ASSEMBLEA GENERALE CEI: COMUNICATO FINALE

Conferenza Episcopale Italiana – 69ª ASSEMBLEA GENERALE

Roma, 16 – 19 maggio 2016

Comunicato finale

Con un discorso imperniato sulla triplice appartenenza che costituisce il presbitero – appartenenza al Signore, alla Chiesa e al Regno – Papa Francesco ha aperto la 69ª Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana, riunita nell’Aula del Sinodo della Città del Vaticano da lunedì 16 a giovedì 19 maggio 2016, sotto la guida del Cardinale Presidente, Angelo Bagnasco, Arcivescovo di Genova.

Proprio il tema del rinnovamento del clero a partire dalla formazione permanente ha fatto da filo conduttore ai lavori, a conclusione di un cammino di approfondimento che, dall’Assemblea Straordinaria di Assisi (10-13 novembre 2014), ha coinvolto le Conferenze Episcopali Regionali e il Consiglio Permanente. I Vescovi si sono confrontati sulla dimensione spirituale ed ecclesiale, come su quella amministrativa ed economica, nella volontà di individuare criteri, contenuti e forme con cui aiutare i presbiteri e le comunità a camminare nella luce del Concilio e del Magistero del Santo Padre.

L’impegno condiviso di attuazione nella prassi giudiziaria della riforma del processo matrimoniale canonico ha fatto emergere in Assemblea valutazioni e indicazioni, ora consegnate al Consiglio Permanente perché – in ascolto e confronto con le Conferenze Episcopali Regionali – elabori una proposta di revisione delle Norme che regolano il regime amministrativo e le questioni economiche dei Tribunali ecclesiastici.

Nel corso dei lavori è stato approvato all’unanimità l’aggiornamento – nel segno della chiarezza e della trasparenza – di una Determinazione concernente le procedure per l’assegnazione e la rendicontazione in ambito diocesano delle somme provenienti dall’otto per mille.

Come ogni anno si è dato spazio ad alcuni adempimenti di carattere amministrativo: l’approvazione del bilancio consuntivo della CEI; la definizione dei criteri di ripartizione delle somme derivanti dall’otto per mille; la presentazione del bilancio consuntivo dell’Istituto Centrale per il sostentamento del clero.

Distinte comunicazioni hanno illustrato la situazione dei media CEI, la Giornata per la Carità del Papa (26 giugno 2016), la XXXI Giornata Mondiale della Gioventù (Cracovia, 26 – 31 luglio 2016), il XXVI Congresso Eucaristico Nazionale (Genova, 15 – 18 settembre 2016), la XLVIII Settimana Sociale dei Cattolici Italiani (Cagliari, 26 – 29 ottobre 2017). È stato condiviso il parere dell’Assemblea circa la costituzione di alcuni Santi Patroni ed è stato presentato il calendario delle attività della CEI per il prossimo anno pastorale.

L’Assemblea ha eletto il Presidente della Commissione Episcopale per l’ecumenismo e il dialogo.

Hanno preso parte ai lavori 242 membri, 35 Vescovi emeriti, il Nunzio Apostolico in l’Italia, 19 delegati di Conferenze Episcopali estere, 30 rappresentanti di religiosi, consacrati e della Consulta Nazionale per le Aggregazioni Laicali. Tra i momenti significativi vi è la stata la Concelebrazione Eucaristica nella Basilica di San Pietro, presieduta dal Card. Angelo Bagnasco, in occasione del cinquantesimo anniversario dell’ordinazione sacerdotale.

  1. Dal Santo Padre ai Vescovi

“Che cosa rende saporita la vita dei nostri parroci? Per chi e per che cosa impegnano il loro servizio? Qual è la ragione ultima del loro donarsi?” Attorno a queste domande si è snodato il discorso con cui Papa Francesco ha aperto l’Assemblea Generale: discorso approfondito nell’ampio confronto a porte chiuse che l’ha seguito; discorso condiviso dai Vescovi e ripreso nelle sue articolazioni dal Card. Bagnasco, in occasione della celebrazione in San Pietro del suo 50° di ordinazione sacerdotale.

