Appuntamenti per la festa della Madonna dell’Umiltà

Con il mese di luglio tornano a Pistoia gli appuntamenti liturgici legati ai santi patroni della città e della diocesi: la Madonna dell’Umiltà e San Giacomo Apostolo.

«Nell’anno 1490 — si legge nel proprio liturgico diocesano —, mentre la città era minacciata dalla guerra civile a causa degli odii tra famiglie e fazioni, si dice che l’immagine della Vergine dell’Umiltà stillasse come un purissimo sudore. Con questo singolare segno la Beata Vergine fu per il popolo messaggera di pace». Il ricordo di quei fatti si celebra ancora oggi, come occasione di affidamento e venerazione della santa Vergine.

Giovedì 16 luglio, nella Basilica della Madonna, nei primi vespri della festa della Madonna dell’Umiltà, don Luca Carlesi celebrerà la messa delle 18.30. Con la celebrazione eucaristica prende anche il via la Novena al santo patrono. Al termine della messa, infatti, un corteo storico si sposterà dalla Basilica fino in piazza del Duomo, portando la veste di san Jacopo che all’arrivo sarà collocata dai Vigili del Fuoco sulla statua del santo.

Venerdì 17 luglio alle 21.15 Messa solenne nella Festa della della B.M.V. dell’Umiltà, presieduta dal vescovo Tardelli con l’istituzione di alcuni ministri straordinari dell’Eucaristia.

A partire dal 17 luglio la novena prevede la Messa alle 18 la sera in Cattedrale seguita dalla venerazione della reliquia di san Giacomo.




Il vescovo ricorda i morti per Covid-19

Una messa in suffragio in Cattedrale domenica 12 luglio

Domenica 12 luglio, alle 18, nella Cattedrale di San Zeno, monsignor Tardelli celebrerà una Messa solenne in suffragio di tutte le vittime del Covid–19. La funzione sarà animata in via del tutto straordinaria dal coro Gospel Internazionale di Pistoia.

Il coro, diretto dal medico e musicista di origini nigeriane Augustine Iroatulam, è in attività dal 2008, vanta un’attività più che decennale di concerti in Italia, in Europa e negli Stati Uniti.

La Santa Messa sarà il momento per ripercorrere i fatti degli ultimi tre mesi, che hanno profondamente cambiato le vite di tutti. Ciascuno potrà guardare alle perdite, alle ferite, e alla necessaria ricostruzione delle tante vicende che hanno segnato questo periodo, guardando con occhi diversi al futuro.




Tardelli: «Basta con le battaglie politiche a Vicofaro»

«Basta con le battaglie politiche sulla pelle della parrocchia. La polemica continua non ha permesso né di comprendere, né di affrontare la vicenda di Vicofaro»

I punti del vescovo di Pistoia che fanno chiarezza su una realtà complessa

 

PISTOIA 30/06/2020 – Ecco il testo dell’intervento di mons. Tardelli relativo alla situazione della parrocchia di Vicofaro, anche alla luce delle ultime polemiche.

«Negli ultimi giorni, da più parti, sono stato chiamato in causa sulla vicenda della parrocchia di Vicofaro, e quindi vorrei precisare alcune cose:

1.

Il vescovo, quale successore degli apostoli, ha un compito particolare che non è assimilabile a quello di alcun’altra autorità civile. La sua è una autorità puramente morale e non può che esercitarla nel senso evangelico della misericordia. Non è un potere ma un servizio, sul modello del Buon Pastore che va in cerca di tutte le sue pecore.

2.

In questi tre anni di polemiche continue, ho avuto modo però di parlare diverse volte e in modo molto chiaro. L’ho fatto per es. dopo la Santa Messa blindata dalle forze dell’ordine, l’ho fatto dopo i controlli avvenuti in parrocchia, nel momento delle minacce a don Massimo, e, ultimamente, per spiegare il faticoso lavoro della diocesi per superare l’emergenza del sovraffollamento. I miei interventi sono agli atti. Forse ci si aspetta dal Vescovo una soluzione che non è però nella sua disponibilità. Sia perché supera le sue competenze, sia perché non è conforme allo stile di azione di un vescovo, chiamato com’è ad essere il più possibile simile al Buon Pastore.

3.

Altre sono le autorità preposte all’ordine pubblico, alla salute pubblica, alla sicurezza sociale e a far rispettare le leggi. Queste hanno anche la forza per poter agire e hanno tutte le possibilità di muoversi. Da parte mia, più volte ho dichiarato che non mi sarei mai opposto ad alcuna azione delle pubbliche autorità volta alla tutela della sicurezza dei cittadini o al rispetto delle leggi, laddove si fosse ritenuto necessario.

4.

