Veglia Missionaria 2018: Giovani per il Vangelo

Giovani per il Vangelo: questo è il tema della 92° Giornata Missionaria Mondiale del 21 ottobre 2018, mentre la Veglia di Preghiera ad essa collegata, si svolgerà, nella nostra Diocesi, venerdì 19 ottobre, alle ore 21 presso la Parrocchia di Poggio a Caiano.

La veglia sarà presieduta da Mons. Fausto Tardelli, vescovo di Pistoia, alla quale tutti sono invitati a partecipare, soprattutto i giovani che sono i protagonisti del Sinodo ad essi dedicato ni svolgimento proprio durante questo mese di Ottobre dedicato alla Missio ad Gentes.

Riportiamo in proposito alcuni brani del messaggio che Papa Francesco ha inviato in occasione di questo evento:

«Cari giovani, insieme a voi desidero riflettere sulla missione che Gesù ci ha affidato. Rivolgendomi a voi intendo includere tutti i cristiani, che vivono nella Chiesa l’avventura della loro esistenza come figli di Dio. Ciò che mi spinge a parlare a tutti, dialogando con voi, è la certezza che la fede cristiana resta sempre giovane quando si apre alla missione che Cristo ci consegna.

«La missione rinvigorisce la fede» (Lett. enc. Redemptoris missio, 2), scriveva san Giovanni Paolo II, un Papa che tanto amava i giovani e a loro si è molto dedicato. L’occasione del Sinodo che celebreremo a Roma nel prossimo mese di ottobre, mese missionario, ci offre l’opportunità di comprendere meglio, alla luce della fede, ciò che il Signore Gesù vuole dire a voi giovani e, attraverso di voi, alle comunità cristiane».

La vita è una missione

Ogni uomo e donna è una missione, e questa è la ragione per cui si trova a vivere sulla terra. Essere attratti ed essere inviati sono i due movimenti che il nostro cuore, soprattutto quando è giovane in età, sente come forze interiori dell’amore che promettono futuro e spingono in avanti la nostra esistenza.

Vi annunciamo Gesù Cristo

La Chiesa, annunciando ciò che ha gratuitamente ricevuto (cfr Mt 10,8; At 3,6), può condividere con voi giovani la via e la verità che conducono al senso del vivere su questa terra. Gesù Cristo, morto e risorto per noi, si offre alla nostra libertà e la provoca a cercare, scoprire e annunciare questo senso vero e pieno. Cari giovani, non abbiate paura di Cristo e della sua Chiesa! In essi si trova il tesoro che riempie di gioia la vita.

 Trasmettere la fede fino agli estremi confini della terra

Anche voi, giovani, per il Battesimo siete membra vive della Chiesa, e insieme abbiamo la missione di portare il Vangelo a tutti. Voi state sbocciando alla vita. Crescere nella grazia della fede a noi trasmessa dai Sacramenti della Chiesa ci coinvolge in un flusso di generazioni di testimoni, dove la saggezza di chi ha esperienza diventa testimonianza e incoraggiamento per chi si apre al futuro. E la novità dei giovani diventa, a sua volta, sostegno e speranza per chi è vicino alla meta del suo cammino. Nella convivenza delle diverse età della vita, la missione della Chiesa costruisce ponti inter-generazionali, nei quali la fede in Dio e l’amore per il prossimo costituiscono fattori di unione profonda.

Questa trasmissione della fede, cuore della missione della Chiesa, avviene dunque per il “contagio” dell’amore, dove la gioia e l’entusiasmo esprimono il ritrovato senso e la pienezza della vita. La propagazione della fede per attrazione esige cuori aperti, dilatati dall’amore. All’amore non è possibile porre limiti: forte come la morte è l’amore (cfr Ct 8,6). E tale espansione genera l’incontro, la testimonianza, l’annuncio; genera la condivisione nella carità con tutti coloro che, lontani dalla fede, si dimostrano ad essa indifferenti, a volte avversi e contrari. Ambienti umani, culturali e religiosi ancora estranei al Vangelo di Gesù e alla presenza sacramentale della Chiesa rappresentano le estreme periferie, gli “estremi confini della terra”, verso cui, fin dalla Pasqua di Gesù, i suoi discepoli missionari sono inviati, nella certezza di avere il loro Signore sempre con sé (cfr Mt 28,20; At 1,8).

In questo consiste ciò che chiamiamo missio ad gentes. La periferia più desolata dell’umanità bisognosa di Cristo è l’indifferenza verso la fede o addirittura l’odio contro la pienezza divina della vita. Ogni povertà materiale e spirituale, ogni discriminazione di fratelli e sorelle è sempre conseguenza del rifiuto di Dio e del suo amore.                                                                                               

Testimoniare l’amore

Ringrazio tutte le realtà ecclesiali che vi permettono di incontrare personalmente Cristo vivo nella sua Chiesa: le parrocchie, le associazioni, i movimenti, le comunità religiose, le svariate espressioni di servizio missionario. Tanti giovani trovano, nel volontariato missionario, una forma per servire i “più piccoli” (cfr Mt 25,40), promuovendo la dignità umana e testimoniando la gioia di amare e di essere cristiani.

Da cuori giovani sono nate le Pontificie Opere Missionarie, per sostenere l’annuncio del Vangelo a tutte le genti, contribuendo alla crescita umana e culturale di tante popolazioni assetate di Verità. Le preghiere e gli aiuti materiali, che generosamente sono donati e distribuiti attraverso le POM, aiutano la Santa Sede a far sì che quanti ricevono per il proprio bisogno possano, a loro volta, essere capaci di dare testimonianza nel proprio ambiente.

