Sorella Elisabetta: un’eremita a Montalbiolo

Giovedì 11 ottobre, nell’ambito della rassegna “i linguaggi del divino” – Rinascere dall’alto, sarà a Pistoia Antonella Lumini, eremita “metropolitana” di Firenze, che insieme a Paolo Rodari racconterà la sua esperienza di silenzio e preghiera. Non tutti, però, sanno che l’esperienza eremitica è presente anche nella nostra diocesi.

A cura di Daniela Raspollini

Da circa un anno, nella canonica della chiesa di S. Lorenzo, a Montalbiolo (Carmignano) vive sorella Elisabetta, una donna consacrata che ha scelto di vivere la sua vita nella solitudine e nel silenzio, dando vita ad un piccolo eremo.

L’eremo di Montalbiolo è un luogo di silenzio, di preghiera continua, di adorazione, dove molte persone vanno per trovare uno spazio di riflessione, di preghiera, di accompagnamento spirituale. Vogliamo raccontare la storia di Sorella Elisabetta che appare singolare in questo nostro tempo cosi frenetico, dove non c’è spazio per il silenzio.

Sorella Elisabetta come è nata la tua vocazione?

È nata molti anni fa, quando avevo 17 anni, l’età delle grandi domande sul senso della vita, sul proprio futuro, sul per che cosa vale la pena giocarsi la vita.

Ricordo che un giorno un’amica mi chiese: “ma tu cosa cerchi?” e dal cuore mi sgorgò una risposta immediata: “Dio”. E dalla risposta a quella domanda non mi sono mai più allontanata.

La ricerca di Dio, dell’intimità con Lui, alla quale mi sono sentita da subito fortemente chiamata, non mi ha mai abbandonata, ed è stata la grazia più grande della mia vita.

Da quanti anni hai scelto di vivere da eremita?

Da subito ho sentito forte che Dio mi chiamava a vivere una relazione con Lui molto stretta, un dialogo con Lui continuo, un’ appartenenza totale di tutto il mio essere. Con il tempo ho capito che questo era il mio specifico servizio alla e nella Chiesa: appartenere a Lui, diventare ogni giorno più Sua, lasciarmi plasmare continuamente dalla Sua Parola, diventare segno di ciò a cui tutta la Chiesa e tutti gli uomini sono chiamati: la comunione piena e definitiva con Dio. Il cammino è stato lungo. Dio mi chiamava a qualcosa di meraviglioso, ma aveva bisogno, per farmi toccare il cuore della mia vocazione, che anche la mia umanità fosse in grado di portare una chiamata come questa.

Non è possibile arrivare molto giovani a scelte come questa. È necessario che la persona sia matura, nel senso che abbia trovato un equilibrio umano robusto, capace di vivere gioiosamente la consacrazione e la solitudine che questa comporta, capace di stare in piedi poggiata esclusivamente sulla fede, per poter divenire punto di riferimento anche per altri. Per questo i cammini vocazionali devono essere necessariamente lunghi, direi perpetui, perchè non si finisce mai di maturare, di crescere, e più si cresce più Dio si può rivelare, più Dio può trovare in noi un punto sicuro, solido, al quale consegnarsi.

Da chi sei stata ispirata in questa tua scelta?

La luce del mio cammino di comunione con Dio è Maria. Maria che ascolta la Parola di Dio così intensamente da permetterle di diventare carne in Lei. Maria che ama la volontà di Dio al di sopra di tutto e così rende possibile il realizzarsi dei piani di Dio. Maria che nell’Annunciazione risponde all’invito di Dio donando tutta se stessa. In quell’“Eccomi” c’è tutto l’incanto di una vita donata a Dio, tutta la bellezza del consegnarsi a Lui, pur nell’oscurità della fede.
Quando Dio fa percepire ad una creatura l’immensità della Sua presenza e la bellezza del donarsi completamente a questa Bellezza che ti innamora, nel cuore dell’uomo nasce un desiderio infinito di non smuoversi mai da quell’attimo estatico dell’ “Eccomi”, di non uscire mai dal dialogo con l’Amore, di non staccarsi, neppure per un istante, dall’ascolto di Lui.

