«É vita, è futuro!» Il messaggio CEI per la Giornata per la vita

Riscoprire il valore e la bellezza della vita dal concepimento alla vecchiaia.

Il messaggio dei Vescovi italiani (CEI) per la 41ᵃ Giornata Nazionale per la Vita (3 febbraio 2019) vuole essere un messaggio di speranza, un incoraggiamento a costruire un futuro positivo, sostenendo la vita in tutte le sue declinazioni.
Con lo slogan «É vita, è futuro», i vescovi italiani hanno ribadito che la vita va difesa e tutelata dal primo istante fino al suo termine naturale, e soltanto un programma a tutto campo per «accogliere, custodire e promuovere» la vita umana può garantire un avvenire migliore per tutti.
La sfida si gioca nel presente, nelle scelte e nelle azioni dell’oggi, che avranno conseguenze negli anni che verranno. Per questo i vescovi hanno individuato alcuni ambiti prioritari, in cui l’impegno dei cristiani e della società civile deve essere particolarmente incisivo. Innanzitutto nella cura della famiglia in quanto culla della vita e degli anziani, per ritrovare -come ha detto Papa Francesco- una solidale «alleanza tra le generazioni», quindi nella cura dei giovani, affinché la mentalità antinatalista e la mancanza di lavoro siano contrastati da un «patto per la natalità» condiviso dalle forze culturali e politiche, infine nella cura di ogni persona in situazione di fragilità: dai bambini nel grembo materno, ai malati, ai poveri, fino ai migranti e ai profughi, senza dimenticare il necessario rispetto della “casa comune” che il Signore ha creato per tutti.

Se guardiamo la realtà italiana vediamo che ci sono luci ed ombre. Dal recente rapporto del Ministero della Salute sulla legge 194/78 emerge il fatto positivo che dal 1983 l’aborto volontario è in progressiva diminuzione in Italia e il tasso di abortività è fra i più bassi tra quelli dei paesi occidentali e che l’obiezione di coscienza tra i ginecologi è pari al 68.4%.
Tuttavia si tratta di un apparente bilancio ottimistico, infatti, ad una analisi più attenta, dall’esponenziale aumento della cosiddetta «contraccezione d’emergenza» (Norlevo o pillola del giorno dopo ed ellaOne o pillola dei 5 giorni dopo), che non ha più l’obbligo di prescrizione medica per le maggiorenni, si deduce che gli aborti farmacologici sono sempre di più e restano esclusi dal computo dei dati reali ed ufficiali.

Resta il fatto che, in base al numero degli aborti effettivi, ogni anno un’intera città scompare: nel 2017 una città di oltre 80 mila abitanti! Senza contare gli aborti chimici. Con la conseguenza che il calo demografico è sempre più marcato e mancano intere generazioni di giovani.

Un altro fronte preoccupante è costituito dal fine vita, dalle persone con gravissime disabilità e dai malati terminali. Aspettiamo la relazione sulla legge delle cosiddette DAT (o testamento biologico) che il Ministero della Salute deve presentare entro aprile al Parlamento.
La grave crisi demografica e l’invecchiamento della popolazione, uniti alla disgregazione delle famiglie, produrrà negli anni a venire un vulnus sociale difficilmente recuperabile in tempi brevi.
Anche Papa Francesco, nell’intervista rilasciata ai giornalisti in aereo di ritorno dalla GMG di Panama, ha espresso in modo chiaro la situazione attuale, dicendo:

«qui a Panama vedevo i genitori che alzavano i loro bambini e ti dicevano: questa è la mia vittoria, questo è il mio orgoglio, questo è il mio futuro. Nell’inverno demografico che noi stiamo vivendo in Europa – e in Italia sottozero – ci deve far pensare. Qual è il mio orgoglio? Il turismo, le vacanze, la villa, il cagnolino? O il figlio?».

Occorre invertire la rotta. La Chiesa, da questo punto di vista, può dare un grande contributo alla società italiana, formando alla verità del Vangelo. Educando le coscienze può incidere sulle scelte di vita delle persone e soprattutto dei giovani, per andare controcorrente e non conformarsi alla mentalità del mondo.
Riscoprire la bellezza e la gioia della proposta di vita cristiana conduce in modo naturale, senza obblighi legalistici, ma per attrattiva, a uno stile di vita nuovo, inconcepibile allo sguardo mondano.
Testimoniare che è bello vivere come Gesù ci comanda, anche se siamo fragili e inadeguati, perché con la preghiera ed i sacramenti si può tutto.