Papa Francesco ci ricorda, dunque, che la missionarietà non è un fatto isolato, che riguarda solo alcune persone, ma una scelta vitale di tutta la Chiesa, anche di quella di Pistoia, come hanno ben compreso i sacerdoti fidei donum, i religiosi, le religiose ed i laici missionari verso i quali dovremmo sempre esprimere il nostro apprezzamento e la nostra vicinanza.

Il Centro Missionario Diocesano informa che:

  è già disponibile presso il nostro ufficio il materiale di animazione missionaria, predisposto, come sempre, dalle Pontificie Opere Missionarie in relazione al mese di ottobre dedicato alla missione: in particolare si segnalano gli opuscoli relativi a percorsi formativi per adulti,  giovani e ragazzi, che possono essere utilizzati anche come testi di catechesi.

– Suggeriamo ai parroci di animare le messe domenicali del mese di ottobre con i temi tratti dalla striscia delle 5 settimane e con due semplici gesti: l’atto penitenziale ed alcune preghiere dei fedeli di impronta missionaria, così come indicato dall’Animatore Missionario che avete ricevuto per posta da Missio PP.OO.MM.

Buona missione a tutti.

Il Centro Missionario Diocesano




A Pistoia Ermes Ronchi, fine e appassionato ‘servo’ della Parola

La sua relazione, dal titolo “le nude domande del Vangelo”, avrà luogo nel convento di San Domenico venerdì 12 alle 17.30.

Padre Ermes Ronchi è nato nel 1947 a Racchiuso di Attimis (Udine) ed è frate dell’Ordine dei Servi di Santa Maria. Ordinato presbitero nel 1973, è licenziato in teologia a Roma (Facoltà teologica Marianum) e laureato in Scienze religiose e in antropologia a Parigi (Institut catholique della Sorbona). Ha iniziato il suo ministero negli anni settanta dando avvio, insieme ad alcuni confratelli, a una comunità sperimentale di vita, preghiera, lavoro in provincia di Vicenza, un periodo che ricorda come «ricco di vitalità ed energia». Dal 1980 al 1991 ha vissuto nella famiglia conventuale dell’Annunciata di Rovato, splendido complesso quattrocentesco dove ha animato iniziative di spiritualità, cultura, impegno sociale. Ha iniziato in quegli anni un ministero di predicazione e di scrittura, che lo ha fatto conoscere e apprezzare da gruppi, parrocchie, comunità in molte parti d’Italia.

Dopo un periodo nella comunità dei Servi di Maria di Verona, dal 1994 al 2016 ha vissuto, ricoprendo diversi incarichi, nel convento di San Carlo al Corso di Milano. In quegli anni ha diretto anche lo storico Centro culturale Corsia dei Servi, fondato dal predicatore e poeta padre David Maria Turoldo (1916-1992), di cui ama ricordare nelle sue conversazioni molti versi, tra i quali: «Scegliere sempre l’umano contro il disumano»; «Non altro vi è di più caro nel mondo che saper piangere il pianto dell’uomo». Un verso di Turoldo dà anche il titolo a uno dei suoi ultimi libri (non li ricordo tutti), Mia Chiesa amata e infedele (Messaggero, 2018), in cui presenta la visione del cristianesimo di papa Francesco.

Nel 2009 è stato invitato a tenere su Raiuno la rubrica Le ragioni della speranza, da lui condotta associando al commento al Vangelo la visita a diverse realtà di vita ecclesiale e di ricerca spirituale presenti in Italia (cfr. i volumi Le ragioni della speranza, scritti con Marina Marcolini, anno A B C, Paoline, 2012 2013 2014). Una esperienza che è continuata fino al 2014, nel corso della quale ha ospitato anche la Fraternità di Romena, con cui aveva già avviato un fruttuoso rapporto di collaborazione (cfr. Una fede nuda; Il Vangelo della terra, con Marina Marcolini, Romena, 2014 e 2018, ma i titoli sono numerosi).

Dal 2016 vive nel convento di Santa Maria del Cengio a Isola Vicentina (Vicenza) dove, con un gruppo di laici, promuove percorsi di riflessione all’insegna della ricerca di Dio e, insieme, dell’attenzione alla bellezza del paesaggio, di un’economia che dia spazio alla solidarietà e alla sostenibilità.
È docente di estetica teologica e iconografia presso la Facoltà teologica Marianum di Roma.

Negli anni della sua formazione ha ascoltato il confratello padre Giovanni Vannucci (1913-1984) – pistoiese di origine e fondatore dell’Eremo delle Stinche – ed è stato segnato dalla sua lezione. Quell’incontro, ha dichiarato, gli ha cambiato la vita: «[…] ha reincantato la vita per me. Reincantare la vita significa farti capire che sei all’interno di un mondo come vertice di una scala di esseri, come progetto incompiuto. Reincantare la vita per dirti che in ogni essere, in ogni persona, in ogni creatura, la più banale, la più povera c’è lo spirito, c’è Dio […] Io feci con padre Giovanni l’esperienza dei discepoli di Emmaus: “non ci bruciava forse il cuore per strada mentre lui ci spiegava le Scritture dicevano i due discepoli…” e in quell’occasione sentii accendersi il cuore».
Dice ancora di sé: «Mi sento servo, ministro al servizio della Parola: è la passione, è il richiamo, la fonte, la roccia, il nido della mia vita. Annunciare la Parola, scrivere della Parola, tradurla nel linguaggio di oggi sono le pietre miliari del mio cammino quotidiano».