“Il nostro presbitero – ha evidenziato il Santo Padre – è scalzo”: indice di sobrietà (“nel ministero per sé non chiede nulla che vada oltre il reale bisogno…; il suo stile di vita semplice ed essenziale, sempre disponibile, lo presenta credibile agli occhi della gente…; cammina con il cuore e il passo dei poveri; è reso ricco dalla loro frequentazione”), ma – e più ancora – di un’appartenenza al suo Signore, che “ne marchia a fuoco l’esistenza, la conquista e la conforma a quella di Gesù Cristo, verità definitiva della sua vita”. Tutto ciò, ha sottolineato il Papa, non ha nulla di intimistico: l’essere scalzo è il modo di porsi “rispetto a una terra che si ostina a credere e a considerare santa” e per la quale non esita a “donarsi senza misura”, accettando “dell’altro di farsi carico, sentendosi partecipe e responsabile del suo destino”.

Si inseriscono in questa assunzione di responsabilità anche i richiami che il Cardinale Presidente – a nome della Chiesa italiana – ha rivolto ai responsabili della cosa pubblica, perché, “senza distrazione di energie e di tempo”, si impegnino a individuare misure strutturali con cui affrontare “i veri problemi del Paese”: la mancanza di opportunità lavorative per i giovani, come per gli adulti che hanno perso l’occupazione; la denatalità, legata anche all’assenza di equità fiscale per le famiglie con figli a carico; le ludopatie, su cui lo Stato specula, nonostante le ricadute sociali devastanti che portano con sé.

 

  1. Presbiteri, le vie del rinnovamento

Il rinnovamento del clero a partire dalla formazione permanente ha costituito il tema principale dei lavori dei Vescovi. Introdotto da due relazioni – che hanno saputo valorizzare il lavoro sviluppatosi già nell’Assemblea Generale di Assisi (novembre 2014), nel Consiglio Permanente e nelle Conferenze Episcopali Regionali – è stato approfondito nei gruppi di studio e, quindi, nel dibattito assembleare.

L’attenzione alla dimensione spirituale ed ecclesiale si è soffermata sulla formazione iniziale (ribadendo l’importanza nei Seminari di una selezione puntuale dei candidati e di una qualificazione degli educatori; della valorizzazione di percorsi capaci di valorizzare gli apporti delle scienze umane e dell’individuazione di nuove modalità formative che coinvolgano anche la testimonianza di coppie di sposi e di famiglie); sulla paternità episcopale (avvertita come “sale” e “lievito” della stessa formazione permanente, vive di una prossimità fatta di gesti semplici e silenziosi, come di cura nella procedura di assegnazione delle destinazioni pastorali e di momenti di condivisione del cammino di fede; non può prescindere da un rapporto di natura sacramentale tra sacerdote e Vescovo) e sulla fraternità (dove il presbiterio, inteso come famiglia che abbraccia le generazioni, sia animato da alcuni preti “facilitatori” delle relazioni e della comunione); sulla cura della vita interiore (sentita come la prima attività pastorale, necessaria per superare paure e incertezze, e per la quale – è stato ribadito – non si può prescindere dalla direzione spirituale) e della carità pastorale (per una spiritualità che si fonda nel ministero).

I Vescovi hanno condiviso l’urgenza di un clero che sappia ascoltare e accogliere le persone, lasciandosi ferire dalla realtà quotidiana, specialmente dalle situazioni di povertà e di difficoltà, a partire dalla mancanza del lavoro.

Sulla via del sacerdote-pastore spesso grava un peso eccessivo, che concerne l’amministrazione dei beni ecclesiastici, complice anche una normativa civilistica complessa. In questo campo, che tocca realtà della comunità – mezzi per raggiungere i fini propri della vita della Chiesa –, la trasparenza è avvertita come obiettivo prioritario, condizione per una partecipazione attiva, responsabile ed efficace dei laici. Tale responsabilità – è stato sottolineato – necessita quindi di una formazione specifica, non solo tecnico-giuridica, ma anche etica ed ecclesiale.

