Essere Nicodemo

Una riflessione a margine de «i linguaggi del divino» – Rinascere dall’alto.

 

Rabbì, sappiamo che sei un maestro venuto da Dio: nessuno infatti può fare i segni che tu fai, se Dio non è con lui.

E ancora. Come può un uomo nascere quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?

E poi: come può accadere questo?

Sono queste le frasi che pronuncia Nicodemo qua e là, mentre si prende quello che per tre quarti è un insegnamento – e per un quarto una sonora lavata di capo – nientemeno che da Gesù.

Nicodemo è un anziano ed è un fariseo. Di quelli che hanno sempre le certezze in tasca, la risposta pronta. Di quelli che spargono sentenze e si sono cristallizzati, se non nelle proprie sicurezze, senz’altro nel tempo che è passato. Finché una notte Nicodemo prende e va da questo Gesù. Per capirci di più, se non altro. E con tutti i suoi difetti, bisogna ammettere che non dev’essere per niente facile essere Nicodemo. Perché Nicodemo è il vecchio fariseo che aspetta la notte per uscire di casa e andare a vedere se le certezze che ha sono solide come crede. E che nell’attimo in cui esce di casa e va a vedere, si è già dato una mezza risposta.

È il saggio che ha paura del fatto di essere insicuro, più che dell’insicurezza in sé. Che è vecchio, ma ha questo dubbio che non sia ancora troppo tardi per una rivoluzione. Che lo domanda pure: ma come fa uno a rinascere da vecchio? Che ha questa brutta sensazione che non gli sia più permesso tornare sui propri passi. Non alla luce del sole. E che chissà cos’avrebbe pensato nel leggere le proprie debolezze spiattellate nelle due pagine di Giovanni 3, 1-21. Che dimostra quanto le abitudini siano dure a morire perché non ce la fa proprio a non esordire con un’affermazione sicura, lunga, ferma, di quelle che ci si preparano prima, nella testa, in mezzo ai denti, per non restare a bocca vuota quando si arriva al dunque. Che però vacilla, dopo, e se ne esce solo con due brevi frasi. Domande, stavolta.

A un Gesù che gli spiega come si debba “rinascere dall’alto”, Nicodemo risponde col suo essere lì. Con quell’inquietudine sorda e martellante che lo manda in crisi ma che alla fine è il motore di qualsiasi spinta verticale. E che lo porta a uscire allo scoperto, a parlare con quella che è l’origine – o più probabilmente il culmine – di tutte le sue domande. Di notte, però. E forse non conta nemmeno troppo come vadano le cose dopo. Cosa decida di fare, Nicodemo.

Forse già il solo fatto di essere lì, di essere sfuggito a un’abitudine che era grigiore e che era gabbia per puntare a qualcosa di nuovo, è un modo come un altro per rinascere dall’alto.

Guendalina Ferri

i linguaggi del divino – rinascere dall’alto




L’uomo di fronte alla morte. Tra desiderio di rinascita e spiritualità

Domenica 7 ottobre la relazione di Guidalberto Bormolini per la rassegna teologica “i linguaggi del divino”.

La negazione della morte e una sorta di interdizione a parlarne hanno creato una situazione inedita nella civiltà occidentale, dando luogo a un’illusoria pretesa di immortalità. La morte sta diventando una specie di tabù moderno.

Un tempo il funerale fermava per pochi attimi la vita d’un paese, tutto questo sta scomparendo riducendosi all’essenziale, spesso all’insaputa di quanti più possibile. Ecco cos’è cambiato veramente tra noi e la morte: il rifiuto della sua rappresentazione.

Fino a poco tempo fa i riti e le immagini ce la rappresentavano come esito naturale e parte inscindibile della vita, ora invece la morte è relegata negli ambienti asettici degli ospedali, come se allontanandone da noi il pensiero e l’immagine se ne potesse allontanare la realtà! Eppure la nostra civiltà un tempo aveva più dimestichezza con la morte, anche se era pur sempre un evento triste e doloroso. Il rapporto con la natura e l’esperienza quotidiana del vivere e morire facilitavano un approccio diverso; la natura parlava continuamente di morte, ma anche di resurrezione: il giorno che segue alla notte, la morte della spiga di grano che genera nuova vita, la scomparsa della luna e la sua rinascita.

