ASSEMBLEA SINODALE: DONO E COMPITO

Si è conclusa da poco l’Assemblea Sinodale indetta dal Vescovo Fausto per la Diocesi di Pistoia e viene naturale provare a fare sintesi, raccogliere pensieri e considerazioni su quanto abbiamo vissuto e condiviso nei due giorni del suo svolgimento nella chiesa di San Francesco a Pistoia.

L’assemblea, tra delegati e componenti di diritto, ha coinvolto poco meno di 450 persone provenienti da tutte le latitudini della nostra Diocesi. Un numero decisamente significativo. Parrocchie, associazioni, movimenti ecclesiali hanno avuto modo di esprimere attraverso i delegati una traccia visibile del loro cammino ecclesiale e della loro appartenenza alla Diocesi. In effetti, come hanno ricordato sia Mons. Vescovo che don Cristiano nei loro interventi, la parola “sinodo” conteneva in sé già il programma e le finalità di questa assemblea: imparare a camminare insieme, nella diversità – di opinioni, di sensibilità, di attitudini – che sa non farsi contrapposizione, che non diventa polemica.

Una cosa, tra le altre, colpiva in particolare durante i lavori dell’assemblea sinodale: il buon clima che si percepiva tra i delegati. Molte persone hanno lo hanno colto e sottolineato esplicitamente nei loro interventi.

L’organizzazione dei due giorni di assemblea, portato avanti con puro volontariato, complessivamente ha retto alla sfida di coordinare e gestire i lavori di così tante persone. Certamente non tutto è andato alla perfezione ma siamo comunque più che soddisfatti del risultato raggiunto che ci sembra abbia consentito ai Delegati di vivere i giorni di assemblea senza particolari difficoltà. Un ringraziamento caldo ed affettuoso va rivolto alla comunità dei Frati Minori Conventuali, a Padre Dino e Padre Claudio, che ci hanno accolto con generosità e disponibilità.

Come momento centrale dell’Assemblea Sinodale erano stati previsti e preparati i lavori di gruppo, divisi su sei tematiche fedelmente ispirate alla Evangelii Gaudium di Papa Francesco. La vivacità e l’intensità della partecipazione con cui sono stati portati avanti ha raccontato più di molte parole lo slancio e direi la voglia delle persone di confrontarsi tra loro sul cammino della nostra Chiesa. Il materiale prodotto dai lavori e dal successivo dibattito è stato ampio e ben articolato, e può essere un punto di partenza significativo per riflessioni a vario livello.

Questi, in estrema sintesi i tratti salienti dell’Assemblea sinodale. Ma di fronte ad esperienze di questo genere si fa fatica a trarre delle conclusioni. Da un lato è si percepisce nitidamente la gioia di chi ha organizzato, la complessiva soddisfazione dei delegati e l’idea di fondo presente in tutti di aver partecipato a qualcosa di significativo. Dall’altro rintocca la domanda come di consueto, peraltro, alla fine di queste esperienze: ed ora?

In altre parole: cosa lascia l’Assemblea sinodale in eredità alla Diocesi? Cosa ha prodotto? Quali cambiamenti ha innescato?

Lo stile con cui questi giorni sono andati avanti è una delle più importanti eredità dell’Assemblea. Guardando il colpo d’occhio entusiasmante della chiesa piena, veniva da pensare che quando riusciamo a stare più uniti e più umili possiamo ancora fare qualche differenza. Un dono dello Spirito che ci ha richiamato e riunito in una danza delle differenze. Un dono ma anche un compito, da portare avanti con severo impegno e con docilità, perché la mucca e l’orsa possano di nuovo pascolare assieme.

Ancora una cosa, perlomeno, i due giorni vissuti assieme lasciano in eredità: un metodo di lavoro. Convocare, ascoltare, dare modo di esprimersi in libertà, sono state le cifre dell’assemblea rappresentano un metodo che può e deve trovare spazio nella ferialità della vita della nostra chiesa diocesana e delle nostre parrocchie.

Un metodo da valorizzare e attuare più di quanto non sia stato fatto finora, a tutti i livelli.
Un seme di partecipazione, di espressione libera, piantato nel sentiero del nostro comune cammino, i cui frutti sono, almeno, i volti sorridenti ed allegri che ho visto nei capannelli conversanti dei delegati durante la cena al sacco.

Edoardo Baroncelli