Ad annunciare la parola è stato chiamato, nel 2016, da papa Francesco, come predicatore degli esercizi spirituali di Quaresima per il papa e la curia romana: da questo impegno è nato il volume Le nude domande del Vangelo (San Paolo, 2016) che dà il titolo anche all’incontro che padre Ermes Ronchi terrà a Pistoia.

(Fonti: Intervista a cura della Cooperativa cattolico democratica di cultura di Brescia ; Intervista E Dio divenne finalmente bello, in Il sorriso, giornalino della Fraternità di Romena, n. 2-3, 2005, pp. 20-21)

Mariangela Maraviglia




Voci dal silenzio: viaggio tra gli eremiti in Italia

Un film documentario per scoprire e farsi interrogare dalla scelta radicale di uomini e donne del nostro tempo.

Giovedì 11 ottobre alle ore 21 nella sala conferenze del convento di San Domenico avrà luogo la proiezione di «voci dal silenzio», un documentario sugli eremiti in Italia, diretto da Joshua Wahlen e Alessandro Seidita. «Un viaggio dal nord al sud dell’ Italia per raccontare l’ esperienza eremitica. Storie di uomini e donne che cercano di recuperare il senso profondo di sè e della vita attraverso un percorso intimo e solitario».

IL PROGETTO
Il progetto nasce dall’incontro con Federico Tisa, fotografo torinese che nel 2014 attraversò l’Italia a piedi con l’intento di creare una relazione intima con gli eremiti e documentare fotograficamente una storia che pochi conoscono. Da quell’esperienza prese forma un reportage marcatamente espressivo e intenso, Visita Interiora Terrae. In uno spirito di piena collaborazione, ci siamo lasciati ispirare dalla sua esperienza per avviare un progetto filmico che avevamo a cuore da parecchi anni. Era infatti il 2010 quando a bordo di un vecchio camper attraversammo una prima volta l’Italia per approfondire le nostre conoscenze sull’esperienza ascetica.

A distanza di 8 anni abbiamo così deciso di rimetterci il viaggio per avviare le riprese di Voci dal Silenzio.

IL VIAGGIO
Siamo partiti senza alcuna sceneggiatura. Volevamo che a guidare questo nuovo film non ci fossero idee pregresse ma solo l’indicazione di una direzione, di un orizzonte, di un’inclinazione, perché filmare è per noi, prima di ogni altra cosa, intessere una relazione.

Le storie che abbiamo incontrato sono tutte caratterizzate da una profonda sobrietà : il cibo viene ricavato da piccoli orti o donato da qualche visitatore; l’acqua raccolta dalle sorgenti; la legna utilizzata per riscaldare le stanze e far luce sull’armonia e la cura racchiusa in quelle poche cose che abitano il luogo. Non c’era nessun superuomo o santone dai poteri taumaturgici ma una semplicità disarmante, una nudità che si esponeva al mondo con dolcezza e fiducia. Ed è in questo particolare modo di aderire alla vita che sembra racchiusa buona parte della forza delle figure incontrate.

L’eremita è una figura onnipresente nella storia dell’umanità. In ogni secolo ci sono stati uomini che hanno intrapreso una via solitaria all’interno dell’esperienza spirituale, che hanno messo in pratica gli insegnamenti dei gesti sacri, hanno seguito i passi dei profeti o la spinta di una voce interiore, attraversando il deserto, il è pellegrinaggio, l’isolamento e mirando alla coincidenza di teoria e pratica religiosa, di mondo terreno e ultraterreno.

Eppure la scelta del vivere in solitudine resta, agli occhi dei più, una decisione enigmatica e controversa, se non incomprensibile. Così ci siamo semplicemente chiesti: perché le storie degli eremiti interessano tanto? Quali sono le cose che suscitano la nostra reale attenzione? Il fatto che l’eremita viva senza soldi o senza elettricità? Che veda poca gente o nessuna? Che possa vivere facendo conto solo sulle proprie forze?

«Nel tentativo di trovare delle risposte abbiamo viaggiato per vie solitarie, spesso inospitali, in eremi distanti dalle voci del mondo, all’interno di luoghi caratterizzati dal silenzio e dal raccoglimento. Abbiamo ripreso il rapporto con la solitudine, il silenzio, i riti quotidiani, la preghiera, le esperienze estatiche. Ci siamo immersi all’interno delle singole storie, raccontandone il passato, la vocazione, i conflitti e le battaglie. Abbiamo così compreso quale fosse l’oggetto reale della nostra ricerca, e il trovarlo ha dato un chiaro significato a tutto il documentario».

La proiezione sarà introdotta dalla presentazione degli autori. L’ingresso è libero.




Sorella Elisabetta: un’eremita a Montalbiolo

Giovedì 11 ottobre, nell’ambito della rassegna “i linguaggi del divino” – Rinascere dall’alto, sarà a Pistoia Antonella Lumini, eremita “metropolitana” di Firenze, che insieme a Paolo Rodari racconterà la sua esperienza di silenzio e preghiera. Non tutti, però, sanno che l’esperienza eremitica è presente anche nella nostra diocesi.