Ecco perchè questi fratelli hanno cercato una vita di solitudine piena: il mondo non ti basta più, nulla ti basta più. Sei preso interiormente da un desiderio infinito, da un fuoco che giorno e notte brucia, brucia per Colui che ti ha creata e lo Spirito ti spinge ad entrare in un silenzio sempre più interiore per divenire capace di ascoltare l’unica Parola che sa creare cieli nuovi e terra nuova.

Come è articolata la tua giornata?

La mia giornata è tutta orientata alla comunione continua con Dio. Per questo la Parola di Dio è il perno attorno alla quale ruota ogni mia attività. Dedico molto tempo allo studio e alla preghiera sulla Parola, per farla entrare in me sempre più profondamente. S.Pacomio diceva che la Parola di Dio dovrebbe entrare ed uscire da tutti i pori della nostra pelle, come un’incessante liturgia. La Parola è il luogo dove Dio ci parla e attraverso di essa vuole entrare in comunione con la nostra vita.
Ogni giorno prego la Liturgia delle Ore, faccio la Lectio divina, partecipo all’Eucarestia, faccio molta preghiera di adorazione e di intercessione, resto in preghiera anche quando svolgo i normali lavori di casa, o scrivo, o accolgo qualcuno. Tutto è vissuto come mezzo per crescere nella comunione con Dio che mi abita. Questa comunione è il fine della mia vita. Tengo anche periodicamente dei ritiri spirituali, spesso anche individuali, accolgo molte persone per l’accompagnamento spirituale, sia singoli che coppie, accolgo all’eremo anche gruppi parrocchiali che chiedono di venire a fare una giornata di ritiro…

C’è un messaggio che vuoi dare alle nuove generazioni?

Sì, che rispondere “si” a Dio è la grazia e la gioia più grande che possa capitare ad una creatura. Qualsiasi cosa ti chieda, qualsiasi vocazione ti doni. Entrare nella docilità alla Sua chiamata è entrare nel cuore della storia perchè è partecipare a realizzare i sogni di Dio. Camminare con Lui è vivere in una continua giovinezza del cuore, perchè Lui ti rinnova ogni giorno, ogni giorno ti ama come nell’istante in cui ti ha creata, ogni giorno il Suo amore ti chiede di essere accolto e tu diventi, nella tua povertà e nullità, partecipe della costruzione del mondo nuovo, del Regno di Dio. Non c’è cosa più grande che ci possa essere chiesto di vivere.

La vocazione eremitica è ancora di attualità?

Sarà sempre di attualità. Lo è stato all’inizio della storia della chiesa: uomini e donne si ritiravano in solitudine, nel deserto, per cercare il volto di Dio, per parlare con Dio faccia a faccia. Sono i Padri e le Madri della Chiesa. D’oriente e d’occidente. Da loro abbiamo ricevuto un’eredità ricchissima di spiritualità che ancora oggi vive e si perpetua come patrimonio perenne della Chiesa.

Dio sempre continuerà a chiamare donne e uomini ad una relazione assoluta con Lui perchè siano segni visibili del mondo che viene, della vita eterna.

E li chiama non per se stessi, ma per gli altri, perchè vivano questa ricerca di Dio come unico necessario per il bene di tanti fratelli che incontreranno nel loro cammino o che non vedranno mai, perchè nel corpo mistico se un fratello cresce tutto il corpo cresce, se un fratello si santifica, tutto il corpo sale verso Dio.

Anche la solitudine è un dono d’amore per i fratelli. Se vissuta così, nella consapevolezza che sei parte di un corpo, tutto diventa dono per gli altri: dallo svegliarti al mattino, al pregare i Salmi, allo stare sulla Parola, ad accogliere qualcuno che bussa alla porta. Lo Spirito continuerà sempre a chiamare creature alla vita contemplativa, sia eremitica che comunitaria, Questo è un dono che non mancherà mai alla Chiesa, perchè è desiderio del Padre che il Figlio venga amato con la totalità e la gratuità di tanti cuori, nel nascondimento, nel silenzio più vivo, nella solitudine orante, in un dialogo continuo con Lui, in un dono d’amore fecondo per la Chiesa e l’umanità.

