VI° Domenica di Pasqua – Ordinazione Diaconale di Gianni Gasperini – Cattedrale di San Zeno (21 maggio 2017)

ORDINAZIONE DIACONALE

di Gianni Gasperini
Cattedrale 21 maggio 2017

“Non vi lascerò orfani”. Questa tenerissima promessa del Salvatore rivolta ai suoi che troviamo nei discorsi di Gesù riportati dall’evangelista Giovanni, domina il brano evangelico di questa sera.
L’affermazione del Signore si colloca nel contesto della promessa del dono dello Spirito Santo. Quello Spirito di verità, quell’altro Paraclito, che il Padre darà ai discepoli di Gesù e che rimarrà con loro per sempre.

Siamo ormai prossimi alla festa di Pentecoste e la liturgia della chiesa ci introduce alla comprensione del dono dello Spirito che è “Signore e da la vita”. La nostra assemblea questa sera è già opera dello Spirito. Egli ci anima e ci sostiene; sostiene il cammino della nostra chiesa pur con tutte le sue fragilità e debolezze; assiste il mio ministero episcopale oltre ogni mio inesistente merito; lo stesso Spirito Santo questa sera consacrerà in modo speciale un giovane, Gianni, per farlo ministro di Dio, servitore del Vangelo e del popolo di Dio, segno vivente di Cristo che è venuto nel mondo non per essere servito ma per servire e dare la sua vita per gli uomini.

La promessa del Signore Gesù si è dunque adempiuta e si realizza anche questa sera. Si adempì allora quando lo Spirito scese sugli apostoli e sui discepoli dopo che Gesù era salito al cielo; si adempie questa sera perché nello Spirito, sentiamo viva la presenza del Risorto in mezzo a noi, lo vediamo veramente e non ci sentiamo per niente orfani. Consapevoli di ciò, questa sera, con totale e libera adesione di mente e di cuore, vogliamo essere docili all’azione dello Spirito Santo, per correre sulle sue ali e farci condurre là dove Egli vuole, aperti e disponibili a percorrere vie nuove; a battere sentieri sconosciuti, ad affrontare le sfide che il presente ci offre; certi che il Paraclito, invocato, cercato e supplicato, ci sosterrà.

I nuovi scenari del mondo, le mutate condizioni delle nostre società, l’avvento di un’era tecnologicamente avanzata; l’esteso ambito delle comunicazioni e transazioni in un mondo globalizzato; il portato delle nuove generazioni; la rimodulazione delle relazioni affettive; come l’epocale flusso migratorio che mescola razze, culture e credenze; e le abissali ingiustizie sociali, come pure i conflitti aperti di una terza guerra mondiale combattuta a pezzi, con il rischio che corre la nostra casa comune…. Sono, tutte queste cose insieme, concretamente il luogo dove lo Spirito ci guida e dove dobbiamo dare testimonianza; il luogo da cui quindi non possiamo fuggire spaventati. Tutto quello che sta accadendo sotto i nostri occhi ci chiede attenzione e studio, analisi e intelligenza perché anche i problemi antichi si presentano oggi sotto nuova forma e con molteplici varianti e connessioni. Richiede però soprattutto docilità allo Spirito Santo; confidenza in Lui e supplica accorata: “Veni creator Spiritus mentes tuorum visita“!

La prima lettura dagli atti degli apostoli ci manifesta esattamente questa docilità allo Spirito da parte della comunità apostolica, al punto da diventare capace di accogliere la novità rappresentata dall’incredibile fatto che la Samaria, la terra degli ostili samaritani, si andava aprendo al vangelo, attraverso la predicazione del diacono Filippo. Dio ci sorprende sempre. Come sorprese gli uomini della prima ora, gli apostoli, aprendoli alla realtà della chiamata di tutti i popoli alla salvezza, così anche oggi Dio non finisce di sorprenderci attraverso l’ offerta di nuovi campi di apostolato, di tante nuove opportunità per annunciare il Vangelo, rendere testimonianza alla verità ed esercitare la carità. Proprio là dove tutto sembrerebbe chiuso e inaccessibile, si aprono invece varchi incredibili nei cuori delle persone, e lì gli araldi del vangelo possono depositare con umiltà e fiducia il seme della speranza. Solo il discepolo che non abbia più fede, che l’abbia ormai persa o che viva ripiegato su di sé o su idee scontate e cristallizzate, non vede i campi che biondeggiano di messe abbondante; la fame di Dio e di amore che c’è nell’uomo contemporaneo; l’anelito all’incontro con Gesù da parte dei giovani e il desiderio acuto di una vita che non muoia anche là dove pare che ci si sia ormai arresi alla morte.

