Il cammino dell’anno è alla luce dell’Esodo

Il vescovo suggerisce alla Diocesi la lettura dell’Esodo. Il libro biblico sarà il testo di riferimento per i gruppi di ascolto del Vangelo, una lettura che aiuta a «fondare sulla roccia» la vita di fede personale e comunitaria

 

Il nuovo anno pastorale, che avrà il suo centro nella celebrazione dell’anno santo iacobeo, chiama a riflettere sul tema del cammino, non solo quello dei pellegrini iacobei, dei viandanti dello Spirito e degli appassionati di turismo religioso, ma anche – e soprattutto – sul cammino fondante della fede, di Israele prima e della fede cristiana poi, narrato nel libro dell’Esodo. Nella sua lettera pastorale «Alla scuola dell’apostolo San Jacopo», il vescovo invita tutti a leggere e meditare i primi 15 capitoli di questo libro biblico.

Anche quest’anno l’Ufficio catechistico ha realizzato un nuovo sussidio che accompagna la lettura e suggerisce spunti di riflessione. Nel libretto però, alle pagine dell’Esodo è premessa un’altra icona biblica, il brano evangelico dedicato alla “casa costruita sulla roccia” che monsignor Tardelli ha inserito e proposto come spunto di riflessione nella sua lettera pastorale. «Il brano di Vangelo (Mt 7,21–29) — scrive don Cristiano D’Angelo in apertura del sussidio — fa ben da introduzione alla lettura del libro dell’Esodo che narra come Dio ha «costruito» la casa della sua relazione con il popolo, per renderla solida. Si può infatti leggere la storia dell’Esodo, senza eccessive forzature, come la storia dell’impegno di Dio a fare della casa del suo popolo, una casa stabile e sicura».

«La parola “esodo” — scrive don Cristiano — significa “uscita”, e il libro narra l’uscita di Israele dall’Egitto, la liberazione da una situazione di schiavitù. L’evento fondante della fede di Israele non è un’idea di Dio o una formula teologica, ma un fatto, un’azione di Dio nella storia». «Dio — continua don D’Angelo – non è un principio astratto, Dio è una persona, un nome, quello che Egli rivela a Mosè nel rovento ardente “Io sono colui che sono”. Così Dio si serve di Mosè per parlare, sostenere, lottare con il suo popolo e accompagnarlo nel faticoso e mai scontato cammino di liberazione». «Nella prima parte del libro dell’Esodo Dio opera per liberare Israele dal potere dell’Egitto (Es 1,1– 1,21), nella seconda (Es 15,22–18,27) per liberare Israele dalle sue catene interiori, quelle che lo porterebbero a desiderare di tornare indietro, di nuovo schiavo, pur di avere un po’ di sicurezza e di tranquillità. Il cammino verso la terra promessa rivela la fragilità del cuore dell’uomo mettendolo in condizione di purificarlo tramite la parola di Dio che Egli ora dona sul Sinai come luce e sapienza per il cammino, per imparare a rimanere liberi (Es 19–40). Infine l’Esodo narra la costruzione del santuario mobile, una tenda che si sposta con Israele nel deserto (Es 25– 31; Es 35–40), dove sono custodite le tavole della legge e dove Dio scende per incontrare Mosè. Dio accompagna sempre il suo popolo; il suo nome è anche il suo programma di vita, “essere con”. È questo il senso complessivo del libro dell’Esodo e che aiuta a comprendere la trama del libro di cui quest’anno leggeremo i primi quindici capitoli».

 

Scarica il sussidio!

(u.f.)




Il vescovo parla al mondo della scuola

L’intervento di monsignor Tardelli in occasione della partenza di un anno scolastico pieno di incognite: «Le scuole che ripartono è un grande segno di speranza per i nostri ragazzi e per l’intera società». Preoccupazione per la situazione per il caos precari emerso negli ultimi giorni.

«Sta per iniziare un nuovo anno scolastico. Arriva a noi dopo un tempo complesso, pieno di incertezze, a tratti drammatico che però contiene una grande sfida, quella di riscoprire la speranza, “la più piccola delle virtù, ma la più forte”, come dice Papa Francesco.

L’avvio di un anno scolastico e accademico, la riapertura di scuole e università – che invece sarebbe bello potessero restare sempre aperte, come polmoni vivi e sempre in funzione della nostra società – è sempre un momento di grande significato. Forse in passato abbiamo rischiato di darlo per scontato, di pensarlo come ordinaria amministrazione e perdere così, però, tutto il senso che esso porta con sé. Questa volta, per cause che non avremmo voluto, paradossalmente non è un riavvio scontato. Questo tempo difficile ci ha costretto a porci delle domande sulla scuola per cui, riprendere la vita scolastica quest’anno non è un fatto scontato; porta con sé emozioni forti, sentimenti contrastanti, grossi interrogativi, sia a livello di studenti che di insegnati o di genitori. Ci accorgiamo sempre di più che l’istruzione, la formazione, la scuola sono un appuntamento fondamentale col futuro e che investire sulla scuola, in denaro, intelligenza e risorse di ogni genere, è assolutamente una priorità del bene comune.

Le scuole dell’infanzia, le università, le scuole elementari medie e superiori, i centri di formazione professionale che aprono, che ripartono, che riavviano la loro operatività, lo dobbiamo vedere come un grande segno di speranza per i nostri ragazzi e per l’intera società.

Un pensiero va in questo momento a tutti coloro che operano nel sistema dell’istruzione, della formazione e dell’educazione: operatori, docenti, personale amministrativo e operativo, dirigenti. Per tutti voi, voglio dire una parola di incoraggiamento e di gratitudine. Grazie per ciò che fate a nome di tutta la comunità. Mi permetto di esortarvi a non rassegnarvi mai, anche quando qualcosa vi farebbe ritenere che lavorare bene o male sia del tutto indifferente o che tutto sia inutile e nessuno si accorga dell’impegno, della dedizione, dei sacrifici che fate. Oppure anche quando una certa farragine burocratica sembra prendere il sopravvento. In quei momenti Guardate ai ragazzi e ai giovani che vi sono affidati e che servite. Sono loro la ragione del vostro lavoro. Siate certi che il bene che fate è più forte di tutto ed entra dentro la giovane vita dei vostri alunni e porterà sicuramente frutto.

Le statistiche e gli indicatori internazionali segnalano ripetutamente le fragilità del nostro sistema di istruzione e di formazione. Le cronache anche recenti ci dicono che la sfida educativa è ancora urgentissima. Abbiamo bisogno di persone responsabili, preparate e competenti, in tutte le professioni.Abbiamo bisogno di percorsi di istruzione e formazione accoglienti ed esigenti che sappiano fornire qualità umana, preparazione e competenza. Abbiamo bisogno di percorsi educativi e di tracciati forti di riflessione che sappiano far crescere nei bimbi, nei ragazzi, negli studenti le loro migliori potenzialità. Si tratta di un grande impegno che dovrebbe vedere coinvolto in modo concorde tutto il paese, con tutte le sue forze politiche e sociali. Una buona scuola è davvero un bene di tutti che deve stare a cuore a tutti.

Un pensiero lo rivolgo poi a tutti i bimbi e gli studenti inseriti nei percorsi di formazione universitaria, scolastica, professionale. Anche a voi è chiesto impegno e partecipazione attiva. Credo che possiate dare e fare molto. Questo tempo prolungato di chiusura delle scuole, credo abbia fatto riscoprire in voi anche la bellezza, l’importanza e la necessità della scuola, forse vi ha fatto nascere dentro anche un po’ di nostalgia. Ora è il momento di affrontare l’anno scolastico con una voglia nuova, una nuova curiosità e un nuovo impegno, certi che state costruendo il vostro futuro, rendendo migliore il presente.