Sorella Elisabetta è su Facebook

Sono in uscita, di Sorella Elisabetta, due libri delle edizioni Dehoniane:
– “Parole d’Amore. Preghiere sulla Parola domenicale e festiva. Anni A, B, C
– “Si compirono per lei i giorni del parto.- Novena di Natale

Due preghiere di Sorella Elisabetta

È troppo poco amarti con tutta me stessa
con tutto il cuore
con tutta la volontà
con tutte le forze.
Vorrei amarti con tutto l’universo
e trasformare il palpitare silenzioso di tutto ciò che esiste in un canto d’amore per Te.
Vorrei dar voce a tutto il creato,
alle onde del mare,
alle vette dei monti,
al cuore della terra
e trasformare ogni cosa in una dichiarazione d’amore continua per Te.
È troppo poco amarti con tutta me stessa,
con tutto il mio corpo,
con tutto il mio essere,
con tutta la vita.
Vorrei amarti con tutto l’universo,
con il cuore di ogni uomo sulla terra,
con le poesie di tutti i poeti,
con le parole di tutti gli innamorati.
Perché così Tu meriti di essere amato,
continuamente amato,
incessantemente amato.
A te tutto l’amore vissuto nella storia vorrei donare,
al quale aggiungere il mio,
piccolo,
fragile,
insufficiente.
A Te,
meraviglioso Signore,
meraviglioso Redentore
meraviglioso amore.

* * *

Come le onde del mare
che si riversano costantemente e ininterrottamente sulla spiaggia inondandola
così la tua Grazia
si riversa costantemente e ininterrottamente
su di me
inondandomi di Te, della tua vita, della tua bellezza, della tua gioia.
Costantemente,
di giorno e di notte,
ininterrottamente.
Senza sosta.
Com’è l’amore.
Non si ferma.
Non teme il nulla.
Non si arresta.
Continua.
Nonostante la mia inadeguatezza.
Nonostante la mia fatica.
Come le onde del mare
La tua Grazia mi raggiunge continuamente,
mi immerge nella vita di Dio,
mi plasma, mi trasforma, mi usa.
Ininterrottamente. Senza soste.
Perché è così l’amore.
Gratuito.
Assoluto.
Continuo.
Assetato di risposta.
Assetato di essere riamato.
Con la totalità di un SI,
con la pienezza di un ECCOMI.
In attesa che una creatura si apra,
si spalanchi alla sua inondazione
per renderla partecipe di Sé,
per inondarla di Grazia.
Come le onde del mare.
Costantemente.
Ininterrottamente.




Riscoprire la fraternità attraverso il libro degli Atti

Lunedì 1 ottobre l’Ufficio Catechistico diocesano ha presentato il Sussidio per l’anno pastorale 2018/2019.

L’Ufficio Catechistico diocesano ha presentato ai responsabili parrocchiali dei Gruppi di ascolto del Vangelo il Sussidio per l’anno pastorale 2018/2019 “Le strade dello Spirito”.

Secondo le indicazioni del vescovo, che ha voluto dedicare l’anno alla riflessione sulla «comunità fraterna e missionaria», il Sussidio propone la meditazione del libro degli Atti degli apostoli, dove si racconta la storia della prima comunità cristiana, che, animata dallo Spirito, da piccolo gruppo impaurito e rinchiuso nel cenacolo diventa chiesa missionaria «fino ai confini della terra».

Don Cristiano D’Angelo si è soffermato sul modello di fraternità incarnato dalla prima comunità dove «la moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola». Ha invitato a riflettere sul fatto che le parole “cuore” e “anima” che oggi intendiamo riferiti entrambi alla sfera affettiva e spirituale, nel testo rimandano a due ambiti diversi. Infatti con “cuore” si allude alla dimensione intellettuale: un cuore solo è l’unione delle intelligenze; un’anima sola è l’unità affettiva. Ed è l’armonia di queste due unità che fa la comunità ideale descritta negli Atti, modello di ogni comunità. Perché l’amore, come la fede, non è disincarnato. Perché Gesù, Amore assoluto, è umano, è Spirito incarnato, Parola che si trasforma in vita con tutte le cose che ne fanno parte.

Questa condivisione totale che appare un’utopia, pure concordiamo che è necessaria ancora in quella piccola comunità che è il matrimonio: non è necessario mettere tutto in comune? Non si diventa una cosa sola? Non ci si accetta col cuore e l’intelligenza? Non si va lontano se ci si concede parzialmente.

Perciò l’augurio di quest’anno pastorale è che i cenacoli di ascolto della Parola possano diventare cenacoli di fraternità.