Escludere la morte reale dalla vita quotidiana impedisce di esser allievi di una scuola che “insegna a morire”. Il morire in passato era un’arte da coltivare con cura; in molte tradizioni vi era un termine tecnico con cui era definita ed era descritta in numerosi manuali.

Bisognerebbe ascoltare il consiglio di Alfonso De Liguori, che scrisse un famoso manuale di Preparazione alla morte: «Che direste […] di quel nocchiero che tralasciasse di attrezzare la nave di ancore e di gomene fino all’arrivo della tempesta? Non sarebbe un pazzo?» (A. De Liguori, Apparecchio alla morte, X, 1).

Guidalberto Bormolini

L’incontro con Guidalberto Bormolini avrà luogo nella sala capitolare del convento di San Francesco a Pistoia alle ore 17.30. Ricordiamo che per questo appuntamento, come per tutti gli incontri dei “Linguaggi del divino”, l’ingresso è libero e non si richiede alcuna prenotazione.

 

Chi è Guidalberto Bormolini?

Guidalberto Bormolini, ha compiuto gli studi teologici alla Pontificia Università Gregoriana, ha conseguito la Licenza in Antropologia Teologica a Firenze ed è dottorando in Teologia Spirituale Monastica al Pontificio Ateneo S.Anselmo.

È membro della Comunità dei Ricostruttori nella Preghiera che pratica l’esicasmo. È docente al Master “Death studies & the end of life” dell’Università di Padova in cui insegna teoria e pratica della meditazione cristiana nell’accompagnamento dei morenti. Si è dedicato in particolare allo studio delle discipline ascetiche nel monachesimo cristiano ed ai rapporti tra il corpo e la vita spirituale. Ha comunque approfondito le pratiche ascetico-contemplative delle grandi religioni antiche e contemporanee come premessa antropologica alla tradizione monastica cristiana.

È membro del Comitato di redazione della Rivista di Ascetica e Mistica.

Ha pubblicato tra l’altro:

G. Bormolini, I vegetariani nelle tradizioni spirituali, Torino, Leone verde, 2000.

G. Bormolini, La Barba di Aronne. Capelli lunghi e barba nella vita religiosa, Firenze, Libreria Editrice Fiorentina, 2010.

G. Bormolini, I santi e gli animali. L’Eden ritrovato, Prefazione di Paolo De Benedetti, Firenze, Libreria Editrice Fiorentina, 2014.

 

Per info: ilinguaggideldivino@diocesipistoia.it

 

(nell’immagine: Buffalmacco, Pisa, camposanto monumentale, Trionfo della Morte, Incontro dei tre vivi e dei tre morti, 1336-1341).




Don Alessandro Domeniconi è tornato alla casa del Padre

Don Alessandro Domeniconi è tornato alla casa del Padre.

Don Alessandro era nato il 20 agosto 1930 a Loreto. La sua vocazione arrivò quando era appena adolescente, nel 1944. Dieci anni dopo fu ordinato sacerdote il 18 dicembre 1954 dal vescovo di Loreto Mons. Malchiodi. Don Alessandro è giunto in diocesi di Pistoia con il fratello Sergio, anch’egli sacerdote, già frate cappuccino, scomparso nel 2009.

Dopo un breve periodo come cappellano presso la parrocchia di San Vitale, nel 1962 don Alessandro è stato nominato parroco di Momigno. Qui ha vissuto il suo ministero sacerdotale, anche come docente di religione presso le scuole elementari del paese per oltre 20 anni.

Accanto ai suoi fedeli ha vissuto per tanti anni in modo umile e discreto. «Solo in Gesù c’è salvezza e felicità» affermava in occasione dei suoi cinquant’anni di sacerdozio.  Nel 2016, per una malattia che lo ha duramente provato, don Alessandro ha lasciato Momigno ritirandosi presso il Seminario Vescovile. Qui ha vissuto i suoi ultimi anni di vita e qui si è spento, accompagnato dai conforti religiosi, nella notte del 4 ottobre.