La grazia di Dio aiuta i bambini a crescere sereni, i fidanzati ad essere casti, gli sposi ad aprirsi alla vita senza mettere a rischio il proprio matrimonio con la contraccezione, gli anziani a superare la solitudine e il senso di inutilità, i malati e i disabili ad amare la vita e a sentirsi i privilegiati del Signore.

Ripartire da Dio, dall’invito di San Benedetto di «non anteporre nulla all’amore di Cristo», è l’unico vero e vincente programma per un presente ed un futuro migliori.

Ufficio per la Pastorale con la famiglia




Dalla cresima alla Wita!

Una festa della fede al ritmo di trap & rock’n’roll per testimoniare ai ragazzi che «la vita sono io insieme a Te».

«La vita con Te» è infatti la vita di chi scopre il tesoro, la perla preziosa del Vangelo. La prima giornata dei cresimati, organizzata nella chiesa di San Bartolomeo a Pistoia domenica 27 gennaio, corre sul ritmo del ritornello ideato per l’occasione da Suor Giovanna Cheli, direttrice dell’Ufficio Catechistico. Il canto muove il ballo delle centinaia di giovani cresimati, tanto che del freddo in chiesa ci si dimentica presto.

All’evento ha partecipato il vescovo Fausto Tardelli, visibilmente contento di stare insieme ai tanti ragazzi che ha cresimato in quest’ultimo anno. «Il mio tesoro è stare con Gesù!» ha commentato il vescovo rivolgendosi ai giovani cresimati. «Ma, devo dirvi, – ha continuato- il mio tesoro siete voi. Vedervi qui oggi così contenti, gioiosi e partecipi è una grande gioia! Possiate vivere una vita impegnativa, a volte faticosa, ma con il Signore!».

Il proprio «tesoro» ogni cresimato è stato invitato a scriverlo su un biglietto con il proprio nome. Nascosto in uno scrigno all’inizio dell’incontro è stato poi consegnato dal vescovo in maniera “casuale”, ad un altro tra i giovani presenti, con l’invito di accompagnare quel nome e quel «tesoro» nella preghiera.

La serata, animata dal canto, ma anche da una vivace doppia intervista sullo stile della “Iene”, ha raccontato ai ragazzi come la fede, la vita in parrocchia, la frequenza della messa o del dopocresima, non siano “roba da sfigati”, ma doni da scoprire sempre di più, opportunità di grazia da vivere nell’amicizia, occasioni per conoscere meglio sé stessi e il mondo.

Suor Claudia, dell’equipe diocesana di pastorale giovanile, ha ricordato ai ragazzi le attività proposte dalla chiesa di Pistoia per i giovani, in un’attenzione che accompagna dalla cresima alla giovinezza, fino alle soglie dell’età adulta. Per gli animatori dei gruppi di dopocresima c’è presto un appuntamento da non perdere: lunedì 4 febbraio alle ore 21 in Seminario a Pistoia per raccogliere esigenze e proposte concrete.

La Giornata dei Cresimati, organizzata dall’ufficio catechistico diocesano e animata da una vulcanica sr. Giovanna Cheli, aveva, tra l’altro infatti, l’intento di aiutare le parrocchie ad avviare un percorso di dopo cresima e approfondimento della fede.  «E ora?- ha continuato il vescovo – Ognuno dentro di sè deve decidersi ogni giorno e dirsi: sì, voglio continuare a camminare con te Signore! Lo Spirito Santo agisce in voi: aprite le vele della vostra vita!»

…è allora l’occasione giusta per ridirci: «W la Wita!»

(redazione)




Gmg 2019: Qui Panama #3

Dalla nostra inviata a Panama Caterina Pelagalli.

È stata una giornata particolarmente intensa. Il servizio è iniziato stamani mattina alle 11 ed è terminato ora (20.20). Siamo stanchi, ma pieni. Abbiamo incontrato tanta gente: la nostra divisa attira l’attenzione di tutto il mondo. Si fermano a chiedere foto, ballare e per regalarci ricordini, ringraziandoci in tutte le lingue per essere qui, avendo attraversato l’oceano per prestare servizio. È incredibile di quanta gente diversa, provenienti da paesi diversi, con culture e necessità diverse, siano accomunate da qualcosa di così grande: l’amore.