A cura di Daniela Raspollini

Da circa un anno, nella canonica della chiesa di S. Lorenzo, a Montalbiolo (Carmignano) vive sorella Elisabetta, una donna consacrata che ha scelto di vivere la sua vita nella solitudine e nel silenzio, dando vita ad un piccolo eremo.

L’eremo di Montalbiolo è un luogo di silenzio, di preghiera continua, di adorazione, dove molte persone vanno per trovare uno spazio di riflessione, di preghiera, di accompagnamento spirituale. Vogliamo raccontare la storia di Sorella Elisabetta che appare singolare in questo nostro tempo cosi frenetico, dove non c’è spazio per il silenzio.

Sorella Elisabetta come è nata la tua vocazione?

È nata molti anni fa, quando avevo 17 anni, l’età delle grandi domande sul senso della vita, sul proprio futuro, sul per che cosa vale la pena giocarsi la vita.

Ricordo che un giorno un’amica mi chiese: “ma tu cosa cerchi?” e dal cuore mi sgorgò una risposta immediata: “Dio”. E dalla risposta a quella domanda non mi sono mai più allontanata.

La ricerca di Dio, dell’intimità con Lui, alla quale mi sono sentita da subito fortemente chiamata, non mi ha mai abbandonata, ed è stata la grazia più grande della mia vita.

Da quanti anni hai scelto di vivere da eremita?

Da subito ho sentito forte che Dio mi chiamava a vivere una relazione con Lui molto stretta, un dialogo con Lui continuo, un’ appartenenza totale di tutto il mio essere. Con il tempo ho capito che questo era il mio specifico servizio alla e nella Chiesa: appartenere a Lui, diventare ogni giorno più Sua, lasciarmi plasmare continuamente dalla Sua Parola, diventare segno di ciò a cui tutta la Chiesa e tutti gli uomini sono chiamati: la comunione piena e definitiva con Dio. Il cammino è stato lungo. Dio mi chiamava a qualcosa di meraviglioso, ma aveva bisogno, per farmi toccare il cuore della mia vocazione, che anche la mia umanità fosse in grado di portare una chiamata come questa.

Non è possibile arrivare molto giovani a scelte come questa. È necessario che la persona sia matura, nel senso che abbia trovato un equilibrio umano robusto, capace di vivere gioiosamente la consacrazione e la solitudine che questa comporta, capace di stare in piedi poggiata esclusivamente sulla fede, per poter divenire punto di riferimento anche per altri. Per questo i cammini vocazionali devono essere necessariamente lunghi, direi perpetui, perchè non si finisce mai di maturare, di crescere, e più si cresce più Dio si può rivelare, più Dio può trovare in noi un punto sicuro, solido, al quale consegnarsi.

Da chi sei stata ispirata in questa tua scelta?

La luce del mio cammino di comunione con Dio è Maria. Maria che ascolta la Parola di Dio così intensamente da permetterle di diventare carne in Lei. Maria che ama la volontà di Dio al di sopra di tutto e così rende possibile il realizzarsi dei piani di Dio. Maria che nell’Annunciazione risponde all’invito di Dio donando tutta se stessa. In quell’“Eccomi” c’è tutto l’incanto di una vita donata a Dio, tutta la bellezza del consegnarsi a Lui, pur nell’oscurità della fede.
Quando Dio fa percepire ad una creatura l’immensità della Sua presenza e la bellezza del donarsi completamente a questa Bellezza che ti innamora, nel cuore dell’uomo nasce un desiderio infinito di non smuoversi mai da quell’attimo estatico dell’ “Eccomi”, di non uscire mai dal dialogo con l’Amore, di non staccarsi, neppure per un istante, dall’ascolto di Lui.

Ecco perchè questi fratelli hanno cercato una vita di solitudine piena: il mondo non ti basta più, nulla ti basta più. Sei preso interiormente da un desiderio infinito, da un fuoco che giorno e notte brucia, brucia per Colui che ti ha creata e lo Spirito ti spinge ad entrare in un silenzio sempre più interiore per divenire capace di ascoltare l’unica Parola che sa creare cieli nuovi e terra nuova.

Come è articolata la tua giornata?

La mia giornata è tutta orientata alla comunione continua con Dio. Per questo la Parola di Dio è il perno attorno alla quale ruota ogni mia attività. Dedico molto tempo allo studio e alla preghiera sulla Parola, per farla entrare in me sempre più profondamente. S.Pacomio diceva che la Parola di Dio dovrebbe entrare ed uscire da tutti i pori della nostra pelle, come un’incessante liturgia. La Parola è il luogo dove Dio ci parla e attraverso di essa vuole entrare in comunione con la nostra vita.
Ogni giorno prego la Liturgia delle Ore, faccio la Lectio divina, partecipo all’Eucarestia, faccio molta preghiera di adorazione e di intercessione, resto in preghiera anche quando svolgo i normali lavori di casa, o scrivo, o accolgo qualcuno. Tutto è vissuto come mezzo per crescere nella comunione con Dio che mi abita. Questa comunione è il fine della mia vita. Tengo anche periodicamente dei ritiri spirituali, spesso anche individuali, accolgo molte persone per l’accompagnamento spirituale, sia singoli che coppie, accolgo all’eremo anche gruppi parrocchiali che chiedono di venire a fare una giornata di ritiro…

C’è un messaggio che vuoi dare alle nuove generazioni?