La salma è esposta presso la chiesa di Santa Chiara in Seminario (Via Puccini). Sempre in Santa Chiara avranno luogo le esequie, celebrate sabato mattina 6 ottobre alle ore 10.30 da Mons. Vescovo Fausto Tardelli.

Tutti sono invitati ad accompagnare con la preghiera, in questo passaggio dalla chiesa al Cielo, don Alessandro, umile e fedele servitore della Chiesa di Pistoia.




Aprono “i linguaggi del divino” con l’abate Bernardo Gianni

Venerdì 5 ottobre un incontro in Battistero alla scoperta del ‘cielo’ che ci educa a tornare sulla terra.

Ti sembra di conoscerlo da sempre Padre Bernardo. Quando lo incontri e hai occasione di parlarci un po’ ti senti subito accolto, ascoltato. Complice il fatto che per arrivare a trovarlo occorre raggiungere quel punto così bello e panoramico che è dentro e fuori la città allo stesso tempo, e poi salire i tanti gradini che portano all’abbazia di San Miniato. Arrivato lassù hai già perso ogni ritrosia o sovrastruttura. E lì trovi Padre Bernardo, l’abate che sembra da sempre lassù ad aspettarti. È un monaco benedettino che indossa la veste candida degli olivetani, un ramo della famiglia di Benedetto nato in Toscana nel Trecento.

Bernardo è un giovane abate, ha raggiunto giusto quest’anno i cinquant’anni, ma è ormai molto conosciuto e apprezzato. È un uomo di Spirito, ma anche di profonda cultura, innamorato dell’arte e della poesia. Lo si percepisce subito, anche in un semplice scambio di battute. Dopo studi letterari si è specializzato in ambito medievale e umanistico, collaborando alla Fondazione Ezio Franceschini di Firenze, con la Società internazionale per lo studio del Medioevo latino e con la rivista ‘Medioevo latino’.

La ‘proposta’ di Bernardo resta ‘alta’. Nelle sue omelie, nei suoi interventi, nelle tante iniziative che richiamano fedeli, curiosi, ‘uomini e donne della soglia’ a San Miniato, non abbassa mai l’asticella. La ‘proposta’ di Bernardo è quella di un cristianesimo ‘pensante’, inquieto, attento a cogliere e ripartire da quei frammenti di bellezza e sapienza che la tradizione e la creatività degli uomini hanno consegnato alla storia. L’abbazia di San Miniato è, in effetti, il suo habitat congeniale.

Quest’anno l’abbazia compie il suo millenario e l’abate Bernardo, con i suoi monaci, ha organizzato un calendario diffuso e ricchissimo di eventi che offrono il polso della vita dell’abbazia: «segno e sogno profetico di pace». Festeggiamenti che durano un anno intero: dall’aprile 2018 all’aprile 2019, nel desiderio di interpellare «non solo le sue fonti storiche e i principali accadimenti del passato, ma anche arti, linguaggi e intuizioni della nostra contemporaneità, nell’evangelica consapevolezza di quanto sia oggi indifferibile “ascoltare ciò che lo Spirito dice alle Chiese”, come ci raccomanda il Prologo della Regola di San Benedetto». Bernardo è un maestro di questo ascolto attento e radicato nel vangelo. A San Miniato l’ascolto si spalanca al cielo. La basilica è davvero la ‘porta del cielo’ che fa alzare lo sguardo. Eppure basta voltarsi, darle un’attimo le spalle, per misurare la meraviglia e le fatiche della città proprio lì sotto. La porta del cielo è affacciata sulla città.

«Haec est porta coeli, questa è la porta del cielo, – ha ricordato una volta Padre Bernardo – ma un cielo finalmente raggiungibile, un cielo che ci educa a tornare in città, qualificati dalla bellezza che abbiamo contemplato e possibilmente dall’esperienza di amore che in quel luogo abbiamo ricevuto».