Giovedì l’arrivo del papa a Panama e il saluto ai giovani pellegrini, ieri il papa ha partecipato alla via Crucis con oltre 400mila giovani. 

 

 




Dalla comunità umana alle social network communities e viceversa?

Dalle social network communities alla comunità umana c’è continuità o un salto nel vuoto?

Dalla comunità umana, come da quella ecclesiale, alle social network communities verrebbe da dire che una continuità, di fatto, si trova; alzi la mano chi non è almeno membro di un gruppo whatsapp della parrocchia, dei catechisti o del coro. Quanti, tra i cattolici, non rilanciano o commentano la pagina del proprio parroco o del proprio gruppo di preghiera? Insomma, dal reale al digitale il passo è breve, anzi, immediato. Forse fin troppo, al punto che varrebbe la pena chiedersi se nel mondo digitale, come in quello reale, ci stiamo da veri cristiani. Insomma, dalla comunità umana a quella social una continuità la c’è; ma sarà vero anche il contrario?

Non tutte le social network communities infatti, sembrano avere un corrispettivo nella “comunità umana”. Per questo il titolo del messaggio di Papa Francesco per la 54a giornata delle comunicazioni sociale, “Dalle social network communities alla comunità umana”, se pure appaia meno tecnico del messaggio precedente -incentrato sulle famigerate fake news- può toccare nel vivo il lavoro degli operatori della comunicazione.

In primo luogo perché invita a riflettere su ciò che diventa motivo di aggregazione “social” e spinge a discernere nel mare magnum di gruppi, cerchie, movimenti e sommovimenti interni alla rete. Il guaio, infatti, afferma Francesco, è che «troppe volte l’identità si fonda sulla contrapposizione nei confronti dell’altro, dell’estraneo al gruppo: ci si definisce a partire da ciò che divide piuttosto che da ciò che unisce, dando spazio al sospetto e allo sfogo di ogni tipo di pregiudizio (etnico, sessuale, religioso, e altri)».

Cosa ci aggrega sulla rete? La rabbia, il dissenso, la paura? Oppure quei gusti che un algoritmo conosce meglio di noi? «Quella che dovrebbe essere una finestra sul mondo – ricorda il papa – diventa così una vetrina in cui esibire il proprio narcisismo». Quale “noi” descrive la rete e …molto giornalismo? Il noi degli sfiduciati o degli incattiviti?

E i cattolici dove si trovano sulla rete? Come si presentano? Come sono descritti? Ipocriti o veri credenti? Minoranza creativa o rissosa? Quale Chiesa descrivono le comunicazioni sociali del 2019?

Il successo della rete e soprattutto dei social network, d’altra parte, ribatte su un’esigenza antropologica fondamentale: non siamo fatti per stare soli; non possiamo fare a meno di vivere in relazione. Nel messaggio del papa le parole di San Basilio, vissuto nel lontano IV secolo, suonano decisamente azzeccate: «Nulla, infatti, è così specifico della nostra natura quanto l’entrare in rapporto gli uni con gli altri, l’aver bisogno gli uni degli altri».

L’insistenza sulla costruzione e la ricerca dell’identità dice che ho sempre bisogno di un altro che mi aiuti a scoprirla, che mi riconosca o conosca, mi apprezzi, mi dica da dove vengo e chi sono, e per cosa sono fatto. E se non trovo nessuno che me lo dica mi metterò una divisa, mi svenderò un po’ di più rendendomi appetibile o un po’ più scollacciata, cercherò qualcuno a cui assomigliare. Per chi è solo o si sente solo la rete è sempre alla portata di mano. Uno spazio aperto sulla propria comfort zone –anestetizzata o intristita che sia- in cui si rischia facilmente però, di ferire e farsi ferire anche pesantemente. Eppure perfino il più isolato può accontentarsi di sbocconcellare o ricercare il sapore di una presenza online.

Ma se dall’altra parte della rete non c’è nessuno che abbia lo spessore e la concretezza di un padre, di una madre, di un amico o un fratello i rischi del cyberbullismo, gli spettri della solitudine, della tristezza e del populismo saranno pronti a risucchiarci. La rete si trasforma in «una ragnatela capace di intrappolare».