Sì, che rispondere “si” a Dio è la grazia e la gioia più grande che possa capitare ad una creatura. Qualsiasi cosa ti chieda, qualsiasi vocazione ti doni. Entrare nella docilità alla Sua chiamata è entrare nel cuore della storia perchè è partecipare a realizzare i sogni di Dio. Camminare con Lui è vivere in una continua giovinezza del cuore, perchè Lui ti rinnova ogni giorno, ogni giorno ti ama come nell’istante in cui ti ha creata, ogni giorno il Suo amore ti chiede di essere accolto e tu diventi, nella tua povertà e nullità, partecipe della costruzione del mondo nuovo, del Regno di Dio. Non c’è cosa più grande che ci possa essere chiesto di vivere.

La vocazione eremitica è ancora di attualità?

Sarà sempre di attualità. Lo è stato all’inizio della storia della chiesa: uomini e donne si ritiravano in solitudine, nel deserto, per cercare il volto di Dio, per parlare con Dio faccia a faccia. Sono i Padri e le Madri della Chiesa. D’oriente e d’occidente. Da loro abbiamo ricevuto un’eredità ricchissima di spiritualità che ancora oggi vive e si perpetua come patrimonio perenne della Chiesa.

Dio sempre continuerà a chiamare donne e uomini ad una relazione assoluta con Lui perchè siano segni visibili del mondo che viene, della vita eterna.

E li chiama non per se stessi, ma per gli altri, perchè vivano questa ricerca di Dio come unico necessario per il bene di tanti fratelli che incontreranno nel loro cammino o che non vedranno mai, perchè nel corpo mistico se un fratello cresce tutto il corpo cresce, se un fratello si santifica, tutto il corpo sale verso Dio.

Anche la solitudine è un dono d’amore per i fratelli. Se vissuta così, nella consapevolezza che sei parte di un corpo, tutto diventa dono per gli altri: dallo svegliarti al mattino, al pregare i Salmi, allo stare sulla Parola, ad accogliere qualcuno che bussa alla porta. Lo Spirito continuerà sempre a chiamare creature alla vita contemplativa, sia eremitica che comunitaria, Questo è un dono che non mancherà mai alla Chiesa, perchè è desiderio del Padre che il Figlio venga amato con la totalità e la gratuità di tanti cuori, nel nascondimento, nel silenzio più vivo, nella solitudine orante, in un dialogo continuo con Lui, in un dono d’amore fecondo per la Chiesa e l’umanità.

Sorella Elisabetta è su Facebook

Sono in uscita, di Sorella Elisabetta, due libri delle edizioni Dehoniane:
– “Parole d’Amore. Preghiere sulla Parola domenicale e festiva. Anni A, B, C
– “Si compirono per lei i giorni del parto.- Novena di Natale

Due preghiere di Sorella Elisabetta

È troppo poco amarti con tutta me stessa
con tutto il cuore
con tutta la volontà
con tutte le forze.
Vorrei amarti con tutto l’universo
e trasformare il palpitare silenzioso di tutto ciò che esiste in un canto d’amore per Te.
Vorrei dar voce a tutto il creato,
alle onde del mare,
alle vette dei monti,
al cuore della terra
e trasformare ogni cosa in una dichiarazione d’amore continua per Te.
È troppo poco amarti con tutta me stessa,
con tutto il mio corpo,
con tutto il mio essere,
con tutta la vita.
Vorrei amarti con tutto l’universo,
con il cuore di ogni uomo sulla terra,
con le poesie di tutti i poeti,
con le parole di tutti gli innamorati.
Perché così Tu meriti di essere amato,
continuamente amato,
incessantemente amato.
A te tutto l’amore vissuto nella storia vorrei donare,
al quale aggiungere il mio,
piccolo,
fragile,
insufficiente.
A Te,
meraviglioso Signore,
meraviglioso Redentore
meraviglioso amore.

* * *

Come le onde del mare
che si riversano costantemente e ininterrottamente sulla spiaggia inondandola
così la tua Grazia
si riversa costantemente e ininterrottamente
su di me
inondandomi di Te, della tua vita, della tua bellezza, della tua gioia.
Costantemente,
di giorno e di notte,
ininterrottamente.
Senza sosta.
Com’è l’amore.
Non si ferma.
Non teme il nulla.
Non si arresta.
Continua.
Nonostante la mia inadeguatezza.
Nonostante la mia fatica.
Come le onde del mare
La tua Grazia mi raggiunge continuamente,
mi immerge nella vita di Dio,
mi plasma, mi trasforma, mi usa.
Ininterrottamente. Senza soste.
Perché è così l’amore.
Gratuito.
Assoluto.
Continuo.
Assetato di risposta.
Assetato di essere riamato.
Con la totalità di un SI,
con la pienezza di un ECCOMI.
In attesa che una creatura si apra,
si spalanchi alla sua inondazione
per renderla partecipe di Sé,
per inondarla di Grazia.
Come le onde del mare.
Costantemente.
Ininterrottamente.




Riscoprire la fraternità attraverso il libro degli Atti

Lunedì 1 ottobre l’Ufficio Catechistico diocesano ha presentato il Sussidio per l’anno pastorale 2018/2019.

L’Ufficio Catechistico diocesano ha presentato ai responsabili parrocchiali dei Gruppi di ascolto del Vangelo il Sussidio per l’anno pastorale 2018/2019 “Le strade dello Spirito”.

Secondo le indicazioni del vescovo, che ha voluto dedicare l’anno alla riflessione sulla «comunità fraterna e missionaria», il Sussidio propone la meditazione del libro degli Atti degli apostoli, dove si racconta la storia della prima comunità cristiana, che, animata dallo Spirito, da piccolo gruppo impaurito e rinchiuso nel cenacolo diventa chiesa missionaria «fino ai confini della terra».

