L’ALLELUIA DEL VIANDANTE: L’OMELIA DEL VESCOVO TARDELLI NEL GIORNO DI PASQUA

È Pasqua! Eppure, basta accendere la tv o aprire un quotidiano per sentirsi accerchiati dal male e da inestinguibili venti di guerra. «Se celebrassimo la Pasqua e la sua gioiosa luminosità pensando che i drammi del mondo siano finiti, sbaglieremmo di grosso. – Sono le parole del Vescovo Tardelli in occasione della Santa Messa del giorno di Pasqua. Parole che invitano a restare con i piedi per terra e saldi in una fede che non ha nulla delle «chiacchiere da imbonitore».

«In realtà – afferma il vescovo – ancora oggi e domani sarà versato sangue innocente. Ancora barconi porteranno sconsideratamente da noi un sacco di gente, e persone moriranno nel mare. Gli attentati non finiranno e la rischiosissima tensione in Asia rimarrà alta (…) e l’odio continuerà ad abitare persino dentro le nostre case».
Viene subito da chiedersi, quasi smarriti: «Non celebriamo forse la risurrezione di Cristo? La sua vittoria sulla morte e sull’odio del mondo?»

Le tristi vicende del mondo continuano a ripetersi, eppure Cristo è davvero risorto. «Gesù parve sconfitto mentre in realtà fu lui il vincitore. È tutto vero, fratelli. È veramente così. Cristo è risorto. È veramente risorto».
Com’è possibile conciliare il male del mondo con il fatto della resurrezione? I conti non tornano. O almeno così ci sembra, se ci fermiamo a una considerazione superficiale: «La risurrezione di Cristo non cambia le cose del mondo» – ricorda il vescovo -, ma «la risurrezione di Cristo agisce nel cuore di chi crede, di chi si lascia incontrare da Lui, crocifisso e risorto. La risurrezione di Cristo mostra la sua potenza soltanto dentro l’anima che è disposta ad affidarsi. Allora, anche chi piange diviene beato (…) Il loro cuore cambia e si trasformano in uomini e donne nuovi. Agli occhi del mondo restano degli illusi e dei perdenti e verranno sempre schiacciati ma in essi la fede nel Cristo risorto da forza e coraggio e li fa attraversare la morte come vincitori, senza perdere mai la speranza».

Soltanto così entriamo dentro il mistero della Pasqua e ne comprendiamo il dinamismo, comunque dirompente, a partire da una diversa prospettiva: «che è quella del crocifisso–risorto, di Colui cioè che resta crocifisso anche da risorto e che è risorto anche se crocifisso».

Da questo punto di vista Mons. Tardelli invita «a vedere chi davvero oggi può festeggiare e fa effettivamente festa», come «quei cristiani uccisi (in Egitto, ndr) mentre celebravano l’ingresso del Signore in Gerusalemme. Oggi loro festeggiano per davvero nel cielo la Pasqua del Signore (…) Ma oggi festeggia la Pasqua anche tutta la moltitudine di coloro che si sono dati al servizio del prossimo, che si fanno in quattro per gli altri, che non misurano fatica e stanchezza per soccorrere chi è nel bisogno; che condividono ciò che hanno e sono: beni, conoscenze, talenti».
«E per noi allora, – domanda il vescovo – carissimi fratelli e amici?» È anche per noi Pasqua di resurrezione? Anche per noi la Pasqua è davvero Pasqua «solo se accettiamo di essere trasformati dalla grazia del Risorto (…); soltanto se siamo disposti ad andare contro corrente e a essere disprezzati per Cristo, abbracciando e servendo chi è all’ultimo posto nel mondo».

Anche il mondo, alla fine, vivrà la sua Pasqua, quando «sorgeranno cieli nuovi e terra nuova (…) Ora però è il tempo dell’attesa nella fede, nella speranza e nell’amore. Ora sono i giorni in cui la risurrezione convive con la morte».
«Oggi – conclude il vescovo – sono i giorni in cui, per dirla con Sant’Agostino, cantiamo l’alleluia pasquale», sapendo però, che cantiamo «l’alleluia della strada, l’alleluia del viandante. (…) Per questo stamani ripeto a me stesso e a ciascuno: canta e cammina; canta ma non fermare il tuo passo; canta nella gioia ma cammina nella carità. Questa è la Pasqua che ci è dato di vivere quaggiù».

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(redazione)