A molti può dispiacere, ma a me dispiace per loro, che si accolgano migranti nel nostro territorio. A parte che i flussi migratori non sta alla chiesa regolamentarli e che la gestione del problema migranti spetta in primo luogo alle istituzioni dello Stato, parlamento e amministrazioni locali incluse, la presenza di fatto sul territorio di queste persone deve pur essere in qualche modo affrontata. Può darsi inoltre che molti non gradiscano proprio che ci si prodighi per i migranti. Non posso farci niente. La mia scelta e la scelta della chiesa è chiara e ribadita più volte dal Santo Padre: l’accoglienza è un valore umano ed evangelico e riguarda in particolare tutti coloro che sono in difficoltà. Dal punto di vista cattolico, sono costretto a dire, ma con convinzione, che non può esistere pratica religiosa e frequentazione di chiesa che si accompagni a sentimenti di rifiuto dei migranti o peggio, di razzismo seppur larvato.

5.

Alla luce di quanto detto fin qui, vorrei fosse chiaro a tutti che il problema non è Vicofaro in sè. Il problema sono invece tutti quei ragazzi ospitati o che gravitano attorno a Vicofaro. Probabilmente non dovevano essere accolti in una realtà così poco adatta. Va bene. Forse dovevano essere seguiti molto meglio? Forse don Massimo, col suo modo di fare, non ha favorito una qualche soluzione del problema? Possiamo concordare. Però non nascondiamoci dietro a un filo d’erba! La questione vera è che questi ragazzi ci sono. Che ne facciamo? Li mandiamo in mezzo alla strada e li lasciamo al loro destino? Li mettiamo tutti in galera? Li rimpatriamo? (soluzione che non è certo in mano alla chiesa). Cosa facciamo di queste persone, tra le quali ci sono tanti bravi ragazzi ma anche ragazzi dalla psicologia fragile, deboli che si fanno invischiare in brutti giri, ci sono i problematici, i violenti? Ancora una volta torno a dire che le Istituzioni dovrebbero, loro, prendersi in carico queste persone, perché il volontariato – e la Chiesa si muove su tale piano – non può farcela a gestire da sola situazioni così complesse.

6.

Tutto questo mi da occasione anche per dire una cosa molto semplice e lampante che vorrei non sfuggisse ad alcuno: don Massimo può essere criticato e sicuramente deve saper riconoscere anche i propri errori. Però si è mosso per cercare il bene, non il male. Ha tentato e tenta di rispondere a bisogni reali e concreti di persone in carne ed ossa, nei confronti delle quali non possiamo rimanere indifferenti o peggio, farci prendere da sentimenti di repulsione. Ci vuole pertanto un po’ di comprensione da parte di tutti, perché l’impresa portata avanti da don Massimo non è né facile né gratificante. E’ bene ricordarlo: i poveri, gli ultimi, i senza fissa dimora non sono sempre bravi, buoni, puliti, educati….. Ed è questo il motivo per cui, pur cercando di correggerne tutte le storture, ho avallato nella sostanza quel che veniva fatto a Vicofaro, distinguendo sempre tra limiti della persona e l’opera portata avanti. Ed è anche questo il motivo per cui il Santo Padre Francesco, attraverso il suo Cardinale elemosiniere ha fatto giungere non molto tempo fa, un’offerta di 20.000 euro a sostegno dell’opera.

7.

A Vicofaro esiste anche un problema relativo alla parrocchia. Non è che non ne sia consapevole. Ma, come sempre dico, i problemi in famiglia – e la chiesa è sostanzialmente una famiglia – si devono risolvere col dialogo, con la partecipazione, con il convenire, cercando di darsi una mano reciprocamente. Non si risolvono certamente mandando via qualcuno, fosse anche il parroco. Considerando poi che trasferire o rimuovere un parroco non può mai essere un atto di semplice autorità. Siamo chiesa, non un esercito! Certamente c’è un limite a tutto e anche nella chiesa sono possibili procedimenti canonici a tutela dei diritti dei fedeli e del bene comune. Procedimenti che hanno però bisogno di una loro formalità.

8.

Ci sono problemi di ordine pubblico? Si. Penso di si. La vita nel quartiere è diventata difficile? Si. Però due cose. La prima è che non tutti gli abitanti del quartiere la pensano allo stesso modo. E anche nella città, sono molti coloro che appoggiano l’esperienza di Vicofaro così com’è portata avanti. La seconda è che, pur rammaricandomi fortemente di questi disagi e pur essendomi raccomandato più volte di rimediare, il potere di far rispettare l’ordine pubblico non è nelle mani del Vescovo.

9.

Voglio far notare poi che da sempre la diocesi cerca di dare una soluzione anche alla questione Vicofaro. Soltanto in questi ultimi tempi, con notevole impegno, si è data da fare per ricollocare in strutture più adeguate e seguite da personale competente, parecchi ospiti presenti a Vicofaro, andando a capire quale fosse realmente la complessità e la problematicità della vicenda, narrata, in un modo o in altro, più per i media e per la strumentalizzazione politica che con la volontà di comprendere davvero.

10.

In questo senso una parola la devo dire anche sul denaro. Qualcuno ha detto che tutto è motivato dai soldi. Niente di più falso. È bene che si sappia che la diocesi non ha mai intascato alcunché dalla gestione dei migranti. Attualmente, con le magre risorse che ha, sta sostenendo tutte le spese, perché i ragazzi che sono attualmente presenti a Vicofaro, per nessuno di loro lo Stato passa un centesimo: è bene che lo si sappia. La diocesi, quel poco che ha, lo sta mettendo a disposizione, nella speranza che le Istituzioni si facciano carico almeno di questo aspetto della questione.