Don Cristiano D’Angelo si è soffermato sul modello di fraternità incarnato dalla prima comunità dove «la moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola». Ha invitato a riflettere sul fatto che le parole “cuore” e “anima” che oggi intendiamo riferiti entrambi alla sfera affettiva e spirituale, nel testo rimandano a due ambiti diversi. Infatti con “cuore” si allude alla dimensione intellettuale: un cuore solo è l’unione delle intelligenze; un’anima sola è l’unità affettiva. Ed è l’armonia di queste due unità che fa la comunità ideale descritta negli Atti, modello di ogni comunità. Perché l’amore, come la fede, non è disincarnato. Perché Gesù, Amore assoluto, è umano, è Spirito incarnato, Parola che si trasforma in vita con tutte le cose che ne fanno parte.

Questa condivisione totale che appare un’utopia, pure concordiamo che è necessaria ancora in quella piccola comunità che è il matrimonio: non è necessario mettere tutto in comune? Non si diventa una cosa sola? Non ci si accetta col cuore e l’intelligenza? Non si va lontano se ci si concede parzialmente.

Perciò l’augurio di quest’anno pastorale è che i cenacoli di ascolto della Parola possano diventare cenacoli di fraternità.

Noemi Baldini




Lettera pastorale: il vescovo la racconta in un video

In onda su TVL per la trasmissione Ora Insieme,  una sintesi della lettera pastorale di Mons. Tardelli : “una comunità fraterna e missionaria“.

Nel video mons. vescovo illustra i contenuti della lettera pastorale accanto alle voci di don Cristiano d’Angelo, vicario per la pastorale, giovani e laici impegnati in parrocchia.  L’invito a riscoprire la fraternità, un rinnovato slancio missionario, l’impegno per crescere nella sinodalità, l’attenzione ai giovani: questi i temi discussi nella trasmissione che permette di avere uno sguardo di sintesi, ma anche alcuni spunti di riflessione e provocazioni sul tema dell‘anno pastorale 2018/2019.

La puntata di Ora Insieme, a cura dell’Ufficio Comunicazioni sociali della Diocesi, è stata realizzata da Daniel Giusti.

Il filmato è disponibile su youtube, nel canale della Diocesi di Pistoia.

Ora Insieme può essere considerata la più antica trasmissione di Tvl, nata per dare la parola agli ultimi con un filo diretto con la vita della Fondazione MAiC. Spesso, infatti, protagonisti della trasmissione, curata di Don Diego Pancaldo e Elena Allegri, sono ragazzi diversamente abili. Da Ora Insieme sono passati e passano ogni settimana personaggi e testimoni di livello nazionale e internazionale, per parlare di fede, cultura e disabilità.

https://www.tvl.it/programmi/ora-insieme




Essere Nicodemo

Una riflessione a margine de «i linguaggi del divino» – Rinascere dall’alto.

 

Rabbì, sappiamo che sei un maestro venuto da Dio: nessuno infatti può fare i segni che tu fai, se Dio non è con lui.

E ancora. Come può un uomo nascere quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?

E poi: come può accadere questo?

Sono queste le frasi che pronuncia Nicodemo qua e là, mentre si prende quello che per tre quarti è un insegnamento – e per un quarto una sonora lavata di capo – nientemeno che da Gesù.

Nicodemo è un anziano ed è un fariseo. Di quelli che hanno sempre le certezze in tasca, la risposta pronta. Di quelli che spargono sentenze e si sono cristallizzati, se non nelle proprie sicurezze, senz’altro nel tempo che è passato. Finché una notte Nicodemo prende e va da questo Gesù. Per capirci di più, se non altro. E con tutti i suoi difetti, bisogna ammettere che non dev’essere per niente facile essere Nicodemo. Perché Nicodemo è il vecchio fariseo che aspetta la notte per uscire di casa e andare a vedere se le certezze che ha sono solide come crede. E che nell’attimo in cui esce di casa e va a vedere, si è già dato una mezza risposta.

È il saggio che ha paura del fatto di essere insicuro, più che dell’insicurezza in sé. Che è vecchio, ma ha questo dubbio che non sia ancora troppo tardi per una rivoluzione. Che lo domanda pure: ma come fa uno a rinascere da vecchio? Che ha questa brutta sensazione che non gli sia più permesso tornare sui propri passi. Non alla luce del sole. E che chissà cos’avrebbe pensato nel leggere le proprie debolezze spiattellate nelle due pagine di Giovanni 3, 1-21. Che dimostra quanto le abitudini siano dure a morire perché non ce la fa proprio a non esordire con un’affermazione sicura, lunga, ferma, di quelle che ci si preparano prima, nella testa, in mezzo ai denti, per non restare a bocca vuota quando si arriva al dunque. Che però vacilla, dopo, e se ne esce solo con due brevi frasi. Domande, stavolta.

A un Gesù che gli spiega come si debba “rinascere dall’alto”, Nicodemo risponde col suo essere lì. Con quell’inquietudine sorda e martellante che lo manda in crisi ma che alla fine è il motore di qualsiasi spinta verticale. E che lo porta a uscire allo scoperto, a parlare con quella che è l’origine – o più probabilmente il culmine – di tutte le sue domande. Di notte, però. E forse non conta nemmeno troppo come vadano le cose dopo. Cosa decida di fare, Nicodemo.