Infine, mi sia consentito un pensiero particolare ai docenti precari che in questi ultimi anni, anche in tempo di emergenza Covid, hanno mostrato grande spirito di servizio al pari degli altri colleghi. Ad essi, mai così numerosi, un caloroso ringraziamento e un grande augurio perché la dignità del loro lavoro sia riconosciuta e rispettata. Sono certo che l’amministrazione pubblica abbia presente che tutti loro hanno diritto a procedure organizzative e burocratiche chiare e rispettose che garantiscano la dignità della persona e del lavoro con cui vengono sostenute molte famiglie.

A tutti dunque vada il mio augurio e quello della chiesa, unito alla raccomandazione di svolgere al meglio il proprio compito in questo straordinaria avventura che è la scuola».

+ Vescovo Fausto




La catechesi riprende con la famiglia accanto

Per la diocesi parte un cammino unitario che accompagnerà verso l’Anno Santo Iacobeo

di Daniela Raspollini

Riprende il cammino pastorale per questo anno 2020–2021, dopo un anno del tutto straordinario: «Nessuno ha vissuto il lockdown in modo positivo – afferma suor Giovanna Cheli, direttrice dell’ufficio catechistico – tuttavia questa sosta forzata per le famiglie, i catechisti e le nostre realtà ecclesiali in genere, ha suscitato una spinta creativa e una caterva di domande sul nostro modo di trasmettere la fede. Come non mai siamo consapevoli che l’annuncio della fede ha certamente bisogno della presenza, ma che comunque questa può essere potenziata da quella virtuale. Così i catechisti – continua – hanno scoperto che l’incontro a distanza somiglia tantissimo al primo tentativo dell’apostolo Paolo di scrivere alle sue comunità, così da affidare la sua “presenza spirituale” alle varie lettere che scriveva».

Una situazione nuova, che però ha fatto scoprire nuove strade di evangelizzazione: «In primo luogo – continua suor Giovanna – è stato chiaro a tutti che l’annuncio ha bisogno sempre di più del rapporto reale con gli altri. Molte famiglie e catechisti hanno vissuto questa esperienza con buoni risultati, promettendosi una frequentazione diversa in tempi di ripresa. Su questo dovremo richiamare l’attenzione delle famiglie, che se da una parte non possono essere sovraccaricate di iniziative a cui rispondere, dall’altro devono sapere che possiamo camminare insieme ai loro figli aiutandoci e facendo un’esperienza di vita davvero bella. Per questo, nell’anno che viene l’ufficio catechistico vorrebbe valorizzare lo slancio dei genitori che vorranno sostenere la catechesi dei loro figli. È importante ripensare ad una trasmissione di fede generazionale». «In questo tempo – afferma ancora la religiosa – siamo spinti da una parte ad assumere ad un atteggiamento più missionario e dall’altra siamo invitati ad eliminare completamente l’atteggiamento di chi va in parrocchia a “prendere” un sacramento. Il Signore viene nelle nostre case, possiamo incontrarlo nel nostro quotidiano. Quanto è vero che una fede trasmessa come una dottrina non riempie il cuore e invece quella raccontata come un’esperienza di vita, un parlarsi tra amici, corrisponde alla presenza attuale del Signore risorto.

Così, anche la celebrazione eucaristica non è l’assolvimento di un dovere, ma un punto di partenza e di arrivo di tutta la vita di fede ed ecclesiale: è Gesù che nutre con la sua parola e il suo corpo. Per questo vogliamo offrire, nell’anno che inizia, per tutti i gruppi di catechismo, un cammino unitario sulla liturgia della parola delle domeniche. Sarà il segno del legame di tutta la catechesi con l’Eucarestia. Un itinerario di ascolto della parola intitolato “Chiesa e casa, cammino e pellegrinaggio”: parole care alla diocesi che, nel pieno della celebrazione del giubileo di san Giacomo, rifletterà sull’Esodo con i gruppi di ascolto e terrà stretta l’icona della casa costruita sulla roccia, perché dopo il cammino c’è sempre una soglia da varcare, un luogo dove abitare».

La sfida riparte da educatori e animatori e indicazioni per la ripresa e del progetto unitario diocesano per quest’anno saranno oggetto di alcuni incontri diocesani pensati per i catechisti: «Rammento solo i primi due di una serie – afferma suor Giovanna Cheli, direttrice dell’Ufficio catechistico – il primo rivolto a tutti i catechisti, in programma lunedì 14 settembre 2020 alle 21.15 nell’aula liturgica di Valdibrana, durante il quale sarà presentato l’anno catechistico 2020–2021 (dalle norme ai contenuti, al metodo di lavoro).

Il secondo incontro, lunedì 21 settembre alle 21.15  sempre a Valdibrana, sarà invece per i catechisti e gli animatori dei gruppi di ascolto e avrà come tema “La casa sulla roccia e il cammino dell’Esodo: rifondare la nostra fede condividendola”. «C’è molto da fare – conclude la direttrice – ma sarà possibile solo se in noi matura la voglia e la gioia di essere un po’ più e meglio discepoli del Signore che ci fa strada».

(da “La Vita” del 6 settembre 2020)




Novità e proposte per la Scuola di teologia

L’offerta formativa della scuola diocesana raddoppia e accanto al triennio lancia un secondo ciclo di studi più avanzati

La Scuola di formazione teologica della Diocesi di Pistoia, dall’anno accademico 2020–21, raddoppia la sua offerta formativa. Al tradizionale ciclo di studi triennale, aggiunge infatti un ciclo di studi superiore, articolato in sei anni, ripristinando inoltre, dopo un anno di interruzione, il tradizionale corso monotematico di approfondimento del lunedì.

Il nuovo ciclo di studi superiori è concepito principalmente per offrire una adeguata base teologica a coloro che sono impegnati in qualche forma di ministero nella chiesa, ma ovviamente è aperto a tutti coloro che voglio semplicemente vivere la propria fede con un grado maggiore di consapevolezza e approfondimento.

Il ciclo triennale, oltre ad essere vivamente consigliato per tutti coloro che svolgono il servizio di catechista nelle proprie parrocchie, è un’occasione di approfondimento per chiunque abbia desiderio o curiosità di essere introdotto alla disciplina teologica. E si rivolge, poi, a coloro che sono incerti nella fede, in ricerca o nel sentiero del dubbio, per un confronto aperto e sincero.

La Scuola rilascia i rispettivi titoli finali, previo superamento degli esami di valutazione da parte degli iscritti, esami che, tuttavia, non sono obbligatori.

Il Corso di approfondimento affronta ogni anno un tema appartenente a uno dei quattro ambiti fondamentali della teologia: storico, biblico, sistematico, morale. Il corso è aperto a tutti, senza necessità di essere iscritti ad alcun ciclo di studi, ma la frequenza di almeno un corso di approfondimento è requisito necessario per coloro che intendono conseguire il diploma superiore in sei anni. Quest’anno il corso di approfondimento sarà dedicato alla “divinizzazione cristiana”, prendendo spunto dal libro postumo di Giordano Frosini, dedicato alla riflessione sulla grazia a partire dalla teologia dei Padri della Chiesa.