Tra le proposte è stata anche evidenziata la possibilità che la Curia diocesana offra supporti tecnici di qualità, che possano sostenere il lavoro dei parroci nella gestione dei beni; l’impegno a rivitalizzare gli organismi di partecipazione, promuovendo meccanismi virtuosi per giungere alle decisioni, mediante l’ascolto e il coinvolgimento, alla luce di un programma pastorale condiviso; l’importanza di studiare e condividere buone prassi relative alle forme in cui articolare l’amministrazione dei beni all’interno delle unità pastorali.

L’Assemblea ha chiesto che il Consiglio Permanente studi contenuti e forme per mettere a disposizione delle diocesi il lavoro maturato attorno a questo tema, con i punti essenziali della formazione permanente nelle diverse tappe della vita sacerdotale. In questa prospettiva, si avverte l’importanza di assumere le indicazioni offerte da Papa Francesco e di continuare nelle diocesi il cammino di riforma del clero, che valorizzi pienamente il concilio, focalizzando l’attenzione non sui ruoli o sulle strutture, ma sul presbiterio e sulle comunità.

 

  1. Nel segno della chiarezza e della trasparenza

I Vescovi hanno accolto – per poi approvare all’unanimità – la proposta di aggiornare la Determinazione della XLV Assemblea Generale (relativa al n. 5 della Delibera n. 57), con lo scopo di rafforzare l’intento dichiarato di “ordinare in modo più preciso e maggiormente efficace ai fini della trasparenza amministrativa e della diffusione dei rendiconti, anche in vista dell’azione promozionale, la procedura” che si è tenuti a seguire “per la ripartizione e l’assegnazione nell’ambito diocesano delle somme provenienti annualmente dall’otto per mille”.

Nell’amministrazione dei beni l’Assemblea Generale si è ritrovata compatta nella volontà di continuare sulla linea della massima chiarezza e trasparenza, confermando e rafforzando le linee di rigore finora adottate. Si tratta di un impegno che si muove in sintonia con i criteri presentati e condivisi lo scorso marzo in Consiglio Permanente, concernenti l’elargizione di contributi con fondi provenienti dall’otto per mille.

  1. Prossimità nella verità

Con l’individuazione delle soluzioni strutturali più adeguate alle diverse Chiese particolari, è in corso di applicazione il Motu Proprio Mitis Iudex Dominus Iesus, con cui Papa Francesco ha riformato il processo canonico per le cause di dichiarazione di nullità matrimoniale.

Il confronto in Assemblea ha reso manifesto l’impegno condiviso di attuazione nella prassi giudiziaria delle finalità della riforma – dalla centralità dell’ufficio del Vescovo all’accessibilità, alla celerità e alla giustizia dei processi – , coniugando la prossimità accogliente alle persone con l’esigenza di assicurare sempre un rigoroso accertamento della verità del vincolo. Nell’esercizio di tale responsabilità i Vescovi hanno ribadito l’importanza di poter fare affidamento sul sostegno, anche economico, della Conferenza Episcopale Italiana; sostegno necessario per dare concreta attuazione alla riforma. Al tempo stesso, hanno espresso la volontà di garantire la valorizzazione dell’esperienza e della competenza degli operatori dei Tribunali.

La valutazioni e le indicazioni emerse nel dibattito assembleare sono ora affidate al Consiglio Permanente, affinché predisponga una bozza di revisione delle Norme che regolano il regime amministrativo e le questioni economiche dei Tribunali ecclesiastici. L’iter prevede la più ampia consultazione dell’Episcopato italiano, quindi un lavoro di esame, valutazione e integrazione da parte delle Conferenze Episcopali Regionali, per giungere infine all’approvazione definitiva da parte dell’Assemblea Generale.

