Solennità dell’Immacolata (8 dicembre 2016) istituzione di un lettore e di un accolito

Solennità dell’Immacolata

8 dicembre 2016
istituzione di un lettore (Eusebio Farcas)
e di un accolito (Gianni Gasperini)

La lettura dal libro della Genesi che abbiamo ascoltato ci presenta innanzitutto il dramma dl peccato delle origini. L’uomo, al momento della sua origine non si è fidato di Dio. Dio lo ha voluto e creato. Lo ha voluto e creato libero e somigliante a sé per quanto è possibile a una creatura. Dio ha da subito offerto all’uomo un’alleanza, un patto, una relazione di amicizia e amore. L’uomo però ha rifiutato. Ingannato dal diavolo, il serpente antico, l’uomo ha pensato di essere talmente grande, talmente importante, talmente autosufficiente da poter fare a meno di Dio. Il peccato originale è espresso nella Sacra Scrittura come “disobbedienza” ma leggendo più in profondità, questo peccato è innanzitutto un non credere all’amore di Dio, un non volersi fidare di Lui, ritenendolo bugiardo e ingannatore, nemico del vero bene dell’uomo. Conseguenza del peccato delle origini è stata la frantumazione dei rapporti tra gli uomini, prima di tutto fra l’uomo e la donna; la frantumazione della società umana nell’odio omicida; la distruzione di una relazione positiva tra l’uomo e la natura; la scissione interna all’uomo stesso, la sua alienazione. Conseguenze del tutto logiche, perché staccandosi da Dio che è amore e fonte della vita, l’uomo non può che andare incontro all’odio e alla morte.

Il peccato d’origine non è primariamente un peccato sociale. E’ invece colpevole mancanza di fiducia e di accoglienza di Dio. Le conseguenze sono si sociali ed evidenti nella violenza che caratterizza spesso i rapporti tra gli uomini. Ma la radice del peccato è la non accettazione di Dio nella propria vita.

La lettura della genesi si chiude con una grande speranza. Il peccato non ha l’ultima parola sull’uomo. La morte non ha l’ultima parola sulla storia degli uomini. In quello che giustamente è stato chiamato il “protovangelo”, cioè il primo annuncio della Buona Notizia della salvezza per l’uomo, Dio promette che attraverso una donna nascerà qualcuno che schiaccerà definitivamente la testa del serpente antico e quindi darà all’uomo la possibilità di riandare nuovamente nelle braccia di Dio e di vivere nell’amore.

Noi oggi abbiamo questa possibilità, quella di riconciliarci con Dio in Cristo. L’umanità intera ha questa possibilità. Ed è questo il messaggio e l’appello che scaturisce dalla festa dell’Immacolata Concezione: prima ancora di un appello alla riconciliazione tra gli uomini, bisogno reale e urgente ma inefficace se non va all’origine del problema, esso è appello ad accoglie il Dio della misericordia nella propria vita, a ricorrere al suo perdono, ad andare a Lui pieni di fiducia.

Il brano della lettera di San Paolo apostolo agli efesini completa il discorso ricordandoci il nostro destino eterno. Paolo benedice Dio, lo loda perché ci ha scelti in Gesù Cristo e ci ha fatto suoi figli  mediante il suo Figlio unigenito. Poi ci ricorda che siamo stati fatti eredi, predestinati a essere lode della gloria di Dio.

Non abbiamo dunque un destino puramente terreno e il Regno di Dio a cui siamo predestinati non è un regno terreno, anche se inizia su questa terra e su questa terra ci si può decidere per esso. Noi siamo destinati alla lode di Dio. La nostra vita trova il suo senso ultimo nella comunione con Dio. Per questo siamo stati creati, per questo siamo stati redenti, per questo lo Spirito Santo è stato effuso nei nostri cuori. Se perdessimo questa chiara coscienza, il messaggio cristiano si ridurrebbe a ideologia, a messaggio puramente sociale o politico, alla stregua di tanti altri che l’uomo ha elaborato e consumato lungo i secoli. Come dice un famoso detto di Sant’Ireno, citato purtroppo quasi sempre a metà: “Gloria Dei vivens homo”. L’uomo vivente cioè è la gloria di Dio. Ma la vita dell’uomo consiste però nella visione di Dio. “vita autem hominis visio Dei”. Questa è la seconda parte della frase di S.Ireneo che ci dice chiaramente che fuori dalla relazione con il suo creatore, l’uomo è morto, non è più “vivens homo”. (sant’Ireneo di Lione, II secolo, in Adversus haereses, IV, 20,7).