Qual è la tua porta del cielo?

Sarà possibile rifletterci insieme, mettendo in dialogo le ‘cose della terra’ con ‘quelle del cielo’ venerdì 5 ottobre alle 17.30, presso il Battistero di San Giovanni in Corte (Piazza del Duomo), insieme a Dom Bernardo Gianni e il vescovo Fausto Tardelli, in occasione dell’apertura dei Linguaggi del divino 2018: “Rinascere dall’alto”.

Alle 21 un altro appuntamento imperdibile con “il cielo sulla terra”: la presentazione di Ubi amor ibi oculus. Immagini per i 1000 anni di San Miniato al Monte (Firenze, Polistampa, 2017), un libro fotografico di Mariangela Montanari che cattura e racconta tutto il fascino dell’abbazia, ma anche la presenza dello Spirito nelle vicende degli uomini.

Mariangela Montanari è una professionista del settore giuridico e bancario con la passione della fotografia. Nata a Roma, vive e lavora a Pistoia. Ha illustrato «La traccia», documento preparatorio del 5° Convegno Ecclesiale Nazionale svoltosi a Firenze nel novembre 2015 e nello stesso anno ha curato e illustrato il volume «Trasfigurare», edito da LEF.

u.f.

Abbazia san Miniato (web)

i linguaggi del divino – rinascere dall’alto

 




Disposizione del vescovo: pregare il rosario per la Chiesa

Disposizione del vescovo di Pistoia

Rispondendo all’appello del Santo Padre Francesco chiedo alle parrocchie e comunità cristiane della diocesi come pure ai singoli fedeli, che ogni giorno, durante tutto il mese mariano di ottobre si reciti a gruppi o singolarmente il Santo Rosario con l’intenzione data dallo stesso Papa: “chiedere alla Santa Madre di Dio e a San Michele Arcangelo di proteggere la Chiesa dal diavolo, che sempre mira a dividerci da Dio e tra di noi.”

Al termine del Santo rosario, recitato in gruppo o singolarmente, sempre su suggerimento di Papa Francesco, si aggiungano le preghiere “Sub tuum praesidium” rivolta alla Vergine Santa e “Sancte Michael Archangele” rivolta a San Michele.

Sub tuum praesidium

Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio. Non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, ma liberaci da ogni pericolo, o Vergine Gloriosa e Benedetta.

Sancte Michael Archangele

San Michele Arcangelo, difendici nella lotta: sii il nostro aiuto contro la malvagità e le insidie del demonio. Supplichevoli preghiamo che Dio lo domini e Tu, Principe della Milizia Celeste, con il potere che ti viene da Dio, incatena nell’inferno satana e gli spiriti maligni, che si aggirano per il mondo per far perdere le anime. Amen.

Pistoia, 29 settembre 2018

+Fausto Tardelli




Pastorale giovanile …in cantiere!

All’inizio del nuovo anno pastorale l’equipe di pastorale giovanile diocesana si dispone all’ascolto.
Per costruire il programma di pastorale giovanile di quest’anno, infatti, vogliamo incontrare e ascoltare le varie realtà giovanili della Diocesi. Per questo vi proponiamo un incontro il cui invito è rivolto ai responsabili dei gruppi giovanili (dai 17 ai 30 anni): lunedì 8 ottobre alle ore 21.00 in Seminario a Pistoia.

Vogliamo dedicare del tempo per ascoltarci in modo tale da progettare insieme questo nuovo anno.
Grazie per la vostra presenza e collaborazione.