L’antidoto più efficace per un rischio del genere –ricorda il messaggio- è custodire una metafora ben nota alla tradizione della chiesa: quella del corpo e delle membra. «Perciò, bando alla menzogna e dite ciascuno la verità al suo prossimo, perché siamo membra gli uni degli altri» (Ef 4,25)… La verità infatti si rivela nella comunione. La menzogna invece è rifiuto egoistico di riconoscere la propria appartenenza al corpo; è rifiuto di donarsi agli altri, perdendo così l’unica via per trovare sé stessi». La metafora del corpo e delle membra ci ricorda l’importanza di dire la verità, di imparare cioè a comunicare davvero, a stare dentro le relazioni.

«La Chiesa stessa – precisa il papa-  è una rete tessuta dalla comunione eucaristica, dove l’unione non si fonda sui “like”, ma sulla verità, sull’“amen”, con cui ognuno aderisce al Corpo di Cristo, accogliendo gli altri», dove la comunione dice ciò che riceviamo e ciò che diventiamo per grazia.

Un invito che tocca tutti, ma che anche in questo caso raggiunge il lavoro quotidiano del comunicatore di professione, perché la verità chiede di prendere posizione, forse anche controcorrente, chiede fatica, ma sempre unifica chi le appartiene e la trasmette, e alla lunga convince e libera.

La menzogna, invece, massifica senza comunione, disgrega e rivela l’interesse di una parte, di un potere forte, occulto o manifesto che cresce e crea consensi su comunità fragili e disorientate.

ugo feraci – ufficio comunicazioni sociali e cultura




GMG 2019: QUI PANAMA #2

Dalla nostra “inviata” Caterina Pelagalli a Panama

Tra poco ci sarà la santa Messa celebrata da Papa Francesco, che da stamani sta girando per Panama, tra istituzioni e fedeli. La gente è emozionatissima, i panamensi non riescono a trattenere le lacrime dalla gioia. Vedere tanti colori, tante bandiere, cori pieni di forza ed energia, riempie di gioia. Sarebbe bello che tutti i giovani del mondo, potessero vivere un esperienza simile: la chiesa entrerebbe nella vita di ognuno di essi.

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Riprendiamo da Agensir alcuni passaggi del discorso del Papa ai giovani

“Il cristianesimo non è un insieme di verità da credere, di leggi da osservare, o di proibizioni. Visto così non è per nulla attraente. Il cristianesimo è una Persona che mi ha amato tanto, che desidera e chiede il mio amore. Il cristianesimo è Cristo”. Ai 200mila giovani che affollano oggi il Campo Santa Maria La Antigua, per la cerimonia di accoglienza e apertura della Gmg, il Papa ha citato “un santo di queste terre”, Oscar Arnulfo Romero, vero e proprio faro della Gmg di Panama fin dai primi discorsi pubblici. Il cristianesimo, ha sintetizzato Francesco, “è portare avanti il sogno per cui Lui ha dato la vita: amare con lo stesso amore con cui ci ha amato”. “Non ci ha amato un pochino, ci ha amato totalmente, con tenerezza, con amore”, ha aggiunto a braccio.

“Che cosa ci tiene uniti? Perché siamo uniti? Che cosa ci spinge ad incontrarci?”, le domande incalzanti del Papa: “La certezza – la risposta – di sapere che siamo stati amati con un amore profondo che non vogliamo e non possiamo tacere e ci provoca a rispondere nello stesso modo: con amore. È l’amore di Cristo quello che ci spinge. Un amore che non si impone e non schiaccia, un amore che non emargina e non mette a tacere, un amore che non umilia e non soggioga. È l’amore del Signore, amore quotidiano, discreto e rispettoso, amore di libertà e per la libertà, amore che guarisce ed eleva. È l’amore del Signore, che sa più di risalite che di cadute, di riconciliazione che di proibizione, di dare nuova opportunità che di condannare, di futuro che di passato. È l’amore silenzioso della mano tesa nel servizio e nel donarsi senza vantarsi”. “Credi in questo amore?”, la domanda che dà il “tu” al popolo giovane: “Non abbiate paura di questo amore concreto, che è dare la vita. E questa è stata la stessa domanda e chiamata che ha ricevuto Maria. L’angelo le domandò se voleva portare questo sogno nel suo grembo e renderlo vita, renderlo carne. E Maria aveva l’età di tante ragazze come voi, e ha detto: ‘Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola’”. “Non era stupida, sapeva quello che sentiva il suo cuore, sapeva che cos’era l’amore”, ha aggiunto a braccio: “Ha saputo dare vita al sogno di Dio. Ed è la stessa cosa che l’angelo vuole chiedere a te, a te, a me: hai coraggio? Vuoi dare carne a questo sogno con le tue mani, i tuoi piedi, il tuo sguardo, il tuo cuore? Vuoi che sia l’amore del Padre ad aprirti nuovi orizzonti e a portarti per sentieri mai immaginati e pensati, sognati o attesi, che rallegrino e facciano cantare e danzare il cuore? Sapremo dire all’angelo, come Maria: ‘Eccoci, siamo i servi del Signore, avvenga per noi…’?”. “Ci sono domande a cui si può rispondere solo in silenzio”.