11.

I giorni che seguiranno non saranno facili, e voglio fare ancora un appello, alla diocesi e alla città tutta, pur consapevole del rischio di restare inascoltato, come spesso purtroppo è accaduto. A Vicofaro non si combatte una battaglia tra schieramenti politici; tra chi è a favore e chi è contro. Tra destra e sinistra. Non può essere l’occasione per condurre lotte partitiche. Anche le scadenze elettorali regionali devono restare fuori, e la presenza a Vicofaro di esponenti politici in lotta per le elezioni regionali, siano a favore o contrari a quanto lì viene fatto, è assolutamente deleteria e da evitarsi in ogni modo. La politica cessi di strumentalizzare questa vicenda una volta per tutte! Solo nell’ascolto reciproco, nell’attenzione all’altro, nel farsi carico senza ideologie dei problemi delle persone, nel venirsi incontro, si può trovare qualche soluzione. Non con le urla, non con le contrapposizioni, non nelle polemiche o nelle provocazioni ma nella ricerca fatta di dialogo. A Pistoia questo è possibile? La domanda non è retorica. Eppure io credo che dobbiamo tutti sforzarci perché sia possibile».

+ Fausto Tardelli




Giubilei sacerdotali. L’entusiasmo e la gioia che resistono al tempo

Riprendiamo da “La Vita” del 28 giugno 2020 il seguente servizio dedicato agli anniversari sacerdotali

di Daniela Raspollini

«Anche se cambiano le situazioni e le persone è rimasto sempre lo stesso entusiasmo e la stessa convinzione nel vivere il sacerdozio». Don Giovanni Scremin (92 anni) non ha dubbi, dopo tanti anni da prete le certezze di una volta non si spengono. Ed è un bel modo per festeggiare il proprio anniversario di vita sacerdotale.

L’occasione è la solennità dei SS. Pietro e Paolo, che quest’anno vede cinque festeggiati: don Leonardo Giacomelli che ricorda una ricorrenza davvero singolare: 70anni di sacerdozio; seguono don Giovanni Scremin e don Renzo Aiardi, entrambi con 65 anni di messa. Si ricordano quindi il 50esimo di don Marino Marino e i 25 anni di don Timoteo Bushishi.

Don Leonardo, il più anziano, è anche tra i più lucidi e arzilli. Da pochi anni ha lasciato la sua parrocchia “storica” di Candeglia. Altrettanto “storica” la presenza di don Renzo Aiardi a Casalguidi dove abita tuttora e dove ha svolto il suo ministero per oltre quarant’anni.

Don Giovanni Scremin ha invece un passato da missionario. Originario di Valdagno, in provincia di Vicenza, custodisce ancora l’accento veneto nonostante il suo lungo viaggiare per il Vangelo. Già religioso dell’istituto dei padri comboniani fu ordinato il 29 giugno 1955 da quel Battista Montini che divenne poi Papa Paolo VI. Inviato missionario in Brasile gli fu affidata una parrocchia nella diocesi di Balsas dove visse per 25 anni. Il vescovo locale, che allora era il pistoiese Rino Carlesi, lo presentò a mons. Longo Dorni per offrirgli un’esperienza fuori dalla missione. Avviò così la sua presenza in diocesi di Pistoia, pur tornando in missione a più riprese.

Don Marino Marini, attuale parroco di Tizzana e Catena non si è invece spostato di molto. «Ricordo con affetto — ci spiega — tutti coloro che ho incontrato nel mio ministero sacerdotale, come cappellano nelle parrocchie di Montale e di Montemurlo, poi come parroco a Tobbiana, Vignole e Oste e ora di Tizzana e Catena».

Arriva da Goma, in Congo, don Timoteo Bushishi. Qui ha svolto diversi incarichi. «Dall’Africa — ricorda Timoteo — mi sono successivamente trasferito in Italia a Roma per studiare teologia dogmatica. Nel 2006 poi, sono stato accolto dal vescovo Scatizzi che mi ha permesso di concludere il dottorato e mi ha affidato la parrocchia di San Pierino in Vincio. Dal mese di luglio 2016 ad oggi sono parroco di San Benedetto e San Vitale».

Vite sacerdotali molto diverse com’è originale ogni vocazione. Don Renzo Aiardi entrò in seminario giovanissimo: «la sua vocazione al sacerdozio — ci racconta Aldo Pellegrini — è nata fin da bambino. Cresciuto in Piazza S.Lorenzo a Pistoia è entrato a 9 anni in seminario». Per don Marino la vocazione è arrivata da piccolo nel modo più ordinario possibile «favorita dall’esempio della famiglia e del parroco». La vera svolta avvenne più avanti frequentando Carlo Carretto e la comunità dei Piccoli Fratelli del Vangelo di Spello dove — racconta — ho preso la decisione definitiva di diventare prete».