  1. Adempimenti di carattere giuridico – amministrativo

Nel corso dei lavori, l’Assemblea Generale ha dato spazio anche ad alcuni adempimenti amministrativi: l’approvazione del bilancio consuntivo della Conferenza Episcopale Italiana per l’anno 2015; l’approvazione della ripartizione e dell’assegnazione delle somme derivanti dall’otto per mille per l’anno 2016; la presentazione del bilancio consuntivo dell’Istituto Centrale per il sostentamento del clero, relativo all’anno 2015.

 

  1. Comunicazioni e informazioni

L’Assemblea Generale ha provveduto ad eleggere il Presidente della Commissione Episcopale per l’ecumenismo e il dialogo nella persona di S.E. Mons. Ambrogio Spreafico, Vescovo di Frosinone – Veroli – Ferentino.

Tra le informazioni offerte ai Vescovi c’è stata innanzitutto quella relativa ai media CEI: le innovazioni che oggi qualificano il Servizio Informazione Religiosa (Sir), nella volontà di corrispondere al meglio alle esigenze sia dei settimanali diocesani che di un’opinione pubblica desiderosa di conoscere l’attività della Chiesa; la situazione del quotidiano Avvenire, che – in controtendenza con un mercato editoriale in continua contrazione – segna un +0,4 di diffusione rispetto all’anno precedente; il consolidamento dei cambiamenti di palinsesto per le emittenti Tv2000 e InBlu Radio, con risultati incoraggianti.

Una seconda informazione ha riguardato la Giornata della Carità del Papa, che si celebra domenica 26 giugno, quale segno della partecipazione alla sollecitudine del Vescovo di Roma per le molteplici forme di povertà. I dati della raccolta italiana relativi del 2015 ammontano a 6 milioni 200 mila euro.

Dal 26 al 31 luglio si svolgerà a Cracovia la XXXI Giornata mondiale della Gioventù, dove sono attesi circa 90 mila giovani italiani, accompagnati da 130 Vescovi: nelle diocesi si lavora perché tale esperienza sia parte di un cammino formativo, che ha la sua fase di preparazione, di partecipazione e di successivo accompagnamento.

In autunno l’appuntamento principale della Chiesa italiana sarà a Genova, con la celebrazione del XXVI Congresso Eucaristico Nazionale (15 – 18 settembre). In questi mesi si sta intensificando la preparazione nelle parrocchie, per un evento che mira ad approfondire il nesso tra Misericordia e Missione a partire dall’Eucaristia.

Un’ultima informazione ha iniziato a mettere le basi per la prossima Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, che si svolgerà a Cagliari dal 26 al 29 ottobre 2017 attorno al tema del lavoro.

All’Assemblea Generale è stato, infine, presentato il calendario delle attività della CEI per l’anno pastorale 2016 – 2017.


 

Roma, 19 maggio 2016

L’attenzione alla formazione permanente è dettata dalla consapevolezza che «essa risponde non tanto o solo a un’esigenza di qualificazione, quanto alla necessità di approfondire un mistero di vocazione mai pienamente esaurito.
Nei Vescovi è risultata condivisa la volontà di avviare processi che facciano leva su alcuni “passaggi nodali” della vita del presbitero.
In particolare, diversi interventi hanno sottolineato la necessità di formare alla testimonianza e alla missione, aiutando i presbiteri a inserirsi come evangelizzatori in questo tempo, attrezzati ad affrontarne le sfide, capaci di lasciarsi provocare dagli eventi, dai poveri e dalla fragilità, attenti a passare “da una pastorale del campanile a una del campanello”. Al riguardo, è stato rilevato come in questione sia – in senso socio-culturale – il modello stesso del prete, chiamato a misurarsi con un contesto attraversato da un rapido processo di scristianizzazione».