Dal “like” all’amen: il messaggio del papa agli operatori della comunicazione

Giovedì 24 gennaio, memoria di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, il vescovo Tardelli ha incontrato gli operatori della comunicazioni.

Mons. Tardelli ha presentato il messaggio di Papa Francesco per la 54° giornata mondiale delle comunicazioni sociali dal titolo: “dalle social network communities alla comunità umana“.

Il vescovo ha intrattenuto con i presenti un dialogo cordiale invitandoli a essere di «aiuto, con il loro prezioso lavoro, alla costruzione di una comunità umana basata sui valori di solidarietà e comunione».

Un momento conviviale ha chiuso la serata offrendo un ulteriore momento di condivisione e familiarità.

(foto di Mariangela Montanari)

Pubblichiamo di seguito il messaggio di Papa Francesco per la 53ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali.

«Siamo membra gli uni degli altri» (Ef 4,25).

Dalle social network communities alla comunità umana

Cari fratelli e sorelle,
da quando internet è stato disponibile, la Chiesa ha sempre cercato di promuoverne l’uso a servizio dell’incontro tra le persone e della solidarietà tra tutti. Con questo Messaggio vorrei invitarvi ancora una volta a riflettere sul fondamento e l’importanza del nostro essere-in-relazione e a riscoprire, nella vastità delle sfide dell’attuale contesto comunicativo, il desiderio dell’uomo che non vuole rimanere nella propria solitudine.

Le metafore della “rete” e della “comunità”

L’ambiente mediale oggi è talmente pervasivo da essere ormai indistinguibile dalla sfera del vivere quotidiano. La rete è una risorsa del nostro tempo. È una fonte di conoscenze e di relazioni un tempo impensabili. Numerosi esperti però, a proposito delle profonde trasformazioni impresse dalla tecnologia alle logiche di produzione, circolazione e fruizione dei contenuti, evidenziano anche i rischi che minacciano la ricerca e la condivisione di una informazione autentica su scala globale. Se internet rappresenta una possibilità straordinaria di accesso al sapere, è vero anche che si è rivelato come uno dei luoghi più esposti alla disinformazione e alla distorsione consapevole e mirata dei fatti e delle relazioni interpersonali, che spesso assumono la forma del discredito.

Occorre riconoscere che le reti sociali, se per un verso servono a collegarci di più, a farci ritrovare e aiutare gli uni gli altri, per l’altro si prestano anche ad un uso manipolatorio dei dati personali, finalizzato a ottenere vantaggi sul piano politico o economico, senza il dovuto rispetto della persona e dei suoi diritti. Tra i più giovani le statistiche rivelano che un ragazzo su quattro è coinvolto in episodi di cyberbullismo. [1]

Nella complessità di questo scenario può essere utile tornare a riflettere sulla metafora della rete posta inizialmente a fondamento di internet, per riscoprirne le potenzialità positive. La figura della rete ci invita a riflettere sulla molteplicità dei percorsi e dei nodi che ne assicurano la tenuta, in assenza di un centro, di una struttura di tipo gerarchico, di un’organizzazione di tipo verticale. La rete funziona grazie alla compartecipazione di tutti gli elementi.

Ricondotta alla dimensione antropologica, la metafora della rete richiama un’altra figura densa di significati: quella della comunità. Una comunità è tanto più forte quanto più è coesa e solidale, animata da sentimenti di fiducia e persegue obiettivi condivisi. La comunità come rete solidale richiede l’ascolto reciproco e il dialogo, basato sull’uso responsabile del linguaggio.