Don Renzo Aiardi

Casalguidi si stringe attorno al suo pastore

Don Aiardi «è stato ordinato il 29 giugno 1955. All’inizio del suo ministero è stato a Baggio e poi a Tobbiana. Don Renzo però è un’istituzione per Casalguidi. Oggi, allo scoccare dei suoi 65 anni di sacerdozio «la comunità parrocchiale — scrive l’amico Aldo Pellegrini — si stringe a lui esprimendo la sua gratitudine e il proprio affetto e un grazie per aver donato la sua vita al Vangelo e per essersi speso in questi lunghi anni nel generare Gesù Cristo nel cuore di coloro che lo hanno incontrato. In questi anni del suo ministero si è prodigato per rinnovare la Chiesa. È stato promotore di tanti movimenti ecclesiali che ha accolto nella sua parrocchia. In questi anni di sacerdozio si è fatto amico fratello e compagno di viaggio nel cammino della fede, condividendo con noi fatiche le attese le speranze di ogni giorno».

Don Marino Marini

Figlio del Concilio e testimone del servizio

Non ho avuto particolari carismi— ammette umilmente don Marino Marini —, però ho cercato di operare in spirito di servizio». «Ho sempre cercato di ricordare che non si deve far prevalere le nostre visioni personali, ma che, con umiltà, dobbiamo tenere come punto di riferimento la Parola di Dio, il Concilio Vaticano II, e il programma pastorale della Diocesi. In me c’è sempre stato sempre il desiderio di non escludere nessuno, e di accogliere, come dono del Signore, tutti coloro che desideravano partecipare alla vita della comunità parrocchiale». «La mia gioia più grande è stata quella di trovare nel Presbiterio e nella comunità parrocchiale altri fratelli e sorelle con cui fare insieme un cammino di fede e di comunione fraterna».

Don Timoteo Bushishi

«Grato a Dio per la Sua misericordia»

Nella ricorrenza del mio anniversario vorrei prima di tutto ringraziare il Signore che mi ha fatto sentire la sua presenza, la sua tenerezza, la sua misericordia». «Sono stato battezzato all’età di 12 anni — racconta Timoteo — e ho cominciato a frequentare la Chiesa come chierichetto a Goma in Congo». «La mia vocazione al sacerdozio è nata grazie alla testimonianza di un prete anziano dal nome Don Celedonio, un prete spagnolo carmelitano. È stato grazie a lui che poi ho deciso di entrare nel seminario minore. Mio padre purtroppo si oppose a questa mia decisione». Ma la vocazione era più forte e, dopo aver chiesto di proseguire la formazione al seminario maggiore «sono diventato sacerdote a 29 anni il 10 agosto 1995 a Goma».

Con settant’anni di sacerdozio don Leo è un prete da record

Una lunga esistenza in gran parte a Candeglia dove ha accompagnato generazioni di fedeli nella vita di fede ma anche la passione di girare il mondo

Classe 1926 don Leonardo Giacomelli è tra i preti più anziani della diocesi. Il primato spetta al centenario don Italo Taddei e di qualche mese lo precede don Napoleone Toccafondi, ma don Leonardo, che oggi vive in Seminario, conserva il suo vivace temperamento e una salute discreta.

La sua famiglia, molto numerosa – 8 fratelli – era anche molto religiosa: da parte di madre c’era lo zio don Luigi Marini, canonico e parroco di Campiglio, da parte di padre lo zio Oreste Forestieri parroco di Valenzatico, al quale Leonardo era molto affezionato e che lo ha accompagnato nel cammino vocazionale. «Sono entrato in Seminario nel ’38» ricorda don Leonardo che dopo 12 anni di formazione fu ordinato prete con don Grazzini, don Frosini, don Meriggi e don Batignani. «Ho dei bei ricordi del rettore Mario Spinelli e del vice rettore Dario Giovannini».

Il 29 giugno 1950 giunse l’ordinazione presbiterale. Una volta prete, fino al 1954 «sono stato cappellano a Vignole dove era parroco lo zio don Forestieri. Lo portavo a visitare i malati con la Topolino. Prestavo servizio anche a Campiglio dove c’era l’altro zio don Luigi, quindi sono stato cappellano a Capraia dove c’era un parroco cieco.

Poi, nel gennaio 1961 sono arrivato a Candeglia». Qui don Leonardo ha passato la vita, guidando questa comunità fino al 2017. «Ho trovato un parroco anziano e ho dovuto realizzare diversi lavori alla chiesa e alla canonica. Per due anni ho celebrato la messa in casa, ma la popolazione ha molto aiutato». Don Leonardo non ha fatto solo il parroco: «ho insegnato per 20 anni religione alla scuola media Leonardo da Vinci frequentata anche da ragazzi di Candeglia». Dopo tanti anni cosa resta impresso nella memoria di don Leonardo? «Il contatto con la gente, soprattutto con le famiglie e con i giovani con i quali andavo spesso ai campi estivi. Abbiamo organizzato una squadra di calcio che partecipava al campionato locale ed ero per loro un punto di riferimento. Nelle relazioni con i parrocchiani mi ha aiutato molto il fatto di aver visitato molti paesi del mondo. Essendo una zona “rossa” molte volte le persone credevano più a quello che leggevano sul giornale che a quanto veniva detto in chiesa. Ma io portavo la mia esperienza, quella che avevo fatto conoscendo persone culture e religioni diverse e così si arrivava a un dialogo e si costruiva un’amicizia».