Forse già il solo fatto di essere lì, di essere sfuggito a un’abitudine che era grigiore e che era gabbia per puntare a qualcosa di nuovo, è un modo come un altro per rinascere dall’alto.

Guendalina Ferri

i linguaggi del divino – rinascere dall’alto




L’uomo di fronte alla morte. Tra desiderio di rinascita e spiritualità

Domenica 7 ottobre la relazione di Guidalberto Bormolini per la rassegna teologica “i linguaggi del divino”.

La negazione della morte e una sorta di interdizione a parlarne hanno creato una situazione inedita nella civiltà occidentale, dando luogo a un’illusoria pretesa di immortalità. La morte sta diventando una specie di tabù moderno.

Un tempo il funerale fermava per pochi attimi la vita d’un paese, tutto questo sta scomparendo riducendosi all’essenziale, spesso all’insaputa di quanti più possibile. Ecco cos’è cambiato veramente tra noi e la morte: il rifiuto della sua rappresentazione.

Fino a poco tempo fa i riti e le immagini ce la rappresentavano come esito naturale e parte inscindibile della vita, ora invece la morte è relegata negli ambienti asettici degli ospedali, come se allontanandone da noi il pensiero e l’immagine se ne potesse allontanare la realtà! Eppure la nostra civiltà un tempo aveva più dimestichezza con la morte, anche se era pur sempre un evento triste e doloroso. Il rapporto con la natura e l’esperienza quotidiana del vivere e morire facilitavano un approccio diverso; la natura parlava continuamente di morte, ma anche di resurrezione: il giorno che segue alla notte, la morte della spiga di grano che genera nuova vita, la scomparsa della luna e la sua rinascita.

Escludere la morte reale dalla vita quotidiana impedisce di esser allievi di una scuola che “insegna a morire”. Il morire in passato era un’arte da coltivare con cura; in molte tradizioni vi era un termine tecnico con cui era definita ed era descritta in numerosi manuali.

Bisognerebbe ascoltare il consiglio di Alfonso De Liguori, che scrisse un famoso manuale di Preparazione alla morte: «Che direste […] di quel nocchiero che tralasciasse di attrezzare la nave di ancore e di gomene fino all’arrivo della tempesta? Non sarebbe un pazzo?» (A. De Liguori, Apparecchio alla morte, X, 1).

Guidalberto Bormolini

L’incontro con Guidalberto Bormolini avrà luogo nella sala capitolare del convento di San Francesco a Pistoia alle ore 17.30. Ricordiamo che per questo appuntamento, come per tutti gli incontri dei “Linguaggi del divino”, l’ingresso è libero e non si richiede alcuna prenotazione.

 

Chi è Guidalberto Bormolini?

Guidalberto Bormolini, ha compiuto gli studi teologici alla Pontificia Università Gregoriana, ha conseguito la Licenza in Antropologia Teologica a Firenze ed è dottorando in Teologia Spirituale Monastica al Pontificio Ateneo S.Anselmo.

È membro della Comunità dei Ricostruttori nella Preghiera che pratica l’esicasmo. È docente al Master “Death studies & the end of life” dell’Università di Padova in cui insegna teoria e pratica della meditazione cristiana nell’accompagnamento dei morenti. Si è dedicato in particolare allo studio delle discipline ascetiche nel monachesimo cristiano ed ai rapporti tra il corpo e la vita spirituale. Ha comunque approfondito le pratiche ascetico-contemplative delle grandi religioni antiche e contemporanee come premessa antropologica alla tradizione monastica cristiana.

È membro del Comitato di redazione della Rivista di Ascetica e Mistica.

Ha pubblicato tra l’altro:

G. Bormolini, I vegetariani nelle tradizioni spirituali, Torino, Leone verde, 2000.

G. Bormolini, La Barba di Aronne. Capelli lunghi e barba nella vita religiosa, Firenze, Libreria Editrice Fiorentina, 2010.

G. Bormolini, I santi e gli animali. L’Eden ritrovato, Prefazione di Paolo De Benedetti, Firenze, Libreria Editrice Fiorentina, 2014.

 

Per info: ilinguaggideldivino@diocesipistoia.it

 

(nell’immagine: Buffalmacco, Pisa, camposanto monumentale, Trionfo della Morte, Incontro dei tre vivi e dei tre morti, 1336-1341).




Don Alessandro Domeniconi è tornato alla casa del Padre

Don Alessandro Domeniconi è tornato alla casa del Padre.

Don Alessandro era nato il 20 agosto 1930 a Loreto. La sua vocazione arrivò quando era appena adolescente, nel 1944. Dieci anni dopo fu ordinato sacerdote il 18 dicembre 1954 dal vescovo di Loreto Mons. Malchiodi. Don Alessandro è giunto in diocesi di Pistoia con il fratello Sergio, anch’egli sacerdote, già frate cappuccino, scomparso nel 2009.

Dopo un breve periodo come cappellano presso la parrocchia di San Vitale, nel 1962 don Alessandro è stato nominato parroco di Momigno. Qui ha vissuto il suo ministero sacerdotale, anche come docente di religione presso le scuole elementari del paese per oltre 20 anni.

