LAURA BATTAGLIA A BONISTALLO, IL RACCONTO DI UNA SERATA
“Ancora una volta mi convinco di quanto sia importante conoscere, guardare oltre le apparenze e la superficie della cose: di quanto le persone in ogni parte del mondo desiderino la pace e di quanto invece le brame di potere l’illusione del denaro e la ricchezza creino e alimentino guerre e conflitti mascherati di giustizia, libertà e democrazia”. Così, su Facebook, don Cristiano D’Angelo a proposito di un incontro che si era appena concluso nella sua parrocchia, a Bonistallo di Poggio a Caiano, con una giornalista siciliana – Laura Silvia Battaglia – venuta apposta per raccontare il “suo” Medioriente: realtà complesse, assai poco e assai male raccontate da media italiani in genere troppo attenti alle sciocchezze di casa nostra ma assenti quando si devono raccontare questioni cosiddette “internazionali”.
Freelance (secondo molti è ormai questa l’unica categoria di professionisti dell’informazione capaci di onorare davvero una professione sempre meno credibile e creduta) e documentarista (molte le suggestioni da un suo rapido documentario, che ha introdotto la serata, passato su RaiTre, ovviamente … post mezzanotte, dedicato alle “donne di Abramo”, le donne in Iraq), Laura Silvia ha introdotto elementi per aiutare quel “guardare oltre le apparenze”.
Molti i giovani ad ascoltarla in una parrocchia che così conferma, partendo dalla passione di molti per la Terrasanta, una non consueta attenzione per gli scenari che agitano questa parte di mondo provocando anche quelle conseguenze, ad esempio un certo tipo di migrazioni, che spesso avvelenano le nostre sicurezze di occidentali troppo impauriti ma anche, in genere, tecnicamente troppo “ignoranti”. Ha molto parlato di geo-politica e di scenari legati alle strategie di traffici e di potere, ma si capiva bene che a lei interessano molto di più le storie semplici di uomini e donne, bambini e anziani, vittime di ingiustizie e di guerre. Nei suoi tanti viaggi in queste terre di un Oriente così a noi vicino, Laura ne ha incontrate eccome di vicende che il suo conterraneo Sciascia avrebbe, appunto, definite “semplici”: vicende che si intrecciano con le bramosie, troppo spesso con le corruzioni, dei potenti ma anche con la passività di tanta “brava gente” come siamo noi. Ed ecco perché suona giusta la considerazione finale di don Cristiano: “Lavorare per la pace, credere nelle persone, combattere la superficialità, sostenere la sensibilità e l’intelligenza, educarci a nuovi stili di vita: questo deve e può essere almeno un piccolo impegno che possiamo prenderci, come singoli, come cristiani, come uomini e donne impegnati a credere ancora che il bene è sempre possibile”.
Mauro Banchini