L’equipe di pastorale giovanile diocesana




Linguaggi del divino 2018: un vocabolario ‘originario’

Rinascere dall’alto. Sono le parole che Gesù, in un colloquio notturno dettato dalla curiosità e un certo timore, rivolge a Nicodemo. Un dialogo dove l’inquietudine di quest’uomo pio e ormai un po’ invecchiato nelle proprie certezze fatica a entrare nella proposta di Cristo. Eppure, con i suoi tentennamenti, le sue paure, ma anche per la sua apertura e il suo desiderio sincero di verità, la figura di Nicodemo resta simpatica. Alla morte di Gesù lo ritroviamo pronto a recuperare e onorarne il corpo: una delicatezza dietro cui la sua figura sparisce, non sappiamo se ormai pienamente ‘convertita’, ancora incredula o in cammino. A Nicodemo, protagonista ‘della soglia’, Gesù consegna un vocabolario fondamentale. Un vocabolario fatto di parole ‘originarie’, che stanno dentro la vicenda dell’uomo, ma che – allo stesso tempo – assumono una densità sempre sorprendente.

Oggi più che mai abbiamo bisogno di scoprire la densità di queste parole originarie che ridicono l’uomo all’uomo e, allo stesso tempo, aprono al ‘di più’ che invoca l’esistenza umana. Il recente Instrumentum Laboris del sinodo dei Giovani, è un’osservatorio significativo sull’atteggiamento odierno riguardo queste parole originarie. Lo rappresenta perché sintetizza le testimonianze di giovani di tutto il mondo, raccolte attraverso questionari scritti e online, ma anche discusse insieme dai giovani in un pre-sinodo svoltosi nel marzo scorso. Un’inchiesta planetaria che supera i confini della chiesa cattolica, aperta alle altre confessioni cristiane, ma anche a giovani non credenti o non inquadrabili nelle categorie tradizionali. I giovani – vi si legge – «in generale si dichiarano aperti alla spiritualità, anche se il sacro risulta spesso separato dalla vita quotidiana. Molti ritengono la religione una questione privata e si considerano spirituali ma non religiosi (nel senso di appartenenti a una confessione religiosa). La religione non è più vista come la via di accesso privilegiata al senso della vita, ed è affiancata e talvolta rimpiazzata da ideologie e altre correnti di pensiero, o dal successo personale o professionale» (n. 29).

Lo scollamento significativo – e drammatico- tra spiritualità e vita, tra religione e ricerca di senso sono passaggi emblematici su cui vale la pena riflettere. Così come l’appiattimento orizzontale delle risposte, spesso fragili e dal fiato corto, chiuse in una prospettiva privata se non individualistica. È il segno che si è perso di vista il vocabolario ‘base’ per la ricucire le attese e le aperture del cuore, come della mente, alla proposta spirituale.

«In alcune parti del mondo vi è una spontanea apertura alla trascendenza; in altre, dominate da un “umanesimo esclusivo”, la richiesta alla Chiesa è di essere mistica, capace di aprire spiragli di trascendenza nella vita di uomini e donne. Per questo alcuni vedono la liturgia come occasione di profezia. Infine, è forte la richiesta di radicalità» (n. 72). «In un tempo di confusione molti giovani si rendono conto che solo la preghiera, il silenzio e la contemplazione offrono il giusto “orizzonte di trascendenza” entro cui poter maturare scelte autentiche» (n. 183). Forse aveva proprio ragione Karl Rahner, celebre teologo gesuita, quando affermava che «il cristiano del futuro o sarà mistico o non sarà neppure cristiano» (Nuovi saggi, Roma 1968, p. 24). E il futuro, ci pare, lo ritroviamo anche nel ‘vocabolario’ che Gesù consegna a Nicodemo.

«Rinascere». «Come può nascere un uomo quando è vecchio?» (Gv 3, 4). Quale tensione si agita dentro il desiderio di ‘rinascere’?

«Alto». «In verità, in verità ti dico, se uno non rinasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio» (Gv 3,3). Cosa cerca il nostro sguardo oltre l’orizzonte di questo mondo?

«Cielo». Incatenato alla terra, l’uomo sente che il cuore cerca il cielo. «Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo?» (Gv 3,12). Quale meraviglia che ‘supera’ l’uomo può ancora sorprenderci?

«Luce». «La luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie» (Gv 3,19). Quale ‘luce’ rischiara la vita?

«Spirito». «In verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio» (Gv 3,5).