Il corso sarà aperto da una relazione del vescovo Tardelli il 26 ottobre, le altre lezioni saranno invece ogni volta a cura di un diverso docente. La Scuola intende riscoprire i fondamenti della fede e armonizzarli con le tendenze teologiche più recenti e proporre un aggiornamento sui temi della teologia contemporanea. Non manca di promuovere occasioni di approfondimento teologico extra–curriculari e di produrre materiali didattici e di ricerca. La Scuola intende anche proporre un valido aiuto alla vita pastorale della Diocesi attraverso la possibilità di realizzare corsi in collaborazione con l’Ufficio catechistico ed è disponibile a proporre incontri tematici presso le comunità diocesane in accordo con i parroci.

Le lezioni di quest’anno riprenderanno nel mese di ottobre e saranno precedute da una prolusione di Marco Vannini, filosofo ed esperto di mistica con una relazione dal titolo «“L’anima e Dio sono una cosa sola” (M. Eckhart). La divinizzazione nella mistica» prevista per il 20 ottobre.

A partire dal 22 settembre si svolgeranno invece le lezioni sospese a causa del lockdown per recuperare i corsi interrotti o non realizzati a causa della pandemia.

Le lezioni dei due cicli di studi si tengono nelle sede del Seminario Vescovile di Pistoia (via Puccini, 36) nel giorno di martedì, dalle 20.45 alle 22.15. Ricordiamo anche che le lezioni del corso di approfondimento si svolgono nella stessa sede e con lo stesso orario nel giorno di lunedì.

Le lezioni del ciclo superiore

La Scuola di formazione teologica rinnova la propria offerta formativa. Le novità più rilevanti riguardano il curriculum degli studi del ciclo superiore per cui sono previsti due bienni.

Anno A: Elementi di ebraico, Teologia sacramentaria, Liturgia, Diritto canonico, Mariologia, Sacra Scrittura – Antico Testamento.

Anno B: Elementi di greco, Origini del Cristianesimo e filosofia greca, Teologia trinitaria, Dottrina sociale della Chiesa, Fenomenologia delle religioni, Sacra Scrittura – Nuovo Testamento.

Anno C: Teologia spirituale, Teologia della Grazia, Categorie filosofiche fondamentali per la teologia, Storia del Concilio Vaticano II, Ecumenismo, Bioetica.

Per info: scuolateologia@diocesipistoia.it

(da: La Vita del 30 agosto 2020)




L’eredità viva di Giordano Frosini

Mercoledì 2 settembre un evento in Seminario per ricordare una figura chiave della Chiesa pistoiese. A un anno dalla scomparsa una messa celebrata dal vescovo e diverse iniziative per proseguirne l’opera.

Un anno fa ci lasciava monsignor Giordano Frosini. Teologo, per molti anni vicario generale, docente allo Studio Teologico Fiorentino (oggi Facoltà teologica dell’Italia Centrale), storico direttore del settimanale La Vita, Frosini ha lasciato una traccia indelebile nella storia della Chiesa pistoiese; non è neppure facile mettere in fila tutte le iniziative e le opere che hanno accompagnato il suo ministero.

A distanza di un anno, il prossimo 2 settembre, la Diocesi lo ricorderà in Seminario. Il programma prevede la celebrazione di una messa in suffragio celebrata dal vescovo Tardelli cui seguirà l’illustrazione di tre speciali iniziative.

La prima prevede la presentazione dell’ultimo libro di Frosini. L’ultima opera a cui si è dedicato è infatti una riflessione profonda sul concetto cristiano di “divinizzazione”, un’opera ingente, rimasta incompiuta, per così dire, a poche pagine dall’arrivo. Questo libro (Admirabile commercium. La divinizzazione nei padri della Chiesa, Le Lettere, Firenze 2020), che l’autore stava compiendo con Andrea Vaccaro, vede adesso la luce, proprio nel primo anniversario della sua nascita al cielo.

La seconda iniziativa intende tenere viva la memoria di Frosini nell’ambito dell’approfondimento teologico che don Giordano ha coltivato con l’insegnamento presso la Scuola di formazione teologica diocesana e con l’organizzazione della Settimana teologiche. Don Frosini, nei primi anni ‘80, insieme ad Andrea Amadori e ad Alessandro Suppressa, allora giovani universitari, fondò in città la Fuci (Federazione Universitaria Cattolica Italiana). Nel corso degli anni, la Fuci pistoiese attrasse poco più di una decina di universitari a cui don Frosini donò tempo e un’indimenticabile formazione umana, oltre che teologica e culturale. Come piccolo segno di riconoscenza per quanto ricevuto, alcuni di questi “ex–fucini” si sono impegnati per indire una Borsa di studio “Don Frosini” che premi la tesi di dottorato in Teologia distintasi per il contributo all’aggiornamento teologico, l’aspetto che, probabilmente, don Frosini aveva più a cuore.

La terza iniziativa è frutto dell’impegno e della fatica dei nipoti di don Frosini, Giovanni e Giovanna, e di Lucia Cecchi, bibliotecaria della Leoniana. Il ricco patrimonio librario posseduto da don Giordano non solo non sarà disperso, ma sarà consultabile al pubblico. I numerosissimi testi, che vanno dai libri di testo degli anni ‘30–40 (su cui si formò, giovane seminarista) a quelli di argomento teologico che hanno nei decenni nutrito le sue riflessioni, hanno infatti trovato posto nel piano soppalcato della biblioteca del Seminario. A breve, segnala la dottoressa Cecchi, responsabile della Biblioteca, sarà iniziato il lavoro di catalogazione nell’ambito della rete documentaria provinciale che permetterà di esplorare l’intero fondo con ricerche online.

La serata, compresa la celebrazione eucaristica, si svolgerà nell’aula magna del Seminario di Pistoia a partire dalle 17 di mercoledì 2 settembre.

(da “La Vita” di Domenica 30 agosto 2020)




Il vescovo Scatizzi: un pastore accanto alla gente

Nel decimo anniversario della morte le testimonianze di chi lo ha accompagnato nell’amicizia e nel suo lungo servizio alla Chiesa di Pistoia

Guidò la diocesi dal 1981 al 2006. Uomo di gran cuore, si occupò sempre delle sfide culturali, dei drammi dei poveri e delle famiglie.

 

a cura di Daniela Raspollini

Giovedì 27 agosto il vescovo Tardelli ha presieduto in Cattedrale un messa in suffragio del vescovo Scatizzi a 10 anni dalla sua scomparsa.

«Sarebbe un grave torto al Signore, trascurare la preghiera per chi ha servito e amato la Diocesi di Pistoia», ha ricordato mons. Tardelli nell’omelia per il decennale della morte del vescovo Scatizzi.

L’esigenza di ricordare nella preghiera i vescovi della chiesa di Pistoia e il valore della successione apostolica – il segno del legame diretto con Gesù e la chiesa di oggi – sono i due punti su cui si è soffermato mons. Vescovo nell’omelia, lasciando a don Patrizio Fabbri, vicario generale, un ricordo del vescovo Scatizzi al termine della celebrazione.

La commemorazione di Mons. Patrizio Fabbri, vicario generale

La forte vicinanza nelle vicende delle famiglie frantumate, e la sofferenza sperimentata nella condizione della malattia e della disabilità (OAMI) furono ricordate da monsignor Betori nel giorno delle sue esequie e costituiscono i tratti più conosciuti di Simone Scatizzi vescovo.