Noemi Baldini




Lettera pastorale: il vescovo la racconta in un video

In onda su TVL per la trasmissione Ora Insieme,  una sintesi della lettera pastorale di Mons. Tardelli : “una comunità fraterna e missionaria“.

Nel video mons. vescovo illustra i contenuti della lettera pastorale accanto alle voci di don Cristiano d’Angelo, vicario per la pastorale, giovani e laici impegnati in parrocchia.  L’invito a riscoprire la fraternità, un rinnovato slancio missionario, l’impegno per crescere nella sinodalità, l’attenzione ai giovani: questi i temi discussi nella trasmissione che permette di avere uno sguardo di sintesi, ma anche alcuni spunti di riflessione e provocazioni sul tema dell‘anno pastorale 2018/2019.

La puntata di Ora Insieme, a cura dell’Ufficio Comunicazioni sociali della Diocesi, è stata realizzata da Daniel Giusti.

Il filmato è disponibile su youtube, nel canale della Diocesi di Pistoia.

Ora Insieme può essere considerata la più antica trasmissione di Tvl, nata per dare la parola agli ultimi con un filo diretto con la vita della Fondazione MAiC. Spesso, infatti, protagonisti della trasmissione, curata di Don Diego Pancaldo e Elena Allegri, sono ragazzi diversamente abili. Da Ora Insieme sono passati e passano ogni settimana personaggi e testimoni di livello nazionale e internazionale, per parlare di fede, cultura e disabilità.

https://www.tvl.it/programmi/ora-insieme




Essere Nicodemo

Una riflessione a margine de «i linguaggi del divino» – Rinascere dall’alto.

 

Rabbì, sappiamo che sei un maestro venuto da Dio: nessuno infatti può fare i segni che tu fai, se Dio non è con lui.

E ancora. Come può un uomo nascere quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?

E poi: come può accadere questo?

Sono queste le frasi che pronuncia Nicodemo qua e là, mentre si prende quello che per tre quarti è un insegnamento – e per un quarto una sonora lavata di capo – nientemeno che da Gesù.

Nicodemo è un anziano ed è un fariseo. Di quelli che hanno sempre le certezze in tasca, la risposta pronta. Di quelli che spargono sentenze e si sono cristallizzati, se non nelle proprie sicurezze, senz’altro nel tempo che è passato. Finché una notte Nicodemo prende e va da questo Gesù. Per capirci di più, se non altro. E con tutti i suoi difetti, bisogna ammettere che non dev’essere per niente facile essere Nicodemo. Perché Nicodemo è il vecchio fariseo che aspetta la notte per uscire di casa e andare a vedere se le certezze che ha sono solide come crede. E che nell’attimo in cui esce di casa e va a vedere, si è già dato una mezza risposta.

È il saggio che ha paura del fatto di essere insicuro, più che dell’insicurezza in sé. Che è vecchio, ma ha questo dubbio che non sia ancora troppo tardi per una rivoluzione. Che lo domanda pure: ma come fa uno a rinascere da vecchio? Che ha questa brutta sensazione che non gli sia più permesso tornare sui propri passi. Non alla luce del sole. E che chissà cos’avrebbe pensato nel leggere le proprie debolezze spiattellate nelle due pagine di Giovanni 3, 1-21. Che dimostra quanto le abitudini siano dure a morire perché non ce la fa proprio a non esordire con un’affermazione sicura, lunga, ferma, di quelle che ci si preparano prima, nella testa, in mezzo ai denti, per non restare a bocca vuota quando si arriva al dunque. Che però vacilla, dopo, e se ne esce solo con due brevi frasi. Domande, stavolta.

A un Gesù che gli spiega come si debba “rinascere dall’alto”, Nicodemo risponde col suo essere lì. Con quell’inquietudine sorda e martellante che lo manda in crisi ma che alla fine è il motore di qualsiasi spinta verticale. E che lo porta a uscire allo scoperto, a parlare con quella che è l’origine – o più probabilmente il culmine – di tutte le sue domande. Di notte, però. E forse non conta nemmeno troppo come vadano le cose dopo. Cosa decida di fare, Nicodemo.

Forse già il solo fatto di essere lì, di essere sfuggito a un’abitudine che era grigiore e che era gabbia per puntare a qualcosa di nuovo, è un modo come un altro per rinascere dall’alto.