«Carne». Ecco un’altra parola chiave. «Quel che è nato dalla carne è carne e quel che è nato dallo Spirito è Spirito» (Gv 3,6). Carne che indica il limite e la materialità irriducibile dell’uomo, che ha fame, sete, sonno, sessualità, sensibilità.

«Sentire/voce». «Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito» (Gv 3,8). C’è un sentire che non può essere svalutato, un ascolto che va in profondità e che pure si affaccia sul mistero.

L’edizione dei linguaggi del divino 2018 intende prendere sul serio questo vocabolario. Sarà possibile ripercorrerlo attraverso la voce di personalità significative del pensiero e della spiritualità di oggi.  Otto incontri, più tre eventi straordinari si dipaneranno in tutto il mese di ottobre (5 -22).

L’apertura, venerdì 5 ottobre alle ore 17.30 presso il Battistero di San Giovanni in Corte, sarà affidata a padre Bernardo Gianni, abate di San Miniato al Monte (Firenze), testimone significativo di una spiritualità che dialoga con le “cose della terra” e conosce bene il cuore dell’uomo. Seguirà, alle 21, la presentazione del libro fotografico di Mariangela Montanari “Ubi amor, ibi oculus”: un suggestivo racconto per immagini in cui lo sguardo riesce a cogliere l’oltre dentro la realtà. La prima settimana si chiude con domenica 7 ottobre ore 17.30 presso la Sala Capitolare del Convento San Francesco con Guidalberto Bormolini che affronterà l’affascinante e drammatico sguardo dell’uomo di fronte alla morte, tra desiderio di rinascita e spiritualità. Solo l’inizio di un denso e affascinante percorso.

U. F.

PER INFORMAZIONI

Pagina fb:  @ilinguaggideldivino – @diocesipistoia

Twitter: diocesi di Pistoia

ilinguaggideldivino@diocesipistoia.it




L’apertura dell’anno pastorale a Valdibrana

Tantissimi fedeli per l’apertura dell’anno pastorale nella nuova aula liturgica di Valdibrana

Nella festa di San Matteo si è aperto, per la nostra diocesi, il nuovo anno pastorale con il pellegrinaggio alla Madonna di Valdibrana, durante il quale il Vescovo ha inaugurato la nuova aula liturgica del santuario.

La serata è iniziata con il pellegrinaggio a piedi per le strade del paese, fino alla chiesa di San Romano e poi alla nuova aula liturgica accanto al Santuario diocesano, dove è stata celebrata l’Eucarestia, con una importante presenza di fedeli di ogni età provenienti da tutta la diocesi.

Durante la Messa il Vescovo ha benedetto l’altare e i locali della nuova aula liturgica, augurandosi che diventi per tutti noi un luogo di incontro e di preghiera, dove crescere insieme nella carità, nella fede e nella speranza.
Nel corso della celebrazione il Vescovo ha affidato anche a catechisti e operatori pastorali il mandato per questo nuovo anno che, secondo le indicazioni per l’attuazione degli orientamenti pastorali, sarà dedicato alla comunità fraterna e missionaria, invitandoci a non sottovalutare le solitudini che purtroppo, nei nostri giorni, sempre più affliggono molte persone a noi vicine. Solitudini che spesso sono causa di molti mali e che possiamo vincere con gesti di accoglienza verso il prossimo e con la costruzione di relazioni autentiche.

La celebrazione si è conclusa con un atto molto semplice, ma significativo, di affidamento di tutta la diocesi, di tutte le parrocchie e di noi stessi, alla Vergine Madre e Mediatrice di Grazie con una preghiera composta da Mons. Mansueto Bianchi.

Claudia Marconi




Istituto Musicale Diocesano: iscrizioni aperte!

L’Istituto Musicale Diocesano “Don Lodovico Giustini” ha come scopo fondamentale la preparazione di musicisti disponibili per il servizio liturgico, specialmente per la Messa.

Lo struttura didattica è, comunque, quella di una normale scuola di musica. Si comincia con l’apprendimento della teoria musicale (il cosiddetto “solfeggio”) e si prosegue, anche in contemporanea, se chi si iscrive ha sufficienti cognizioni, con uno strumento o con il canto.