È a tutti evidente come, nello scenario attuale, la social network community non sia automaticamente sinonimo di comunità. Nei casi migliori le community riescono a dare prova di coesione e solidarietà, ma spesso rimangono solo aggregati di individui che si riconoscono intorno a interessi o argomenti caratterizzati da legami deboli. Inoltre, nel social web troppe volte l’identità si fonda sulla contrapposizione nei confronti dell’altro, dell’estraneo al gruppo: ci si definisce a partire da ciò che divide piuttosto che da ciò che unisce, dando spazio al sospetto e allo sfogo di ogni tipo di pregiudizio (etnico, sessuale, religioso, e altri). Questa tendenza alimenta gruppi che escludono l’eterogeneità, che alimentano anche nell’ambiente digitale un individualismo sfrenato, finendo talvolta per fomentare spirali di odio. Quella che dovrebbe essere una finestra sul mondo diventa così una vetrina in cui esibire il proprio narcisismo.

La rete è un’occasione per promuovere l’incontro con gli altri, ma può anche potenziare il nostro autoisolamento, come una ragnatela capace di intrappolare. Sono i ragazzi ad essere più esposti all’illusione che il social web possa appagarli totalmente sul piano relazionale, fino al fenomeno pericoloso dei giovani “eremiti sociali” che rischiano di estraniarsi completamente dalla società. Questa dinamica drammatica manifesta un grave strappo nel tessuto relazionale della società, una lacerazione che non possiamo ignorare.

Questa realtà multiforme e insidiosa pone diverse questioni di carattere etico, sociale, giuridico, politico, economico, e interpella anche la Chiesa. Mentre i governi cercano le vie di regolamentazione legale per salvare la visione originaria di una rete libera, aperta e sicura, tutti abbiamo la possibilità e la responsabilità di favorirne un uso positivo.

È chiaro che non basta moltiplicare le connessioni perché aumenti anche la comprensione reciproca. Come ritrovare, dunque, la vera identità comunitaria nella consapevolezza della responsabilità che abbiamo gli uni verso gli altri anche nella rete online?

“Siamo membra gli uni degli altri”

Una possibile risposta può essere abbozzata a partire da una terza metafora, quella del corpo e delle membra, che San Paolo usa per parlare della relazione di reciprocità tra le persone, fondata in un organismo che le unisce. «Perciò, bando alla menzogna e dite ciascuno la verità al suo prossimo, perché siamo membra gli uni degli altri» (Ef 4,25). L’essere membra gli uni degli altri è la motivazione profonda, con la quale l’Apostolo esorta a deporre la menzogna e a dire la verità: l’obbligo a custodire la verità nasce dall’esigenza di non smentire la reciproca relazione di comunione. La verità infatti si rivela nella comunione. La menzogna invece è rifiuto egoistico di riconoscere la propria appartenenza al corpo; è rifiuto di donarsi agli altri, perdendo così l’unica via per trovare sé stessi.

La metafora del corpo e delle membra ci porta a riflettere sulla nostra identità, che è fondata sulla comunione e sull’alterità. Come cristiani ci riconosciamo tutti membra dell’unico corpo di cui Cristo è il capo. Questo ci aiuta a non vedere le persone come potenziali concorrenti, ma a considerare anche i nemici come persone. Non c’è più bisogno dell’avversario per auto-definirsi, perché lo sguardo di inclusione che impariamo da Cristo ci fa scoprire l’alterità in modo nuovo, come parte integrante e condizione della relazione e della prossimità.

Tale capacità di comprensione e di comunicazione tra le persone umane ha il suo fondamento nella comunione di amore tra le Persone divine. Dio non è Solitudine, ma Comunione; è Amore, e perciò comunicazione, perché l’amore sempre comunica, anzi comunica sé stesso per incontrare l’altro. Per comunicare con noi e per comunicarsi a noi Dio si adatta al nostro linguaggio, stabilendo nella storia un vero e proprio dialogo con l’umanità (cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Dei Verbum, 2).

In virtù del nostro essere creati ad immagine e somiglianza di Dio che è comunione e comunicazione-di-sé, noi portiamo sempre nel cuore la nostalgia di vivere in comunione, di appartenere a una comunità. «Nulla, infatti – afferma San Basilio –, è così specifico della nostra natura quanto l’entrare in rapporto gli uni con gli altri, l’aver bisogno gli uni degli altri».[2]

Il contesto attuale chiama tutti noi a investire sulle relazioni, ad affermare anche nella rete e attraverso la rete il carattere interpersonale della nostra umanità. A maggior ragione noi cristiani siamo chiamati a manifestare quella comunione che segna la nostra identità di credenti. La fede stessa, infatti, è una relazione, un incontro; e sotto la spinta dell’amore di Dio noi possiamo comunicare, accogliere e comprendere il dono dell’altro e corrispondervi.