Da ultimo don Giacomelli offre anche qualche consiglio per i giovani preti: «gli direi di prepararsi bene. Questo per poter comunicare con le persone che non si accontentano di risposte vaghe e imprecise. Comunque di relazionarsi in modo spontaneo e colloquiale e costruire rapporti di amicizia e stare vicino ai fedeli. Soprattutto li inviterei a stare con i giovani nel periodo dell’adolescenza quando cominciano a formare il carattere in modo che possano aprirsi alla fede».(A.B.)




Il vescovo ai catechisti: cinque punti da cui ripartire

Pubblichiamo le parole del vescovo rivolte ai catechisti in occasione dell’incontro svolto giovedì 25 giugno 2020 nell’aula liturgica di Valdibrana

Alle catechiste e ai catechisti della diocesi.

Passato il tempo della pandemia o comunque sperando possa essere in via di superamento, vogliamo riprendere il cammino. Quel cammino che in verità non abbiamo mai interrotto, trovando modi e forme nuove per essere presenti ai nostri ragazzi e alle loro famiglie, ma che ora riprendiamo anche insieme alle nostre comunità parrocchiali. In questa prospettiva vorrei darvi 5 indicazioni che possono costituire come una bussola per il vostro servizio e il vostro impegno.

1. Siamo strumenti nelle mani del Signore. Lo state capendo sempre più: siete mezzi di cui il Signore si serve, non mezzi impersonali e astratti ma attivi, che partecipano con la propria persona, con la propria vita. Voi siete i mezzi attraverso cui Lui incontra e raggiunge i vostri ragazzi. Siamo tutti consapevoli dei nostri limiti, ma lui ci ha scelti e chiamati. Come diceva Madre Teresa, siamo una matita nelle mani di Dio. Matita di cui Lui si serve per scrivere nel cuore delle persone. Dovete aver chiaro questa cosa, sentirne la gioia e la responsabilità, la bellezza e la grandezza. Siete collaboratori di Dio, del suo messaggio di salvezza.

2. Siete uomini e donne di relazione. Sempre più andiamo capendo il valore della relazione. Relazione con Cristo innanzitutto. Relazione, rapporto vivo, dialogo, comunicazione, incontro della mente e del cuore. Relazione da coltivare, custodire e alimentare. Poi relazione con i ragazzi che vi sono affidati. In questo tempo avete capito che non si tratta semplicemente di insegnare. Si tratta piuttosto di un incontro con persone in crescita, ciascuna con le sue caratteristiche: ognuna diverso dall’altro. Relazione con le famiglie: adesso ne abbiamo capito di più l’importanza. Forse siamo anche riusciti in alcuni casi a stabilirla questa una relazione e capire il suo valore e che non si tratta solo di fare degli incontri con i genitori, ma piuttosto di stabilire un rapporto con i genitori e le famiglie. Infine, relazione con la comunità. Voi siete parte della comunità non siete battitori liberi o free lance o mercenari. Siete membri di una comunità ed è a nome della comunità che adempite alla vostra missione.

3. Andare all’essenziale. Forse, il tempo difficile che abbiamo attraversato ci ha insegnato anche questo: che bisogna andare all’essenziale, alla sostanza. Dobbiamo fare ancora molta strada su questo. Ci siamo accorti quanto alcune cose siano davvero importanti e quante altre invece lo siano assai di meno. Ci siamo resi conto che forse avevamo trascurato cose che erano davvero importanti e dato invece importanza a cose che invece ci zavorrano. Per un catechista andare all’essenziale è andare a Gesù Cristo, alla sua storia. Alla fine, per un catechista si tratta di imparare a narrare la storia di Gesù come una storia viva che ha scosso, commosso, coinvolto. Narrare, non insegnare. Raccontare la vita del Signore che incontra la nostra vita, che con il suo amore ci prende e ci conquista. Come una storia che può coinvolgere anche le persone alle quali si è mandati e rendere bella la loro vita.

4. Ricostruire le nostre comunità parrocchiali, che nel tempo si sono appesantite. Sarebbe sbagliato riprendere semplicemente tutto quello che si faceva prima e come prima. Anche in questo caso, occorre tornare all’essenziale: la relazione tra le persone, l’incontro con Gesù Cristo e la sua Parola, l’aiuto fraterno, la vicinanza, la testimonianza. La comunità cristiana la edifica il Signore con il suo Santo Spirito. Noi però dobbiamo collaborare e fare la nostra parte. Ricostruiamo dunque le nostre parrocchie che un po’ di polvere addosso ce l’hanno; possiamo toglierla prendendo occasione da questo tempo inaspettato e nuovo. Con l’aiuto del Signore, con la guida dello Spirito Santo dobbiamo dare un volto nuovo, comunitario, fraterno, missionario alle nostre parrocchie. Meno paludate e più vive, meno istituzionali e più relazionali, più calde e meno burocratiche. Comunità vive, famiglie. Dobbiamo ricostruire lo stare insieme, imparando a perdonarci e ad accoglierci.