Riflessioni, analisi e proposte sulla formazione al sacerdozio e sulla formazione permanente sono state recentemente discusse dai vescovi italiani anche nell’Assemblea Straordinaria della CEI (10-13 novembre 2014) e raccolte in uno stimolante libretto (Preti si diventa. Avviare processi di riforma, F. Lambiasi, D. Pompili, edd., EDB Bologna 2015).
Per quell’occasione Papa Francesco aveva indirizzato una lettera ai Partecipanti da cui riprendiamo alcuni passaggi:

L’identità del presbitero, proprio perché viene dall’alto, esige da lui un cammino quotidiano di riappropriazione, a partire da ciò che ne ha fatto un ministro di Gesù Cristo.

La formazione di cui parliamo è un’esperienza di discepolato permanente, che avvicina a Cristo e permette di conformarsi sempre più a Lui. Perciò essa non ha un termine, perché i sacerdoti non smettono mai di essere discepoli di Gesù, di seguirlo. Quindi, la formazione in quanto discepolato accompagna tutta la vita del ministro ordinato e riguarda integralmente la sua persona e il suo ministero. La formazione iniziale e quella permanente sono due momenti di una sola realtà: il cammino del discepolo presbitero, innamorato del suo Signore e costantemente alla sua sequela (cfr Discorso alla Plenaria della Congregazione per il Clero, 3 ottobre 2014).

Del resto, fratelli, voi sapete che non servono preti clericali il cui comportamento rischia di allontanare la gente dal Signore, né preti funzionari che, mentre svolgono un ruolo, cercano lontano da Lui la propria consolazione. Solo chi tiene fisso lo sguardo su ciò che è davvero essenziale può rinnovare il proprio sì al dono ricevuto e, nelle diverse stagioni della vita, non smettere di fare dono di sé; solo chi si lascia conformare al Buon Pastore trova unità, pace e forza nell’obbedienza del servizio; solo chi respira nell’orizzonte della fraternità presbiterale esce dalla contraffazione di una coscienza che si pretende epicentro di tutto, unica misura del proprio sentire e delle proprie azioni.

Papa Francesco, Lettera ai partecipanti all’Assemblea Generale Straordinaria della CEI [Assisi, 10-13 novembre 2014]


DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
ALLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Aula del Sinodo
Lunedì, 16 maggio 2016

Cari fratelli,

a rendermi particolarmente contento di aprire con voi questa Assemblea è il tema che avete posto come filo conduttore dei lavori – Il rinnovamento del clero –, nella volontà di sostenere la formazione lungo le diverse stagioni della vita.

La Pentecoste appena celebrata mette questo vostro traguardo nella giusta luce. Lo Spirito Santo rimane, infatti, il protagonista della storia della Chiesa: è lo Spirito che abita in pienezza nella persona di Gesù e ci introduce nel mistero del Dio vivente; è lo Spirito che ha animato la risposta generosa della Vergine Madre e dei Santi; è lo Spirito che opera nei credenti e negli uomini di pace, e suscita la generosa disponibilità e la gioia evangelizzatrice di tanti sacerdoti. Senza lo Spirito Santo – lo sappiamo – non esiste possibilità di vita buona, né di riforma. Preghiamo e impegniamoci a custodire la sua forza, affinché «il mondo del nostro tempo possa ricevere la Buona Novella […] da ministri del Vangelo, la cui vita irradi fervore» (Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 80).

Questa sera non voglio offrirvi una riflessione sistematica sulla figura del sacerdote. Proviamo, piuttosto, a capovolgere la prospettiva e a metterci in ascolto, in contemplazione. Avviciniamoci, quasi in punta di piedi, a qualcuno dei tanti parroci che si spendono nelle nostre comunità; lasciamo che il volto di uno di loro passi davanti agli occhi del nostro cuore e chiediamoci con semplicità: che cosa ne rende saporita la vita? Per chi e per che cosa impegna il suo servizio? Qual è la ragione ultima del suo donarsi?

Vi auguro che queste domande possano riposare dentro di voi nel silenzio, nella preghiera tranquilla, nel dialogo franco e fraterno: le risposte che fioriranno vi aiuteranno a individuare anche le proposte formative su cui investire con coraggio.

