Addio a Buscioni, contemplativo dell’anima segreta delle cose

L’artista, nato a Pistoia il 13 luglio 1931 è scomparso il 6 maggio. A lui dedichiamo un breve ricordo.

La Gerusalemme Celeste nel rosone della Chiesa di San Paolo apostolo è una delle ultime opere consegnate da Umberto Buscioni alla città di Pistoia. Una vetrata che completa un ciclo avviato nel 1992 con la conversione di San Paolo nella vetrata dietro l’altare, ma che è anche il sigillo della spiritualità dell’artista a cui oggi Pistoia e la nostra diocesi consegnano l’estremo saluto e un affettuoso ricordo.

Anche ad uno sguardo profano, chi ha potuto osservare la bella retrospettiva – quasi il diario di un’anima- ospitata recentemente a Palazzo Fabroni era in grado di cogliere nelle diverse tappe del percorso artistico di Buscioni un’originale carica spirituale. Una nota che attraversa le svolte del suo stile, personalissimo e mutevole com’è proprio dei grandi, che soli sono capaci di cambiare, mettersi in discussione, percorrere nuove strade.

Buscioni ha descritto in pittura, nella sua stagione più pop, oggetti quotidiani illustrati nella pubblicità e nella vita quotidiana, consegnandoli alla poesia del colore, della forma e dell’immaginazione. Un viaggio limpido, a tratti ironico e familiare, ma in cui è anche possibile cogliere un lento e contemplativo riacquisire le cose: “l’anima segreta delle cose” come riportava felicemente il titolo della mostra a lui dedicata qualche mese fa. Una spiritualità del quotidiano, in cui camicie, cravatte, motociclette, hanno la capacità di ribaltare la prospettiva, riportare all’attenzione l’assente, aprire a forze e movimenti ulteriori che smuovono lo spirito con le cose.  Un mondo in cui cogliere la ventata «che non sai dove viene e dove va», ma anche la luce che è dentro la realtà.

Negli ultimi dipinti c’è il pathos dolente di una meditazione sull’esistenza che prende il tono dell’elegia, come nel dipinto “il cappotto dei nostri inverni”: una giaccone attorniato da croci, dove la gruccia stessa si fa croce e la veste memoria, guscio di vita vissuta, rimando alla fragilità di chi la indossa.

Un itinerario di arte e di vita che anche a San Paolo è possibile cogliere dalla conversione di San Paolo, con i suoi rimandi alla grande pittura in una traduzione pop che pure mantiene una carica spirituale e una tensione emotiva altissime, fino alle poesie in figura delle vetrate, dove l’elemento religioso è nella metafora del fiore e della luce, da intendersi nei diversi momenti del giorno e della storia della salvezza; fino alla Gerusalemme celeste, sintesi di un percorso umano e artistico: con le sue geometrie e i movimenti delle forme e dei colori ormai proiettati nell’eterno.

U.F.