5. Camminare insieme come chiesa particolare, come diocesi. Siamo qui anche stasera provenienti dalle diverse parti della diocesi e abbiamo fatto un cammino comune: non perdiamo questa ricchezza. Continuiamolo a camminare insieme a livello diocesano. Non riprendiamo l’abitudine di fare ognuno per conto suo. Abbiamo notato diversità; dobbiamo quindi uniformarci ma non per essere tutti uguali, ma perché camminiamo insieme. Ci rendiamo conto che in diocesi ci sono situazioni diverse, ma sapere che siamo insieme in un cammino vuol dire anche assumersi la responsabilità di aiutarsi a vicenda tra parrocchie e tra catechisti. A breve riprenderemo il cammino dell’iniziazione cristiana, ma lo riprenderemo insieme. Abbiamo accumulato dei ritardi, ma forse questo tempo ci offre una bella occasione per ripensare l’iniziazione cristiana come un cammino che si fa tutti insieme, pur consapevoli delle caratteristiche proprie di ogni realtà. Un percorso comune da scandire sia a livello di formazione che di catechesi, come anche a livello della celebrazione dei sacramenti dell’Eucarestia e della Confermazione.

Concludo questi brevi appunti, con un pensiero rivolto a Maria. Abbiamo ripreso gli incontri tra i catechisti, presso il santuario di Valdibrana. Alla Madonna, alla sua intercessione e amicizia affido volentieri tutti voi catechisti e catechiste della diocesi. Come all’abbraccio materno di Maria affido tutti i vostri ragazzi e le loro famiglie, chiedendo in particolare alla Madonna che ci aiuti a riprendere con gioia il cammino della vita cristiana e della testimonianza con le nostre comunità parrocchiali.

Valdibrana, 25 giugno 2020




Incontro alla gente nelle parrocchie

Nei prossimi fine settimana monsignor Tardelli celebrerà in alcune comunità della diocesi

PISTOIA – Una nuova ripartenza, anche nei rapporti e nella valutazione delle ferite, degli insegnamenti e, perchè no, dei piccoli miracoli che rimangono dopo tre mesi di confinamento e chiusura a causa del Covid-19.

«È il momento di tornare a incontrare la gente nei diversi territori della diocesi – afferma il vescovo Tardelli – dopo la pausa forzata dettata dalla pandemia voglio visitare le comunità celebrando la messa nelle parrocchie più popolose dei vicariati».

«Visto che non c’è stata la possibilità di svolgere incontri pastorali, né di celebrare le cresime, come di ricevere visite — spiega il vescovo —, mi è sembrato che fosse bello andare a incontrare le diverse realtà parrocchiali, per ricucire un contatto con le comunità più popolose della diocesi dopo questo periodo di lontananza».

Monsignor Tardelli celebrerà le messe domenicali in alcune parrocchie attraversando in lungo e in largo il territorio diocesano. Le prime visite sono partite la scorsa settimana con la celebrazione a Poggio a Caiano, nella solennità del Corpus Domini, seguite dalla messa a Casalguidi di sabato 20, andranno avanti fino primi di agosto. Tutte le celebrazioni, almeno fino a nuova disposizione, saranno svolte secondo le modalità previste finora nell’applicazione delle misure di sicurezza anti-covid, con un numero contingentato di fedeli. Ecco il calendario delle messe: domenica 21 alle 10.30 nella chiesa di San Pietro ad Agliana, sabato 27 giugno alle 18.30 nella Chiesa di San Michele Arcangelo a Bottegone; domenica 28 alle 11 al Sacro Cuore di Montemurlo, sabato 4 luglio alle 18.30 presso la parrocchia di S. Maria Assunta a Quarrata, domenica 5 luglio alle 11 nella chiesa della Santa Croce di Vinci. Sabato 11 luglio alle 18 presiederà la messa nella pieve di San Michele Arcangelo a Carmignano, sabato 18 alle 18 a Pistoia presso la Chiesa della Vergine, mentre domenica 19 luglio alle 10 nella chiesa di Santo Stefano a Lamporecchio. Ultimo appuntamento, dopo i festeggiamenti iacobei, domenica 2 agosto alle 10.30 a Limestre con una celebrazione all’aperto per la Festa della Madonna della neve.

Michael Cantarella

 




Il vescovo incontra animatori e catechisti

L’appuntamento è per giovedì 25 giugno alle 21 nell’aula liturgica di Valdibrana

Per accompagnare la conclusione di questo difficile anno pastorale, l’ufficio catechistico diocesano ha organizzato un incontro con il vescovo in programma per giovedì prossimo, 25 giugno, presso l’aula liturgica del Santuario di Valdibrana a partire dalle 21. La serata vuole essere un segno di vicinanza concreta ai collaboratori parrocchiali, che – con ogni probabilità da settembre – dovranno ripartire con catechismo e gruppi, in un mondo completamente cambiato dalla paura del virus.