È proprio la comunione a immagine della Trinità che distingue la persona dall’individuo. Dalla fede in un Dio che è Trinità consegue che per essere me stesso ho bisogno dell’altro. Sono veramente umano, veramente personale, solo se mi relaziono agli altri. Il termine persona denota infatti l’essere umano come “volto”, rivolto verso l’altro, coinvolto con gli altri. La nostra vita cresce in umanità col passare dal carattere individuale a quello personale; l’autentico cammino di umanizzazione va dall’individuo che percepisce l’altro come rivale, alla persona che lo riconosce come compagno di viaggio.

Dal “like” all’“amen”

L’immagine del corpo e delle membra ci ricorda che l’uso del social web è complementare all’incontro in carne e ossa, che vive attraverso il corpo, il cuore, gli occhi, lo sguardo, il respiro dell’altro. Se la rete è usata come prolungamento o come attesa di tale incontro, allora non tradisce se stessa e rimane una risorsa per la comunione. Se una famiglia usa la rete per essere più collegata, per poi incontrarsi a tavola e guardarsi negli occhi, allora è una risorsa. Se una comunità ecclesiale coordina la propria attività attraverso la rete, per poi celebrare l’Eucaristia insieme, allora è una risorsa. Se la rete è occasione per avvicinarmi a storie ed esperienze di bellezza o di sofferenza fisicamente lontane da me, per pregare insieme e insieme cercare il bene nella riscoperta di ciò che ci unisce, allora è una risorsa.

Così possiamo passare dalla diagnosi alla terapia: aprendo la strada al dialogo, all’incontro, al sorriso, alla carezza… Questa è la rete che vogliamo. Una rete non fatta per intrappolare, ma per liberare, per custodire una comunione di persone libere. La Chiesa stessa è una rete tessuta dalla comunione eucaristica, dove l’unione non si fonda sui “like”, ma sulla verità, sull’“amen”, con cui ognuno aderisce al Corpo di Cristo, accogliendo gli altri.

Dal Vaticano, 24 gennaio 2019
Memoria di San Francesco di Sales

FRANCISCUS

_______________________

[1] Per arginare questo fenomeno sarà istituito un Osservatorio internazionale sul cyberbullismo con sede in Vaticano.
[2] Regole ampie, III, 1: PG 31, 917°; cfr Benedetto XVI, Messaggio per la 43° Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali (2009).




GMG 2019: Qui Panama #1

Dalla nostra “inviata” Caterina Pelagalli a Panama

Ciao.

Oggi (23/01) è stata una giornata sostanzialmente libera fino alle 15. Alle 16 abbiamo celebrato la Messa insieme all’ordine di Malta, nella parte povera di Panama, nel quartiere del Chorrillo nella chiesa di della Madonna di Fatima. È stato un momento di condivisione molto intenso, che si è concluso pranzando con gli anziani della casa di riposo.

Dopodiché siamo rientrati in accademia, trovando la città completamente bloccata dopo l’arrivo di Papa Francesco.

***

LA PREGHIERA UFFICIALE DELLA GMG 2019 DI PANAMA

Padre misericordioso,
tu ci chiami a vivere
la nostra vita come un cammino di salvezza:
aiutaci a guardare al passato con gratitudine,
a far nostro il presente con coraggio,
a costruire il futuro con speranza.

Signore Gesù, amico e fratello,
grazie perché ci guardi con amore.
Fa’ che ascoltiamo la tua voce,
che risuona nel cuore di ognuno
con la forza e la luce dello Spirito Santo.

Concedici la grazia di essere Chiesa in uscita,
annunciando con fede viva e con volto giovane
la gioia del Vangelo, per lavorare alla costruzione
della società più giusta e fraterna che tutti noi sogniamo.
Te lo chiediamo per il Papa e i vescovi;
per i sacerdoti e i diaconi; per la vita consacrata e per i volontari;
per i giovani, per tutti coloro che parteciperanno
alla prossima Giornata mondiale della gioventù a Panama
e per coloro che si preparano ad accoglierli.

Santa Maria La Antigua, Patrona di Panama,
fa’ che possiamo pregare e vivere con la tua stessa generosità:
“Ecco la serva del Signore; avvenga per me secondo la tua parola” (Lc 1,38). Amen.