L’attenzione alle nuove povertà lo rese sollecito nel cercare soluzioni coraggiose ed innovative nell’ambito dei servizi sociali lasciando una serie di opere e centri operativi che ancora oggi riconosciamo come valida testimonianza di una Chiesa pistoiese profondamente radicata nel tessuto della società.

Non possiamo neppure dimenticare il suo incessante lavoro nel promuovere forme di nuova evangelizzazione valorizzando i ministeri laicali e come appassionato formatore e promotore del diaconato permanente.

Il rischio che corriamo in questo anniversario è quello di elencare le numerose cose da lui iniziate col pericolo di dimenticarne qualcuna.

Credo invece sia per tutti noi motivo di attenta riflessione l’eredità che ci ha lasciato Mons. Scatizzi. Dobbiamo ammetterlo: a volte fatichiamo a portarla avanti o a farla fruttificare in modo che diventi patrimonio di tutti.

Le tante opere nell’ambito caritativo più che un peso sono un continuo stimolo per rimanere attenti alle nuove e vecchie povertà; una sfida per non accontentarsi del compimento del semplice dovere ma sempre svegli e attenti ai segni dei tempi che ci inquietano e che ci spingono a trovare risposte di condivisione e di prossimità.

Il riconoscimento di cittadino onorario deliberato dal Consiglio Comunale di Pistoia nel maggio 2001 attesta questo impegno di collaborazione che Mons. Scatizzi seppe costruire nel rispetto e nel dialogo tra le istituzioni.

Due esempi tratti dalla sua vita accanto alle persone.

Il vescovo Scatizzi diceva spesso: «un proverbio africano ricorda che per crescere un figlio occorre un villaggio, ma io aggiungo che per crescere un figlio occorre una famiglia. La Chiesa ha difficoltà a capire questo e impegna tante forze per educare i giovani in età catechetica, ma non spende molte energie per la famiglia che è alle radici di questa educazione». Prima di morire il suo messaggio è stato «non abbandonate le famiglie. La Chiesa non se ne accorge, ma ha tanto bisogno dei coniugi e della “piccola chiesa” che solo per mezzo di loro può vivere».

Vorrei anche lasciare un piccolo ricordo personale. Averlo conosciuto come il Vescovo che mi ha odinato e mi ha affidato i primi incarichi nel ministero conserva sempre un certo fascino e anche un rapporto di figlio e padre nella fede.

Quando era ricoverato in ospedale poche settimane prima di morire, Milena, la moglie di Adolfo (il suo segretario) organizzò dei turni di assistenza e chiamando anche noi preti, una notte toccò a me. Lui era sempre lucido e nel pieno possesso delle sue capacità mentali.

Ebbi la forza di ringraziarlo per un fatto lontano del mio cammino. In un tempo in cui la mia ricerca vocazionale faceva fatica a procedere e mostrava delle lacune lui ebbe tanta pazienza con me. Incoraggiandomi e sostenendomi seppe aspettare tempi migliori che poi arrivarono come approdo nella scelta di entrare in Seminario.

Volli ringraziarlo per la pazienza che aveva avuto in un tempo in cui forse non la meritavo. Mons Scatizzi sapeva fermarsi accanto alle persone nei loro momenti bui, comunicando fiducia nel Signore che non abbandona.

Attraverso di lui, come è stato per tanti altri, posso dire di aver sperimentato la verità del salmo: «Tu mi hai dato il tuo scudo di salvezza, la tua destra mi ha sostenuto, la tua bontà mi ha fatto crescere» (Salmo 18,36-37).

L’eredità e la memoria del vescovo Simone

Tanti ricordi per rileggere un lungo e fecondo episcopato

 

È incredibile come il tempo abbia una doppia valenza: è lungo sulle brevi distanze, è breve sulle lunghe distanze. Un’ora, una giornata sembra non passare mai. Poi uno si volge indietro e ha l’impressione che 10 anni siano passati in un soffio. È sempre viva nella memoria quella notte in cui don Simone si è abbandonato nel tenero abbraccio del Padre, del suo Amato. «… Stai certo: non mi stancherò di morire, stanco come sono di vivere lontano da Te, MIO AMATO». Questo recita una strofa di una poesia del suo libro: Abitare la vita. Abitare l’amore.

Si potrebbe scrivere un libro sulla sua vita, forse non basterebbe, e chissà che un giorno non lo faremo, per descrivere la forza e la grandezza di questa persona, dare un senso alla grande eredità morale e spirituale che ci ha lasciato. Un libro che ci possa aiutare a capire il significato profondo delle sue opere e qual è stato il motore che lo ha spinto a questa assoluta attenzione per gli ultimi, gli emarginati, coloro che soffrono di qualsiasi pena sia fisica che morale. Un uomo che in qualche modo aveva incontrato Dio e lo aveva accolto dentro di sé. Ma facciamo un passo alla volta. Intanto, prossimamente, proprio in occasione di questo 10 anniversario daremo alle stampe un testo che raccoglierà otto lezioni, tenute a Giaccherino nel lontano 1989, sulla preghiera. Cassette registrate e custodite gelosamente dalle suore Clarisse che a quel tempo abitavano il convento. Le abbiamo sbobinate e trascritte, con non poca difficoltà, e ora sono pronte per essere concretizzate in un libro di grande utilità per chi vuole approfondire il significato della preghiera.

Raccogliamo volentieri alcune considerazioni spontanee e sgorgate dal cuore che vogliono ricordarci questo grande vescovo che per 25 anni ( dal 1981 al 2006 ) ha guidato la nostra diocesi e che senza alcun dubbio sotto la sua guida è stata un cantiere sempre attivo di iniziative. Basta ricordare: gli anziani, i portatori di handicap, i bambini, i poveri, il lavoro, gli immigrati, le donne giovani madri in difficoltà, le coppie separate e divorziate e sopra ogni cosa, la famiglia.

Guido e Franca Sardi

 

Monsignor Simone Scatizzi è stato nostro fratello, cognato, zio ….attento, affettuoso, si meravigliava davanti alle piccole cose e ci faceva meravigliare, sempre disponibile senza risparmio, accogliente, pronto ad ascoltare, si spendeva totalmente in quello in cui credeva dando sempre il meglio di se stesso agli altri, coerente tra quello che diceva e quello che faceva. Davvero il suo stile di vita e la sua preziosa eredità! Tutto ciò pervaso comunque dal rigore con cui sosteneva le sue verità di fede, il valore della persona, degli ultimi, della vita, della responsabilità sociale in alternativa ad una deriva egoistica; questo davvero spesso lo preoccupava! È stato un testimone anche per tutti noi familiari, con la sua scelta di povertà fino agli ultimi giorni come un discepolo e con la sua serenità di fronte alla morte.

Famiglia Scatizzi

 

Parlare di Mons. Scatizzi vuol dire per me ritornare agli anni in cui, impegnata nell’Azione Cattolica prima e nel Centro Famiglia dopo, ero da lui guidata, illuminata,stimolata. Quando arrivò a Pistoia ed ero in procinto di lasciare ogni incarico per consegnare ad altri, più giovani e più preparati, le varie mansioni fui invece da lui spinta a confermare il mio servizio alla Diocesi con consapevolezza e senso di responsabilità. Così proseguii il mio cammino.