«A conclusione dell’anno pastorale – afferma suor Giovanna Cheli, responsabile dell’ufficio catechistico diocesano – ci incontreremo per condividere la preghiera e fare comunione dopo un anno davvero complesso, pieno di forti provocazioni, di appelli e di eventi tutti da comprendere alla luce della fede. Per questo invocheremo lo Spirito Santo riascolteremo il mandato di Gesù ai discepoli: io sono con voi ogni giorno fino alla fine del mondo. Racconteremo la fede e la vita, ascolteremo la parola del vescovo e raccoglieremo le preghiere che nascono dal nostro quotidiano in tempo di pandemia».

«Siamo tutti invitati a partecipare – conclude – armati di voglia di ripartire e di una mascherina, sotto la quale sarà nascosto il nostro sorriso e con esso la nostra gioia di rivedersi! Tutti i catechisti sono attesi!».




La ripartenza delle Chiese toscane

Il grazie dei vescovi ai parroci, le prospettive future

La Conferenza Episcopale Toscana si è riunita lunedì 8 giugno: i lavori si sono svolti in video conferenza. In apertura il Cardinale Giuseppe Betori, Arcivescovo di Firenze e Presidente della CET, ha ripercorso le fasi attraversate in questi mesi, e la graduale ripresa della vita liturgica fino alla possibilità di tornare alle celebrazioni in presenza del popolo, con l’osservanza delle norme per il contenimento del contagio, secondo il protocollo concordato con il Governo e le indicazioni della CEI.

I Vescovi hanno sentito il bisogno di esprimere tutta la loro gratitudine ai sacerdoti, per quanto hanno fatto e stanno facendo, e alle comunità parrocchiali che hanno reso possibili tutte le operazioni necessarie per svolgere in sicurezza le celebrazioni liturgiche, con un coinvolgimento numericamente importante di volontari che hanno dimostrato disponibilità, generosità e senso di responsabilità. Grazie a tutti loro, i fedeli sono potuti tornare a condividere la mensa eucaristica. La ripresa della vita liturgica comunitaria ha potuto contare sullo zelo già dimostrato nei mesi scorsi, sia nel servizio della carità, sia nell’impegno a portare avanti, secondo i modi possibili in questo tempo di pandemia, le attività pastorali. In alcune diocesi in particolare, sarà motivo di ulteriore premura l’imminente stagione turistica, almeno per assicurare debitamente le messe festive.

Le prospettive destano adesso qualche preoccupazione circa la ripresa di momenti importanti della vita parrocchiale e diocesana, quale la celebrazione in forma comunitaria dei Sacramenti dell’Iniziazione Cristiana dei ragazzi (Prime Comunioni e Cresime), per i quali si ribadisce comunque il rinvio al prossimo autunno e la necessità di dover pensare, probabilmente, a forme di presenza contingentate. Sarà un’occasione per cogliere l’essenziale valore spirituale di questi momenti. Sin da ora si sta comunque pensando a come riavviare gli itinerari di catechesi dei fanciulli e dei ragazzi. È emersa in proposito l’importanza di far tesoro di quanto si è fatto anche in questi tempi di lockdown attraverso i mezzi di comunicazione oggi disponibili.

La programmazione di possibili attività estive con i ragazzi è ora al centro della riflessione ecclesiale. Se è complicato pensare ad attività residenziali come i campi scuola, ci sono maggiori possibilità per l’organizzazione di Grest, oratori estivi e altre attività che coinvolgano bambini e ragazzi durante il giorno. In questo senso organizzazioni come Anspi o Csi possono dare un supporto progettuale e tecnico molto importante.

Al di là di tutte le difficoltà organizzative, i vescovi hanno ribadito l’importanza di far sentire comunque ai ragazzi e alle loro famiglie quanto stiano a cuore alla Chiesa e quanto sia l’impegno per garantire quanto possibile, nel rispetto dei protocolli di sicurezza e nella collaborazione con gli enti locali.

I Vescovi si sono interrogati anche sui criteri per impiegare bene i contributi straordinari assegnati dalla CEI, attraverso i fondi dell’8×1000, per fare fronte alle situazioni di disagio sociale causate dalla pandemia: molte parrocchie, pur trovandosi esse stesse in difficoltà economica, non hanno fatto mancare i loro sforzi per aiutare persone e famiglie bisognose, rispondendo alle richieste che in questi mesi sono aumentate notevolmente.

Una forte preoccupazione riguarda le scuole paritarie, per le quali non è stata dimostrata attenzione: i Vescovi toscani condividono quanto espresso dalla Cei, circa la necessità di sostenere questi istituti che offrono un servizio prezioso per tante famiglie e utile per lo Stato.