1. Che cosa, dunque, dà sapore alla vita del “nostro” presbitero? Il contesto culturale è molto diverso da quello in cui ha mosso i primi passi nel ministero. Anche in Italia tante tradizioni, abitudini e visioni della vita sono state intaccate da un profondo cambiamento d’epoca.

Noi, che spesso ci ritroviamo a deplorare questo tempo con tono amaro e accusatorio, dobbiamo avvertirne anche la durezza: nel nostro ministero, quante persone incontriamo che sono nell’affanno per la mancanza di riferimenti a cui guardare! Quante relazioni ferite! In un mondo in cui ciascuno si pensa come la misura di tutto, non c’è più posto per il fratello.

Su questo sfondo, la vita del nostro presbitero diventa eloquente, perché diversa, alternativa. Come Mosè, egli è uno che si è avvicinato al fuoco e ha lasciato che le fiamme bruciassero le sue ambizioni di carriera e potere. Ha fatto un rogo anche della tentazione di interpretarsi come un “devoto”, che si rifugia in un intimismo religioso che di spirituale ha ben poco.

È scalzo, il nostro prete, rispetto a una terra che si ostina a credere e considerare santa. Non si scandalizza per le fragilità che scuotono l’animo umano: consapevole di essere lui stesso un paralitico guarito, è distante dalla freddezza del rigorista, come pure dalla superficialità di chi vuole mostrarsi accondiscendente a buon mercato. Dell’altro accetta, invece, di farsi carico, sentendosi partecipe e responsabile del suo destino.

Con l’olio della speranza e della consolazione, si fa prossimo di ognuno, attento a condividerne l’abbandono e la sofferenza. Avendo accettato di non disporre di sé, non ha un’agenda da difendere, ma consegna ogni mattina al Signore il suo tempo per lasciarsi incontrare dalla gente e farsi incontro. Così, il nostro sacerdote non è un burocrate o un anonimo funzionario dell’istituzione; non è consacrato a un ruolo impiegatizio, né è mosso dai criteri dell’efficienza.

Sa che l’Amore è tutto. Non cerca assicurazioni terrene o titoli onorifici, che portano a confidare nell’uomo; nel ministero per sé non domanda nulla che vada oltre il reale bisogno, né è preoccupato di legare a sé le persone che gli sono affidate. Il suo stile di vita semplice ed essenziale, sempre disponibile, lo presenta credibile agli occhi della gente e lo avvicina agli umili, in una carità pastorale che fa liberi e solidali. Servo della vita, cammina con il cuore e il passo dei poveri; è reso ricco dalla loro frequentazione. È un uomo di pace e di riconciliazione, un segno e uno strumento della tenerezza di Dio, attento a diffondere il bene con la stessa passione con cui altri curano i loro interessi.

Il segreto del nostro presbitero – voi lo sapete bene! – sta in quel roveto ardente che ne marchia a fuoco l’esistenza, la conquista e la conforma a quella di Gesù Cristo, verità definitiva della sua vita. È il rapporto con Lui a custodirlo, rendendolo estraneo alla mondanità spirituale che corrompe, come pure a ogni compromesso e meschinità. È l’amicizia con il suo Signore a portarlo ad abbracciare la realtà quotidiana con la fiducia di chi crede che l’impossibilità dell’uomo non rimane tale per Dio.

2. Diventa così più immediato affrontare anche le altre domande da cui siamo partiti. Per chi impegna il servizio il nostro presbitero? La domanda, forse, va precisata. Infatti, prima ancora di interrogarci sui destinatari del suo servizio, dobbiamo riconoscere che il presbitero è tale nella misura in cui si sente partecipe della Chiesa, di una comunità concreta di cui condivide il cammino. Il popolo fedele di Dio rimane il grembo da cui egli è tratto, la famiglia in cui è coinvolto, la casa a cui è inviato. Questa comune appartenenza, che sgorga dal Battesimo, è il respiro che libera da un’autoreferenzialità che isola e imprigiona: «Quando il tuo battello comincerà a mettere radici nell’immobilità del molo – richiamava Dom Hélder Câmara – prendi il largo!». Parti! E, innanzitutto, non perché hai una missione da compiere, ma perché strutturalmente sei un missionario: nell’incontro con Gesù hai sperimentato la pienezza di vita e, perciò, desideri con tutto te stesso che altri si riconoscano in Lui e possano custodire la sua amicizia, nutrirsi della sua parola e celebrarLo nella comunità.