***

La GMG di Panama si può seguire online su
https://www.vaticannews.va/it/events/gmg-2019-panama.html

e in TV su tv2000:
https://www.tv2000.it/ufficiostampa/2019/01/18/gmg-panama-su-tv2000-in-diretta-tutti-gli-eventi-con-il-papa/

 




Un libro per le “Donne di Preghiera”

Un itinerario attraverso i monasteri di clausura pistoiesi a cura di Maria Valbonesi e Anna Agostini

Sabato 2 febbraio, festa della Candelora e giornata mondiale della vita consacrata, alle ore 16.30, presso la sala sinodale dell’antico Palazzo dei Vescovi, sarà presentato dal vescovo Fausto Tardelli e dal can. Diego Pancaldo il libro «Donne di preghiera. Un itinerario attraverso monasteri di clausura pistoiesi», edito da Polistampa, col contributo della Fondazione Conservatorio di San Giovanni Battista.
Il libro, infatti, riprende e sviluppa il contenuto di alcune visite promosse dal Comitato San Jacopo ai monasteri femminili pistoiesi, e consiste di tre saggi: uno di Anna Agostini sul monastero delle Clarisse e due di Maria Valbonesi su quello delle Benedettine da Sala e delle Salesiane. Il volume, dedicato alla memoria di mons. Mario Leporatti, presenta anche una introduzione storico-teologica di Franco Biagioni, presidente del Meic di Pistoia e anch’egli membro del Comitato di San Jacopo.

Se oggi a Pistoia sopravvivono soltanto due monasteri di vita contemplativa, tra XVII e XVIII secolo solo in città se ne contavano almeno diciannove. Un impoverimento non soltanto numerico, ma soprattutto spirituale. Come scrive nella sua presentazione don Luca Carlesi, arciprete della cattedrale, i monasteri di clausura non sono fuori del mondo, bensì «collocati nel cuore del mondo, testimonianza di un mondo altro da quello che conosciamo, luoghi dove si “prega, si ama, si lavora”; profezia del mondo futuro», perchè «il mondo, la società umana o sarà spirituale o non sarà».
Come evidenzia anche il titolo del libro, l’attività fondamentale delle monache, come di tutte le monache di clausura, è la preghiera; una preghiera assidua, instancabile, rivolta a Dio affinchè resti aperta agli uomini la via della salvezza. In questo mistico esercizio della carità Benedettine e Clarisse hanno preservato nei secoli e continuano ai giorni nostri, nonostante le difficoltà, le crisi e -diciamolo pure- le persecuzioni che hanno dovuto affrontare, delle quali i tre saggi di questo libro offrono un’attenta ricostruzione, sia negli aspetti generali che in quelli particolari di ciascun monastero.

 




Vespri e messa con il vescovo per la conversione di San Paolo

Venerdì 25 gennaio, festa della Conversione di San Paolo Apostolo Mons. Fausto Tardelli celebrerà i Vespri e la Santa Messa presso la chiesa di San Paolo a Pistoia.

Programma

Ore 18.30: Vespri e messa

Ore 20.00: Cena condivisa presso l’Oratorio di San Gaetano. Momento fraterno e di festa con i vari gruppi legati alla parrocchia e alla Fraternità.

 




Pellegrini in cattedrale per la Candelora

Sabato 2 febbraio ricorre la festa della Presentazione al tempio di Gesù, detta Candelora. In questo giorno la liturgia propone le parole di Simeone che indicano Gesù «luce per illuminare le genti» (Lc 2,32) e vive la suggestione della benedizione delle candele. Per questa ricorrenza a Pistoia, secondo un’antica tradizione, il vescovo benedice anche i pellegrini che si preparano a partire per Santiago di Compostella. Un rito che si rinnova anche quest’anno e che avrà luogo alle ore 16 nella Cappella di San Jacopo.

Mons. vescovo celebrerà la santa messa della festa alle ore 18 in Cattedrale. Il 2 febbraio la Chiesa Cattolica festeggia anche la Giornata mondiale per la vita consacrata; durante la messa, infatti, saranno celebrati gli anniversari di professione religiosa dei consacrati e delle consacrate della nostra diocesi, mentre il seminarista Maximilien Baldi sarà ammesso agli ordini sacri. Un’occasione in più per partecipare alla solenne liturgia in Cattedrale.