Mons. Scatizzi era un vero Pastore, dedito alla cura quotidiana delle sue “pecore”, tralasciando (e questo era per me un atteggiamento nuovo, dati i tempi) ogni tipo di autoritarismo e di distanza perché concepiva il suo ministero come una dedizione continua agli altri e come una ricerca continua di iniziative adatte alle nuove esigenze. Per questo si aprì con intenso zelo ai problemi della famiglia, spesso non privi di criticità, per questo volle aprire un Centro dedicato, nelle diverse sfaccettature, alla situazione della vita familiare. Era sempre pronto ad aiutare la soluzione di ogni problema; nei vari interventi e negli incontri di spiritualità sapeva “tradurre” il messaggio evangelico, che pur richiederebbe “parole alte” in espressioni comprensibili a tutti. “ Il Signore è padrone anche dell’impossibile” diceva di fronte a certi scoraggiamenti e “Dio sa scrivere diritto anche sulle righe storte” se avvertiva sgomento e preoccupazione.

Indubbiamente la sua presenza a Pistoia ha segnato un nuovo stile di adesione alla vita cristiana e aperto significative prospettive di lavoro.

Tommasina Caselli Mandorli

 

Non sappiamo se Mons. Simone Scatizzi avesse letto A Study of History, la grandiosa teodicea del pensiero religioso cristiano, di Arnold J. Toynbee. Ma ne conosceva certamente la tesi fondamentale: ossia che la religione è il campo più importante di qualsiasi altro nell’intera serie della vita umana. Essa ha profondamente forgiato la civiltà occidentale, al punto che anche un filosofo laico come Benedetto Croce rivendicava a se stesso il nome di cristiano (Perché non possiamo non dirci “cristiani”). E, sulla sua scia, pensatori laici di oggi possono rivendicare come proprio valore il primato dell’essere sull’avere, dei beni spirituali in confronto ai beni materiali. Ci suggerisce questa considerazione il fatto che in un giorno di fine maggio del 1982, Mons. Simone Scatizzi prese l’iniziativa di organizzare a Villa Rospigliosi il primo di una serie d’incontri con gli uomini di cultura della città. Si rivolgeva a quel mondo, che egli supponeva pervaso dalla ricerca della verità, con lo scopo di riportare la Chiesa pistoiese al centro del dibattito culturale cittadino. Intendeva con ciò dibattere con gli intellettuali il collegamento tra fede e cultura, la connessione evidente tra le manifestazioni del pensiero di una civiltà e la sua fede, attraverso la consapevolezza della trascendenza. La volontà di Mons. Scatizzi era quella di riaffermare con forza la consonanza tra fede e ragione. Ciò testimonia la Sua lungimiranza e la Sua apertura culturale. Ma c’è un altro aspetto della complessa personalità di Monsignore che ci preme sottolineare ed è la profonda e delicata sensibilità, quella sensibilità che lo ha portato ad esprimere la fede con forza appassionata, nelle forme ispirate e commosse della poesia. Molte le citazioni dei suoi versi che potremmo fare. Ci limitiamo ad una che rappresenta tutta la passione e la forza anelante della creatura verso il suo Creatore: «Signore, mio Eterno,/mio Unico, mio Santo,/mia ricercata Salvezza/soltanto la tua parola,/ dipana la mia aggrovigliata esistenza;/ la tua sola Sapienza/può liberarmi dall’angoscia/delle mie tenebre».

A questi versi rispondiamo, in segno di omaggio, con quelli di un poeta che presenta nella sua poetica aspetti simili a quelli di Monsignore, Francis Jammes, appartenente alla luminosa pleiade degli scrittori cattolici francesi: «Eccomi. Sono soltanto un uomo. Io guardo/Sei Tu che rischiari la notte nei miei occhi/ e senza di Te ogni cosa è insana e disperata./ L’anima grida. Ha la nostalgia dei Cieli».

Giorgio e Piera Petracchi

 

Nel 1987 Mons. Scatizzi manifestò il desiderio di dare vita ad un Centro di Coordinamento dei servizi per la famiglia già esistenti in Diocesi (Consulenza familiare e Centro di aiuto alla vita) che ne organizzasse anche di nuovi in un orizzonte più ampio. Grazie alle favorevoli circostanze della disponibilità di locali delle suore Figlie della Carità, l’impegno di un gruppo di laici, l’aiuto della Cassa di Risparmio prima e della Fondazione poi, nacque il Centro Famiglia S.Anna. Luogo dove la pastorale familiare si concretizzava in una serie di uffici e iniziative per stare accanto alle famiglie in difficoltà dai vari punti di vista del vivere quotidiano: problemi di coppia, educazione dei figli, scuola e famiglia, anziani, bambini e ragazzi problematici, aiuto e sostegno alla vita, sostegno alle mamme perché potessero portare a termine maternità difficili o contestate.

Il Centro famiglia iniziò la sua attività nel maggio del 1988 grazie a persone disposte al volontariato e provviste di titoli professionali qualificati come ginecologi, psicologi, pedagogisti, consulenti familiari, avvocati , giuristi, insegnanti … persone giovani e meno giovani disposte a fornire alle famiglie un supporto concreto e scientificamente valido. In quegli anni poche Diocesi in Italia erano in grado di offrire qualcosa di simile! Era un’idea all’avanguardia e come ebbe a dire Mons. Scatizzi nel ventennale del Centro «seguendo in particolare le indicazioni che ci giungevano da Giovanni Paolo II, le intenzioni erano proprio queste, partendo dai Misteri dell’Incarnazione e della Resurrezione: rendere un servizio cristianamente ispirato a chiunque lo richiedesse o ne avesse bisogno, essere come Chiesa, inserita nella vita e nella storia, soprattutto delle persone più fragili; esprimere in armonia con i tempi e la cultura, l’Amore del Padre per ogni essere umano. L’intenzione era non tanto di fare un servizio sociale anonimo , ma un atto di carità che giungesse al cuore delle persone nella concretezza del loro vissuto».

All’inizio il Centro comprendeva la Consulenza Familiare, il servizio Psico-Pedagogico e il Centro di aiuto alla vita, nacque poi il Telefono Amico per far fronte a solitudini e disagi, e il Servizio giovani. Ogni domanda ha avuto la sua risposta, indipendentemente dal quadro culturale di appartenenza, anche indirizzando, quando necessario, alle risorse presenti sul territorio. Nel corso degli anni si è sentita l’esigenza, da parte della pastorale diocesana, di convogliare al Centro anche la sede della Pastorale familiare, della Pastorale degli Anziani, le associazioni legate alla famiglia AGe , AGESC, Associazione per l’Accoglienza, Associazione per i Diritti della Famiglia. Tutte queste associazioni hanno collaborato nel corso degli anni anche alla realizzazione dei convegni annuali promossi dal Centro su tematiche inerenti la vita e i compiti familiari. Oltre a ciò, in particolare l’Associazione per i diritti delle famiglie, ampliando i propri compiti istituzionali, ha offerto e offre, tramite i suoi soci avvocati, consulenza legale gratuita con cadenza quindicinale.

Le coppie separate e in corso di separazione, che Mons. Scatizzi aveva particolarmente a cuore, e per le quali in altra sede forniva momenti di riflessione e di spiritualità, trovano al Centro già da diversi anni un aiuto attraverso percorsi di Mediazione familiare per i genitori e Gruppi di Parola per i loro figli. Al lavoro di counseling e di orientamento il Centro affianca anche azioni con funzione formativa, preventiva e di accompagnamento: incontri con adolescenti, corsi per genitori, corsi di preparazione al matrimonio , incontri per anziani, incontri di spiritualità, tenuti al centro stesso o presso Parrocchie, Scuole e varie istituzioni che ne fanno richiesta. Queste azioni, come nelle intenzioni del fondatore, hanno la funzione fondamentale di sostenere la famiglia in tutte le sue età e manifestazioni. I Convegni, le Tavole rotonde e le Ricerche sulla famiglia, anche grazie all’attività del Centro studi sulla famiglia, (anch’esso voluto da Scatizzi), sono state promosse negli anni dal Centro S.Anna per analizzare i bisogni delle famiglie e del contesto in cui si opera, per tener vivo il dibattito e stimolare una progettualità aderente alle reali necessità.