I Vescovi toscani hanno preso in esame la bozza degli orientamenti pastorali CEI per il prossimo quinquennio, auspicandone una profonda revisione che tenga conto di quanto abbiamo vissuto e stiamo vivendo con la pandemia, mantenendo comunque l’assunto di fondo ispirato alla Evangelii gaudium: comunicare la gioia del Vangelo.

La Conferenza Episcopale Toscana ha preso atto del buon cammino fatto anche quest’anno nella formazione dei futuri presbiteri con l’anno propedeutico all’ingresso in Seminario.

È stato dato parere favorevole all’introduzione della causa di beatificazione di don Divo Barsotti, già espresso nel 2011 e ora rinnovato dopo lo svolgimento delle fasi preparatorie all’apertura del processo (…).

Don Fabio Menghini, diocesi di Pitigliano-Sovana-Orbetello, è stato nominato giudice al Tribunale Ecclesiastico Regionale Etrusco.

Conferenza episcopale toscana (comunicato del 13 giugno 2020)




I Vescovi contro ogni discriminazione

Omofobia, una nuova legge non è necessaria. La nota della Presidenza CEI

“Nulla si guadagna con la violenza e tanto si perde”, sottolinea Papa Francesco, mettendo fuorigioco ogni tipo di razzismo o di esclusione come pure ogni reazione violenta, destinata a rivelarsi a sua volta autodistruttiva.

Le discriminazioni – comprese quelle basate sull’orientamento sessuale – costituiscono una violazione della dignità umana, che – in quanto tale – deve essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni. Trattamenti pregiudizievoli, minacce, aggressioni, lesioni, atti di bullismo, stalking… sono altrettante forme di attentato alla sacralità della vita umana e vanno perciò contrastate senza mezzi termini.

Al riguardo, un esame obiettivo delle disposizioni a tutela della persona, contenute nell’ordinamento giuridico del nostro Paese, fa concludere che esistono già adeguati presidi con cui prevenire e reprimere ogni comportamento violento o persecutorio.

Questa consapevolezza ci porta a guardare con preoccupazione alle proposte di legge attualmente in corso di esame presso la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati contro i reati di omotransfobia: anche per questi ambiti non solo non si riscontra alcun vuoto normativo, ma nemmeno lacune che giustifichino l’urgenza di nuove disposizioni.

Anzi, un’eventuale introduzione di ulteriori norme incriminatrici rischierebbe di aprire a derive liberticide, per cui – più che sanzionare la discriminazione – si finirebbe col colpire l’espressione di una legittima opinione,

come insegna l’esperienza degli ordinamenti di altre Nazioni al cui interno norme simili sono già state introdotte. Per esempio, sottoporre a procedimento penale chi ritiene che la famiglia esiga per essere tale un papà e una mamma – e non la duplicazione della stessa figura – significherebbe introdurre un reato di opinione. Ciò limita di fatto la libertà personale, le scelte educative, il modo di pensare e di essere, l’esercizio di critica e di dissenso.

Crediamo fermamente che, oltre ad applicare in maniera oculata le disposizioni già in vigore, si debba innanzitutto promuovere l’impegno educativo nella direzione di una seria prevenzione, che contribuisca a scongiurare e contrastare ogni offesa alla persona.

Su questo non servono polemiche o scomuniche reciproche, ma disponibilità a un confronto autentico e intellettualmente onesto.

Nella misura in cui tale dialogo avviene nella libertà, ne trarranno beneficio tanto il rispetto della persona quanto la democraticità del Paese.

Roma, 10 giugno 2020




Corpus Domini in piazza

Sabato 13 giugno messa e adorazione eucaristica si svolgeranno all’aperto in piazza del Duomo

Una solennità del Corpus Domini del tutto speciale quest’anno. Se le misure di sicurezza sconsigliano la tradizionale processione per le vie del Centro storico la Diocesi ha organizzato comunque un momento pubblico di preghiera e adorazione.

Una dimensione pubblica della fede che acquista anche il valore di testimonianza per la città. Pistoia e il suo territorio, forse a maggior ragione dopo il Covid, vivono l’attesa dell’annuncio; è dunque tempo — come appuntava il vescovo nella sua ultima lettera pastorale — «di annunciare di nuovo e con più entusiasmo, la Buona notizia del Regno; sia all’interno delle nostre parrocchie, dove la fede a volte si è fatta stanca, sia all’esterno, dove occorre una presenza amorosa, carica di speranza che dia prospettive di salvezza».

Nella solennità del Corpus Domini la presenza della Chiesa accompagna quella di Cristo; nel pane eucaristico, infatti, c’è la presenza stessa della sua persona, perché, come ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica «nel Santissimo Sacramento dell’Eucaristia è contenuto veramente, realmente, sostanzialmente il Corpo e il Sangue di nostro Signore Gesù Cristo, con l’anima e la divinità e, quindi, il Cristo tutto intero».

La messa sarà celebrata sabato 13 giugno la sera alle 18 e presieduta dal vescovo Tardelli. Al termine della messa è previsto un tempo di adorazione. In caso di pioggia tutto si svolgerà in Cattedrale.