L’immacolata Vergine Maria ce lo dice chiaramente anche lei: lei infatti è la piena di grazia. In lei l’amore di Dio è pieno. E’ questo che fa di lei la tutta santa, la più alta delle creature, la donna, la creatura, pienamente realizzata. E il si che lei pronuncia all’angelo è prima di tutto il si ad essere amata da Dio, ad essere “piena di grazia”; è il si ad accogliere Dio dentro di sé. Conseguentemente è anche il si dell’amore detto a tutti noi, per il nostro soccorso.

E’ esattamente ciò che il Vangelo ci ha annunziato poco fa. La Vergine concepita senza peccato originale per singolare privilegio in vista della sua divina maternità, con una liberazione che è frutto anticipato della croce di Cristo, ci mostra la via della nostra santificazione. La via che è proposta a ogni uomo; quella che la Chiesa di cui Maria è immagine, deve indicare agli uomini di oggi: la via che conduce a Dio, all’accoglienza di Lui, fondamento di ogni autentica accoglienza umana tra fratelli.

Lo Spirito Santo, dice l’angelo a Maria “scenderà̀ su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà̀ con la sua ombra. Perciò̀ colui che nascerà̀ sarà̀ santo e sarà̀ chiamato Figlio di Dio”. Così comprendiamo Chi è colui che può far nuove tutte le cose e renderci santi: lo Spirito di Dio. Con l’opera dello Spirito Santo la vergine partorirà e darà al mondo il Figlio di Dio. Mediante l’opera dello Spirito Santo ciascuno di noi può rinascere a vita nuova e generare vita. Questo è ciò di cui ha bisogno il mondo. Questo è ciò che ogni uomo attende. Solo nella docilità all’azione dello Spirito ogni uomo vedrà la salvezza e sorgeranno cieli nuovi e terre nuove. Ed è questo stesso spirito che suscita carismi e ministeri, arricchendo la chiesa di doni. Come in questo momento con questi due giovani che saranno istituiti lettori e accoliti.

(La seguente monizione è ripresa e riadattata dal Rito della Istituzione dei lettori e degli accoliti)

Carissimi, Eusebio e Gianni che diventerete tra poco l’uno lettore e l’altro accolito, ascoltate ora con attenzione quanto la chiesa ha da dirvi in questo momento.

Dio nostro Padre ha rivelato il mistero della nostra salvezza e lo ha portato a compimento per mezzo del suo Figlio Gesù Cristo fatto uomo, il quale, dopo averci detto e dato tutto, ha trasmesso alla sua Chiesa il compito di annunziare il Vangelo a ogni creatura. Il lettore è annunziatore della parola di Dio ed è chiamato a collaborare a questo impegno primario nella Chiesa e perciò̀ è investito di un particolare ufficio, che lo mette a servizio della fede, la quale ha la sua radice e il suo fondamento nella parola di Dio. Il lettore proclama la parola di Dio nell’assemblea liturgica; educa alla fede i fanciulli e gli adulti e li guida a ricevere degnamente i Sacramenti; porta l’annunzio missionario del Vangelo di salvezza agli uomini che ancora non lo conoscono. Attraverso questa via e con la sua collaborazione molti potranno giungere alla conoscenza del Padre e del suo Figlio Gesù̀ Cristo, che egli ha mandato, e così otterranno la vita eterna. È quindi necessario che, mentre il lettore annunzia agli altri la parola di Dio, sappia accoglierla in se stesso con piena docilità̀ allo Spirito Santo; la mediti dunque ogni giorno per acquistarne una conoscenza sempre più viva e penetrante, ma soprattutto renda testimonianza con la sua vita al nostro salvatore Gesù̀ Cristo.

L’accolito invece partecipa in modo particolare al ministero della Chiesa. Essa infatti ha il vertice e la fonte della sua vita nell’Eucaristia, mediante la quale si edifica e cresce come popolo di Dio. All’accolito è affidato il compito di aiutare i presbiteri e i diaconi nello svolgimento delle loro funzioni, e come ministri straordinari può distribuire l’Eucaristia a tutti i fedeli, anche infermi. Questo ministero lo impegna a vivere sempre più intensamente il sacrificio del Signore e a conformarvi sempre più̀ il suo essere e il suo operare. Cerchi quindi di comprenderne il profondo significato per offrirsi ogni giorno in Cristo come sacrificio spirituale gradito a Dio. Non dimentichi che, per il fatto di partecipare con i suoi fratelli all’unico pane, forma con essi un unico corpo. Ami di amore sincero il corpo mistico del Cristo, che è il popolo di Dio, soprattutto i poveri e gli infermi. Attuerà così il comandamento nuovo che Gesù̀ diede agli apostoli nell’ultima cena: amatevi l’un l’altro, come io ho amato voi.