L’apostolo Pietro, nel cap. terzo della sua prima lettera – la nostra seconda lettura di stasera – ci fa capire a che cosa siamo chiamati; a che cosa è chiamata la Chiesa, la Chiesa abitata e animata dallo Spirito Santo. Siamo chiamati a “rispondere a chiunque domandi ragione della speranza che è in noi.” E subito dopo, la lettera prosegue, invitando a dare questa risposta “con dolcezza e rispetto e una retta coscienza”. La speranza deve essere in noi, prima di tutto: altrimenti come potremmo darne ragione? E la speranza vive in noi quando per la potenza dello Spirito Santo, Cristo vive in me, così che io lo possa adorare nel mio cuore. Alla base, a fondamento, a sostegno e sorgente della evangelizzazione, dell’azione del cristiano nel mondo, della sua testimonianza, non ci può che essere l’esperienza viva dell’incontro personale con Cristo che alimenta la speranza. Non basta però; come ci suggerisce l’apostolo Pietro, occorre anche lo sforzo e l’impegno per rispondere, rendendo ragione di questa nostra esperienza, realissima e concretissima. La fatica di una corretta, dolce e rispettosa “apologia” della fede, oggi è più che mai richiesta, convinti però che non potrà essere solo questione di intelligenza, bensì della totalità della persona. Pur sapendo ancora che la possibilità stessa di rendere ragione della speranza implica una vita coinvolta nell’amore, sinceramente dedita al dono di sé nel servizio dell’altro.

Ecco allora perché il diacono nella chiesa ha una missione importante. Aldilà dei compiti specifici, egli ci ricorda, ricorda a tutti noi, alla chiesa e al mondo, che è nel servizio di amore a Dio e al prossimo il segreto della piena riuscita della vita, secondo il progetto di Dio e la verifica dell’autenticità della fede.

Gianni è stato chiamato appunto all’ordine del diaconato. Fortificato dal dono dello Spirito Santo, il diacono – ci ricorda la chiesa – è di aiuto al vescovo e al presbiterio nel ministero della parola, dell’altare e della carità, mettendosi al servizio di tutti i fratelli. Divenuto ministro dell’altare, annunzia il Vangelo, prepara ciò che è necessario per il sacrificio eucaristico, distribuisce ai fedeli il sacramento del corpo e del sangue del Signore. Inoltre, secondo la missione che gli sarà conferita, avrà il compito di esortare e istruire nella dottrina di Cristo i fedeli e quanti sono alla ricerca della fede, guidare le preghiere, amministrare il Battesimo, assistere e benedire il Matrimonio, portare il Viatico ai moribondi, presiedere il rito delle esequie. Consacrato con l’imposizione delle mani secondo l’uso trasmesso dagli apostoli e unito più strettamente all’altare, il diacono esercita il ministero della carità in nome del vescovo o del parroco.

Tutti questi compiti, carissimi fratelli e sorelle – fanno si che possiamo vedere nel diacono un vero dono di Dio che ricorda a tutti la assoluta necessità del servizio. Nel ministero del diacono possiamo così riconoscere la testimonianza dell’autentico discepolo di Cristo, il quale non è venuto per esser servito, ma per servire. Siano dunque rese grazie al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo per il dono grande che questa sera ci viene fatto.

+ Fausto Tardelli