L’ opera di Mons. Scatizzi prosegue ancora ed è ancor più necessaria perché sono aumentate le richieste di sostegno da parte di persone appartenenti a ogni categoria e status , dati i tempi in cui viviamo così complessi e contraddittori, tempi nei quali la fragilità umana è più tangibile e messa alla prova. Monsignore era stato lungimirante nella sua scelta di occuparsi della famiglia, che negli ultimi anni attraversa pericolose fasi di disgregazione, e il Centro Famiglia continuerà a rappresentare e difendere con coraggio e amore ciò che il vescovo aveva a cuore.

Centro Famiglia Sant’Anna

 

Ricordare Monsignor Scatizzi è innanzitutto l’onore ed il privilegio di averlo conosciuto,anche se come paziente. Ed è stato però proprio grazie a questo che ho potuto conoscere l’uomo, la profondità e la forza di quell’animo che si identificava totalmente con la sua missione. Ricordo quando mi diceva senza perifrasi che affrontava con naturalezza la fine della vita perché aveva vissuto come voleva. Talvolta toglieva l’imbarazzo dalle mie labbra precedendomi con la disamina del suo stato di salute, talvolta mi parlava della bellezza, la bellezza del mondo che egli cercava di fermare nelle sue pagine scritte, quella bellezza che ci avrebbe salvato (citava Dostoevskij). Talvolta mi chiedeva, sofferente ma sempre dignitosissimo, di non agire più perché era impaziente, era curioso di vedere al di là… lui sentiva che lo aspettavano.

Grazie, Monsignor Scatizzi, di questa superba lezione di vita.

Carla Breschi

 

Prima dell’ordinazione episcopale Monsignor Scatizzi era vicario generale della Diocesi di Prato ed assistente diocesano dell’Ac. In tale veste è stato più volte invitato nel nostro gruppo, formato da nove coppie di sposi, a trattare temi di spiritualità famigliare di cui era particolarmente competente ed appassionato. L’amicizia e la stima reciproca che si è creata in quegli anni è proseguita anche durante il suo episcopato a Pistoia. A riprova di quanto sopra ricordiamo che agli incontri con il vescovo organizzava mensilmente a Giaccherino per le famiglie, la presenza dei “pratesi” era assidua e consistente.

In occasione del 25° del gruppo, arricchitosi nel frattempo di un bel numero di figli e figlie, monsignor Simone ci accolse alla Villa Rospigliosi e trascorse con noi una proficua e gioiosa giornata, accettando più che volentieri di comparire nella foto ricordo. A distanza di 10 anni dalla morte, lo ricordiamo con affetto e tanta riconoscenza.

Famiglia Gori

 

Non potremo mai dimenticare quanto Monsignor Scatizzi ha fatto per noi donne del Movimento Italiano Casalinghe di Pistoia.

Non solo ci ha seguite con attenzione ed affetto sin dalla nascita dell’associazione a Pistoia ma ci ha anche costantemente incoraggiate e aiutate nella nostra attività, fino a metterci a disposizione due sale del palazzo Rospigliosi perché potessimo allestire il museo del ricamo, centro fondamentale per valorizzare le nostre conoscenze e le nostre capacità tradizionali, attraverso corsi di ricamo, esposizioni ed occasioni di riflessione a cui è sempre stato presente, sostenendoci anche nel nostro percorso di fede.i sembra quindi prezioso per tutti trascrivere qui un breve brano tratto da una delle numerose che ci ha inviato, perché testimonia, assai meglio di quanto potrei fare io, la sua sensibilità e attenzione verso una realtà femminile assai poco valorizzata: «In questo contesto culturale, in cui la famiglia, e di conseguenza il ruolo della donna all’interno della casa, è sottovalutata se non addirittura denigrata e rifiutata da più parti, la vostra azione controcorrente è opportuna e necessaria e quindi da sostenere con tutti i mezzi convenienti. Mi auguro che la società, anche mediante la vostra azione, sappia ricuperare non solo dignità alla casalinga ma anche riconoscerne i diritti».

Anna Maria Michelon Palchetti

Fare memoria di mons. Simone Scatizzi è un dovere morale.

Per la sua fede, testimoniata con coerenza per tutta la vita, per la sua speranza, che l’ha animato anche nei momenti più difficili e complessi, per la sua carità, che gli è stata compagna nei suoi costanti incontri con i poveri e gli emarginati, con gli ultimi. Desideriamo ricordarlo, in particolare, per quanto da lui fatto per la pastorale familiare, in anni nei quali la famiglia è stata (ed è ancor più oggi) gravata di compiti e responsabilità e costituisce il patrimonio al quale la società, e spesso anche la Chiesa, attingono, dimenticando che essa non è una risorsa infinita, ma soggetta ad esaurirsi se non adeguatamente sostenuta, anche, e forse soprattutto, dal punto di vista morale e spirituale. Da questa consapevolezza è nato l’impegno di mons. Scatizzi per la pastorale dei divorziati e delle coppie lacerate da momenti di crisi, di difficoltà o da separazioni.

Partendo dalla Familiaris consortio e da tutto il magistero di San Giovanni Paolo II, mons. Scatizzi ha dato vita a più gruppi di spiritualità familiare che hanno coinvolto decine di coppie di sposi che si riunivano una volta al mese per pregare, ascoltare la sua riflessione, profonda ed avvincente, e scambiarsi, poi, le esperienze con sincerità di cuore, per concludere la serata con un momento di convivialità non meno importante degli altri, lui diceva, per creare il senso di appartenenza e rafforzare la condivisione. Chi ha partecipato ha vissuto momenti di chiesa domestica, che, per certi aspetti, come amava dire mons. Scatizzi, percorrevano la strada che aveva permesso alla Chiesa primitiva di svilupparsi, passando di casa in casa, crescendo di esperienza in esperienza.

A distanza di tempo, molte coppie oggi ricordano con commozione quei momenti, che fanno parte della loro crescita spirituale di coppia, che sono stati un intenso scambio di esperienze, che hanno permesso di conoscere meglio se stessi e il “noi” della coppia. Per la pastorale dei separati e divorziati, mons. Scatizzi desiderò costituire un gruppo di coppie, appositamente formate, che collaborasse attivamente con lui perché, diceva, le coppie in crisi o chi ha sperimentato il dolore di una separazione, ha sì bisogno di una guida spirituale per affrontare un percorso di riflessione, ma ha altresì bisogno di farlo con altre coppie per condividere e non sentirsi ai margini della Chiesa. L’esperienza raccolse subito un buon successo di persone provenienti anche da altre diocesi: gli incontri si articolavano attraverso le catechesi e le riflessioni di mons. Scatizzi, ispirate alla parola di Dio, al magistero e ai documenti della Chiesa, e poi si aprivano alla condivisione.