Guendalina Ferri

i linguaggi del divino – rinascere dall’alto




L’uomo di fronte alla morte. Tra desiderio di rinascita e spiritualità

Domenica 7 ottobre la relazione di Guidalberto Bormolini per la rassegna teologica “i linguaggi del divino”.

La negazione della morte e una sorta di interdizione a parlarne hanno creato una situazione inedita nella civiltà occidentale, dando luogo a un’illusoria pretesa di immortalità. La morte sta diventando una specie di tabù moderno.

Un tempo il funerale fermava per pochi attimi la vita d’un paese, tutto questo sta scomparendo riducendosi all’essenziale, spesso all’insaputa di quanti più possibile. Ecco cos’è cambiato veramente tra noi e la morte: il rifiuto della sua rappresentazione.

Fino a poco tempo fa i riti e le immagini ce la rappresentavano come esito naturale e parte inscindibile della vita, ora invece la morte è relegata negli ambienti asettici degli ospedali, come se allontanandone da noi il pensiero e l’immagine se ne potesse allontanare la realtà! Eppure la nostra civiltà un tempo aveva più dimestichezza con la morte, anche se era pur sempre un evento triste e doloroso. Il rapporto con la natura e l’esperienza quotidiana del vivere e morire facilitavano un approccio diverso; la natura parlava continuamente di morte, ma anche di resurrezione: il giorno che segue alla notte, la morte della spiga di grano che genera nuova vita, la scomparsa della luna e la sua rinascita.

Escludere la morte reale dalla vita quotidiana impedisce di esser allievi di una scuola che “insegna a morire”. Il morire in passato era un’arte da coltivare con cura; in molte tradizioni vi era un termine tecnico con cui era definita ed era descritta in numerosi manuali.

Bisognerebbe ascoltare il consiglio di Alfonso De Liguori, che scrisse un famoso manuale di Preparazione alla morte: «Che direste […] di quel nocchiero che tralasciasse di attrezzare la nave di ancore e di gomene fino all’arrivo della tempesta? Non sarebbe un pazzo?» (A. De Liguori, Apparecchio alla morte, X, 1).

Guidalberto Bormolini

L’incontro con Guidalberto Bormolini avrà luogo nella sala capitolare del convento di San Francesco a Pistoia alle ore 17.30. Ricordiamo che per questo appuntamento, come per tutti gli incontri dei “Linguaggi del divino”, l’ingresso è libero e non si richiede alcuna prenotazione.

 

Chi è Guidalberto Bormolini?

Guidalberto Bormolini, ha compiuto gli studi teologici alla Pontificia Università Gregoriana, ha conseguito la Licenza in Antropologia Teologica a Firenze ed è dottorando in Teologia Spirituale Monastica al Pontificio Ateneo S.Anselmo.

È membro della Comunità dei Ricostruttori nella Preghiera che pratica l’esicasmo. È docente al Master “Death studies & the end of life” dell’Università di Padova in cui insegna teoria e pratica della meditazione cristiana nell’accompagnamento dei morenti. Si è dedicato in particolare allo studio delle discipline ascetiche nel monachesimo cristiano ed ai rapporti tra il corpo e la vita spirituale. Ha comunque approfondito le pratiche ascetico-contemplative delle grandi religioni antiche e contemporanee come premessa antropologica alla tradizione monastica cristiana.

È membro del Comitato di redazione della Rivista di Ascetica e Mistica.

Ha pubblicato tra l’altro:

G. Bormolini, I vegetariani nelle tradizioni spirituali, Torino, Leone verde, 2000.

G. Bormolini, La Barba di Aronne. Capelli lunghi e barba nella vita religiosa, Firenze, Libreria Editrice Fiorentina, 2010.

G. Bormolini, I santi e gli animali. L’Eden ritrovato, Prefazione di Paolo De Benedetti, Firenze, Libreria Editrice Fiorentina, 2014.

 

Per info: ilinguaggideldivino@diocesipistoia.it

 

(nell’immagine: Buffalmacco, Pisa, camposanto monumentale, Trionfo della Morte, Incontro dei tre vivi e dei tre morti, 1336-1341).




Don Alessandro Domeniconi è tornato alla casa del Padre

Don Alessandro Domeniconi è tornato alla casa del Padre.