Accanto ai suoi fedeli ha vissuto per tanti anni in modo umile e discreto. «Solo in Gesù c’è salvezza e felicità» affermava in occasione dei suoi cinquant’anni di sacerdozio.  Nel 2016, per una malattia che lo ha duramente provato, don Alessandro ha lasciato Momigno ritirandosi presso il Seminario Vescovile. Qui ha vissuto i suoi ultimi anni di vita e qui si è spento, accompagnato dai conforti religiosi, nella notte del 4 ottobre.

La salma è esposta presso la chiesa di Santa Chiara in Seminario (Via Puccini). Sempre in Santa Chiara avranno luogo le esequie, celebrate sabato mattina 6 ottobre alle ore 10.30 da Mons. Vescovo Fausto Tardelli.

Tutti sono invitati ad accompagnare con la preghiera, in questo passaggio dalla chiesa al Cielo, don Alessandro, umile e fedele servitore della Chiesa di Pistoia.




Aprono “i linguaggi del divino” con l’abate Bernardo Gianni

Venerdì 5 ottobre un incontro in Battistero alla scoperta del ‘cielo’ che ci educa a tornare sulla terra.

Ti sembra di conoscerlo da sempre Padre Bernardo. Quando lo incontri e hai occasione di parlarci un po’ ti senti subito accolto, ascoltato. Complice il fatto che per arrivare a trovarlo occorre raggiungere quel punto così bello e panoramico che è dentro e fuori la città allo stesso tempo, e poi salire i tanti gradini che portano all’abbazia di San Miniato. Arrivato lassù hai già perso ogni ritrosia o sovrastruttura. E lì trovi Padre Bernardo, l’abate che sembra da sempre lassù ad aspettarti. È un monaco benedettino che indossa la veste candida degli olivetani, un ramo della famiglia di Benedetto nato in Toscana nel Trecento.

Bernardo è un giovane abate, ha raggiunto giusto quest’anno i cinquant’anni, ma è ormai molto conosciuto e apprezzato. È un uomo di Spirito, ma anche di profonda cultura, innamorato dell’arte e della poesia. Lo si percepisce subito, anche in un semplice scambio di battute. Dopo studi letterari si è specializzato in ambito medievale e umanistico, collaborando alla Fondazione Ezio Franceschini di Firenze, con la Società internazionale per lo studio del Medioevo latino e con la rivista ‘Medioevo latino’.

La ‘proposta’ di Bernardo resta ‘alta’. Nelle sue omelie, nei suoi interventi, nelle tante iniziative che richiamano fedeli, curiosi, ‘uomini e donne della soglia’ a San Miniato, non abbassa mai l’asticella. La ‘proposta’ di Bernardo è quella di un cristianesimo ‘pensante’, inquieto, attento a cogliere e ripartire da quei frammenti di bellezza e sapienza che la tradizione e la creatività degli uomini hanno consegnato alla storia. L’abbazia di San Miniato è, in effetti, il suo habitat congeniale.

Quest’anno l’abbazia compie il suo millenario e l’abate Bernardo, con i suoi monaci, ha organizzato un calendario diffuso e ricchissimo di eventi che offrono il polso della vita dell’abbazia: «segno e sogno profetico di pace». Festeggiamenti che durano un anno intero: dall’aprile 2018 all’aprile 2019, nel desiderio di interpellare «non solo le sue fonti storiche e i principali accadimenti del passato, ma anche arti, linguaggi e intuizioni della nostra contemporaneità, nell’evangelica consapevolezza di quanto sia oggi indifferibile “ascoltare ciò che lo Spirito dice alle Chiese”, come ci raccomanda il Prologo della Regola di San Benedetto». Bernardo è un maestro di questo ascolto attento e radicato nel vangelo. A San Miniato l’ascolto si spalanca al cielo. La basilica è davvero la ‘porta del cielo’ che fa alzare lo sguardo. Eppure basta voltarsi, darle un’attimo le spalle, per misurare la meraviglia e le fatiche della città proprio lì sotto. La porta del cielo è affacciata sulla città.

«Haec est porta coeli, questa è la porta del cielo, – ha ricordato una volta Padre Bernardo – ma un cielo finalmente raggiungibile, un cielo che ci educa a tornare in città, qualificati dalla bellezza che abbiamo contemplato e possibilmente dall’esperienza di amore che in quel luogo abbiamo ricevuto».

Qual è la tua porta del cielo?

Sarà possibile rifletterci insieme, mettendo in dialogo le ‘cose della terra’ con ‘quelle del cielo’ venerdì 5 ottobre alle 17.30, presso il Battistero di San Giovanni in Corte (Piazza del Duomo), insieme a Dom Bernardo Gianni e il vescovo Fausto Tardelli, in occasione dell’apertura dei Linguaggi del divino 2018: “Rinascere dall’alto”.

Alle 21 un altro appuntamento imperdibile con “il cielo sulla terra”: la presentazione di Ubi amor ibi oculus. Immagini per i 1000 anni di San Miniato al Monte (Firenze, Polistampa, 2017), un libro fotografico di Mariangela Montanari che cattura e racconta tutto il fascino dell’abbazia, ma anche la presenza dello Spirito nelle vicende degli uomini.

Mariangela Montanari è una professionista del settore giuridico e bancario con la passione della fotografia. Nata a Roma, vive e lavora a Pistoia. Ha illustrato «La traccia», documento preparatorio del 5° Convegno Ecclesiale Nazionale svoltosi a Firenze nel novembre 2015 e nello stesso anno ha curato e illustrato il volume «Trasfigurare», edito da LEF.

u.f.

Abbazia san Miniato (web)

i linguaggi del divino – rinascere dall’alto