Colui che vive per il Vangelo, entra così in una condivisione virtuosa: il pastore è convertito e confermato dalla fede semplice del popolo santo di Dio, con il quale opera e nel cui cuore vive. Questa appartenenza è il sale della vita del presbitero; fa sì che il suo tratto distintivo sia la comunione, vissuta con i laici in rapporti che sanno valorizzare la partecipazione di ciascuno. In questo tempo povero di amicizia sociale, il nostro primo compito è quello di costruire comunità; l’attitudine alla relazione è, quindi, un criterio decisivo di discernimento vocazionale.

Allo stesso modo, per un sacerdote è vitale ritrovarsi nel cenacolo del presbiterio. Questa esperienza – quando non è vissuta in maniera occasionale, né in forza di una collaborazione strumentale – libera dai narcisismi e dalle gelosie clericali; fa crescere la stima, il sostegno e la benevolenza reciproca; favorisce una comunione non solo sacramentale o giuridica, ma fraterna e concreta. Nel camminare insieme di presbiteri, diversi per età e sensibilità, si spande un profumo di profezia che stupisce e affascina. La comunione è davvero uno dei nomi della Misericordia.

Nella vostra riflessione sul rinnovamento del clero rientra anche il capitolo che riguarda la gestione delle strutture e dei beni: in una visione evangelica, evitate di appesantirvi in una pastorale di conservazione, che ostacola l’apertura alla perenne novità dello Spirito. Mantenete soltanto ciò che può servire per l’esperienza di fede e di carità del popolo di Dio.

3. Infine, ci siamo chiesti quale sia la ragione ultima del donarsi del nostro presbitero. Quanta tristezza fanno coloro che nella vita stanno sempre un po’ a metà, con il piede alzato! Calcolano, soppesano, non rischiano nulla per paura di perderci… Sono i più infelici! Il nostro presbitero, invece, con i suoi limiti, è uno che si gioca fino in fondo: nelle condizioni concrete in cui la vita e il ministero l’hanno posto, si offre con gratuità, con umiltà e gioia. Anche quando nessuno sembra accorgersene. Anche quando intuisce che, umanamente, forse nessuno lo ringrazierà a sufficienza del suo donarsi senza misura.

Ma – lui lo sa – non potrebbe fare diversamente: ama la terra, che riconosce visitata ogni mattino dalla presenza di Dio. È uomo della Pasqua, dallo sguardo rivolto al Regno, verso cui sente che la storia umana cammina, nonostante i ritardi, le oscurità e le contraddizioni. Il Regno – la visione che dell’uomo ha Gesù – è la sua gioia, l’orizzonte che gli permette di relativizzare il resto, di stemperare preoccupazioni e ansietà, di restare libero dalle illusioni e dal pessimismo; di custodire nel cuore la pace e di diffonderla con i suoi gesti, le sue parole, i suoi atteggiamenti.

* * *

Ecco delineata, cari fratelli, la triplice appartenenza che ci costituisce: appartenenza al Signore, alla Chiesa, al Regno. Questo tesoro in vasi di creta va custodito e promosso! Avvertite fino in fondo questa responsabilità, fatevene carico con pazienza e disponibilità di tempo, di mani e di cuore.

Prego con voi la Vergine Santa, perché la sua intercessione vi custodisca accoglienti e fedeli. Insieme con i vostri presbiteri possiate portare a termine la corsa, il servizio che vi è stato affidato e con cui partecipate al mistero della Madre Chiesa. Grazie.