Don Alessandro era nato il 20 agosto 1930 a Loreto. La sua vocazione arrivò quando era appena adolescente, nel 1944. Dieci anni dopo fu ordinato sacerdote il 18 dicembre 1954 dal vescovo di Loreto Mons. Malchiodi. Don Alessandro è giunto in diocesi di Pistoia con il fratello Sergio, anch’egli sacerdote, già frate cappuccino, scomparso nel 2009.

Dopo un breve periodo come cappellano presso la parrocchia di San Vitale, nel 1962 don Alessandro è stato nominato parroco di Momigno. Qui ha vissuto il suo ministero sacerdotale, anche come docente di religione presso le scuole elementari del paese per oltre 20 anni.

Accanto ai suoi fedeli ha vissuto per tanti anni in modo umile e discreto. «Solo in Gesù c’è salvezza e felicità» affermava in occasione dei suoi cinquant’anni di sacerdozio.  Nel 2016, per una malattia che lo ha duramente provato, don Alessandro ha lasciato Momigno ritirandosi presso il Seminario Vescovile. Qui ha vissuto i suoi ultimi anni di vita e qui si è spento, accompagnato dai conforti religiosi, nella notte del 4 ottobre.

La salma è esposta presso la chiesa di Santa Chiara in Seminario (Via Puccini). Sempre in Santa Chiara avranno luogo le esequie, celebrate sabato mattina 6 ottobre alle ore 10.30 da Mons. Vescovo Fausto Tardelli.

Tutti sono invitati ad accompagnare con la preghiera, in questo passaggio dalla chiesa al Cielo, don Alessandro, umile e fedele servitore della Chiesa di Pistoia.




In preghiera per il Sinodo

Si apre oggi il sinodo dei vescovi dedicato ai giovani.

Al Sinodo (3-28 ottobre), sul tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”, prenderanno parte 266 padri sinodali. Fra di loro anche 36 giovani tra 18 e 29 anni, scelti in rappresentanza dei diversi continenti e delle diverse categorie interessate (seminari, ordini religiosi, associazioni, pastorale giovanile).

Perché un sinodo sui giovani?

«La Chiesa – si può leggere nel documento preparatorio del Sinodo – ha deciso di interrogarsi su come accompagnare i giovani a riconoscere e accogliere la chiamata all’amore e alla vita in pienezza, e anche di chiedere ai giovani stessi di aiutarla a identificare le modalità oggi più efficaci per annunciare la Buona Notizia. Attraverso i giovani, la Chiesa potrà percepire la voce del Signore che risuona anche oggi».

Perché ascoltare i giovani?

Mons. Tardelli, qualche mese fa, in un’intervista dedicata al sinodo affermava: «I giovani non sono un “problema”: sono una meravigliosa realtà di cui dovremmo esser grati al Signore e che dovremmo amare come una sua consolazione. In realtà il problema siamo noi, abbarbicati al nostro potere, alla presunta saggezza degli anni accumulati sulle spalle. In fondo, abbiamo paura che i giovani ci prendano il posto e per questo non gli diamo fiducia, dimostrando in sostanza che non li vogliamo. È così purtroppo anche per la chiesa: non sempre siamo disposti ad accoglierli e a lasciarli esprimere con il loro desiderio di vivere e di ridere, col loro modo di pensare e di sentire, accettando con buona pace che non rientrino nei nostri schemi ideologici.

Io credo che i giovani ci pongano una domanda imbarazzante: la società ci vuole? Ci amate, ci desiderate, ci rispettate?»

Con quale credibilità i vescovi possono parlare ai giovani oggi?

La chiesa degli scandali e degli abusi non chiede forse di interrogarsi in primo luogo, e con una certa urgenza, sull’identità del sacerdote in un tempo di profonda crisi? Non sarebbe stato meglio rimandare il sinodo sui giovani a tempi migliori? La proposta è arrivata dagli Stati Uniti, formulata in una lettera inviata a Papa Francesco dal vescovo di Philadelphia qualche settimana fa.
Il dubbio è legittimo, ma francamente lascia anche un po’ perplessi. Non soltanto perché il sinodo era ormai alle porte, ma anche perché al sinodo dei giovani la Chiesa arriva dopo una lunga preparazione e un coinvolgimento così diffuso che non ha molti precedenti. Il lavoro dei vescovi sarà sicuramente centrale, ma a partire da quanto gli stessi giovani hanno potuto esprimere. Nè saranno soli a comporre una sintesi e una riflessione.
Il sinodo, infatti, è la grande occasione in cui la voce dei giovani risuona con forza nella chiesa. Una voce che arriva dai giovani cattolici, ma non solo, perché – come papa Francesco ha spesso ripetuto – il sinodo è il sinodo di tutti i giovani. Che cosa hanno da dire i giovani alla Chiesa? Non sono forse, prima ancora di esserne il futuro, Chiesa anche loro?

