Festa dell’unità nazionale e delle forze armate (4 novembre 2017)

4 novembre 2017

Festa dell’unità nazionale e delle forze armate

 

Per molti anni, oggi era la festa della vittoria.  Celebravamo la vittoria sui nemici della prima guerra mondiale. Oggi forse abbiamo capito che, se essere liberati da un giogo ingiusto e oppressivo è cosa buona, doverlo pagare con lo spargimento del sangue, sia pure di Caino, è sempre una sconfitta per l’umanità del mondo e per l’umanità che è dentro ogni uomo.

Cento anni fa eravamo in guerra. Da questo punto di vista oggi le cose sono notevolmente migliorate, lo dobbiamo riconoscere. Oggi sarebbe assolutamente impensabile una guerra come la combattemmo allora, in specie tra le nazioni della vecchia Europa. Non lo abbiamo capito però subito, allora, cento anni fa, purtroppo – e questo ci mette un po’ di angoscia per il presente….. Ci vollero ancora il dramma enorme della seconda guerra mondiale, la strage infinita di uomini e donne, lo sterminio degli ebrei, le bombe atomiche di Nagasaki e Hiroshima.

Oggi abbiamo dato un nuovo nome a questo giorno: è la festa dell’unità nazionale e delle nostre forze armate che, secondo il dettato costituzionale non hanno alcuna finalità aggressiva ma solo difensiva e di difesa del bene grande della pace, dentro il quadro del diritto internazionale. E’ giusto, direi senz’altro, rendere omaggio ai caduti e onorare gli uomini e le donne delle nostre forze armate impegnate in un non facile compito. Come vescovo della chiesa cattolica di questa città, voglio esprimere gratitudine e vicinanza ad essi, in particolare in questo momento a coloro che sono in missione all’estero e che sono abitualmente stanziati da noi, che sono parte della nostra città. E’ senz’altro giusto inoltre far festa per la nostra patria, per la nostra cara Italia unita in un sol popolo, con la convinzione però che ogni popolo e nazione fa parte di un mondo che deve sentirsi prima che diviso, unito dalla comune appartenenza alla razza umana.

Se dunque giustamente facciamo festa, non possiamo però dimenticarci che il nostro sogno, sogno concreto e non utopistico, sogno non di illusi malati di fantasia ma di uomini determinati e coi piedi saldamente per terra; sogno da mettere in atto, da realizzare con tutte le nostre forze, certi dell’aiuto di Dio, non possiamo dimenticarci, ripeto, che il nostro sogno è quello di un mondo senza confini, senza armi e senza guerre, in cui dimora la giustizia e la pace. E’ il sogno propostoci dalla parola di Dio nel libro del profeta Isaia ascoltato poco fa: “Nel deserto prenderà dimora il diritto e la giustizia regnerà nel giardino. Praticare la giustizia darà pace, onorare la giustizia darà tranquillità e sicurezza per sempre”

La realtà purtroppo è ancora lontana da questo sogno. Qualcosa è stato fatto e dobbiamo ringraziare il Signore. Come dicevo, oggi è meglio di cento anni fa. Sicuramente. Da tutti i punti di vista. Molto però resta da fare, perché molte sono ancora le terre dove regna il malaffare, la violenza e la guerra. Vale dunque ancora, eccome, il duro monito dell’apostolo Giacomo il minore: “Da dove vengono le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni che fanno guerra nelle vostre membra? Siete pieni di desideri e non riuscite a possedere; uccidete, siete invidiosi e non riuscite a ottenere; combattete e fate guerra!”. E dunque ancora valide rimangono le indicazioni di Giacomo: “Avvicinatevi a Dio ed egli si avvicinerà a voi…. purificate le vostre mani; uomini dall’animo indeciso, santificate i vostri cuori. Riconoscete la vostra miseria…. Umiliatevi davanti al Signore ed egli vi esalterà.”

Non meno interessante e istruttive solo le parole di Cristo nel vangelo. Lì egli si rivolge ai suoi, ai suoi apostoli e discepoli e li invita ad avere sentimenti e stili di vita orientati al servizio, facendo loro capire che la vera grandezza non sta nel sedere in altro o nel potere che si ha sugli altri, ma nell’amore gratuito e generoso che si diffonde nel mondo; nell’umiltà di chi fa con coscienza il proprio dovere, senza aspettarsi niente in contraccambio, stando in mezzo agli altri nelle modalità di Cristo stesso  che dichiara: io sto in mezzo a voi come colui che serve.

L’insegnamento del Signore prende le mosse, come abbiamo sentito, dalla constatazione che nel mondo di solito non accade così perché i re e i governati dominano e hanno potere sulle nazioni. Credo però che oggi abbiamo capito, anche se non sempre si mette in pratica quanto si è capito, che il servizio al bene comune è l’autentica e unica cifra di chi ha responsabilità di governo. L’interesse comune e non il proprio, la ricerca di uno sviluppo economico nazionale e mondiale rispettoso di ogni persona, una politica che non sia solo ricerca di compromesso tra le parti ma chiaro impegno per una crescita di tutti in umanità; ecco, tutto questo è ciò che è richiesto in particolare a chi ha un ruolo pubblico. Ed è autentico spirito evangelico. In questo senso l’esortazioni di Cristo ai suoi valgono veramente anche per tutti coloro che in qualche modo tengono in mano le sorti del mondo. Valgono anche, mi permetto di dire, per tutti coloro che in qualche modo hanno responsabilità all’interno del nostro paese. Solo così infatti oggi può essere davvero festa dell’unità nazionale.