveni, *

quos pretióso sánguine redemísti.

ætérna fac cum sanctis tuis * in glória numerári.
 
Salvum fac pópulum tuum, Dómine, *
et bénedic hereditáti tuæ.
Et rege eos, * et extólle illos usque in ætérnum.
Per síngulos dies * benedícimus te;
et laudámus nomen tuum in sæculum, *

et in sæculum sæculi.

Dignáre, Dómine, die isto *

sine peccáto nos custodíre.

Miserére nostri, Dómine, * miserére nostri.
Fiat misericórdia tua, Dómine, super nos, *
quemádmodum sperávimus in te.
In te, Dómine, sperávi: *

non confúndar in ætérnum.