Recentemente, al convegno regionale vocazionale toscano, don Michele Gianola, direttore dell’Ufficio per le vocazioni della Chiesa Cattolica ha ricordato ai presenti l’intervento che una giovane studentessa, Martina di 24 anni, ha rivolto a Papa Francesco in occasione della Giornata dei giovani italiani. Vale forse la pena ripercorrerlo.

«Abbiamo bisogno di punti di riferimento, appassionati e solidali. Non pensa che all’orizzonte siano rare le figure di adulti davvero stimolanti? Perché gli adulti stanno perdendo il senso della società, dell’aiuto reciproco, dell’impegno per il mondo e nelle relazioni? Perché questo tocca qualche volta anche i preti e gli educatori? Io credo che valga sempre la pena di essere madri, padri, amici, fratelli…per la vita! E non voglio smettere di crederci!».

Viene da pensare che il Sinodo sia propria l’opportunità per lasciarsi scomodare da queste domande. Una chiesa fragile e incidentata, impantanata nelle polemiche e in un pensiero -e forse anche in uno zelo- troppo mondano, ha forse una buona occasione per ritrovare se stessa e le ragioni della sua missione e bellezza.

Tutti possiamo accompagnare il Sinodo con la nostra preghiera. L’ufficio di Pastorale giovanile diocesano ricorda infatti la preghiera preparata per l’occasione.




Aprono “i linguaggi del divino” con l’abate Bernardo Gianni

Venerdì 5 ottobre un incontro in Battistero alla scoperta del ‘cielo’ che ci educa a tornare sulla terra.

Ti sembra di conoscerlo da sempre Padre Bernardo. Quando lo incontri e hai occasione di parlarci un po’ ti senti subito accolto, ascoltato. Complice il fatto che per arrivare a trovarlo occorre raggiungere quel punto così bello e panoramico che è dentro e fuori la città allo stesso tempo, e poi salire i tanti gradini che portano all’abbazia di San Miniato. Arrivato lassù hai già perso ogni ritrosia o sovrastruttura. E lì trovi Padre Bernardo, l’abate che sembra da sempre lassù ad aspettarti. È un monaco benedettino che indossa la veste candida degli olivetani, un ramo della famiglia di Benedetto nato in Toscana nel Trecento.

Bernardo è un giovane abate, ha raggiunto giusto quest’anno i cinquant’anni, ma è ormai molto conosciuto e apprezzato. È un uomo di Spirito, ma anche di profonda cultura, innamorato dell’arte e della poesia. Lo si percepisce subito, anche in un semplice scambio di battute. Dopo studi letterari si è specializzato in ambito medievale e umanistico, collaborando alla Fondazione Ezio Franceschini di Firenze, con la Società internazionale per lo studio del Medioevo latino e con la rivista ‘Medioevo latino’.

La ‘proposta’ di Bernardo resta ‘alta’. Nelle sue omelie, nei suoi interventi, nelle tante iniziative che richiamano fedeli, curiosi, ‘uomini e donne della soglia’ a San Miniato, non abbassa mai l’asticella. La ‘proposta’ di Bernardo è quella di un cristianesimo ‘pensante’, inquieto, attento a cogliere e ripartire da quei frammenti di bellezza e sapienza che la tradizione e la creatività degli uomini hanno consegnato alla storia. L’abbazia di San Miniato è, in effetti, il suo habitat congeniale.

Quest’anno l’abbazia compie il suo millenario e l’abate Bernardo, con i suoi monaci, ha organizzato un calendario diffuso e ricchissimo di eventi che offrono il polso della vita dell’abbazia: «segno e sogno profetico di pace». Festeggiamenti che durano un anno intero: dall’aprile 2018 all’aprile 2019, nel desiderio di interpellare «non solo le sue fonti storiche e i principali accadimenti del passato, ma anche arti, linguaggi e intuizioni della nostra contemporaneità, nell’evangelica consapevolezza di quanto sia oggi indifferibile “ascoltare ciò che lo Spirito dice alle Chiese”, come ci raccomanda il Prologo della Regola di San Benedetto». Bernardo è un maestro di questo ascolto attento e radicato nel vangelo. A San Miniato l’ascolto si spalanca al cielo. La basilica è davvero la ‘porta del cielo’ che fa alzare lo sguardo. Eppure basta voltarsi, darle un’attimo le spalle, per misurare la meraviglia e le fatiche della città proprio lì sotto. La porta del cielo è affacciata sulla città.