Mons. Scatizzi ascoltava con attenzione, con rispetto profondo, consigliava, esortava, era partecipe ed invitava tutti all’empatia nei confronti di fratelli o sorelle lacerati da errori commessi, da ingiustizie subite, da incomprensioni, da tradimenti. Aveva sempre una parola di conforto non scontata e capace di suscitare speranza. Desideriamo ricordarlo così, profondamente uomo, ma soprattutto profondamente uomo di fede.

Paolo e Luciana Bellezza

 

Ricordo che andai a trovarlo, in ospedale, subito prima di partire per una vacanza: restammo che ci saremmo visti, per una certa cosa, a fine agosto. Ricordo le parole scambiate, in quella cameretta. Rivedersi non fu possibile.
Ricordo la corsa folle, in auto, da lontano, per poter essere a Pistoia in tempo per l’ora del funerale del vescovo Simone.
Ricordo il suo impegno nel sociale, nel politico, nel prepolitico. Ricordo la fiducia che mi dette e mantenne per la direzione dell’ufficio comunicazioni sociali.
Ricordo quella ingiusta polemica che lo investì, anche sui grandi giornali, dopo la franchezza di alcune sue parole male interpretate e forse pure male espresse.
Ricordo l’allegria mista a tristezza durante quel pranzo, su in montagna, quando finì il suo mandato. Ricordo la sua capacità di usare il linguaggio della poesia. Ricordo, e conservo, i suoi ricordi scritti su tanti parroci passati a miglior vita.
Ricordo il suo stare nella Chiesa conciliare. Ricordo certe polemiche, certe divisioni, certe situazioni difficili, certi suoi dolori che – ero fra i delegati al convegno di Verona – accelerarono l’arrivo di un nuovo vescovo, scelto con un nome emblematico per affrontare una situazione complessa.
Spesso, durante la Messa, quando il celebrante cita il nome del vescovo oggi in attività, ricordo (portato … dell’età) quando il celebrante diceva “il nostro vescovo Mario” e poi “Simone” e dopo “Mansueto”.
Mauro Banchini



Beata Caiani: un giubileo per i 100 anni dalla morte

A partire dal prossimo 8 agosto saranno celebrati i cent’anni dalla morte della francescana Maria Margherita, che fu fondatrice delle minime del Sacro Cuore. Una gigante della fede e della storia della diocesi

Margherita Caiani, suora francescana di Poggio a Caiano, fondatrice delle Minime del Sacro Cuore e proclamata beata da Giovanni Paolo II nel 1989, sta per compiere i primi cento anni dal suo dies natalis: in termini umani il giorno della morte, per i cristiani il giorno della nascita in Cielo.

 

Accadrà l’8 agosto 2021, ma un anno prima (sabato 8 agosto 2020) le sue suore inizieranno l’anno del centenario preparandosi entro le tante case dell’Istituto, in Italia e all’estero, ma anche preparando le rispettive comunità, ecclesiali e civili, a un appuntamento così importante. La partenza è questo sabato 8 agosto di un anno purtroppo caratterizzato dalla pandemia virale con una Messa presieduta dal vescovo Fausto Tardelli. Si prosegue per tutto l’anno con iniziative predisposte da un apposito gruppo di lavoro sotto la guida di suor Salvatorica Serra, madre generale dell’Istituto.

 

La celebrazione eucaristica che avvia il centenario si svolgerà all’aperto, nel rispetto delle regole di distanziamento oggi obbligatorie, e sarà ospitata nel piazzale, interno alla Casa madre di Poggio a Caiano, adiacente alla chiesa, con inizio alle ore 21. Sarà distribuito un fascicolo con 365 preghiere, una per giorno: 365 frasi, tratte dalle lettere di suor Margherita, che in ogni Casa dell’Istituto ogni Superiora leggerà al momento della benedizione mattutina, durante la colazione, dando a ciascuna religiosa un ulteriore modo per fare memoria della Fondatrice. Chiunque potrà compiere, nella propria abitazione, un gesto analogo «rinsaldando così – sottolinea madre Salvatorica – il rapporto di vicinanza con la beata riscoprendone l’importanza umana e spirituale e lo spessore incisivo anche ai giorni nostri».

 

Prima della Messa saranno proiettate immagini di un servizio tv girato a Roma, in piazza San Pietro, il 23 aprile 1989 durante la cerimonia di beatificazione della religiosa poggese.

 

Nata il 2 novembre 1863 da Luisa Fortini e Jacopo, fontaniere della Villa Medicea, Maria Anna Rosa Caiani in famiglia era chiamata “Marianna”. Colpita fin da piccola da grandi dolori familiari, iniziò presto il cammino di fede seguendo una vocazione che la condusse non alla clausura ma alla vita attiva e, in particolare, al servizio verso i più deboli: la gente del popolo, gli ultimi, i malati, i senza speranza. Con le sue prime cinque compagne, il 15 dicembre 1902 (diventata suor Maria Margherita del Sacro Cuore) fondò un nuovo istituto religioso: le Minime del Sacro Cuore. Il carisma delle “Minime” si affermò presto in tutta Italia e si caratterizzò, nello spirito originario, anche con gesti coraggiosi e, per il tempo, innovativi: non ebbe ad esempio remore, suor Margherita, a inviare le sue giovani suore anche negli ospedali militari durante la grande guerra.

Mauro Banchini

(da La Vita del 26 luglio 2020)




Alla scuola dell’apostolo San Jacopo

Nella lettera pastorale del vescovo Tardelli un invito a «pregare, ripensare e continuare ad amare» dopo la pandemia

«Alla scuola dell’apostolo Jacopo». Questo il titolo della lettera pastorale consegnata alla Diocesi al termine della messa pontificale del 25 luglio. Titolo accompagnato da tre verbi significativi che nascono tutti dalle vicende di questi ultimi mesi: «pregare, ripensare e continuare ad amare».

Il prossimo anno pastorale sarò particolarmente segnato dall’anno santo iacobeo 2021. Come sarà «ancora non è semplice dirlo — scrive Tardelli nella sua lettera —, soprattutto per quanto riguarda l’organizzazione dei pellegrinaggi alla santa reliquia. «Una cosa però ve la posso dire: l’apostolo San Giacomo sarà il nostro punto di riferimento. Lo sarà il suo essere stato alla scuola di Gesù, vicinissimo a Lui, l’essere stato inviato in missione, la sua testimonianza fino al martirio, il suo legame con la nostra città e diocesi».

Pregare

Il tempo difficile che stiamo attraversando ci dice che c’è urgenza di conversione, di radicamento sull’essenziale. Monsignor Tardelli invita a farlo fin dal primo punto della lettera intitolato «pregare», indicando le parole di Gesù che parlano di una «casa fondata sulla roccia». l brani da meditare si recuperano nel Vangelo di Matteo (7, 24-29) e in quello di Luca (6,46-49) e sono accompagnati da piste di lettura e indicazioni per la vita spirituale e che possono essere un buon esercizio da svolgere in questo tempo estivo. Una lettura non proprio da ombrellone, ma senz’altro “orante”, cioè nella preghiera. Preghiera che permea la relazione con la parola di Dio e che trova forma ed espressione nella liturgia, in particolare in quella eucaristica. Di Messa e di Messe ne abbiamo parlato e sentito parlare a lungo in questi mesi: ne abbiamo capito l’importanza e la centralità? Tardelli invita a pensarci per superare la Messa fatta di «abitudine» per riscoprirla «momento vivo del convenire di una comunità attorno a Cristo, nella lode del Padre». Ci aiuterà anche la prossima uscita della nuova edizione del Messale Romano, quella che prevede la nuova formulazione del Padre Nostro.