I corsi già funzionanti sono, oltre al solfeggio, quelli di organo, pianoforte, clavicembalo, flauto diritto, flauto traverso, canto. Se vi saranno almeno 3 iscritti, apriremo anche le classi di violino e di violoncello. La stessa modalità è prevista per il corso di canto gregoriano.

L’iscrizione può essere effettuata inviando per e-mail ( info@istitutogiustini.it ) alla scuola la propria richiesta, contenente le necessarie informazioni; nome, cognome, data di nascita, indirizzo, numero di telefono e corso scelto (ci si può iscrivere anche a più corsi).

I corsi si terranno dal lunedì 22 ottobre 2018 al venerdì 14 giugno 2019, interrotti dalle vacanze di Natale di Pasqua e dalle altre festività. Essi hanno luogo dal lunedì al venerdì, in genere nel pomeriggio, ma con possibilità di concordare altro orario.

Mons. Umberto Pineschi

 

Visita il sito e iscriviti!
www.istitutogiustini.it

CORSI INDIVIDUALI (1 ora settimanale)

Armonia e contrappunto
Clavicembalo
Organo
Pianoforte
Flauto
Violino
Violoncello
Canto

CORSI COLLETTIVI (1 ora settimanale)

Teoria musicale e solfeggio
Armonia
Canto gregoriano

Quote associative

CORSI INDIVIDUALI: € 70 ogni 4 lezioni
CORSI COLLETTIVI: € 25 ogni 4 lezioni




Custodia del creato: il 30 settembre la giornata diocesana

In questo settembre la Chiesa Italiana celebra la 13° Giornata per la Custodia del Creato: è infatti dal 2006 che la Conferenza Episcopale Italiana indice per il 1° settembre di ogni anno la celebrazione della “Giornata per la custodia del Creato”, un’iniziativa voluta in sintonia con le altre comunità ecclesiali europee che ha lo scopo di dedicare una giornata a riaffermare l’importanza della cura per l’ambiente con tutte le sue implicazioni etiche e sociali.

È in questa cornice che in Italia la stessa Conferenza Episcopale ha affidato alla Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, e alla Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo, il compito di individuare, per ogni anno, il tema specifico di approfondimento, lasciando alle singole diocesi l’iniziativa di sviluppare attività a livello locale durante tutto il mese. Quest’anno il tema è “Coltivare l’alleanza con la terra” ed è stato illustrato  in un messaggio della conferenza episcopale italiana.

Nel messaggio che accompagna il tema indicato dalla CEI per il presente anno ci viene proposta «una sfida che non interessa solo l’economia e la politica: c’è anche una prospettiva pastorale da ritrovare, nella presa in carico solidale delle fragilità ambientali di fronte agli impatti del mutamento, in una prospettiva di cura integrale. Occorre ritrovare il legame tra la cura dei territori e quella del popolo, anche per orientare a nuovi stili di vita e di consumo responsabile, così come a scelte lungimiranti da parte delle comunità».

La diocesi di Pistoia, su indicazione del vescovo Tardelli, ha individuato la data del 30 Settembre per celebrare la Giornata diocesana per la custodia del creato. In questa occasione ogni realtà parrocchiale è invitata a fare il possibile impegnandosi in varie forme ed iniziative per dare la giusta rilevanza a tale argomento.

Da parte dell’Ufficio diocesano per la Pastorale Sociale e lavoro e del Gruppo di lavoro sugli Stili di vita, è stato predisposto un Sussidio per la preghiera e la riflessione contenente alcune brevi considerazioni utili per la riflessione ed alcune intenzioni di preghiera – con la raccomandazione di usarle nella Messa domenicale del giorno 30 Settembre – ed infine la Preghiera per la terra che chiude l’Enciclica Laudato si’ da leggere coralmente nella Messa.

Selma Ferrali, Ufficio diocesano per la Pastorale Sociale e lavoro

 

Scarica il Sussidio per  GIORNATA del CREATO 2018  – 30 settembre (.pdf)