«Haec est porta coeli, questa è la porta del cielo, – ha ricordato una volta Padre Bernardo – ma un cielo finalmente raggiungibile, un cielo che ci educa a tornare in città, qualificati dalla bellezza che abbiamo contemplato e possibilmente dall’esperienza di amore che in quel luogo abbiamo ricevuto».

Qual è la tua porta del cielo?

Sarà possibile rifletterci insieme, mettendo in dialogo le ‘cose della terra’ con ‘quelle del cielo’ venerdì 5 ottobre alle 17.30, presso il Battistero di San Giovanni in Corte (Piazza del Duomo), insieme a Dom Bernardo Gianni e il vescovo Fausto Tardelli, in occasione dell’apertura dei Linguaggi del divino 2018: “Rinascere dall’alto”.

Alle 21 un altro appuntamento imperdibile con “il cielo sulla terra”: la presentazione di Ubi amor ibi oculus. Immagini per i 1000 anni di San Miniato al Monte (Firenze, Polistampa, 2017), un libro fotografico di Mariangela Montanari che cattura e racconta tutto il fascino dell’abbazia, ma anche la presenza dello Spirito nelle vicende degli uomini.

Mariangela Montanari è una professionista del settore giuridico e bancario con la passione della fotografia. Nata a Roma, vive e lavora a Pistoia. Ha illustrato «La traccia», documento preparatorio del 5° Convegno Ecclesiale Nazionale svoltosi a Firenze nel novembre 2015 e nello stesso anno ha curato e illustrato il volume «Trasfigurare», edito da LEF.

u.f.

Abbazia san Miniato (web)

i linguaggi del divino – rinascere dall’alto

 




Disposizione del vescovo: pregare il rosario per la Chiesa

Disposizione del vescovo di Pistoia

Rispondendo all’appello del Santo Padre Francesco chiedo alle parrocchie e comunità cristiane della diocesi come pure ai singoli fedeli, che ogni giorno, durante tutto il mese mariano di ottobre si reciti a gruppi o singolarmente il Santo Rosario con l’intenzione data dallo stesso Papa: “chiedere alla Santa Madre di Dio e a San Michele Arcangelo di proteggere la Chiesa dal diavolo, che sempre mira a dividerci da Dio e tra di noi.”

Al termine del Santo rosario, recitato in gruppo o singolarmente, sempre su suggerimento di Papa Francesco, si aggiungano le preghiere “Sub tuum praesidium” rivolta alla Vergine Santa e “Sancte Michael Archangele” rivolta a San Michele.

Sub tuum praesidium

Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio. Non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, ma liberaci da ogni pericolo, o Vergine Gloriosa e Benedetta.

Sancte Michael Archangele

San Michele Arcangelo, difendici nella lotta: sii il nostro aiuto contro la malvagità e le insidie del demonio. Supplichevoli preghiamo che Dio lo domini e Tu, Principe della Milizia Celeste, con il potere che ti viene da Dio, incatena nell’inferno satana e gli spiriti maligni, che si aggirano per il mondo per far perdere le anime. Amen.

Pistoia, 29 settembre 2018

+Fausto Tardelli




Pastorale giovanile …in cantiere!

All’inizio del nuovo anno pastorale l’equipe di pastorale giovanile diocesana si dispone all’ascolto.
Per costruire il programma di pastorale giovanile di quest’anno, infatti, vogliamo incontrare e ascoltare le varie realtà giovanili della Diocesi. Per questo vi proponiamo un incontro il cui invito è rivolto ai responsabili dei gruppi giovanili (dai 17 ai 30 anni): lunedì 8 ottobre alle ore 21.00 in Seminario a Pistoia.

Vogliamo dedicare del tempo per ascoltarci in modo tale da progettare insieme questo nuovo anno.
Grazie per la vostra presenza e collaborazione.

L’equipe di pastorale giovanile diocesana