Ripensare

Pregare, dunque, e poi «ripensare», tornare cioè alle difficoltà di questi mesi, provando a rileggerle alla luce di Dio. Tempo di crisi ma anche di opportunità —afferma il vescovo – che prova a elencarne alcune, dal «vivere il tempo diversamente» al «fare “meno” ma fare “meglio”», ma anche «l’importanza della Chiesa domestica» e «quanto sia importante stare uniti, come presbiterio, col vescovo, coi parrocchiani». Qualcosa c’è pure da ripensare: il sinodo diocesano ad esempio, necessariamente rimandato a data da destinarsi, ma anche da aggiornare «prendendo in seria considerazione ciò che è accaduto in questo tempo», ma anche l’importanza e il ruolo della famiglia nella comunità cristiana a cui Tardelli dedica uno dei passaggi più forti della lettera pastorale. Un compito e un dono, quello di essere “Chiesa domestica” che chiede di essere compreso e accordato con la vita parrocchiale. C’è da ripensare anche l’iniziazione cristiana, non soltanto attraverso delle indicazioni più generali relative alla modalità della ripresa, da portare avanti «tutti insieme su una base comune e condivisa», ma anche con l’illustrazione delle norme per la celebrazione di comunioni e cresime. Sacramenti molto attesi dalle famiglie, ma da svolgere con le opportune misure di sicurezza: in piccoli gruppi, magari scaglionati di domenica in domenica e anche in modalità un po’ diverse, visto che ai parroci, per esempio, sarà conferita la delega per amministrare la cresima nelle rispettive parrocchie. Pure queste sono da ripensare — appunta il vescovo — secondo differenti «modalità strutturali di presenza e di testimonianza della Chiesa nei nostri territori», anche «con soluzioni innovative e coraggiose», pure, — aggiunge — «con una certa urgenza».

Continuare ad amare

Pregare, ripensare e «continuare ad amare» suggerisce il vescovo nell’ultima parte della lettera. «Continuare» perché molto si fa nell’ordinario e ancora di più è stato fatto in questi mesi. La pandemia ha aperto nuovi fronti: «sul piano psichico, sollevando paure, senso di importenza, incertezze sul futuro», fragilità e inquietudini con cui dovremmo imparare a confrontarci e che segnalano anche nuovi ambiti di missione per la Chiesa di oggi.

u.f.

Scarica e leggi la Lettera pastorale 2020/2021




Rapporto Arpat: la preoccupazione della diocesi

«Evitare allarmismi, ma la situazione è seria. Indirizzare il dibattito su soluzioni concrete per ridurre l’impatto ambientale, anche attraverso la creazione di marchi».

PISTOIA – 21/07/2020 A seguito dell’ultimo rapporto Arpat sulla situazione delle acque in provincia di Pistoia si sono nuovamente riaccesi i riflettori sui problemi di inquinamento nel settore “green”, in particolare con la massiccia presenza dell’erbicida Glifosate nelle acque superficiali.

Preoccupano in particolare le note del rapporto: «È possibile affermare che il superamento degli Standard di Qualità ha interessato un significativo gruppo di corpi idrici, per i quali sussiste un concreto rischio di non raggiungimento degli obiettivi di qualità previsti dalla normativa comunitaria, nazionale e regionale. Si fa presente che diversi obiettivi non raggiunti sono stati già oggetto di proroga, con scadenza prevista per il 2021».

L’ultimo monito dell’Arpat preoccupa anche la Chiesa di Pistoia, negli ultimi anni sempre attenta alle dinamiche sociali ed economiche e sui relativi risvolti sociali e i loro impatto sul futuro.

Quella del vivaismo è una realtà fondamentale, strettamente legata a Pistoia e al territorio della piana. Questa realtà imprenditoriale, radicata da oltre un secolo, nonostante la crisi economica degli ultimi anni, ancor più quella recente, continua a garantire lavoro e dignità a migliaia di famiglie, rappresentando un importante volano di sviluppo ed esprimendo alti valori di professionalità e competenze insieme ad una indiscussa capacità imprenditoriale, ha permesso l’espandersi del comparto del verde fino a raggiunge ben 56 Paesi del mondo.

L’industria del verde ha plasmato il paesaggio con un innegabile e significativo impatto sull’ambiente per l’utilizzo massiccio di risorse quali acqua e terra, come evidenziano da tempo gli annuali rapporti di ARPAT. Non meno preoccupanti sono i dati relativi all’inquinamento da sostanze chimiche del suolo e delle acque, sia superficiali che di falda, che fanno temere ricadute pesanti e prolungate nel tempo. Probabilmente un prezzo davvero alto in termini ecologici.

Il richiamo alla finitezza delle risorse naturali presente nell’Enciclica “Laudato si” torna insieme all’invito già rivolto da mons. Tardelli ai vivaisti: guardare in faccia la realtà evitando le tentazioni di sfruttare tutto quanto il Creato mette a disposizione. Un richiamo alla responsabilità di ognuno e di ciascuno a riflettere sui limiti alla presunzione manipolatrice dell’uomo e alla salvaguardia delle risorse in particolare le generazioni future.

Fuori da allarmismi, occorre riflettere ed agire prima che sia troppo tardi.

Su questo punto vogliamo condividere alcuni auspici per stimolare il dibattito e indirizzarlo verso soluzioni da perseguire sulla via della sostenibilità. In primo luogo, come già affermato dal vescovo in molte occasioni, è ormai urgente che si creino sinergie importanti fra le aziende per investire maggiormente in ricerca e sviluppo, in particolare per la creazione di strumenti, finanche veri e propri marchi di filiera, che certifichino i prodotti pistoiesi come “Water Bio”. Inoltre, per fronteggiare la drammatica crisi dei “piccoli” vivaisti, specialmente in questo contesto di crisi generale, la Chiesa di Pistoia e il suo vescovo chiedono ai tavoli di lavoro, alle categorie tutte, alle istituzioni e agli istituti di credito, di ideare strumenti ad hoc per l’aiuto alle microimprese del settore green, senza alcun dubbio le più colpite oggi e le più in difficoltà nel trovare risorse idonee da investire nella ricerca e nello sviluppo di processi e prodotti con minor impatto ambientale.




Il luglio pistoiese anima l’estate

Attorno alla reliquia portata da Sant’Atto vive e cresce la fede

La tradizione diventa vita e accompagna la città a raccogliersi attorno San Giacomo apostolo.
 
Giovedì 16 alle 18
presso la Basilica della Madonna dell’Umiltà, messa nei primi vespri della festa della Beata Maria Vergine dell’Umiltà. Qui è possibile scaricare il proprio diocesano della liturgia delle ore.
 
A seguire corteo storico con la veste rossa di San Jacopo fino in Piazza del Duomo. Qui i Vigili del Fuoco copriranno col mantello rosso la statua di san Jacopo sulla facciata della Cattedrale.
 
Il rito che dà inizio alla novena del santo patrono.
Tutti i giorni alle 18 messa in Cattedrale e a seguire venerazione della Reliquia di San Jacopo
 
Venerdì 24 luglio
Ritrovo alle 20.45 in Piazza San Francesco. Da qui si svolgerà la processione di San Jacopo fino alla Cattedrale.
 
Sabato 25 luglio, Solennità di San Jacopo
alle 10 le lodi, alle 10.30 accoglienza del corteo storico
con la processione dei ceri, quindi alle 11 santa messa pontificale presieduta da S.E. Mons. Fausto Tardelli.